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Document 52007DC0785

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato economico e sociale Europeo - L’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta – all’interno dell’UE e nei confronti dei paesi terzi

/* COM/2007/0785 def. */

52007DC0785

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato economico e sociale Europeo - L’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta – all’interno dell’UE e nei confronti dei paesi terzi /* COM/2007/0785 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 10.12.2007

COM(2007) 785 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO E AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO

L’applicazione di misure antiabuso nel settore dell’imposizione diretta – all’interno dell’UE e nei confronti dei paesi terzi

1. INTRODUZIONE

Nella Comunicazione sul coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno[1] la Commissione ha indicato i modi in cui il coordinamento e la cooperazione tra gli Stati membri potrebbero consentire loro di realizzare i rispettivi obiettivi in materia di politica fiscale e di salvaguardare la base imponibile rispettando nel contempo gli obblighi derivanti dal trattato CE ed eliminando la doppia imposizione. In alcuni settori tale coordinamento è chiaramente essenziale. In altri, benché siano possibili rimedi unilaterali, può essere preferibile cercare soluzioni comuni, anche dove a prima vista gli interessi degli SM in tali settori potrebbero non apparire sempre concorrenti. La Commissione ha l’obbligo giuridico di assicurare il rispetto degli obblighi del trattato CE da parte degli SM, ma ha anche la responsabilità politica di cercare e promuovere soluzioni costruttive a tale fine. Per quanto riguarda l’applicazione delle norme antielusione la Commissione ritiene che, tenuto conto in particolare di alcune recenti decisioni della Corte di giustizia delle Comunità europee, vi sia un’urgente necessità di:

- trovare un giusto equilibrio fra l’interesse generale a combattere l’abuso e la necessità di evitare restrizioni sproporzionate dell’attività transfrontaliera nell’UE e

- coordinare in modo migliore l’applicazione delle misure antiabuso nei confronti dei paesi terzi al fine di proteggere le basi imponibili degli SM.

Partendo da queste premesse, la presente comunicazione analizza i principi scaturiti dalla giurisprudenza pertinente della Corte di giustizia al fine di suscitare un dibattito più generale su come rispondere adeguatamente alle sfide cui gli Stati membri devono far fronte in questo settore. La comunicazione intende pertanto fornire un contesto per ulteriori discussioni con gli SM e le parti interessate al fine di esplorare la possibilità di soluzioni coordinate nel settore.

La nozione di “norme antiabuso” comprende un vasto insieme di norme, misure e pratiche. Alcuni SM applicano un concetto generale di abuso basato sulla normativa o elaborato dalla giurisprudenza. Altri applicano disposizioni antiabuso più specifiche, quali le norme sulle società estere controllate (SEC) e quelle sulla capitalizzazione sottile intese a salvaguardare la base imponibile nazionale da determinati tipi di erosione. Fra le disposizioni antiabuso specifiche rientrano il passaggio dal metodo dell’esenzione al metodo del credito in alcune situazioni transfrontaliere (in cui il reddito di fonte estera è assoggettato a un’aliquota fiscale bassa o preferenziale) e le disposizioni mirate esplicitamente agli investimenti passivi in altri paesi. Numerosi SM applicano una combinazione di norme antiabuso generali e specifiche. Norme antiabuso sono contemplate anche nelle direttive CE relative all’imposta sulle società.

Per quanto riguarda la compatibilità delle misure antiabuso nazionali con la normativa comunitaria, occorre distinguere fra la loro applicazione all’interno della Comunità (dove vigono le quattro libertà fondamentali) e nei confronti dei paesi terzi (nel qual caso vale unicamente la libera circolazione dei capitali)[2]. L’applicazione delle norme antifrode nei riguardi dei paesi terzi è pertanto discussa separatamente nel capitolo 4.

La presente Comunicazione verte unicamente sul settore dell’imposizione diretta. Va peraltro notato che la Commissione persegue una politica attiva in materia di misure antievasione nel campo dell’imposizione indiretta, in particolare per quanto riguarda l’IVA. Questa politica è notevolmente influenzata dal maggior grado di armonizzazione nel campo dell’imposizione indiretta e dal fatto che la direttiva 2006/112/CE[3] contempla norme e procedure specifiche che consentono agli Stati membri di combattere l’evasione e di adottare misure antielusione. A tale riguardo la Commissione opera in stretta collaborazione con gli SM e, tramite gruppi di lavoro speciali, ha assunto un ruolo attivo nella lotta contro gli abusi.

