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Document 52004DC0608

Libro verde - Gli appalti pubblici della difesa

/* COM/2004/0608 def. */

52004DC0608

Libro verde - Gli appalti pubblici della difesa /* COM/2004/0608 def. */


Bruxelles, 23.09.2004

COM(2004)608 definitivo

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LIBRO VERDE

Gli appalti pubblici della difesa

(presentato dalla Commissione)

SOMMARIO

INTRODUZIONE 3

I. MOTIVI DI UNA INIZIATIVA NEL SETTORE DEGLI APPALTI PUBBLICI DELLA DIFESA 4

1. Mercati della difesa compartimentati 4

2. Specificità dei mercati della difesa 4

2.1 Il ruolo preponderante degli Stati 5

2.2 Imperativi di sicurezza di approvvigionamento e di segretezza 5

2.3 La complessità dei programmi di acquisizione degli armamenti 5

3. I limiti del quadro giuridico esistente 6

3.1 Il regime di deroga comunitario 6

3.2 Legislazioni nazionali non omogenee 7

3.3 Regimi specifici per i programmi di cooperazione 8

II. PISTE DI RIFLESSIONE PER DEFINIRE AZIONI A LIVELLO EUROPEO 8

1. Rendere più chiaro il quadro regolamentare comunitario vigente 9

2. Completare il quadro regolamentare comunitario con uno strumento specifico 10

2.1. Gli obiettivi 10

2.2 I contenuti 10

MODALITÀ DI CONSULTAZIONE 12

INTRODUZIONE

Il presente Libro Verde costituisce una delle azioni annunciate dalla Commissione europea nella sua Comunicazione “Verso una politica dell’Unione europea in materia di equipaggiamenti di difesa”, adottata in data 11 marzo 2003[1]. Attraverso tali azioni la Commissione europea intende contribuire alla progressiva costruzione di un mercato europeo per gli equipaggiamenti di difesa (“European Defence Equipment Market”, EDEM), più trasparente ed aperto fra gli Stati membri, al fine di renderlo economicamente più efficace, pur nel rispetto delle specificità del settore.

L’evoluzione verso un mercato a livello europeo rappresenta uno degli elementi chiave per migliorare la competitività delle industrie europee, garantire una migliore allocazione delle risorse in materia di difesa e sostenere lo sviluppo delle capacità militari dell’Unione nel quadro della Politica Europea di Sicurezza e Difesa (PESD).

L’istituzione dell’Agenzia europea di difesa, competente nel settore delle capacità di difesa, della ricerca, delle acquisizioni e degli armamenti, rafforza l'interesse verso la realizzazione di un siffatto mercato.

La realizzazione dell’EDEM comporterebbe peraltro la realizzazione di un insieme d’iniziative complementari fra le quali figura l’organizzazione di un quadro regolamentare adeguato in materia d’acquisizione degli equipaggiamenti di difesa. Una più ampia apertura dei mercati della difesa, attualmente compartimentati a livello nazionale, consentirebbe infatti di aumentare le opportunità commerciali per le imprese europee del settore, ivi comprese le piccole e medie imprese, contribuendo alla loro crescita e al miglioramento della loro competitività.

Il presente Libro Verde ha lo scopo di sviluppare, nel rispetto del principio di sussidiarietà, il dibattito già avviato in questo settore[2]. A tale proposito, la Commissione europea ha associato alle fasi preparatorie del Libro Verde due gruppi di lavoro costituiti da rappresentanti degli Stati membri e delle industrie europee.

Nella prima parte, il Libro Verde individua le ragioni che giustificano un’iniziativa specifica attraverso un esame della situazione attuale dei mercati, delle loro numerose particolarità e delle normative esistenti. Sulla base di tali constatazioni il Libro verde propone, nella seconda parte, alcune piste di riflessione sugli strumenti da ipotizzare.

