EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52000DC0860

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO - Una nuova politica per le acque di balneazione

/* COM/2000/0860 def. */

52000DC0860

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO - Una nuova politica per le acque di balneazione /* COM/2000/0860 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO Una nuova politica per le acque di balneazione

Introduzione

1. Scopo della comunicazione

2. Contesto in cui si colloca la modifica della direttiva sulle acque di balneazione

3. Principi ispiratori della proposta di modifica

4. Tematiche specifiche per la gestione della qualitÀ delle acque di balneazione

4.1. Identificazione delle zone di balneazione

4.2. Conformità

4.3. Indagini e controlli

4.4. Andamento della qualità delle acque

4.5. Definizione degli standard e metodi di analisi

4.6. Obbligo di intervento

4.7. Prevedere la qualità delle acque

4.8. Informazione, partecipazione dei cittadini e presentazione di relazioni

4.9. Aggiornamento continuo della direttiva sulle acque di balneazione

5. Campo di applicazione della nuova direttiva sulle acque di balneazione

6. Come rispondere al presente documento

Allegato I: Normative e politiche comunitarie strettamente correlate

Introduzione

La direttiva sulle acque di balneazione risale ormai a 25 anni fa, eppure la sua importanza continua ad essere evidente ad ogni stagione balneare, visto che tutela le persone dall'inquinamento accidentale e cronico delle zone di balneazione europee vere e proprie e delle aree circostanti. Da quando la direttiva è in vigore, inoltre, la qualità complessiva delle acque di balneazione è notevolmente migliorata.

Tuttavia, l'evoluzione scientifica e tecnologica impone alla Commissione di riesaminare e aggiornare periodicamente la propria legislazione. Adesso è il momento della direttiva sulle acque di balneazione, la cui modifica rappresenterà una pietra miliare per la razionalizzazione della normativa ambientale comunitaria nel settore delle acque.

Ispirandosi sempre all'esperienza acquisita con l'attuazione delle normative esistenti, la politica ambientale della Comunità si è sviluppata attribuendo maggiore attenzione al ruolo della scienza e della partecipazione informata dei cittadini per il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati. Oggi è possibile sfruttare la rapida evoluzione della scienza e della tecnologia per avere a disposizione strumenti sempre più sofisticati, mentre le conoscenze e la partecipazione degli interessati attraverso un processo aperto possono servire per mettere a punto ed attuare la legislazione. L'evoluzione in questi due campi si troverà riflessa nella nuova direttiva sulle acque di balneazione.

Nella nuova direttiva verrà mantenuto, o addirittura accresciuto, il rigore della direttiva esistente e continueranno ad essere presenti traguardi specifici rigorosi e ambiziosi, da rispettare entro scadenze ben definite.

La Commissione intende inoltre razionalizzare e ottimizzare la gestione della qualità delle acque di balneazione in varie tappe, compresa la riduzione del numero di parametri da monitorare e l'introduzione di nuovi strumenti e di parametri più efficaci. La nuova direttiva rappresenterà, soprattutto, lo strumento per fornire un'informazione migliore ai cittadini.

Il presente documento illustra sommariamente i contenuti e le implicazioni previsti di una nuova direttiva, anche se i vari elementi non sono ancora stati incorporati in articoli specifici. La Commissione si augura di ricevere critiche costruttive sulle strategie presentate nella comunicazione e invita tutte le parti interessate e coinvolte a partecipare alle consultazioni e a manifestare le proprie reazioni al documento.

1. Scopo della comunicazione

Scopo della comunicazione è avviare un esercizio di consultazione aperto con tutti gli interessati in merito alla nuova direttiva sulle acque di balneazione, direttiva che garantirà almeno lo stesso livello di protezione dell'ambiente e della salute umana della direttiva attualmente in vigore, tenendo al contempo conto delle nuove strategie e della più recente evoluzione scientifica e tecnologica. Le consultazioni serviranno a raccogliere informazioni su come migliorare la legislazione in materia di acque di balneazione e la relativa attuazione.

Le consultazioni culmineranno con una Conferenza sulle acque di balneazione durante la Settimana ecologica (24-28 aprile 2001) alla quale saranno invitati tutti i cittadini e le istituzioni che avranno risposto alla presente comunicazione. Tutti i commenti e i suggerimenti pervenuti nel corso delle consultazioni (per iscritto o durante la conferenza) saranno presi in esame dalla Commissione nella stesura della proposta relativa alla nuova direttiva sulle acque di balneazione.

La proposta dovrebbe essere adottata dalla Commissione verso i mesi di giugno o luglio 2001; essa passerà successivamente al Parlamento europeo e al Consiglio, dove verrà discussa a livello politico e adottata secondo la procedura di codecisione.

La procedura in quattro fasi (comunicazione, consultazioni, conferenza, presentazione della proposta) che abbiamo deciso di utilizzare per la nuova direttiva sulle acque di balneazione è analoga a quella utilizzata per la preparazione della direttiva quadro sulle acque e si ispira ai principi della trasparenza, della partecipazione e dell'impegno degli interessati e della condivisione delle responsabilità.

In questa sede la Commissione non intende fornire tutti gli elementi precisi della futura direttiva, ma semplicemente delinearne la struttura portante. La presente comunicazione, pertanto, mette in luce i punti di forza e i punti deboli della gestione della qualità delle acque di balneazione e presenta alcune possibili strategie per la nuova direttiva, sulla base delle esperienze acquisite in questo settore.

2. Contesto in cui si colloca la modifica della direttiva sulle acque di balneazione

Adozione della direttiva quadro in materia di acque

L'adozione della direttiva quadro in materia di acque ha rappresentato una tappa decisiva per riunire in un unico testo tutte le normative ambientali comunitarie riguardanti le acque, sottolineando in questo modo il fatto che tutte le direttive sulle acque devono essere attuate in maniera coerente.