2. DEFINIZIONI E PRINCIPI CHIAVE TRATTI DALLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

Elusione e pratiche abusive

La Corte di giustizia ha stabilito che un operatore il quale si trovi in una situazione coperta dalla normativa comunitaria può perdere i suoi diritti ai sensi di tale normativa se cerca di abusarne. Tali casi costituiscono l’eccezione: una pratica abusiva si verifica solo quando, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa comunitaria pertinente, l’obiettivo perseguito da detta normativa non è raggiunto e vi è l’intenzione di ottenere un vantaggio mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento[4]. La Corte di giustizia ha in particolare applicato la dottrina alla normativa comunitaria sulle restituzioni all’esportazione e sull’IVA.

Nella giurisprudenza in materia di imposizione diretta la Corte di giustizia ha inoltre sostenuto che la necessità di impedire l’elusione o l’abuso può costituire un motivo imperativo di interesse generale capace di giustificare una restrizione delle libertà fondamentali[5]. Il concetto di elusione fiscale è tuttavia limitato a “costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello SM interessato”. Per essere legittima, la normativa fiscale nazionale deve essere proporzionata e avere lo scopo specifico di impedire costruzioni di puro artificio .

Costruzioni di puro artificio

Sollecitata da argomenti sollevati dagli SM, la Corte di giustizia ha individuato diversi fattori che di per sé non costituiscono costruzioni abusive, ossia di puro artificio. Essa ha ad esempio sostenuto che il semplice stabilimento di una consociata in un altro SM non comporta, di per sé, l’elusione fiscale[6] e che la circostanza che le attività svolte da uno stabilimento secondario in un altro SM avrebbero potuto essere effettuate anche dal contribuente nel territorio del suo Stato membro non può permettere di concludere che esista una costruzione di puro artificio[7]. La Corte di giustizia ha inoltre espressamente confermato che è perfettamente legittimo tener conto di considerazioni di ordine fiscale per decidere dove creare uno stabilimento secondario[8]. L’obiettivo di ridurre al minimo l’onere fiscale costituisce di per sé una considerazione commerciale valida, purché le costruzioni attuate a questo fine non comportino trasferimenti fittizi di utili. Se i contribuenti non sono incorsi in pratiche abusive, gli SM non possono impedire l’esercizio dei diritti della libertà di circolazione solo perché altri SM hanno una fiscalità poco elevata[9]. Questo vale anche con riguardo a speciali regimi favorevoli nei sistemi fiscali di altri SM[10]. Le distorsioni legate all’ubicazione delle attività imprenditoriali come conseguenza di aiuti di Stato non compatibili con il trattato CE e di concorrenza fiscale dannosa non autorizzano gli SM a prendere misure unilaterali per combatterne gli effetti lesivi limitando la libertà di circolazione[11]; esse devono piuttosto essere risolte alla fonte mediante le appropriate procedure giudiziarie o politiche. È ovvio che le misure antiabuso devono esse stesse rispettare le disposizioni del trattato CE in materia di aiuti di Stato[12]. La Commissione continuerà a vegliare sull’applicazione delle norme del trattato CE in materia di aiuti di Stato e a sostenere il lavoro svolto dal Consiglio nell’ambito del gruppo “Codice di condotta”.

Per essere giustificate, le norme antiabuso devono essere circoscritte a situazioni in cui sussiste un ulteriore elemento di abuso. Nella giurisprudenza recente la Corte di giustizia ha fornito orientamenti più espliciti sui criteri per individuare le pratiche abusive, ossia le costruzioni di puro artificio. Nella sentenza della causa Cadbury la Corte di giustizia ha sostenuto che l’insediamento di una società è da considerare effettivo quando, sulla base di elementi oggettivi e verificabili da parte di terzi, in particolare a livello della sua presenza fisica in termini di locali, di personale e di attrezzature, corrisponde a una realtà economica, ossia una società reale che svolge attività economiche effettive e non una società “fantasma” o “schermo”[13]. Nella causa Thin Cap [14] la questione non era se l’insediamento dei contribuenti era effettivo, ma se lo SM poteva imporre restrizioni fiscali sulle transazioni finanziarie fra società collegate. La Corte di giustizia ha confermato che il fatto che le condizioni delle transazioni finanziarie fra società collegate residenti in SM diversi si scostino da quelle che sarebbero state convenute fra parti non collegate costituisce un elemento oggettivo e verificabile al fine di determinare se la transazione in questione rappresenta, in tutto o in parte, una costruzione di puro artificio. La legislazione basata su questo principio è conforme al criterio di proporzionalità se prevede che il contribuente sia messo in grado di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale transazione è stata conclusa.

