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Document 62001CC0464

Conclusioni dell'avvocato generale Jacobs del 16 settembre 2004.
Johann Gruber contro Bay Wa AG.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Oberster Gerichtshof - Austria.
Convenzione di Bruxelles - Art. 13, primo comma - Condizioni di applicazione - Nozione di "contratti conclusi da consumatori" - Acquisto di tegole da parte di un agricoltore per la copertura di una fattoria ad uso in parte privato ed in parte professionale.
Causa C-464/01.

European Court Reports 2005 I-00439

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2004:529

Conclusions

CONCLUSIONI DELL'AVVOCATO GENERALE
F.G. JACOBS
presentate il 16 settembre 2004(1)



Causa C-464/01



Johann Gruber
contro
Bay Wa AG



«»






1.        La questione principale sollevata nella presente causa riguarda la distinzione, nell’ambito della Convenzione di Bruxelles  (2) , tra contratti conclusi da consumatori e contratti in generale.

2.        In particolare si chiede come debba essere qualificato un contratto di acquisto concluso da un agricoltore e avente per oggetto tegole destinate ad una fattoria che egli occupa in parte a titolo privato, come abitazione per la sua famiglia, e in parte a scopo professionale, per contenere bestiame e mangime.

3.        Altre questioni, più tecniche, riguardano gli atti necessari per la conclusione di un contratto da parte di un consumatore che, ai fini dell’applicazione della norma pertinente della Convenzione di Bruxelles, devono essere compiuti nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio.

La Convenzione di Bruxelles

4.        La Convenzione di Bruxelles si applica in materia civile e commerciale. Il titolo II riguarda la ripartizione della competenza tra gli Stati contraenti. In virtù della norma basilare di cui all’art. 2, sono competenti i giudici dello Stato contraente in cui è domiciliato il convenuto. Tuttavia, in deroga a tale norma, per alcuni tipi di azione sono competenti giudici diversi.

5.        L’art. 5, punto 1, della Convenzione, attribuisce la competenza «in materia contrattuale» al «giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita».

6.        La sezione 4 del titolo II della Convenzione, composta dagli artt. 13-15, è intitolata «Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori». L’art. 13 stabilisce, per quanto rileva nella fattispecie:

«In materia di contratti conclusi da una persona per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale, in appresso denominata “consumatore”, la competenza è regolata dalla presente sezione (...)

1.        qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali,

2.        qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni,

3.        qualora si tratti di un altro contratto che abbia per oggetto una fornitura di servizi o di beni mobili materiali se:

a)
la conclusione del contratto è stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio e se

b)
il consumatore ha compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto.

(...)».

7.        L’art. 14 dispone che l’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta «sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio tale parte ha il proprio domicilio, sia davanti ai giudici dello Stato contraente nel cui territorio è domiciliato il consumatore».

Fatti e procedimento

8.        Il sig. Gruber svolge l’attività di agricoltore in Austria, in prossimità del confine tedesco. La sua azienda agricola comprende una fattoria, in una parte della quale (assertivamente pari al 62% della superficie utile) egli abita con la famiglia e la cui parte restante viene utilizzata come porcile e magazzino per il mangime, mentre in locali esterni separati si trovano un altro porcile, una sala macchine e alcuni silos per il mangime.

9.        La BayWa AG gestisce varie imprese in Germania. Ad un indirizzo di Pocking, non lontano dal confine austriaco, essa gestisce sia un’attività per la vendita di materiali per l’edilizia che un centro per il fai da te e il giardinaggio. Quest’ultimo fa stampare prospetti pubblicitari, che sono stati distribuiti anche in Austria.

10.      Il sig. Gruber veniva a sapere dell’esistenza della BayWa attraverso tali prospetti. Poiché aveva intenzione di ricoprire con tegole il tetto della sua fattoria, egli si informava telefonicamente circa l’assortimento e il prezzo delle stesse, sebbene il materiale pubblicitario non contenesse alcun riferimento a tali prodotti. Egli si presentava con il suo nome e menzionava il suo domicilio, ma non comunicava che era un agricoltore. Dopo qualche tempo, il dipendente a cui il sig. Gruber si era rivolto lo richiamava e gli formulava un’offerta. Tuttavia il sig. Gruber voleva visionare le tegole e si recava pertanto presso la sede della BayWa.