Per l'opinione pubblica in generale [1], la direttiva sulle acque di balneazione è l'elemento essenziale per migliorare la qualità delle acque in generale e l'impatto sulla salute in particolare. Con la direttiva sulle acque destinate al consumo umano, che pure prescrive il raggiungimento di risultati specifici in termini di buona qualità delle acque per la salute, la direttiva sulle acque di balneazione dovrebbe essere l'elemento trainante per un'attuazione mirata della direttiva quadro sulle acque, della direttiva sui nitrati e della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane.

[1] La qualità delle acque in generale, e quella delle acque di balneazione in particolare, è al centro dell'attenzione dei cittadini. Secondo i dati più recenti di Eurobarometro (51.1 del settembre 1999) - un sondaggio periodico organizzato dalla Commissione -, ad esempio, i cittadini europei sono ancora estremamente preoccupati per la qualità delle acque. Da anni la home page sulle acque della DG Ambiente è tra i 10 siti più visitati sul sito Internet dell'UE.

La direttiva sulle acque di balneazione risale a oltre 25 anni fa. Alla luce dell'approccio combinato introdotto dalla direttiva quadro sulle acque e dei progressi realizzati a livello scientifico, tecnologico e gestionale per quanto riguarda la qualità delle acque, si rivela necessario procedere ad una profonda modifica della direttiva sulle acque di balneazione. Essa rappresenterà un altro passo verso il riesame della normativa comunitaria sulle acque, secondo quanto stabilito nella direttiva quadro già citata.

L'allegato I contiene altre informazioni sulla direttiva quadro in materia di acque e su altre normative e politiche comunitarie connesse.

La direttiva sulle acque di balneazione e la proposta di modifica

Garantendo informazioni affidabili e chiare sulla qualità delle acque delle spiagge costiere e delle zone di balneazione situate attorno a laghi e su fiumi, la direttiva sulle acque di balneazione [2] del 1976 ha sensibilizzato come mai prima i cittadini alle tematiche dell'ambiente e della salute che incidono direttamente sulla loro vita quotidiana. La direttiva ha anche spinto gli Stati membri ad affrontare il problema dello scarico delle acque reflue nell'ambiente acquatico ancor prima della preparazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane.

[2] Direttiva 76/160/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1975, concernente la qualità delle acque di balneazione (GU L 31 del 5.2.1976).

Ogni anno la Commissione pubblica un rapporto contenente informazioni sulla qualità delle acque di balneazione e sull'attuazione della direttiva. La pubblicazione più recente, che riguarda la stagione balneare 1999, dimostra che si sono registrati miglioramenti costanti e significativi della qualità delle acque nelle zone di balneazione. Come emerge dalla tabella seguente, gli standard di qualità fissati dalla direttiva sono oggi rispettati in un numero sempre maggiore di zone, in particolare in quelle costiere. Migliorare la qualità delle acque dolci di balneazione dei singoli paesi si è invece rivelata un'impresa molto più difficoltosa, probabilmente perché le acque dolci sono, in generale, più fragili e sono molto più influenzate dalle fonti di inquinamento diffuse.

>SPAZIO PER TABELLA>

* Per "conformi" si intendono le acque conformi ai valori obbligatori della direttiva 76/160/CEE. "Altre" comprendono zone di balneazione non conformi, zone sottoposte a campionamento insufficiente e zone in cui è vietata la balneazione.

Occorre tuttavia ammettere che negli ultimi anni la qualità delle acque di balneazione costiere è aumentata in maniera meno consistente. Si è forse raggiunto il limite del realizzabile- A nostro parere la risposta è negativa. Forse la direttiva attuale non può contribuire a migliorare ulteriormente le condizioni delle acque di balneazione, ma riteniamo che una nuova direttiva fornirà gli strumenti per tale miglioramento. Ispirandoci alle esperienze e ai risultati ottenuti con l'attuazione della normativa esistente sarà possibile incorporare strumenti più sofisticati e attribuire ancora maggiore importanza all'utilizzo delle informazioni e alla partecipazione dei cittadini.

Anche se, grazie all'attuazione della direttiva sulle acque di balneazione del 1976, la qualità delle acque di balneazione in Europa è aumentata in maniera evidente, nel corso degli anni dalla sua adozione la direttiva è stata oggetto di critiche sempre maggiori dettate da considerazioni di ordine tecnologico, scientifico e gestionale. Alcuni degli argomenti tecnico-scientifici addotti sono:

*alcuni dei parametri fissati nella direttiva sono obsoleti e altri non sono più importanti;

*il monitoraggio delle acque serve solo a verificare la conformità e non a comprendere meglio la situazione delle acque di balneazione;

*la direttiva non specifica i metodi di analisi ed i laboratori hanno pertanto utilizzato metodi diversi, ottenendo risultati non totalmente comparabili;

*le analisi microbiologiche richiedono molto tempo; ciò significa che, se viene confermato che un campione di acqua non risulta conforme, sarà troppo tardi per intervenire e nel frattempo le persone potrebbero essere già state esposte all'inquinamento.

Infine, è ormai evidente che la qualità delle acque di balneazione non è solo una questione di "controllo di un prodotto", ma di vera gestione e garanzia della qualità.

Il processo di modifica della direttiva sulle acque di balneazione è stato, in realtà, avviato nel 1994, quando la Commissione ha presentato la sua prima proposta, che il Consiglio non ha adottato per motivi tecnici e scientifici oltre che politici [3]. Tuttavia, grazie al dibattito scatenato dalla proposta del 1994 sono apparsi nuovi studi e sviluppi sulla gestione della qualità delle acque; oltre a confermare che la proposta del 1994 era anch'essa obsoleta e ormai difficile da sostenere, essi indicavano chiaramente la necessità che una nuova direttiva sulle acque di balneazione fosse correlata alla direttiva quadro sulle acque. Pertanto, invece di insistere sull'adozione della proposta del 1994, la Commissione ha cominciato a lavorare su una nuova proposta. (Per agevolare l'iter di quest'ultima, la proposta del 1994 è stata formalmente abrogata).