L’individuazione di una costruzione di puro artificio corrisponde quindi di fatto a un’analisi basata sul criterio della prevalenza della sostanza sulla forma (“substance over form”). L’applicazione delle prove pertinenti nel contesto delle libertà garantite dal trattato CE e delle direttive in materia di imposta sulle società richiede una valutazione dei loro obiettivi e finalità rispetto a quelli che sottendono alle transazioni effettuate dai futuri beneficiari (contribuenti). Nel contesto dell’insediamento di una società emergono inevitabilmente difficoltà nel determinare il livello di presenza economica e di commercialità delle transazioni. Fattori oggettivi per determinare se vi è una sostanza economica adeguata sono, fra l’altro, criteri verificabili come la sede di direzione effettiva e la presenza tangibile della società nonché il rischio commerciale effettivo da essa assunto. Tuttavia, non è per nulla certo come tali criteri si possano applicare, ad esempio, ai servizi finanziari intragruppo e alle società di partecipazione, le cui attività non richiedono generalmente una presenza fisica significativa.

La Corte di giustizia ha chiarito la portata consentita di alcuni tipi di norme antielusione e definito una serie di criteri intesi a valutare la realtà dell’insediamento e il carattere commerciale delle transazioni concluse dai contribuenti. Se l’applicazione dei principi che scaturiscono dalla giurisprudenza dipende in ultima analisi dai fatti inerenti ai casi specifici, la Commissione ritiene tuttavia che sarebbe utile esplorare l’applicazione pratica di tali principi a diversi tipi di attività e strutture imprenditoriali[15]. Essa propone di fare questo insieme agli SM e invita la comunità imprenditoriale a presentare contributi.

Proporzionalità

Secondo le sentenze nelle cause Cadbury e Thin Cap , per determinare se una transazione rappresenta una costruzione di puro artificio, le norme antiabuso nazionali possono comprendere criteri di sicurezza (“safe harbours”) applicabili alle situazioni che presentano la probabilità di abuso più elevata. La Commissione condivide a questo proposito l’opinione dell’avvocato generale Geelhoed, il quale nella causa Thin Cap ha sostenuto che la definizione di criteri presuntivi ragionevoli contribuisce a un’applicazione equilibrata delle misure antiabuso nazionali, in quanto risponde all’interesse della certezza del diritto per i contribuenti e della praticità per le autorità fiscali[16].

Tuttavia, per garantire che transazioni e insediamenti effettivi non vengano indebitamente sanzionati è essenziale che, ove si presuma l’esistenza di una costruzione di puro artificio, il contribuente sia messo in grado, senza eccessivi oneri amministrativi, di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale transazione è stata conclusa. La misura in cui al contribuente può spettare l’onere di dimostrare che le transazioni commerciali si sono svolte in buona fede si può determinare solo caso per caso. A tale riguardo la Commissione ritiene che l’onere della prova non dovrebbe gravare solo sul contribuente e che si dovrebbe tener conto della capacità generale del contribuente di conformarsi alle norme e del tipo di transazione considerata. È ugualmente essenziale nell’interesse della proporzionalità che il risultato della pertinente valutazione da parte dell’autorità fiscale possa essere sottoposto a un controllo giurisdizionale indipendente. Inoltre il reddito imponibile dovrebbe essere adeguato a seguito dell’applicazione delle norme antiabuso solo nella misura in cui è riconducibile alla costruzione di puro artificio. Con riguardo alle transazioni intragruppo, questo implica l’osservanza del principio di piena concorrenza (“arm’s length principle”), ossia delle condizioni commerciali che sarebbero state convenute fra parti non collegate. Questo tuttavia, secondo il parere della Commissione, non dovrebbe impedire agli SM di comminare sanzioni ai contribuenti che hanno fatto ricorso a meccanismi abusivi a fini di elusione.