11.      Ivi riceveva una proposta scritta. Comunicava di essere un agricoltore e che intendeva ricoprire con le tegole il tetto della sua fattoria. Affermava inoltre di possedere altri edifici, destinati prevalentemente al funzionamento dell’azienda agricola, ma non precisava se l’edificio da ricoprire fosse utilizzato prevalentemente per scopi aziendali o privati.

12.      Il giorno successivo, il sig. Gruber comunicava alla BayWa, con una telefonata dall’Austria, che accettava la proposta. La BayWa inviava tramite telefax la conferma dell’ordine alla banca del sig. Gruber.

13.      Dopo avere completato la copertura del tetto, il sig. Gruber constatava rilevanti differenze cromatiche tra le tegole fornite, nonostante la promessa della BayWa di un colore uniforme. Egli pertanto proponeva ricorso dinanzi ai giudici austriaci, a titolo di garanzia e di risarcimento dei danni, chiedendo il rimborso del prezzo di acquisto delle tegole e delle spese per smantellare e rifare il tetto, e l’accertamento della responsabilità della convenuta per eventuali futuri costi e spese.

14.      In ordine alla competenza il sig. Gruber invocava gli artt. 13 e segg. della Convenzione di Bruxelles, ma la BayWa eccepiva un difetto di giurisdizione. Il giudice di primo grado si dichiarava competente in quanto il procedimento aveva per oggetto un contratto concluso da un consumatore ai sensi delle predette disposizioni, ma tale decisione veniva riformata in appello. La causa è attualmente pendente dinanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte di cassazione), che ha sospeso il procedimento per chiedere alla Corte di pronunciarsi sulle seguenti questioni pregiudiziali:

«1)
Se, ai fini della qualità di consumatore ai sensi dell’art. 13 della Convenzione di Bruxelles, in caso di parziale rispondenza della prestazione ad esigenze private, sia decisivo il prevalente scopo privato o professionale della prestazione stessa e quali criteri siano determinanti per la prevalenza dello scopo privato o di quello professionale.

2)
Se per la determinazione dello scopo siano rilevanti le circostanze obiettivamente riconoscibili dal punto di vista della controparte del consumatore.

3)
Se, in caso di dubbio, un contratto, riconducibile sia all’attività privata che a quella professionale, debba essere considerato come un contratto concluso da un consumatore.

4)
Se la conclusione del contratto sia stata preceduta da una pubblicità ai sensi dell’art. 13, [primo comma,] punto 3, lett. a), della Convenzione di Bruxelles, allorché colui che in seguito sarà la controparte del consumatore ha distribuito nello Stato del consumatore un prospetto pubblicitario per i suoi prodotti, senza tuttavia avervi propagandato il prodotto successivamente acquistato dal consumatore.

5)
Se sussista un contratto concluso da un consumatore ai sensi dell’art. 13 della Convenzione di Bruxelles quando il venditore abbia fatto dal suo Stato una proposta, non accettata, all’acquirente residente in un altro Stato e tuttavia l’acquirente abbia successivamente comprato il prodotto offerto sulla base di una proposta scritta.

6)
Se, ai sensi dell’art. 13, [primo comma,] punto 3, lett. b), della Convenzione di Bruxelles, il consumatore abbia compiuto nel suo Stato l’atto necessario per la conclusione del contratto, anche quando egli accetti con una telefonata, eseguita dal suo Stato, la proposta che gli sia stata formulata nello Stato della sua controparte».

15.      Hanno presentato osservazioni scritte le parti nel procedimento principale, i governi austriaco, tedesco, italiano, portoghese e svedese, e la Commissione. All’udienza del 24 giugno 2004 hanno presentato osservazioni orali il sig. Gruber, il governo italiano e la Commissione.

Sulla qualifica di contratto concluso da un consumatore

16.      Le questioni interconnesse sollevate dai primi tre quesiti del giudice nazionale hanno tutte carattere generale ed è opportuno esaminarle congiuntamente, anche se preferisco analizzarle in termini leggermente diversi da quelli in cui sono stati posti.

17.      La questione fondamentale è se un contratto «misto» del tipo di quello concluso dal sig. Gruber con la BayWa debba essere considerato un contratto concluso da un consumatore ai sensi della Convenzione di Bruxelles.

18.      A tale proposito, il giudice del rinvio vuole sapere anche di quali circostanze occorra tenere conto ai fini della valutazione e se tali circostanze debbano essere obiettivamente riconoscibili dal punto di vista del venditore.

19.      Come chiarirò in seguito, ritengo che la soluzione di tali questioni sia ragionevolmente semplice. Tuttavia può essere utile prendere prima in esame l’origine delle disposizioni della Convenzione di Bruxelles relative ai contratti conclusi da consumatori e l’interpretazione datane dalla Corte.