[3] Cfr. la proposta di direttiva del Consiglio concernente la qualità delle acque di balneazione (COM(94)36 def.); la prima lettura del Parlamento europeo sulla proposta di direttiva del Consiglio concernente la qualità delle acque di balneazione (A4-0395/96 del 13 dicembre 1996) e la proposta modificata di direttiva del Consiglio concernente la qualità della acque di balneazione (COM(97)585 def.).

Principi ispiratori della proposta di modifica

Sulla base delle esperienze acquisite in oltre 15 anni di attuazione dell'attuale direttiva sulle acque di balneazione e alla luce dei molteplici studi svolti, la Commissione afferma i principi illustrati di seguito.

1. Gli standard di qualità delle acque sono elementi indispensabili e devono essere ambiziosi e giuridicamente vincolanti.. È necessario essere realisti e ammettere che non è possibile garantire l'assenza assoluta di rischi: anche adottando tutte le misure possibili per raggiungere o preservare una buona qualità delle acque, c'è sempre la possibilità che tali misure non funzionino o che si verifichino incidenti. La qualità delle acque può diminuire, ad esempio, per l'aumento della portata dei fiumi a seguito di forti precipitazioni o per un guasto agli impianti di trattamento delle acque di scarico. La possibilità che avvengano guasti o incidenti rafforza, tuttavia, la richiesta di standard di qualità ambiziosi. Riducendo al minimo l'impatto consueto delle attività umane sulle acque di balneazione e abbassando al massimo il livello "normale" di inquinanti presenti in una zona di balneazione è possibile limitare l'impatto di episodi di inquinamento imprevisti.

2. La gestione della qualità delle acque di balneazione non è solo una questione di controllo della qualità. È necessario conoscere a fondo tutti i processi che entrano in gioco nella determinazione della qualità delle acque e della rispettiva variabilità, ma è anche necessario intervenire per preservare o conseguire una buona qualità delle acque e ridurre al minimo l'impatto delle attività antropiche. A tal fine è importante guardare oltre ciò che avviene in una zona di balneazione o nelle sue vicinanze, per tener conto anche dell'hinterland in termini di utilizzo del territorio, di scarichi a monte e di altri fattori. Per questo motivo la nuova direttiva sulle acque di balneazione non riguarderà solo il controllo della qualità delle acque nelle zone di balneazione, ma affronterà anche l'aspetto delle fonti di inquinamento, ed in particolare lo scarico delle acque reflue e le acque di dilavamento di origine agricola. Queste fonti inquinanti dovranno essere segnalate e inserite nei piani di gestione dei bacini idrografici previsti dalla direttiva quadro sulle acque.

3. Dai due principi precedenti consegue che ora più che mai è necessario disporre di informazioni di buona qualità sulle zone di balneazione, in tempo praticamente reale. Le informazioni sono necessarie per i cittadini che devono poter fare scelte informate sulla possibilità di utilizzare le acque per la balneazione e sulle località da prediligere e sono richieste dalle autorità competenti per adottare decisioni di lungo termine sulla gestione della qualità delle acque. Tali informazioni esaurienti dovrebbero essere messe fattivamente a disposizione da chi le raccoglie - autorità locali, regionali o nazionali degli Stati membri - e, in seconda istanza, dalla Commissione europea.

4. Tematiche specifiche per la gestione della qualitÀ delle acque di balneazione

4.1. Identificazione delle zone di balneazione

In molti Stati membri i cittadini hanno il diritto fondamentale di utilizzare le acque di superficie (fiumi, laghi o acque costiere), escluse zone particolari nelle quali vige un chiaro divieto. Ciò implica che, potenzialmente, ogni tratto di acqua dell'UE potrebbe essere utilizzato per la balneazione e dovrebbe pertanto essere sottoposto al monitoraggio e alla gestione previsti dalla direttiva sulle acque di balneazione. Anche in questo caso dobbiamo però essere realisti e accettare il fatto che ciò è praticamente impossibile. (Tuttavia, se tutta la normativa dell'UE in materia di acque fosse attuata in maniera totale e adeguata, le acque europee raggiungerebbero una qualità elevata adatta alla balneazione!).

La direttiva 76/160/CEE non contiene la definizione di "balneazione" e quella di "zona di balneazione/acque di balneazione" lascia un margine eccessivo di interpretazione. La nuova direttiva dovrebbe rettificare questo punto e introdurre definizioni chiare e prive di ambiguità, che tengano conto del fatto che non tutte le acque possono essere "acque di balneazione" e che rispecchino il fatto che le acque di balneazione vengono utilizzate principalmente a scopi ricreativi e turistici. Le nuove definizioni potrebbe seguire le seguenti linee:

*la direttiva modificata dovrebbe riguardare "la qualità delle acque di balneazione, escluse le acque destinate a fini terapeutici, le acque delle piscine e le acque artesiane soggette a disinfezione chimica";

*ai fini della direttiva per "balneazione" si intende qualsiasi contatto diretto del corpo umano con le acque che comporti l'immersione del capo e/o il rischio di ingerire acqua;

*le "acque identificate come acque di balneazione" comprendono tutte le acque superficiali interne, correnti e ferme, le acque di transizione e le acque costiere che:

- vengano attivamente promosse - a livello locale, regionale, nazionale o internazionale - per la balneazione (o che lo saranno in un prossimo futuro) e/o - vengano utilizzate con regolarità dalla popolazione locale e/o da visitatori a scopo balneare;

*per "zona di balneazione" s'intende la località definita/delimitata all'interno di acque di balneazione nella quale, in media, si concentra la maggior parte dei bagnanti per tutta la durata della stagione balneare;

*per "stagione balneare" s'intende il periodo di tempo in cui, tenuto conto delle consuetudini locali , ivi comprese le eventuali misure locali che concernono la pratica della balneazione, e delle condizioni meteorologiche, si può contare su un afflusso di bagnanti.