I. MOTIVI DI UNA INIZIATIVA NEL SETTORE DEGLI APPALTI PUBBLICI DELLA DIFESA

Le spese per la difesa degli Stati membri costituiscono una parte rilevante delle spese pubbliche, pari a circa 160 miliardi di euro per i 25 Stati membri, di cui 1/5 è destinato agli acquisti di equipaggiamenti militari (acquisizioni e ricerca e sviluppo)[3].

Gli appalti pubblici per la difesa sono oggi caratterizzati da una frammentazione a livello nazionale (§ 1), da specificità che li rendono diversi dagli altri tipi di appalti (§ 2) e da un quadro giuridico la cui applicazione risulta complessa (§ 3).

1. MERCATI DELLA DIFESA COMPARTIMENTATI

Benché il totale delle spese militari degli Stati membri sia considerevole, queste rimangono largamente frammentate a livello dei vari mercati nazionali, il che costituisce oggi un problema rilevante per tutti gli Stati membri dotati di industrie della difesa. In virtù delle riduzioni dei bilanci e della ristrutturazione delle forze armate, le dimensioni dei mercati nazionali – comprese quelli dei grandi Stati – non sono più sufficienti per arrivare a volumi di produzione che consentano di ammortizzare i costi di ricerca e sviluppo, particolarmente elevati per i sistemi di armamento. Questa situazione, nonché la frammentazione degli sforzi di ricerca e sviluppo in Europa, comporta un onere ulteriore per i contribuenti e nuoce alla competitività dell’industria della difesa europea ed alla sua capacità di rispondere alle esigenze della PESD. Tenuto conto del carattere duale delle tecnologie (militare e civile), da tale situazione risulta parimenti diminuita la competitività globale dell’industria in Europa.

Alcuni progressi sono stati compiuti nel corso degli ultimi dieci anni, segnatamente tramite un potenziamento della cooperazione transeuropea in materia di armamenti e tramite un inizio di apertura alla concorrenza di tali mercati a livello europeo. Queste iniziative, dai risultati modesti, non hanno peraltro permesso di realizzare un mercato europeo della difesa. Per quanto attiene ai programmi svolti in cooperazione, l’applicazione ancora frequente del principio del giusto ritorno sugli investimenti limita generalmente l’apertura ai soli paesi partecipanti e comporta una ripartizione delle lavorazioni basata su criteri di politica industriale puramente nazionali. Per quanto riguarda poi le acquisizioni nazionali, resta ancora limitata la parte di appalti aggiudicati in base a procedure di tipo concorrenziale. Indipendentemente dalle procedure seguite, la quota assegnata ai fornitori nazionali risulta ampiamente prevalente.

2. SPECIFICITÀ DEI MERCATI DELLA DIFESA

Le caratteristiche specifiche dei mercati della difesa derivano dalla natura stessa dei beni militari e dei relativi servizi. Tali specificità non sono soltanto di ordine economico e tecnologico, ma dipendono anche dalla politica di sicurezza e difesa di ciascuno degli Stati membri[4]. Le industrie della difesa rivestono pertanto un carattere strategico e vantano relazioni particolari con gli Stati.

2.1 Il ruolo preponderante degli Stati

In esito alle privatizzazioni ed agli sforzi di ottimizzazione delle politiche di acquisizione di questi ultimi anni, il ruolo degli Stati si è attenuato, pur restando ancora ampiamente predominante. Nella loro qualità di clienti unici, essi esercitano la domanda dei prodotti in funzione delle esigenze militari connesse ai loro obiettivi strategici e definiscono così la dimensione dei mercati. Gli Stati partecipano, a livelli variabili secondo i paesi, al finanziamento della ricerca e dello sviluppo, influenzando così il know-how tecnologico e la competitività a lungo termine delle industrie. Nella loro attività di regolamentazione, essi controllano il commercio degli armamenti tramite le licenze di esportazione indispensabili alle industrie, anche per quanto riguarda le forniture all'interno dell’Unione, ed il rilascio delle autorizzazioni necessarie per partecipare agli appalti. Tale controllo viene svolto, anche se in maniera più limitata, anche sulle ristrutturazioni industriali ovvero a livello dell’azionariato.