Contesto

20.      L’art. 13 della versione originale della Convenzione di Bruxelles riguardava i contratti di vendita rateale di beni mobili materiali e i prestiti con rimborso rateizzato per il finanziamento di tali vendite. Detta disposizione non faceva riferimento ad altre forniture di beni o servizi, né ad acquisti conclusi da una persona «per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale».

21.      Il testo attuale è stato introdotto dalla Convenzione di adesione del 1978  (3) . La relazione Schlosser  (4) sul progetto di detta Convenzione spiega che tale sviluppo ha tratto origine dalla crescente attenzione per la tutela dei consumatori nei rapporti transfrontalieri. La sezione 4 del titolo II è stata quindi ampliata per «farne una sezione sulla competenza in materia di contratti conclusi da consumatori, chiarendo anche per il futuro che la protezione particolare debba valere soltanto a favore dei consumatori finali privati, e non per le persone che [agiscono] nell’ambito della loro attività professionale (…)».

22.      La definizione di contratto concluso da un consumatore discende sostanzialmente dall’art. 5 dell’allora progetto preliminare della Convenzione sul diritto applicabile ai rapporti giuridici obbligatori contrattuali e non contrattuali, divenuta in seguito – per le sole obbligazioni contrattuali – la Convenzione di Roma, cui fa riferimento la relazione Schlosser  (5) .

23.      L’art. 5 della Convenzione di Roma vieta in sostanza di applicare al contratto una legge che priverebbe il consumatore della protezione garantita dal diritto del suo paese di residenza. Detta disposizione definisce i contratti conclusi da un consumatore in modo pressoché identico alla Convenzione di Bruxelles, come contratti «aventi per oggetto la fornitura di beni mobili materiali o di servizi a una persona, il consumatore, per un uso che può considerarsi estraneo alla sua attività professionale».

24.      La relazione Giuliano-Lagarde  (6) sul progetto della predetta Convenzione chiarisce maggiormente il concetto:

«La definizione del “contratto concluso da un consumatore” corrisponde a quella dell’art. 13 della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Essa dovrebbe essere interpretata in base all’obiettivo perseguito, che è la tutela della parte più debole, e in conformità con altri strumenti internazionali perseguenti lo stesso obiettivo, quale la Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni. (…) [P]ertanto (…) la norma non si applica ai contratti conclusi da commercianti, industriali o liberi professionisti (ad esempio: medici) che acquistano apparecchi o che ottengono servizi per l’esercizio della loro attività professionale. Se tale persona agisce in parte nell’ambito e in parte al di fuori della sua attività professionale, la situazione rientra nel campo di applicazione dell’articolo 5 solo qualora agisca essenzialmente al di fuori della sua attività professionale. Se il destinatario del bene mobile materiale, del servizio o del credito ha di fatto agito essenzialmente al di fuori della sua attività professionale ma la controparte non ne era a conoscenza e, tenendo conto di tutti gli elementi, non poteva esserne a conoscenza, la situazione non rientra nel campo di applicazione dell’articolo 5. Così, se il destinatario del bene mobile materiale o del servizio si presenta come un professionista e ordina, per esempio, beni che possono effettivamente servire all’esercizio della sua professione su carta con intestazione professionale, la buona fede della controparte è tutelata e il contratto non sarà disciplinato dall’articolo 5».

25.      La nozione di contratti conclusi da consumatori di cui agli artt. 13 e segg. della Convenzione di Bruxelles è stata esaminata dalla Corte nelle sentenze Shearson Lehmann Hutton  (7) e Benincasa  (8) .

26.      Nella sentenza Shearson Lehmann Hutton, la Corte ha dichiarato che la ratio di tali disposizioni è «proteggere il consumatore, in quanto parte contraente considerata economicamente più debole e meno esperta sul piano giuridico della controparte. Bisogna quindi evitare che detta parte contraente, essendo costretta a proporre l’azione dinanzi ai giudici dello Stato sul cui territorio è domiciliata la controparte, si senta scoraggiata dall’adire le vie legali»  (9) .

27.      Tuttavia la Corte ha anche illustrato i motivi per cui il termine «consumatore», nella specie, non doveva essere interpretato troppo estensivamente: la norma sulla competenza in questione deroga alla norma generale dell’art. 2; al di fuori delle deroghe espresse, la Convenzione ha manifestato il proprio sfavore nei confronti della competenza dei giudici del domicilio dell’attore e la finalità protettiva perseguita implica che la deroga non venga estesa a favore di persone per le quali tale protezione non appare giustificata  (10) . Il termine in questione, pertanto, riguarda «esclusivamente il caso del consumatore privato, non impegnato in attività commerciali o professionali»  (11) .