3. APPLICAZIONE DELLE NORME ANTIABUSO ALL’INTERNO DELL’UE/SEE

Considerazioni generali

Gli SM devono essere in grado di gestire efficacemente i loro sistemi fiscali e di impedire l’erosione indebita della loro base imponibile dovuta alla non imposizione involontaria e all’abuso involontari. Allo stesso tempo è importante assicurarsi che non esistano ostacoli indebiti all’esercizio dei diritti conferiti ai singoli individui e agli operatori economici dalla normativa comunitaria. Le misure antiabuso devono pertanto essere precisamente mirate alle costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa nazionale (o quella comunitaria in essa recepita). Lo stesso vale per quanto riguarda l’applicazione delle norme antiabuso nei confronti degli Stati SEE (fatta eccezione per i casi in cui non esistono relazioni adeguate a livello di scambio di informazioni con lo Stato SEE interessato). Per far sì che tali norme non siano sproporzionate rispetto all’obiettivo di frenare gli abusi e di assicurare la certezza giuridica, occorre fornire garanzie sufficienti in modo che i contribuenti siano messi in grado di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali delle loro transazioni.

Secondo la Commissione sarebbe deplorevole se, per evitare l’accusa di discriminazione, gli SM estendessero l’applicazione delle misure antiabuso intese a frenare l’elusione fiscale transfrontaliera alle situazioni meramente interne in cui non sussiste alcun possibile rischio di abuso. Tali soluzioni unilaterali non fanno che pregiudicare la competitività delle economie degli SM e non sono nell’interesse del mercato unico. Come osserva l’avvocato generale Geelhoed nella sentenza della causa Thin Cap [17] , tale estensione “…è del tutto inutile e, anzi, controproducente in termini di efficienza economica.” Rimane inoltre opinabile se tali estensioni possano armonizzare tutte le misure restrittive con gli obblighi che incombono agli SM in virtù del trattato CE.

La mancanza di un’interazione concertata fra i sistemi fiscali degli SM può dar luogo a una non imposizione involontaria e creare spazio per comportamenti abusivi, minando così l’equità e l’equilibrio di tali sistemi. Discordanze possono emergere, ad esempio, in rapporto alla qualificazione di capitale di prestito e di capitale netto. Uno SM può considerare una transazione come un apporto di capitale e quindi esentare il reddito che ne deriva (come ripartizione degli utili), mentre un altro SM può considerare la stessa transazione un prestito e permettere la deducibilità fiscale dei successivi pagamenti (come interessi). Questo può tradursi nella deduzione in uno SM senza una corrispondente tassazione in un altro SM. Lo stesso vale per le entità ibride, ossia entità considerate società di capitali da uno SM e società di persone (entità trasparenti) da un altro. Questa differenza di qualificazione può dar luogo a doppie esenzioni o doppie detrazioni. Tali problemi vanno affrontati alla fonte riducendo il verificarsi di discordanze. Se questo non è possibile, è auspicabile un miglioramento della cooperazione amministrativa per individuare situazioni in cui tali discordanze sono sfruttate in modo abusivo. La Commissione propone di discutere tali aspetti in modo più approfondito con gli SM per esaminare la possibilità di soluzioni coordinate nel settore.

La cooperazione amministrativa nella lotta ai meccanismi fiscali fraudolenti e ai casi specifici di abuso può essere di importanza vitale per assicurare l’efficacia delle misure antiabuso. I meccanismi di elusione fiscale sono spesso estremamente complessi e possono comportare operazioni in molti diversi SM e paesi terzi, rendendo così sempre più difficile per gli SM individuare e contrastare da soli tali meccanismi. Misure antiabuso mirate implicano inoltre un onere elevato di prova per le amministrazioni fiscali, il che rende ancora più importante la cooperazione fra queste ultime. Sarebbe inoltre utile che gli SM condividessero le migliori pratiche messe a punto a livello nazionale.

Tipi comuni di norme antiabuso nella legislazione fiscale degli SM

Norme sulle SEC . Lo scopo principale delle norme sulle SEC è impedire alle società residenti di eludere l’imposizione nazionale trasferendo i redditi a controllate in paesi con bassi livelli di tassazione e, come la Corte di giustizia ha riconosciuto, tali norme sono generalmente adeguate allo scopo. Il loro ambito è per lo più definito da riferimenti a criteri in materia di controllo, livello di tassazione effettivo, attività svolta dalla SEC e tipo di reddito. Tali norme prevedono solitamente che gli utili di una SEC possano essere attribuiti alla società madre nazionale e assoggettati al regime di tassazione vigente per quest’ultima. Secondo le norme sulle SEC, gli utili di una controllata sono soggetti a un trattamento fiscale diverso per il solo motivo che la controllata è residente in un altro Stato. Tale disparità di trattamento costituisce una discriminazione, a meno che sia giustificata da una differenza di situazione oggettiva e rilevante. Ugualmente, l’inclusione degli utili di una controllata estera negli utili imponibili della società madre residente costituisce un ostacolo alla capacità di quest’ultima di stabilirsi in altri SM mediante controllate.