2.2 Imperativi di sicurezza di approvvigionamento e di segretezza

Le necessità di difesa presuppongono che le fonti di approvvigionamento vengano garantite durante l’intera vita dei programmi di armamento, dalla progettazione fino al ritiro dal servizio degli armamenti, tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra. Gli Stati possono quindi trovarsi a dover ricercare garanzie particolari di approvvigionamento. Il mantenimento di una capacità industriale di difesa puramente nazionale può apparire come uno strumento affidabile per rispondere agli interessi strategici ed alle situazioni di urgenza (operazioni militari).

Le necessità di difesa possono del pari comportare per gli Stati l’esigenza di disporre di dotazioni che garantiscano la superiorità tecnologica delle forze militari impegnate. Questa esigenza è basata segnatamente sulla segretezza dei programmi e delle loro specifiche tecniche. La necessità di proteggere questo tipo di informazioni segrete fa sì che le industrie debbano necessariamente disporre di autorizzazioni specifiche nazionali.

2.3 La complessità dei programmi di acquisizione degli armamenti

I programmi di sviluppo degli armamenti sono particolarmente complessi. Il loro volume di produzione è limitato ed i rischi d’insuccesso commerciale rendono altresì necessario il sostegno da parte degli Stati. Le attrezzature sono spesso costituite da nuovi sistemi che integrano tecnologie militari e civili al tempo stesso. Il loro ciclo di vita è lungo: il periodo intercorrente fra il manifestarsi del bisogno operativo e il termine della vita di un sistema può raggiungere i 50 anni. Il rapporto qualità/prezzo e la gestione dei rischi devono poter essere assicurati sull’insieme di tale periodo. Gli Stati devono quindi poter avere accesso a capacità industriali e tecnologiche adeguate durante l’intero ciclo di vita di un sistema e poter intrattenere relazioni costanti e affidabili con i fornitori.

Peraltro, le acquisizioni di attrezzature di armamento “off the shelf [5]” sono spesso oggetto di « compensazioni » che consistono, per un paese compratore, nell’esigere una contropartita che in alcuni casi può superare il 100% dell’importo del contratto. Questo tipo di ritorno può essere di tipo diretto, tramite commesse per società nazionali o trasferimenti di know-how e tecnologia legati al contratto d’origine. Il ritorno può del pari essere di tipo indiretto e riguardare settori industriali diversi da quello oggetto del contratto e perfino settori non militari.

3. I LIMITI DEL QUADRO GIURIDICO ESISTENTE

3.1 Il regime di deroga comunitario

Le particolarità del settore della difesa sono state riconosciute fin dalla fondazione della Comunità tramite un regime di deroga precisato dall’articolo 296 del Trattato CE. Secondo il paragrafo 1 di tale articolo :

« a. nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia ritenuta contraria agli interessi essenziali della sua sicurezza,

b. Ogni Stato membro può adottare le misure ritenute necessarie per la protezione degli interessi essenziali della sua sicurezza e che si riferiscono alla produzione o al commercio di armi, di munizioni e di materiale bellico; tali misure non devono alterare le condizioni di concorrenza nel mercato comune per quanto riguarda i prodotti non destinati a fini specificamente militari[6]».

Tenuto conto della sua portata generale, tale disposizione può applicarsi anche al settore degli appalti pubblici.

Come chiarisce l’articolo 10 della nuova direttiva 2004/18/CE, la regolamentazione comunitaria in materia di appalti pubblici si applica agli appalti aggiudicati nel settore della difesa, fatto salvo l’articolo 296 del Trattato CE. Per quanto precede, le regole comunitarie sono in linea di principio applicabili anche al settore della difesa; tuttavia, gli Stati membri hanno la possibilità di derogarvi nei casi e alle condizioni specificamente previsti a tal fine. In ogni caso, la possibilità di deroga prevista dall’articolo 296 CE non può valere né per i beni civili né per quelli non destinati a fini specificamente militari, anche se tali beni vengono acquistati dai ministeri nazionali della difesa.