28.      Nella sentenza Benincasa, la Corte ha confermato questo approccio e ha precisato che «occorre riferirsi al ruolo di tale persona in un contratto determinato, rispetto alla natura ed alla finalità di quest’ultimo, e non invece alla situazione soggettiva di tale stessa persona. (…) [U]n solo e medesimo soggetto può essere considerato un consumatore nell’ambito di determinate operazioni ed un operatore economico nell’ambito di altre. (…) [S]oltanto i contratti conclusi al fine di soddisfare le esigenze di consumo privato di un individuo rientrano nelle disposizioni di tutela del consumatore in quanto parte considerata economicamente più debole. La particolare tutela perseguita da tali disposizioni non si giustifica nel caso di contratti il cui scopo sia un’attività professionale (…)»  (12) .

Argomenti

29.      In base alle considerazioni che precedono, tutte le parti che hanno presentato osservazioni ritengono che l’applicazione degli artt. 13 e segg. non sia preclusa nel caso dei contratti «misti». È inoltre pacifico che la natura dei contratti in questione dev’essere stabilita in base al loro elemento prevalente. Tuttavia gli approcci divergono quanto alle circostanze in cui gli aspetti di un contratto relativi al «consumatore» devono essere considerati prevalenti. In generale, tali approcci possono essere raggruppati in due categorie.

30.      In sintesi, uno dei criteri è che, soprattutto in caso di dubbio, dovrebbe prevalere la qualifica di contratto concluso da un consumatore, in considerazione dell’interesse alla tutela dei consumatori. Lo scopo della deroga è proteggere il consumatore, considerato economicamente più debole e meno esperto sul piano giuridico rispetto alla controparte, evitando di costringerlo ad adire i giudici di un altro Stato contraente. La protezione non dovrebbe essere negata ad alcun soggetto che si trovi in tale situazione.

31.      Secondo l’altro criterio è preferibile un’interpretazione restrittiva degli artt. 13 e segg., in base alla quale un contratto si considera, in caso di dubbio, come rientrante nella sfera professionale del cliente, in quanto le predette disposizioni comportano una deroga alla competenza dei giudici del luogo dell’esecuzione prevista all’art. 5, n. 1, che a sua volta deroga alla norma generale dell’art. 2, secondo cui sono competenti i giudici del luogo in cui è domiciliato il convenuto ( actor sequitur forum rei ). In quanto deroga a favore dei giudici del domicilio dell’attore, cui la Convenzione è in generale sfavorevole, essa ha natura del tutto eccezionale. La Corte ha ripetutamente dichiarato che tali deroghe devono essere interpretate restrittivamente, e lo ha fatto con specifico riferimento agli artt. 13 e segg.

32.      Quanto alle circostanze da prendere in considerazione, emerge una notevole diversità di vedute. Secondo alcuni argomenti, la percentuale di merci acquistate effettivamente utilizzate per o destinate all’uno o all’altro scopo costituisce un fattore determinante, mentre altri sottolineano le difficoltà implicate dal fatto di basarsi su considerazioni di carattere puramente quantitativo. Il sig. Gruber afferma che l’intenzione del cliente dovrebbe essere decisiva, ma che un’impresa la cui pubblicità è diretta ai privati deve comunque attendersi di trattare con consumatori. Altri sostengono che si devono prendere in considerazione le condizioni del contratto o una serie di altri fattori oggettivi – quali l’uso di carta intestata da parte del cliente, la natura dei beni o servizi e il loro rapporto con l’attività del cliente, la quantità di beni ordinati o il contesto socio-economico noto – che possono indicare un probabile nesso con l’attività professionale del cliente. I governi italiano, portoghese e svedese ritengono che lo stato delle conoscenze del fornitore sia irrilevante, mentre le altre parti che hanno presentato osservazioni lo considerano pertinente.

Valutazione

33.      La questione fondamentale, come si è detto, è se un contratto «misto» del tipo di quello concluso dal sig. Gruber con la BayWa debba essere considerato un contratto concluso da un consumatore ai sensi della Convenzione. A tale proposito occorre tenere a mente tre punti essenziali.