Dopo l'identificazione, le zone di balneazione dovranno essere rese pubbliche e notificate alla Commissione europea.

La direttiva 76/160/CEE non prevede meccanismi per annullare l'identificazione di una zona di balneazione. Può tuttavia accadere che alcune zone perdano la propria funzione di balneazione per un cambiamento delle abitudini (ad esempio, i locali tendono a raggiungere località più lontane lungo un fiume o una costa), a causa di modifiche nella costituzione di una zona (ad esempio, la costruzione di una marina nelle vicinanze) o ancora per un diverso utilizzo della zona (ad esempio passaggio da zona di balneazione a zona di molluschicoltura o ad area naturale protetta). La nuova direttiva dovrebbe istituire un meccanismo che consenta di non riconoscere più come zone di balneazione quelle in cui avvengano, e siano dimostrati, cambiamenti come quelli descritti.

4.2. Conformità

Uno dei punti deboli dell'attuale direttiva è l'eccessiva enfasi riservata al monitoraggio: perché una zona di balneazione sia conforme, l'unico requisito è che una percentuale predefinita dei campioni di acqua prelevati raggiunga lo standard imposto.

La direttiva modificata dovrebbe invece accentuare l'aspetto dell'applicazione di azioni di gestione adeguate e tempestive, senza naturalmente tralasciare la necessità di soddisfare anche gli obiettivi di qualità delle acque. In base alla nuova impostazione, verranno previste disposizioni sia in merito alla conformità agli standard di qualità sia in merito agli interventi in caso di violazione degli standard. Questo spostamento dell'attenzione dal controllo alla gestione della qualità delle acque di balneazione è in linea con i principi contenuti nella direttiva quadro sulle acque.

La nuova direttiva deve comprendere obblighi formali di intervento immediato nel corso della stagione balneare per contrastare episodi occasionali di inosservanza degli standard e di intervento a lungo termine in caso di inosservanze di tipo "strutturale". La direttiva dovrebbe sancire che, qualora una zona di balneazione non soddisfi gli standard previsti, i responsabili dovranno intraprendere le azioni di gestione appropriate entro un certo periodo di tempo (approvato dalla Commissione) allo scopo di ridurre o eliminare il rischio di inquinamento/contaminazione o di impedire l'esposizione delle persone a tali fenomeni.

In base alla situazione, un intervento appropriato può consistere nell'affissione di cartelli, nella realizzazione delle infrastrutture o dei controlli degli scarichi più adatti, nella stesura di piani di gestione delle spiagge o nel divieto della balneazione fino al (nuovo) raggiungimento dello standard di qualità richiesto. Si può notare che è dunque possibile concepire molti interventi di gestione diversi, ma tutti devono sempre prevedere i seguenti elementi: attiva informazione dei cittadini, esame del problema e istituzione di un programma d'azione (a breve e/o a lungo termine) per risolvere il problema, garantendo scadenze e bilanci adeguati.

4.3. Indagini e controlli

Ai sensi dell'attuale direttiva 76/160/CEE, gli Stati membri devono effettuare controlli delle acque nel corso di tutta la stagione balneare. Lo stato di qualità delle spiagge viene successivamente calcolato in base al numero di campioni che rispettano o meno gli standard. Un'impostazione di questo tipo non fornisce dati supplementari e circostanziati che consentano di interpretare correttamente i risultati dei campionamenti. In altri termini, né i responsabili della gestione delle zone di balneazione né i cittadini dispongono degli strumenti giusti per comprendere meglio il "comportamento" delle singole zone o acque di balneazione.

Per colmare questa carenza di informazioni, la nuova direttiva dovrebbe prevedere che l'autorità responsabile della gestione della spiaggia definisca il profilo della spiaggia, nel quale vengono descritte, quantificate, comprese e mappate tutte le fonti potenziali di inquinamento o di contaminazione presenti nella zona di balneazione interessata o nelle sue vicinanze. Il profilo fornisce pertanto molte informazioni circostanziate da poter utilizzare per la pianificazione sul lungo periodo di programmi di conservazione o incremento della qualità, oppure come liste di controllo in caso di un episodio di inquinamento, come base per un'indagine o ancora come strumento fondamentale di informazione dei cittadini.

Un'indagine una tantum non è però sufficiente per gestire una zona di balneazione: non può infatti mancare un monitoraggio continuo della qualità delle acque per sapere se, come e quando intervenire e per valutare se gli interventi sono efficaci.

L'attuale direttiva sulle acque di balneazione impone agli Stati membri di istituire un programma di controlli, che tuttavia consiste nel prelievo di campioni a scadenze quindicinali con la possibilità di ridurre la frequenza dei prelievi se la buona qualità delle acque viene confermata. Un sistema uniforme di campionamento come questo non consente di sfruttare le risorse di campionamento nel modo più efficace. Ai sensi della nuova direttiva, i programmi di controllo dovrebbero essere concepiti in modo da garantire l'utilizzo più efficace possibile delle risorse di campionamento, con l'obiettivo di applicarle, ad esempio, alle zone di balneazione che presentano un rischio più elevato di variabilità nella qualità delle acque. Il nuovo approccio dovrebbe prevedere un regime di campionamento "minimo" (ad esempio a scadenze quindicinali) per le spiagge che registrano da tempo una buona qualità delle acque e un regime intensificato (ad esempio, con prelievi settimanali) per le spiagge nelle quali la qualità delle acque risultasse variabile o scarsa. Sono inoltre necessarie disposizioni in materia di controllo di qualità del campionamento, di trasporto dei campioni, di metodi di analisi e di elaborazione dei dati.