La giurisprudenza della Corte ha delimitato le condizioni di utilizzazione di tale deroga in maniera restrittiva, stabilendo che[7] :

- la sua utilizzazione non costituisce una riserva generale e automatica ma deve essere giustificata caso per caso. Gli Stati hanno quindi la possibilità di ricorrere al segreto sulle informazioni che potrebbero mettere in pericolo la loro sicurezza, nonché la facoltà di chiedere un’esenzione dall’osservanza delle regole del mercato interno in materia di commercio di armamenti e sono tenuti a valutare per ciascun contratto se questo sia oggetto o meno della deroga;

- l’utilizzazione da parte degli Stati delle misure nazionali in deroga è giustificata solo se è necessaria per realizzare l’obiettivo della salvaguardia degli interessi essenziali di sicurezza invocati;

- l’onere della prova è a carico dello Stato membro che intenda avvalersene;

- questa prova va fornita, se necessario, di fronte ai giudici nazionali ovvero, se del caso, alla Corte di Giustizia, la quale può essere adita dalla Commissione nell’esercizio della sua funzione di custode del Trattato.

Come regola generale, gli Stati membri possono quindi derogare alle regole del Trattato e delle direttive comunitarie soltanto in presenza di condizioni ben determinate. Cionondimeno, sussistono diverse difficoltà di applicazione :

- in assenza di una interpretazione precisa di tali disposizioni, in materia di appalti pubblici si è sviluppata una prassi quasi sistematica di ricorso a tale deroga. Nonostante i chiarimenti formulati dalla Corte, il numero limitato di pubblicazioni sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea lascia supporre che alcuni Stati membri ritengano di poter ricorrere alla deroga in maniera sistematica;

- dato che la nozione di interesse essenziale di sicurezza non è definita né nel diritto comunitario né nella giurisprudenza della Corte, gli Stati si riservano in pratica un ampio margine di valutazione per determinare gli appalti suscettibili pregiudicare tale sicurezza;

- per delimitare il campo d’applicazione dell’articolo 296 CE, l’elenco del 1958[8] non costituisce una base di riferimento appropriata, in quanto non è mai stato pubblicato ufficialmente, né modificato in seguito.

V’è dunque da constatare che gli appalti nel settore della difesa restano ancora in larga misura oggetto di legislazioni puramente nazionali.

3.2 Legislazioni nazionali non omogenee

In materia di appalti per la difesa, le regolamentazioni nazionali prevedono per lo più deroghe all’applicazione delle regole previste per gli appalti pubblici, con livelli variabili di trasparenza. Ciò costituisce una difficoltà potenziale per i fornitori non nazionali.

- La pubblicazione dei bandi di gara, quando avviene, è fatta in bollettini nazionali specifici i cui contenuti, la cui frequenza e il cui modo di diffusione variano da uno Stato all’altro.

- I casi possibili di non pubblicazione previsti dalle legislazioni nazionali sono numerosi e di natura diversa secondo i paesi.

- Le specifiche tecniche sono spesso molto dettagliate e basate su norme non omogenee.

- I criteri di selezione dei fornitori tengono conto in alcuni Stati della capacità di offrire compensazioni industriali e, per la maggior parte degli Stati, della segretezza e della sicurezza di approvvigionamento, la cui definizione resta vaga; inoltre, la valutazione non tiene spesso conto delle stesse esigenze, riferendosi talvolta all’origine dei beni ovvero alla cittadinanza dei fornitori.

- La messa in concorrenza avviene essenzialmente tramite procedure negoziate le cui modalità non risultano definite nella stessa maniera, in particolare per quanto riguarda l’estensione delle negoziazioni e le possibilità di modifica dell’oggetto del contratto.

- L’aggiudicazione dei contratti è basata prioritariamente sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Tuttavia, la sicurezza degli approvvigionamenti e le compensazioni industriali vengono di nuovo prese in considerazione da alcuni Stati in corrispondenza di questa fase.