34.      In primo luogo, si deve qualificare il contratto, non il cliente. Non esiste uno status personale di consumatore o di non consumatore; ciò che conta è la qualità in cui il cliente ha agito allorché ha concluso un determinato contratto. Ciò discende dalla lettera dell’art. 13 ed è stato sottolineato dalla Corte, segnatamente nella sentenza Benincasa.

35.      In secondo luogo, il contratto dev’essere considerato nella sua interezza e non può essere segmentato. Infatti, in tale contesto non esiste alcun «contratto misto», sono possibili solo contratti conclusi da consumatori e contratti non conclusi da consumatori. Anche questo emerge dalla lettera dell’art. 13, nonché da uno degli obiettivi essenziali della Convenzione di Bruxelles, quello di evitare la moltiplicazione dei fori competenti sullo stesso oggetto, in particolare relativamente al medesimo contratto  (13) . Sarebbe assurdo, e contrario alla finalità stessa della Convenzione, che un giudice fosse competente relativamente ad una controversia avente per oggetto parte del valore di un contratto, e che un altro giudice fosse competente sulla parte restante. Pertanto un contratto del tipo in esame rientra o nell’ambito di applicazione dell’art. 5, n. 1, o in quello degli artt. 13 e segg.

36.      In terzo luogo, e questo è il punto più importante, lo scopo degli artt. 13 e segg. è rendere più facile per un consumatore privato – il quale, nell’ambito di un determinato contratto, si trova normalmente in una posizione più debole rispetto a quella del fornitore, in termini sia economici che di esperienza commerciale e giuridica, nonché di risorse – esercitare un’azione giudiziale nei confronti del fornitore. Ciò emerge sia dalla relazione Giuliano-Lagarde che dalla giurisprudenza della Corte relativa agli artt. 13 e segg. A mio parere è in base a questa considerazione che va individuato il criterio da adottare in relazione ai contratti come quello in esame.

37.      Ai consumatori viene conferita una protezione particolare, e di carattere eccezionale, in ragione del fatto che, quando concludono un contratto in tale qualità, si trovano in una posizione più debole rispetto al fornitore che agisce nell’ambito della sua attività professionale.

38.      Anche se possono ovviamente esistere contratti in cui la realtà è differente, la Convenzione non richiede in tutti i casi l’accertamento della debolezza relativa della posizione del consumatore, ma in ossequio alla certezza del diritto si ritiene che chiunque acquisti beni o servizi per un uso estraneo alla sua attività professionale si trovi in una posizione più debole rispetto a quella del fornitore.

39.      All’inverso, quindi, si deve ritenere che chi acquista detti beni o servizi per uno scopo attinente alla sua sfera professionale si trovi su un piano di parità con il fornitore e non abbia diritto alla stessa protezione di carattere eccezionale.

40.      Allorché un contratto soddisfa simultaneamente esigenze di natura privata e professionale, può essere possibile stabilire le parti del contratto che rientrano nell’una o nell’altra categoria. Tuttavia non si può ritenere che il cliente si trovi, nella proporzione rilevata o con qualsiasi altro rapporto, in una posizione di debolezza e al contempo su un piano di parità rispetto al fornitore nell’ambito del medesimo contratto.

41.      Qualora un contratto venga concluso dal cliente per scopi professionali, si deve ritenere che egli si trovi su un piano di parità con il fornitore. E tale situazione di parità – la sua presunta esperienza sul piano commerciale e giuridico, nonché le sue risorse, rispetto a quelle del fornitore – non viene meno per il fatto che il contratto è stato concluso anche a scopi privati. Ciò vale a prescindere dall’importanza relativa dei due scopi, sempreché siano entrambi significativi.

42.      Pertanto, il soggetto che conclude un contratto per scopi in parte inerenti e in parte estranei alla sua attività professionale non può invocare la protezione di carattere eccezionale conferita dagli artt. 13 e segg. della Convenzione di Bruxelles, a meno che lo scopo professionale sia insignificante.

43.      Questa conclusione non è solo imposta dalle considerazioni di natura politica svolte nelle relazioni Schlosser e Giuliano-Lagarde e dalla logica soggiacente alla tutela in questione. Essa discende altresì dalla giurisprudenza secondo cui dette disposizioni, in deroga alla norma generale e in particolare in quanto deroghe che attribuiscono la competenza ai giudici del domicilio dell’attore, devono essere interpretate restrittivamente e non vanno estese a persone per le quali tale protezione non appare giustificata.

44.      Il giudice nazionale chiede anche se le parti del contratto inerenti rispettivamente allo scopo privato e a quello professionale del cliente debbano essere obiettivamente riconoscibili dal fornitore.