A meno di abolire le norme sulle SEC o rinunciare ad applicarle all’interno dell’UE/SEE è pertanto necessario assicurarsi che esse siano mirate esclusivamente alle costruzioni di puro artificio. Il loro campo di applicazione può essere ridotto introducendo varie eccezioni, come ad esempio una politica di distribuzione accettabile, l’esenzione di attività (industriali o commerciali effettive), la quotazione pubblica, ecc. Ma è soprattutto essenziale che i contribuenti siano messi in grado di dimostrare, nell’ambito di un controllo giurisdizionale, che le loro transazioni commerciali si sono svolte in buona fede.

I limiti al campo di applicazione consentito di norme di tipo SEC non pregiudicano l’applicazione delle regole sui prezzi di trasferimento, che possono essere utilizzate più in generale nel caso di accordi di prezzo non commerciali fra imprese associate. Le norme sulle SEC possono pertanto continuare a svolgere una funzione utile come supplemento alle regole sulla residenza societaria e sui prezzi di trasferimento in quanto offrono un mezzo per contrastare i tipi più artificiosi di pianificazione fiscale, ossia il trasferimento di utili (su carta) a controllate che non sono realmente stabilite in altri SM o Stati SEE. Gli SM devono tuttavia garantire che tali misure non siano applicate a stabilimenti secondari in altri SM o Stati SEE che svolgono attività imprenditoriali reali e non vadano oltre quanto è necessario per conseguire l’obiettivo dichiarato di combattere il trasferimento fittizio degli utili.

Norme sulla capitalizzazione sottile . Esistono molti approcci diversi alla concezione delle norme sulla capitalizzazione sottile, che riflettono le differenti opinioni e tradizioni giuridiche degli SM. Il contesto di tali norme è tuttavia simile. Il finanziamento di capitale di prestito e di capitale netto si traducono in conseguenze diverse a livello fiscale. Finanziare una società con capitale netto porterà di norma a una distribuzione degli utili agli azionisti sotto forma di dividendi, ma solo dopo che gli utili sono stati tassati a livello della controllata. Il finanziamento di capitali di prestito darà luogo al pagamento degli interessi ai creditori (che possono anche essere gli azionisti), ma tali pagamenti generalmente riducono gli utili imponibili della controllata. I dividendi e gli interessi possono comportare conseguenze diverse anche a livello delle ritenute alla fonte. La disparità di trattamento fra il finanziamento di capitali di prestito e il finanziamento di capitale netto ai sensi della normativa fiscale nazionale (e a livello bilaterale), a seguito della quale i diritti di tassazione degli interessi da parte dello Stato di origine sono generalmente più limitati di quelli sui dividendi, rende il finanziamento del capitale di prestito più interessante in un contesto transfrontaliero e può pertanto dar luogo all’erosione della base imponibile nello Stato della controllata.

Abolendo del tutto le norme sulla capitalizzazione sottile o escludendo accordi con finanziatori residenti in altri SM e Stati SEE dal loro campo di applicazione, verrebbe eliminata all’interno dell’UE/SEE la disparità di trattamento fra controllate residenti in funzione della sede della società madre. La Commissione è del parere che gli SM dovrebbero tuttavia proteggere le loro basi imponibili dall’erosione artificiosa basata sul finanziamento strutturato di capitale di prestito, anche all’interno dell’UE/SEE. A seguito della sentenza nella causa Lankhorst , alcuni SM hanno cercato di evitare l’accusa di discriminazione estendendo l’applicazione delle norme sulla capitalizzazione sottile anche a relazioni meramente nazionali. Come visto sopra, non si tratta di uno sviluppo auspicabile.