Questi ostacoli hanno portato alcuni Stati membri ad impegnarsi, nell’accordo politico intergovernativo GAEO[9], ad armonizzare il contenuto e le modalità di pubblicazione dei loro bollettini nazionali e a seguire regole più aperte di messa in concorrenza. Basato su principi pertinenti, questo sistema ha tuttavia prodotto risultati limitati tanto a livello della trasparenza quanto a livello della messa in concorrenza, dato il suo carattere giuridicamente non vincolante.

3.3 Regimi specifici per i programmi di cooperazione

Oltre ai regimi nazionali, vengono utilizzate regole ad hoc previste in accordi intergovernativi per le acquisizioni riguardanti i programmi di armamento svolti in cooperazione[10]. Generalmente, dati i forti investimenti sostenuti dai paesi partecipanti a tali programmi, è il principio del giusto ritorno industriale a condizionare l’aggiudicazione dell’appalto.

Per porre rimedio ai costi elevati determinati da tale prassi, è stata istituita nel 1996 l’Agenzia transnazionale OCCAR[11], poi dotata di personalità giuridica nel 2000. Il suo regime contrattuale maggiormente concorrenziale prevede di sostituire i sistemi del « giusto ritorno » per programma con un sistema di « giusto ritorno globale » che può estendersi su vari anni e su diversi programmi. La sua applicazione dipenderà tuttavia dal numero di nuovi programmi assegnati alla gestione dell’Organizzazione.

Poiché tali tentativi non hanno portato a risultati soddisfacenti, gli Stati membri hanno recentemente istituito un’Agenzia europea di difesa sotto l’autorità del Consiglio, nel quadro istituzionale unico dell’Unione europea, la quale verrà incaricata, fra l’altro, di contribuire, in consultazione con la Commissione, alla realizzazione di un Mercato europeo della difesa competitivo[12].

II. PISTE DI RIFLESSIONE PER DEFINIRE AZIONI A LIVELLO EUROPEO

La constatazione suindicata sulla situazione degli appalti pubblici della difesa dimostra che diversi ostacoli limitano le possibilità di accesso delle industrie europee ai vari mercati degli Stati membri e, conseguentemente, le loro possibilità di crescita.

La Commissione propone pertanto di proseguire il dibattito sull’opportunità di avviare un’azione comunitaria nel settore degli appalti della difesa. Allo stato attuale delle sue riflessioni la Commissione ha individuato due strumenti possibili: il primo si limita a chiarire il quadro giuridico esistente (§ 1), l’altro mira a stabilire regole specifiche nel settore della difesa adattate alle caratteristiche particolari di tale settore (§ 2).

Questi strumenti non escluderebbero azioni complementari svolte dagli Stati membri nell’ambito delle sedi appropriate. I medesimi strumenti non potrebbero peraltro fornire risposte esaurienti a tutti i quesiti connessi alle specificità degli appalti della difesa, segnatamente per quanto riguarda la sicurezza degli approvvigionamenti, nozione destinata ad evolversi in funzione della convergenza degli interessi di sicurezza nazionali nel quadro della politica estera europea, della sicurezza e della difesa. Il progressivo sviluppo di un approccio comune in questo settore potrebbe agevolare l’applicazione degli strumenti comunitari. Nello stesso modo, tali strumenti risulterebbero altresì utili per una buona riuscita della cooperazione fra gli Stati membri.

1. RENDERE PIÙ CHIARO IL QUADRO REGOLAMENTARE COMUNITARIO VIGENTE

La chiarificazione del quadro regolamentare potrebbe avvenire tramite uno strumento non legislativo, quale una Comunicazione interpretativa della Commissione. Uno strumento siffatto dovrebbe rendere più chiara la regolamentazione comunitaria vigente al fine di facilitarne l’applicazione da parte delle competenti autorità e la sua comprensione da parte degli operatori interessati. Una Comunicazione interpretativa potrebbe essere adottata entro termini relativamente brevi. Per la sua stessa natura, una tale Comunicazione potrebbe soltanto riaffermare il diritto vigente.