45.      Alla luce della conclusione sopra esposta, il giudice adito deve stabilire, in caso di disaccordo, se il contratto sia stato concluso in misura significativa per uno scopo inerente alla sfera professionale del cliente.

46.      Tale decisione dev’essere adottata sulla base di prove, e condivido la tesi dedotta in alcune osservazioni presentate alla Corte, secondo cui è rilevante l’intero contesto.

47.      Se in base alle prove si accerta che il contratto è stato concluso in misura significativa per scopi inerenti alla sfera professionale del cliente, gli artt. 13 e segg. non sono applicabili ed è irrilevante che gli scopi in questione siano obiettivamente riconoscibili dal fornitore o meno.

48.      Qualora si concluda che non sussisteva in misura significativa uno scopo professionale, il contratto dev’essere qualificato come contratto concluso da un consumatore. In tal caso sorgerebbero difficoltà solo qualora, nonostante la predetta conclusione, il fornitore avesse avuto ragionevoli motivi per ritenere, in base al contesto, che il contratto fosse stato concluso per uno scopo inerente all’attività professionale del cliente.

49.      Ritengo che in una situazione del genere non possa negarsi al consumatore la protezione degli artt. 13 e segg. della Convenzione, a meno che egli si sia comportato in modo tale da indurre all’ovvia conclusione che agisse a titolo professionale e si possa quindi ritenere che abbia dimostrato di concludere il contratto nell’ambito di un’attività commerciale.

50.      Le disposizioni relative ai contratti conclusi da consumatori, oltre a non dover essere interpretate in modo da estendere la loro protezione a persone per le quali essa non appare giustificata, non possono neanche essere interpretate in modo da negare detta protezione alle persone per le quali essa è stata prevista. È indubbio che la protezione viene conferita a coloro che concludono un contratto unicamente o principalmente per scopi che si possono considerare estranei alla loro attività professionale. L’importanza dell’obiettivo in questione è rafforzata dall’art. 153 CE, che persegue la stessa finalità generale, ossia assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori.

51.      Qualora tuttavia un consumatore mostri di agire a titolo professionale – ad esempio utilizzando carta intestata, facendo consegnare le merci al suo indirizzo professionale o facendo cenno alla possibilità di recuperare l’IVA – ed il suo fornitore non abbia, in buona fede, motivi per credere diversamente, si può legittimamente ritenere che il consumatore abbia rinunciato al suo diritto di tutela, come suggerisce la relazione Giuliano-Lagarde.

52.      Alla luce delle suesposte considerazioni, probabilmente il contratto tra il sig. Gruber e la BayWa non può essere qualificato come contratto concluso da un consumatore ai sensi della Convenzione, per cui non si pongono le altre questioni deferite, rilevanti solo nel caso in cui il contratto possa essere definito in tal modo. Tuttavia questa valutazione incombe al giudice nazionale e pertanto esaminerò comunque le suddette questioni.

Pubblicità precedente nello Stato del domicilio del consumatore

53.      La quarta questione del giudice nazionale trae origine dal fatto che, sebbene il sig. Gruber sia venuto a conoscenza delle attività della BayWa tramite un prospetto pubblicitario inviatogli in Austria, detto prospetto non menzionava le tegole che egli intendeva acquistare e ha effettivamente acquistato. Tale situazione rientra nella nozione di contratto «precedut[o] (…) da una pubblicità»?

54.      La relazione Schlosser rinvia alla relazione Giuliano-Lagarde per i particolari della definizione di pubblicità nello Stato del domicilio del consumatore.

55.      In quest’ultima relazione si precisa che la norma  (14) «(…) contempla la situazione in cui il commerciante ha fatto i passi occorrenti per vendere i suoi beni mobili materiali o i suoi servizi nel paese in cui risiede il consumatore. Deve quindi aver compiuto determinati atti, come la pubblicità mediante la stampa, la radio, la televisione od il cinema, mediante cataloghi specificamente indirizzati a tale paese, oppure deve aver fatto determinate proposte di affari sia personalmente, sia tramite un agente o un venditore a domicilio»  (15) .

56.      In due occasioni, il Bundesgerichtshof tedesco ha domandato alla Corte se la disposizione richieda un nesso tra la pubblicità e la conclusione del contratto  (16) , ma in entrambi i casi la Corte ha statuito che l’art. 13, punto 3, lett. a) della Convenzione di Bruxelles non era applicabile per altri motivi e non ha esaminato tale aspetto.