4.4. Andamento della qualità delle acque

Ai sensi della direttiva in vigore la valutazione della qualità delle acque si basa sui risultati dei campionamenti effettuati in una stagione balneare. In questo modo, tuttavia, si dispone soltanto di un quadro statico della qualità delle acque, senza tener conto delle tendenze registrate nella qualità delle acque nei vari anni (cambiamenti positivi o negativi o situazione inalterata). Alcune zone di balneazione potrebbero così essere condannate in una determinata stagione balneare in base ad un campione insoddisfacente, anche se, in una prospettiva più lunga, la qualità delle acque può ritenersi più che soddisfacente.

Si ritiene pertanto importante esaminare i risultati di ciascuna singola zona di balneazione nell'arco di 3-5 anni.

Ciò non significa che non si debba tener conto delle violazioni degli standard registrate in una stagione balneare né che una stagione balneare particolarmente negativa per una spiaggia non debba avere importanza. Qualsiasi inosservanza degli standard richiede un'indagine e una spiegazione; prima di prendere una decisione su misure di un certo rilievo è tuttavia importante prendere in esame i risultati e le prospettive a lungo termine di ciascuna zona di balneazione.

4.5. Definizione degli standard e metodi di analisi

L'attuale direttiva fissa parametri microbiologici (per la salute umana) e fisico-chimici (per la situazione ambientale/ecologica). Dall'adozione della direttiva nel 1976 altre direttive hanno fatto propri alcuni di questi parametri fisico-chimici; inoltre, la direttiva quadro sulle acque affronterà specificamente gli aspetti ecologici dei corpi idrici. In particolare, l'articolo 6 e l'allegato IV di quest'ultima stabiliscono disposizioni per le "aree protette" nell'ambito dei piani di gestione dei bacini idrografici: in pratica ciò significa che la direttiva quadro contempla specifici standard "ambientali/ecologici". La nuova direttiva sulle acque di balneazione potrà pertanto focalizzarsi sugli standard relativi alla "salute".

La questione degli standard relativi alla "salute", intesi come punto di partenza per definire gli standard di qualità delle acque, ha sollevato un intenso dibattito, incentrato in particolare sulle basi scientifiche degli standard in questione. È ormai un dato di fatto che vi sono alcune limitazioni agli studi che si possono condurre nel campo della qualità delle acque di balneazione (soprattutto per quanto riguarda gli studi epidemiologici), ma gli studi disponibili indicano chiaramente la correlazione tra l'inquinamento delle acque (da residui fecali) e la salute pubblica.

Per quanto concerne la definizione degli standard, dall'esperienza acquisita con la nuova direttiva sulle acque destinate al consumo umano si può affermare che, come punto di partenza scientifico per la definizione di standard comunitari, è possibile ispirarsi alle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS). È pertanto nostra intenzione seguire lo stesso approccio per la direttiva considerata in questa sede, tenendo conto della protezione della salute dei cittadini e di un rapporto costi-benefici realistico. Nella proposta di linee guida per le acque ad uso ricreativo [4], l'OMS ha proposto di considerare gli enterococchi come migliore indicatore della contaminazione microbiologica delle acque costiere. L'OMS è giunta a proporre le suddette raccomandazioni dopo un attento esame di tutta la letteratura scientifica disponibile sull'argomento e sulla base di uno studio epidemiologico svolto da Kay et al [5]. La Commissione vorrebbe proporre anche l'Escherichia Coli, come indicatore della contaminazione microbiologica delle zone di balneazione in acque dolci [6].

[4] Guidelines for safe recreational water environments: Coastal and fresh-waters, Progetto per le consultazioni, ref. EOS/Draft/98.14, Ginevra, ottobre 1998.

[5] Kay, D., Fleisher, J.M., Salmon, R.L., Wyer, M.D., Godfree, A.F., Zelenauch-Jacquotte, Z. e Shore, R; "Predicting Likelihood of gastroenteritis from sea bathing; results from a randomized exposure", Lancet, 1994, 344 (8927), 905-909.

[6] Van Asperen I.A., Medema G.J., Borgdorff M.W., Sprenger M.W., Havelaar A.H., "Risk of gastroenteritis among triathletes in relation to faecal pollution of fresh waters", Int. Journal of Epidemiology, 1997, (27) 309-315.

Le linee guida dell'OMS sono tuttavia ancora in fase di valutazione da parte di esperti indipendenti. Senza voler influenzare il risultato di tale valutazione né dare un giudizio sulla loro validità come valori parametrici per la direttiva modificata proposta, per orientare il dibattito la Commissione intende proporre i seguenti valori indicativi:

acque costiere: 50 enterococchi/100 ml acque dolci: 400 Escherichia Coli/100ml.

La Commissione ribadisce che, allo stato attuale, non sta proponendo questi valori specifici, ma la sua proposta definitiva rispecchierà, negli standard indicati, le raccomandazioni dell'OMS.

Gran parte del dibattito sugli standard deriva dalla varietà di metodi di analisi diversi utilizzati nei laboratori di tutta Europa, il che comporta risultati non sempre comparabili tra loro. Il problema centrale riguarda la diversa precisione/incertezza dei vari metodi. La Commissione propone pertanto di attribuire un'unica metodologia (ai sensi delle norme ISO o CEN) a ciascun parametro.

L'analisi dei parametri microbiologici è ancora onerosa in termini di tempo (ci vogliono infatti da 12 a 48 ore per la conferma dei risultati) e non è pertanto un metodo adatto per un intervento rapido o immediato in caso di un episodio di inquinamento o contaminazione. La Commissione propone pertanto di prendere in considerazione due indicatori "istantanei" di eventuali anomalie: la divergenza rispetto al pH e/o alla torbidità "normali" per le acque dolci; la divergenza rispetto alla salinità "normale" per le acque costiere. È evidente che non è possibile fissare uno standard "normale" unico per questi parametri, visto che alcune acque dolci sono, per natura, più alcaline o più acide o ancora più torbide di altre e visto che la salinità è diversa nelle acque del Mare del Nord e in quelle del Mediterraneo. Tuttavia, un cambiamento del pH/torbidità o della salinità rispetto alle condizioni "normali" della zona di balneazione in questione dovrebbero in ogni caso indicare l'afflusso, presente o passato, di acque "anomale", quali acque meteoriche o acque reflue, che merita un'indagine.