Nella sentenza della causa Thin Cap la Corte di giustizia ha riconosciuto che misure intese ad evitare la capitalizzazione sottile sono di per sé permissibili. La loro applicazione deve tuttavia essere limitata alle costruzioni di puro artificio. Ciò è possibile se si garantisce che i termini degli accordi di finanziamento di capitale di prestito fra società collegate restino nei limiti di quello che sarebbe stato convenuto fra parti non collegate o si fondino su motivi commerciali validi. La Commissione ritiene che i principi stabiliti dalla Corte di giustizia in merito alle norme sulla capitalizzazione sottile si applichino anche alle regole sui prezzi di trasferimento, che sono essenziali per il mantenimento dei regimi fiscali nazionali. Gli SM possono gestire efficacemente i loro regimi fiscali solo se sono in grado di assicurare che le loro basi imponibili non siano erose da costruzioni non commerciali fra imprese associate.

4. APPLICAZIONE DELLE NORME ANTIABUSO NEI CONFRONTI DEI PAESI TERZI

Le norme sulle SEC determinano il trattamento fiscale degli utili di una società estera controllata da un residente. Poiché tali norme sono dirette a, e quindi riguardano, solo azionisti residenti aventi una sicura influenza su una società estera (solitamente una società madre all’interno di un gruppo), il loro elemento centrale consiste nella capacità delle società (ed eventualmente delle persone fisiche) di stabilirsi, mediante controllate, in altri paesi. Analogamente, le norme sulla capitalizzazione sottile degli SM sono rivolte esclusivamente ad accordi di finanziamento di capitale di prestito infragruppo, ossia sono applicate unicamente in situazioni in cui un azionista estero detiene una partecipazione rilevante nella controllata residente. L’elemento centrale rispetto alle norme sulla capitalizzazione sottile consiste quindi chiaramente nella libertà di stabilimento e, come nel caso delle regole sulle SEC, la loro applicazione va esaminata unicamente nella prospettiva dell’articolo 43 del trattato CE[18].

Dal momento che il diritto comunitario non impone agli SM di evitare la discriminazione per quanto riguarda lo stabilimento dei loro cittadini al di fuori della Comunità o lo stabilimento di cittadini di un paese terzo in uno SM[19], la questione della discriminazione non si pone nei casi di una controllata o di un creditore/azionista residente in un paese terzo. Non si dovrebbe pertanto impedire agli SM di applicare le norme sulle SEC e quelle sulla capitalizzazione sottile nei riguardi dei paesi terzi. Il diritto comunitario non impone particolari requisiti sulla legittimità dell’applicazione di tale normativa alle transazioni al di fuori dell’UE[20].

Tuttavia, se l’applicazione di tali norme non è limitata a situazioni e transazioni fra società appartenenti ad uno stesso gruppo (o fra parti collegate in cui una ha una sicura influenza sull’altra) e nella misura in cui ciò si dovesse verificare, esse devono essere conformi all’articolo 56 del trattato CE e, anche nei riguardi dei paesi terzi, essere applicate unicamente alle costruzioni di puro artificio (ad eccezione di situazioni in cui non esiste una relazione adeguata a livello di scambio di informazioni con il paese terzo interessato).

Le direttive in materia di imposta sulle società si applicano solo alle società costituite negli SM e il loro obiettivo generale è quello di creare all’interno della Comunità condizioni analoghe a quelle di un mercato interno sopprimendo gli ostacoli fiscali alle riorganizzazioni transfrontaliere e ai pagamenti di dividendi, interessi e diritti. Non sembrerebbe pertanto rientrare nel loro ambito di applicazione il fatto, ad esempio, di facilitare costruzioni intese ad eludere le ritenute alla fonte sui pagamenti ad entità non europee, qualora tali costruzioni non abbiano alcuna finalità commerciale. A tale riguardo si può osservare che il modo migliore per impedire queste costruzioni finalizzate all’elusione è costituito da un’applicazione ben coordinata, se non uniforme, delle misure antielusione.

Per quanto riguarda in particolare l’applicazione delle norme antielusione ai meccanismi internazionali di evasione fiscale, la Commissione ritiene che gli SM, al fine di proteggere la loro base imponibile, dovrebbero cercare di migliorare il coordinamento delle misure antiabuso nei confronti dei paesi terzi. Tale coordinamento può concretizzarsi utilmente nella cooperazione amministrativa (ad esempio, scambio di informazioni e condivisione delle migliori pratiche). La Commissione vorrebbe inoltre incoraggiare gli SM, ove opportuno, a potenziare la cooperazione amministrativa con i loro partner non UE.