57.      Tuttavia, nella causa Shearson Lehmann Hutton, l’avvocato generale Darmon ha affermato che non occorreva dimostrare l’esistenza di un nesso causale tra la pubblicità e la conclusione del contratto  (17) . L’avvocato generale ha osservato che la Convenzione non esige dal consumatore la prova che egli sia stato effettivamente raggiunto dalla pubblicità o che esista un rapporto di causa ad effetto fra questa pubblicità e la conclusione del contratto, esigenza che oltre tutto sarebbe impossibile, in linea di massima, soddisfare. Inoltre tale criterio sarebbe contrario all’obiettivo consistente nella protezione del consumatore, i cui eventuali limiti devono trovare conferma nel testo stesso della Convenzione. Il solo limite ammissibile è quello suggerito dal buon senso: la pubblicità non deve risalire troppo lontano nel tempo rispetto alla data di conclusione del contratto, un accertamento che è di competenza del giudice nazionale. L’avvocato generale ha concluso che l’art. 13, punto 3, lett. a), «contiene, quindi, quanto all’esistenza di un nesso tra pubblicità e conclusione del contratto, una presunzione assoluta, basata sul semplice fatto che la prima ha preceduto la seconda».

58.      Tra le parti che hanno presentato osservazioni su questo punto, solo il governo portoghese ritiene che ai fini dell’applicazione delle norme per la tutela dei consumatori occorra uno stretto collegamento tra i beni o servizi pubblicizzati e quelli acquistati. Le altre parti concordano in sostanza nel ritenere sufficiente che il consumatore abbia ricevuto il materiale pubblicitario e abbia successivamente acquistato beni o servizi presso l’operatore in questione, a prescindere dalla loro esatta natura. Peraltro anche il governo portoghese riconosce che non è necessaria l’esatta corrispondenza tra i beni o servizi pubblicizzati e quelli acquistati, purché essi siano analoghi o rientrino nello stesso settore di attività.

59.      La Commissione in particolare sottolinea, oltre alla difficoltà intrinseca di accertare l’esistenza di uno specifico nesso causale, il rischio che i fornitori possano fare pubblicità in un modo tale da escludere l’applicazione degli artt. 13 e segg., eludendo così l’obiettivo della Convenzione.

60.      Posso soltanto condividere il criterio adottato dall’avvocato generale Darmon nella causa Shearson Lehmann Hutton e proposto nella maggior parte delle osservazioni presentate alla Corte. Come si è rilevato, la Convenzione parla solo di conclusione del contratto «preceduta» – non «determinata» – da una pubblicità.

61.      La situazione menzionata all’art. 13, punto 3, lett. a), riguarda essenzialmente la pubblicità deliberatamente transfrontaliera. I commercianti di uno Stato contraente che pubblicizzano i loro prodotti o servizi a persone residenti in un altro Stato contraente dovrebbero sapere che gli eventuali contratti che potrebbero scaturirne saranno contratti conclusi da consumatori ai sensi della Convenzione, se sussistono le altre condizioni pertinenti. Un approccio basato sulla prova dell’esistenza di uno specifico collegamento tra la pubblicità e i beni o servizi acquistati non sarebbe rispondente al criterio della certezza del diritto.

62.      Inoltre, l’obiettivo della pubblicità commerciale è, semmai, raramente limitato alla promozione di alcuni prodotti o servizi ad esclusione di tutti gli altri. Al contrario, lo scopo generale è far conoscere il più possibile l’esistenza e la gamma di attività commerciali dell’operatore in questione e generare il massimo volume d’affari possibile con il minor numero di righe. Per contro, accade frequentemente che il destinatario di prospetti pubblicitari, attratto dalla natura generale dell’attività commerciale dell’operatore pubblicitario, prenda ulteriori informazioni e acquisti beni o servizi non espressamente menzionati nei prospetti.

63.      Di conseguenza, la conclusione di un contratto deve considerarsi preceduta da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio ai sensi dell’art. 13, punto 3, lett. a), della Convenzione di Bruxelles, se il fornitore ha precedentemente pubblicizzato beni o servizi in detto Stato, anche qualora non abbia menzionato gli specifici prodotti acquistati dal consumatore.