La Commissione espliciterebbe maggiormente i principi sanciti dalla Corte circa l’interpretazione dell’articolo 296 CE e, segnatamente, la loro applicazione in materia di appalti pubblici, al fine di facilitare nella pratica la distinzione fra i contratti coperti dalla deroga e quelli che non lo sono. Per questi ultimi, resterebbero applicabili le regole di diritto comune e quindi le direttive sugli appalti pubblici.

La Comunicazione non sarebbe giuridicamente vincolante in quanto tale; tuttavia, essa si riferirebbe a principi e regole che vincolanti sono. Di conseguenza, la Commissione sarebbe tenuta ad attenersi a tale interpretazione nell’esercizio delle sue funzioni di custode del Trattato. La Commissione dovrebbe inoltre trarre tutte le conseguenze operative derivanti dall’adozione di una siffatta chiarificazione del diritto vigente.

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2. COMPLETARE IL QUADRO REGOLAMENTARE COMUNITARIO CON UNO STRUMENTO SPECIFICO

2.1. Gli obiettivi

Il quadro regolamentare comunitario potrebbe essere completato con un nuovo strumento legislativo specifico per gli appalti della difesa (beni, servizi e lavori), quale una direttiva mirante a coordinare le procedure di aggiudicazione di tali appalti[13]. Tale direttiva stabilirebbe un quadro specifico di regole applicate ai contratti rientranti nel campo d’applicazione ratione materiae dell’articolo 296 CE, ma per i quali non è giustificato il ricorso alla deroga (condizioni definite dalla giurisprudenza della Corte). Tale direttiva verrebbe applicata agli appalti della difesa che attualmente rientrano nel campo d’applicazione delle direttive esistenti e consentirebbe di disporre di regole più rispondenti alle caratteristiche specifiche di tali appalti.

Essa perseguirebbe tre obiettivi principali:

- una maggiore certezza del diritto, in quanto consentirebbe una migliore suddivisione tra le categorie dei contratti : (a) oggetto delle direttive classiche; (b) oggetto della nuova direttiva; (c) esclusi da ogni regolamentazione comunitaria;

- una più ampia informazione a livello comunitario sui contratti in questione e quindi una maggiore apertura dei mercati che consentirebbe alle industrie europee di difesa di partecipare su base paritaria alle gare di appalto in tutti gli Stati membri;

- l’introduzione della flessibilità necessaria per l’aggiudicazione di tali appalti, attraverso la creazione di un corpo di regole adattate alle caratteristiche specifiche dei contratti in questione.

Un siffatto strumento potrebbe del pari risultare utile come strumento di riferimento nell’ipotesi in cui uno Stato membro dovesse decidere di non avvalersi della deroga di cui all’articolo 296 CE, pur potendolo fare.

2.2 I contenuti

- La delimitazione del suoambito di applicazione potrebbe basarsi su una definizione di portata generale della categoria dell’attrezzatura militare regolamentata e/o su un elenco. Potrebbe trattarsi dell’elenco del 1958, ovvero di un altro elenco più preciso e aggiornato come quello del Codice di condotta in materia di esportazione di armamenti[14].

- Sul modello delle direttive esistenti negli altri settori, una disposizione preciserebbe che la direttiva non pregiudica la possibilità di invocare l’articolo 296 nelle condizioni definite dalla Corte. Inoltre, essa indicherebbe i casi nei quali le condizioni di applicazione di tale esenzione ricorrono in maniera chiara e palese (ad esempio, trattandosi di attrezzatura nucleare).

- Le amministrazioni aggiudicatrici sarebbero i Ministeri della difesa e le agenzie operanti per loro conto, nonché gli altri Ministeri che effettuano acquisti di attrezzature militari. L’applicazione della direttiva ad altri organismi, come la nuova Agenzia della difesa, resterebbe da precisare nelle sedi competenti.

- L’applicazione della direttiva non pregiudicherebbe le possibilità di esenzione offerte agli Stati membri dagli accordi dell’OMC e dall’Accordo sugli Appalti pubblici.