Non appena i test rapidi per le misurazioni in situ che sono in corso di elaborazione si riveleranno validi e affidabili, la Commissione ne incoraggerà e sosterrà evidentemente l'uso.

La crescita massiccia di alghe e/o macrofite (tossiche) sta diventando ogni giorno di più un problema. Pur non essendoci conoscenze esatte sui meccanismi che determinano tale crescita e non essendo possibile individuare le circostanze esatte in cui si produce la tossicità, è però risaputo che esiste una forte correlazione tra questi fenomeni e la presenza di elevate quantità di elementi nutritivi e la temperatura dell'acqua. La temperatura dell'acqua dipende dal tempo atmosferico e dunque le possibilità di intervento in questo caso sono limitate; gli elevati livelli di nutrienti sono invece dovuti principalmente all'attività umana e possono pertanto essere limitati o, almeno, influenzati. Appare pertanto logico prevedere di inserire il parametro relativo agli elementi nutritivi nella nuova direttiva; quest'ultima dovrebbe in ogni caso contenere un protocollo di qualche tipo che definisca le procedure da rispettare in caso di fioriture di alghe e di macrofite.

4.6. Obbligo di intervento

La direttiva in vigore non contempla alcun obbligo di agire o di reagire in caso di scarsa qualità delle acque o di deterioramento (accidentale o cronico) della stessa. La nuova direttiva sulle acque di balneazione dovrebbe prevedere l'obbligo di intervenire per ottenere risultati in tempi ragionevolmente ridotti.

Le azioni possibili sono molteplici: indagini sul deterioramento della qualità idrica, miglioramento nella raccolta e nel trattamento delle acque reflue, gestione delle tracimazioni dovute ad acque meteoriche, chiusura temporanea o permanente delle zone di balneazione. Gli interventi non devono essere intesi solo come risposta ad un problema di qualità idrica, ma vanno considerate anche misure di prevenzione, quali la riduzione delle emissioni e la loro sorveglianza o l'affissione di cartelli nelle zone di balneazione che definiscano le condizioni alle quali non è possibile garantire la qualità delle acque. Gli interventi includono pertanto azioni proattive e azioni di risposta ad un evento specifico.

Occorre inoltre sottolineare che tali interventi non devono limitarsi semplicemente a quelli previsti da altre normative del settore ambientale, come la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane o la direttiva sui nitrati, ma, al contrario, sarà opportuno adottare tutte le misure necessarie per migliorare la qualità delle acque e/o evitare che le persone entrino in contatto con acque di balneazione inquinate.

Si potrebbe infine incoraggiare i responsabili delle gestione, soprattutto nelle principali località balneari, ad adottare misure complementari che contemplino altri obblighi oltre a quelli di base previsti dalla direttiva, rendendo così più interessanti le proprie zone di balneazione.

4.7. Prevedere la qualità delle acque

In una situazione ideale a livello di gestione della qualità delle risorse idriche dovremmo poter prevedere la qualità delle acque in qualsiasi momento. In molti punti non è, però, attualmente possibile farlo. Allo stato attuale delle conoscenze scientifiche e tecniche, il monitoraggio della qualità delle acque è ancora, in massima parte, una valutazione a posteriori. Sono in corso molte ricerche per elaborare dei modelli sulla qualità delle acque che consentano di prevedere un'ampia serie di possibili influenze e finora si sono ottenuti risultati ragionevoli per i bacini idrografici di dimensioni relativamente ridotte o per quelli in cui sono state rilevate poche fonti potenziali di inquinamento diverse. Realizzare modelli di previsione sofisticati per tutte le zone di balneazione sembra invece impossibile. Un intervento in questo senso va probabilmente limitato alle località più grandi, ma occorre comunque incoraggiare e sostenere ulteriori sviluppi nel campo delle previsioni.

Oltre ai sofisticati modelli computerizzati, sono già in uso metodi più semplici di previsione: per citare un esempio, nelle zone dove l'afflusso di acque meteoriche convogliate da un fiume può temporaneamente danneggiare la qualità delle acque, si possono issare bandiere di allarme in base ai dati forniti da un limnigrafo installato sul fiume. La Commissione ritiene che i responsabili della gestione delle spiagge debbano tentare di trovare o di sviluppare una strategia di previsione adatta alla zona di balneazione di loro competenza. Forse un giorno sarà possibile prevedere la qualità delle acque utilizzando le immagini da satellite e il telerilevamento.

4.8. Informazione, partecipazione dei cittadini e presentazione di relazioni

Vista la specificità delle acque di balneazione non è possibile garantire l'assenza assoluta di rischi. Per questo motivo, e visto che non è ancora possibile fare previsioni sulla qualità delle acque, è fondamentale fornire ai cittadini tutti gli elementi necessari affinché possano scegliere consapevolmente dove e se praticare la balneazione. La nuova direttiva sulle acque di balneazione darà maggiore importanza all'informazione, ed in particolare alle modalità per fornire fattivamente informazioni migliori.

L'attuale direttiva sulle acque di balneazione prevede che gli Stati membri presentino alla Commissione una relazione sui risultati dei controlli entro il 31 dicembre di ogni anno. La Commissione inserisce tutti i dati pervenuti nel proprio rapporto annuale che viene pubblicato prima della stagione balneare seguente e indica il grado di qualità che ci si può attendere nelle zone di balneazione. Un ciclo/esercizio di relazione come questo presenta però alcuni svantaggi notevoli: le informazioni contenute nel rapporto sono "superate", visto che la qualità delle acque registrata in una stagione balneare non è necessariamente la stessa nella stagione successiva (possono, ad esempio, esservi state opere di miglioramento, le condizioni atmosferiche possono essere diverse o vi possono essere stati fenomeni nuovi o diversi). Secondo questa impostazione, inoltre, l'aspetto della prevenzione è completamente assente.