5. CONCLUSIONI

La Corte di giustizia ha emanato una serie di importanti sentenze in questo settore, nelle quali ha chiarito le limitazioni dell’utilizzazione legittima delle norme antielusione. Le sentenze eserciteranno indubbiamente un impatto significativo sulle norme vigenti, che sono state formulate senza tener presenti tali vincoli. È chiaro in particolare che le norme non devono avere una portata troppo ampia, ma essere mirate a situazioni in cui non esiste un insediamento effettivo o, più in generale, in cui manca una motivazione commerciale.

È pertanto opportuno che gli SM rivedano le loro norme antielusione. La Commissione è disposta a sostenere e aiutare gli SM nell’effettuazione di tali riesami. Essa ritiene che, mentre la Corte di giustizia ha definito criteri chiari da applicare a singoli casi, rimanga spazio per esplorare l’applicazione pratica di tali principi in modo più generale, al di là dei particolari contesti da cui hanno tratto origine. La Commissione invita pertanto gli SM e le altre parti interessate a collaborare con essa per promuovere una migliore comprensione delle implicazioni di questi principi per i regimi fiscali degli SM. Essa desidera inoltre esaminare più in dettaglio la possibilità di elaborare specifiche soluzioni coordinate in stretta collaborazione con gli SM al fine di:

- mettere a punto definizioni comuni di abuso e costruzioni di puro artificio (per fornire orientamenti sull’applicazione di questi concetti nel settore dell’imposizione diretta),

- migliorare la cooperazione amministrativa in modo da individuare e contenere più efficacemente gli abusi e i meccanismi fiscali fraudolenti,

- condividere le migliori pratiche compatibili con il diritto comunitario, in particolare allo scopo di garantire la proporzionalità delle misure antiabuso,

- ridurre le discordanze potenziali causa della non tassazione involontaria e

- assicurare un migliore coordinamento delle misure antiabuso nei confronti dei paesi terzi.

La Commissione invita il Consiglio, il Parlamento europeo e il Comitato economico e sociale europeo ad esprimere il loro parere sulla presente comunicazione.

[1] COM(2006) 823 del 19.12.2006.

[2] Va notato che l’applicazione di talune disposizioni antiabuso nelle convenzioni fiscali con paesi terzi potrebbe incidere indirettamente anche sulla libertà di stabilimento delle imprese residenti in altri SM.

[3] GU L 347 dell’11.12.2006, pagg. 1–118.

[4] Emsland-Stärke C-110/99, punti 52-53; Halifax C-255/02, punti 74-75.

[5] Es. Lankhorst, C-324/00, punto 37.

[6] ICI, C-264/96, punto 26.

[7] C-196/04, punto 69.

[8] Cadbury , punto 37.

[9] Eurowings, C-294/97, punto 44.

[10] Cadbury , punti 36-38.

[11] Es. AG Léger in Cadbury , punti 55-60.

[12] V. Comunicazione della Commissione dell’11 novembre 1998, GU C 384/98, in particolare il punto 13.

[13] Punti 67-68.

[14] C-524/04.

[15] A tale riguardo potrebbe essere utile anche esplorare la possibilità di redigere un inventario non esaustivo di elementi ricorrenti che generalmente indicano la presenza di una costruzione artificiosa, ad esempio la costituzione di uno stabilimento secondario apparentemente destinato a fornire beni o servizi da un’altra giurisdizione senza che vi sia alcuna reale sostanza od operazione fisica o, più in generale, tipi di transazioni che non hanno alcuna finalità commerciale (o che potrebbero addirittura sembrare contrarie agli interessi commerciali generali se non fossero state concluse a fini di evasione fiscale).

[16] Punto 66.

[17] Punto 68.

[18] Lasertec, C-492/04, punto 20.

[19] Come osserva la Corte di giustizia nelle sentenza della causa ICI : “ (…), ove la controversia sottoposta al giudice nazionale riguardi una situazione che esula dall’ambito di applicazione del diritto comunitario, il giudice nazionale non è tenuto, in forza del diritto comunitario, né ad interpretare la sua normativa in un senso conforme al diritto comunitario né a disapplicare tale normativa. (…)”, punto 34.

[20] La loro applicazione può tuttavia essere preclusa dalla pertinente convenzione sulla doppia imposizione.

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