- Le procedure dovrebbero garantire l’osservanza dei principi di trasparenza e di non-discriminazione, tenendo conto delle specificità di tali appalti. La regola potrebbe essere quella del ricorso generalizzato alla procedura negoziata con pubblicazione preliminare di un bando di gara. Il ricorso ad una procedura negoziata senza pubblicità potrebbe essere previsto in casi da definire, sulla base delle eccezioni previste dalle direttive esistenti e, se del caso, in altri casi ispirati alle legislazioni nazionali.

- La pubblicità potrebbe avvenire per il tramite di un sistema centralizzato a livello comunitario, con l’utilizzazione di un bollettino di pubblicazione armonizzato. L’oggetto dell’appalto potrebbe essere descritto in termini di prestazioni tecniche, al fine di evitare una potenziale discriminazione tra i fornitori.

- Dei criteri di selezione concordati dovrebbero consentire di garantire la non-discriminazione e la parità di trattamento fra le imprese e di tenere conto delle particolarità dei contratti della difesa, quali la segretezza, la sicurezza degli approvvigionamenti, ecc. . Tali criteri dovrebbero del pari tener conto delle abilitazioni conformi alle regole della protezione del segreto di difesa.

- L’aggiudicazione del contratto avverrebbe sulla base di criteri definiti. Ciò comporterebbe una discussione sulla progressiva eliminazione di prassi come quelle delle compensazioni dirette e indirette.

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MODALITÀ DI CONSULTAZIONE

Il presente Libro Verde apre una consultazione ufficiale che si estenderà su un periodo di 4 mesi a decorrere dalla data di pubblicazione. L’organizzazione verrà garantita dalla Commissione e, segnatamente, dalla Direzione generale per il Mercato interno.

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[1] COM(2003) 113 def.

[2] Lavori del Gruppo del Consiglio in materia di Politica degli armamenti (POLARM), del Gruppo armamenti dell’Europa occidentale (GAEO), dell’ Agency Establishment Team incaricato della costituzione dell’Agenzia europea di difesa.

[3] Fonti : NATO (Organizzazione del Trattato Nordatlantico) e SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) 2002.

[4] Cfr. il documento del gruppo POLARM del Consiglio, allegato alla ComunicazioneCOM(1997) 583 del 4 dicembre 1997.

[5] Materiale finito già sviluppato e disponibile alla vendita.

[6] In conformità del paragrafo 2 di questo articolo, un elenco dei prodotti a cui si applicano le disposizioni del paragrafo 1 è stato adottato dal Consiglio nel 1958.

[7] Fra le altre, sentenza Johnston, causa C-222/84, sentenza Commissione contro Spagna, causa C-414/97. Quest’ultima, anche se pronunciata in materia di IVA, risulta applicabile anche al settore degli appalti pubblici.

[8] Cfr. nota n. 6.

[9] I 16 paesi membri, di cui 14 Stati membri dell’Unione (BE, DK, DE, EL, ES, FR, IT, LU, NL, PT, UK, AT, FI, SE) hanno adottato nel 1990 e aggiornato nel 1999 linee guida per la messa in concorrenza.

[10] Questi contratti vengono generalmente stipulati da Agenzie ad hoc o da Agenzie NATO, che intervengono per conto degli Stati partecipanti ai programmi di cui si tratta.

[11] Organizzazione Congiunta di Cooperazione in materia di Armamenti; aperta a determinate condizioni a tutti gli Stati membri, anche se a tutt’oggi vi fanno parte soltanto cinque Stati (DE, BE, FR, IT, UK).

[12] Azione comune che istituisce un’Agenzia europea della difesa (EDA), adottata il 12 luglio 2004 dal Consiglio.

[13] Si tratterebbe di un’iniziativa analoga a quella sviluppata nel 1990 per prendere in considerazione le particolarità degli appalti nei settori dell’acqua, dell’energia e dei trasporti, tramite una direttiva specifica (divenuta 93/38/CEE e modificata dalla direttiva 2004/17/CE del 31 marzo 2004).

[14] Allegato alla Dichiarazione del Consiglio del 5 giugno 1998 (8675/2/98, PESC) che crea un meccanismo di trasparenza delle politiche di esportazione di armamenti.

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