La direttiva dovrebbe imporre alle autorità competenti di adottare nuovi metodi per informare fattivamente i cittadini sulla qualità delle acque di balneazione, compresi tutti i fattori conosciuti che possono avere effetti sulla qualità. Queste informazioni dovrebbero essere sempre a disposizione nelle zone di balneazione; i cittadini, inoltre, dovrebbero poter accedere facilmente e in qualsiasi momento al profilo di ciascuna spiaggia e conoscere l'andamento della qualità delle sue acque negli anni. Lo strumento migliore a tal fine dovrebbe essere Internet: i profili, le carte geografiche, i dati sul controllo della qualità e i programmi di azione relativi a ciascuna zona di balneazione possono infatti essere agevolmente pubblicati su siti locali, regionali o nazionali, cui tutti - cittadini, ONG, legislatori o scienziati - dovrebbero poter accedere agevolmente da casa via computer, dalle biblioteche o presso gli uffici del turismo. Le informazioni non dovrebbero, tuttavia, essere divulgate solo via Internet, ma anche attraverso mezzi di comunicazione più tradizionali come i giornali locali, gli opuscoli distribuiti nei luoghi pubblici, ecc.

Gli "effetti collaterali" positivi dell'informazione dei cittadini si possono così riassumere: 1) i cittadini potrebbero segnalare i casi reali o sospetti di inquinamento; 2) essi avrebbero una migliore conoscenza delle tematiche e dell'impegno profuso dai responsabili della gestione della qualità.

Quando fossero necessari interventi per risolvere un problema, soprattutto, ma non solo, se si tratta di grandi opere di infrastruttura, i cittadini dovrebbero poter partecipare alla definizione dei necessari programmi d'azione.

4.9. Aggiornamento continuo della direttiva sulle acque di balneazione

La modifica degli obiettivi in materia di ambiente e di salute e delle principali strategie di gestione rientra tra i compiti del Parlamento europeo e del Consiglio, che deliberano in base ad una proposta della Commissione. Tuttavia, si vuole evitare che una direttiva nuova rimanga inalterata per i prossimi 25 anni, senza avere la possibilità di aggiornarla in tempi rapidi alla luce dell'evoluzione tecnica e scientifica. Per citare un esempio, le ricerche in corso potrebbero portare alla definizione di nuovi indicatori che, se utilizzati tempestivamente, potrebbero garantire livelli di protezione analoghi, se non superiori, grazie ad una maggiore affidabilità, ma a costi inferiori.

Dovrebbe essere possibile introdurre modifiche di questo tipo con la procedura di comitato di gestione di cui alla decisione 1999/468/CE [7], procedura che si applica entro i limiti dei rapporti interistituzionali, nel rispetto del ruolo del Parlamento europeo e del diritto di iniziativa della Commissione europea. Un comitato di gestione analogo dovrebbe avere un ruolo nella modifica di particolari elementi delle disposizioni tecniche e scientifiche, alla luce delle migliori informazioni disponibili.

[7] Decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184 del 17.7.1999, pag. 26).

5. Campo di applicazione della nuova direttiva sulle acque di balneazione

La nuova direttiva non sarà, chiaramente, solo una direttiva di "risultati", ma una direttiva che concilia "impegno e risultati". Essa infatti non riguarderà solo il monitoraggio della qualità delle acque ma anche il modo per affrontare fattivamente le fonti di inquinamento, in particolare gli scarichi di acque reflue e i dilavamenti di origine agricola. Tali fonti dovranno essere segnalate e dovranno rientrare nei piani di gestione dei bacini idrografici previsti dalla direttiva quadro sulle acque.

L'attuazione della nuova direttiva sulle acque di balneazione sarà un ottimo indicatore dell'efficacia dell'applicazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva sui nitrati. Inoltre, poiché la nuova direttiva sulle acque di balneazione verrà attuata ben prima delle prime scadenze previste dalla direttiva quadro sulle acque, essa contribuirà a fornire orientamenti sulla definizione e sull'esecuzione dei piani di gestione dei bacini idrografici.

In base alle disposizioni del trattato e sulla scia della direttiva quadro sulle acque adottata di recente, la Commissione intende basare la prossima proposta di modifica della direttiva sulle acque di balneazione sull'articolo 175, paragrafo 1 del trattato. La procedura di adozione seguirà pertanto l'articolo 251 del trattato (procedura di codecisione).

6. Come rispondere al presente documento

Oltre alle istituzioni europee - Parlamento europeo, Consiglio, Comitato delle regioni e Comitato economico e sociale - tutte le parti interessate e coinvolte, quali la comunità tecnica e scientifica, gli Stati membri, le autorità regionali e locali, gli utilizzatori delle acque, l'industria del turismo e le ONG nel settore dell'ambiente e della protezione dei consumatori, sono invitate a presentare alla Commissione i propri commenti sul presente documento. La Commissione si augura di ricevere critiche costruttive, compresi eventuali suggerimenti su come migliorare o modificare le strategie proposte.

I commenti sulla comunicazione devono essere inviati entro il 1° marzo 2001 al seguente indirizzo:

Commissione europea Direzione generale Ambiente Unità Protezione delle acque, conservazione del suolo, agricoltura Avenue Beaulieu 9, ufficio 3/133 1160 Bruxelles Belgio

Si raccomanda vivamente l'invio per posta elettronica al seguente indirizzo: Env-Water@cec.eu.int

Allegato I: Normative e politiche comunitarie strettamente correlate

Tre direttive sono particolarmente importanti in relazione ad una nuova direttiva sulle acque di balneazione: la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, che riguarda le fonti di inquinamento puntuali più evidenti, la direttiva sui nitrati e la direttiva quadro in materia di acque, che serviranno invece a rilevare e a risolvere problemi connessi con le fonti di inquinamento diffuse.

Le azioni in materia di gestione per le acque costiere prefigurate nella modifica della direttiva sulle acque di balneazione devono inoltre rispecchiare la strategia adottata dalla Commissione nella recente comunicazione sulla gestione integrata delle zone costiere [8]. In tale contesto l'attuazione della direttiva va coordinata con altre leggi e normative, come sottolineato nella proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio presentata dalla Commissione [9] riguardo all'applicazione della gestione integrata delle zone costiere.

[8] Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla gestione integrata delle zone costiere: una strategia per l'Europa (COM/2000/547).

[9] Proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa (COM/2000/545).

Direttiva quadro sulle acque e nuova direttiva sulle acque di balneazione: coerenza e potenziamento

Recentemente la politica comunitaria sulle acque è stata profondamente ristrutturata con l'adozione della direttiva quadro sulle acque [10], che istituisce i seguenti obiettivi principali:

[10] Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque (il riferimento alla GU non è ancora disponibile).

*estensione della protezione delle risorse idriche a tutte le acque (acque sotterranee e superficiali, comprese quelle costiere) e raggiungimento di un "buono stato" delle acque entro 15 anni, garantendo un'adeguata dimensione ecologica;

*gestione integrata dei bacini idrografici superando i confini amministrativi e politici, grazie a programmi coordinati di misure;

*riduzione delle emissioni e degli scarichi attraverso un "approccio combinato" costituito da valori limite di emissione e standard di qualità, unito all'obbligo di eliminare gradualmente determinate sostanze pericolose;

*introduzione di politiche di tariffazione, che consentano di incentivare l'uso sostenibile delle risorse idriche e la loro protezione;

*maggiore coinvolgimento dei cittadini rafforzando la partecipazione del pubblico.

Nel presentare la sua proposta di direttiva quadro la Commissione ha sottolineato come la direttiva sulle acque di balneazione contribuisca in maniera distinta all'integrazione delle politiche in materia di ambiente e di turismo e ha ribadito il vantaggio insito nel fatto che tale direttiva mantenga una chiara identità separata dalle altre normative in materia. Tuttavia, la direttiva sulle acque di balneazione (come del resto altri elementi della normativa comunitaria in materia di acque, come la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane [11] e la direttiva sui nitrati [12]) dovrà essere strettamente coordinata con la direttiva quadro sulle acque, grazie alle seguenti disposizioni operative previste da quest'ultima:

[11] Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135 del 30.5.1991).

[12] Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375 del 31.12.1991).

*raggiungimento di un obiettivo generale di "buono stato ecologico" o "buono stato" (determinato dalla qualità chimica ed ecologica) per tutte le acque (articolo 4, paragrafo 1, lettera a);

*raggiungimento di obiettivi specifici per le cosiddette "aree protette", ad esempio le acque destinate alla produzione di acqua potabile, le acque di balneazione o le aree destinate alla protezione degli habitat e delle specie (articolo 4, paragrafo 1, lettera c) articolo 6 e articolo 7);

*integrazione coerente delle disposizioni relative alla protezione delle acque di balneazione nei piani di gestione dei bacini idrografici e nei programmi di misure (articoli 13 e 11).

Direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane

Principali obiettivi delle direttiva:

*protezione dell'ambiente contro gli effetti negativi prodotti dagli scarichi di acque reflue urbane e dagli scarichi imputabili ad alcuni settori industriali con acque reflue biodegradabili;

*obbligo di raccolta e di trattamento delle acque reflue in tutte le zone che presentano una sufficiente concentrazione di popolazione e/o di attività economiche ("agglomerati");

*trattamento delle acque reflue seguendo criteri ambientali ben definiti;

*esecuzione del trattamento secondario (cioè biologico) come prassi, con l'obbligo di procedere ad un trattamento più avanzato nei bacini delle cosiddette "aree sensibili", ovvero le aree in cui le acque sono già eutrofizzate o sono potenzialmente eutrofiche, le acque destinate alla produzione di acqua potabile e soggette ad un elevato tenore di nitrati e le acque che, per conformasi ad altre direttive (ad esempio quella sulle acque di balneazione) devono essere sottoposte a trattamento avanzato; come eccezione per gli scarichi in acque marine, possibilità di esecuzione del trattamento primario come deroga, previa autorizzazione della Commissione;

*scadenze: fine 1998, fine 2000 e fine 2005, in base al volume degli scarichi e alle caratteristiche delle acque interessate.

Direttiva sui nitrati

La direttiva in questione si prefigge un obiettivo molto semplice: ridurre l'inquinamento da azoto di origine agricola già esistente e prevenire i rischi futuri. In pratica ciò significa una minor eutrofizzazione dei mari, dei fiumi e dei laghi e livelli massimi di nitrati pari a 50 mg/l grazie ad uno stoccaggio e ad un utilizzo più sicuri di concimi animali e fertilizzanti e a una maggiore protezione del terreno dall'erosione, con la messa in atto di codici di buona pratica e di programmi d'azione.

Oltre ad avere ripercussioni sulle acque, aumentandone il tenore degli elementi nutritivi, l'inquinamento da fonti agricole può determinare anche un inquinamento microbiologico attraverso perdite o dilavamenti di effluenti animali; ciò crea problemi che possono essere di difficile soluzione, ad esempio in caso di estati piovose per le spiagge situate in prossimità di un fiume o di una zona di drenaggio con allevamenti di bestiame ad alta intensità. Buone pratiche agricole come quelle contemplate dalla direttiva sui nitrati possono prevenire o ridurre sensibilmente questo tipo di inquinamento.

Top