Proposta specifica al consumatore

64.      Con la quinta questione, il giudice nazionale chiede chiarimenti anche sulla situazione prevista in subordine all’art. 13, punto 3, lett. a), quella di un contratto preceduto da una proposta specifica nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio. Rientra in tale nozione un caso in cui il fornitore ha formulato telefonicamente una proposta al cliente nello Stato in cui questi ha il suo domicilio, seguita da una proposta scritta consegnata al cliente nello Stato del fornitore, ed è quest’ultima la proposta che il cliente accetta?

65.      Le osservazioni presentate alla Corte in linea di massima concordano sul fatto che la condizione è soddisfatta nelle circostanze descritte, anche se il governo portoghese sottolinea che le due proposte devono riguardare lo stesso prodotto. La Commissione rileva che la condizione, anche qui, è semplicemente che il contratto dev’essere preceduto da una proposta specifica diretta al consumatore nello Stato in cui questi ha il suo domicilio, e non che il contratto dev’essere basato su tale proposta.

66.      Anche in questo caso, condivido il criterio proposto. Nelle circostanze del caso di specie, non si può ritenere che la proposta scritta trasmessa al sig. Gruber in Germania fosse stata indirizzata a quest’ultimo nello Stato del suo domicilio, l’Austria. Tuttavia egli aveva precedentemente ricevuto una proposta orale mentre si trovava nel suo paese, situazione che rientra chiaramente nella definizione dell’art. 13, punto 3, lett. a). Detta proposta ha preceduto la conclusione del contratto.

67.      Può essere utile, nondimeno, distinguere tra «proposta specifica» e «pubblicità». La seconda ha natura generale, la prima è espressamente definita specifica. Così, se non occorre che il materiale pubblicitario abbia per oggetto gli stessi beni o servizi successivamente acquistati, sembra invece necessario che esista un’identità sostanziale tra quelli oggetto di una proposta specifica e quelli acquistati. Di conseguenza, se la proposta telefonica al sig. Gruber avesse avuto per oggetto le tegole, e la proposta scritta e il successivo acquisto avessero riguardato travi per il tetto, la condizione della «proposta specifica» non sarebbe stata soddisfatta.

68.      Pertanto, ritengo che qualora un consumatore riceva nello Stato del suo domicilio una proposta specifica comunicata telefonicamente da un fornitore di un altro Stato e successivamente acquisti da detto fornitore i beni o servizi così offerti, la conclusione del contratto deve considerarsi preceduta da una proposta specifica ai sensi dell’art. 13, punto 3, lett. a), della Convenzione di Bruxelles anche se le condizioni del contratto sono basate su una proposta successiva non ricevuta nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio.

Atti necessari per la conclusione del contratto

69.      L’ultima questione del giudice nazionale è se un consumatore compia gli atti necessari per la conclusione di un contratto nel suo Stato, ai sensi dell’art. 13, punto 3, lett. b), nel caso in cui la proposta gli venga formulata nello Stato del fornitore ed egli la accetti telefonicamente dal suo Stato.

70.      Dal testo delle disposizioni emerge chiaramente che la questione dev’essere risolta in senso affermativo – come infatti propongono tutte le parti che hanno presentato osservazioni su questo punto – e tale conclusione è confermata dalle relazioni Schlosser e Giuliano-Lagarde.

71.      Nella relazione Schlosser si afferma che «la nuova normativa è fondamentalmente conforme al progetto preliminare di una convenzione sul diritto applicabile ai rapporti giuridici obbligatori contrattuali e non contrattuali. I due presupposti citati all’articolo 13, punto 3 (la proposta specifica o pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio, nonché l’aver compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto) devono sussistere cumulativamente»  (18) .

72.      La relazione Giuliano-Lagarde precisa che i termini «atti necessari» sono stati «espressamente adottat[i] (…) per evitare il classico problema della determinazione del luogo di conclusione del contratto. Tale questione è particolarmente delicata per le situazioni in esame, in quanto si tratta di contratti internazionali che normalmente vengono conclusi per corrispondenza. Il termine “atto” comprende fra l’altro qualunque scrittura o iniziativa conseguenti ad un’offerta o ad una pubblicità»  (19) .

73.      Pertanto il luogo in cui viene formulata la proposta è irrilevante, sempreché il consumatore abbia ricevuto una proposta (o una pubblicità) nello Stato in cui ha il proprio domicilio. Ciò che conta è se il consumatore compia gli atti necessari per la conclusione del contratto nello Stato in cui ha il proprio domicilio. Sono irrilevanti anche i mezzi di comunicazione utilizzati per concludere il contratto.

74.     È chiaro che qualora un consumatore telefoni dal suo domicilio ed accetti una proposta, compie un atto necessario per la conclusione del contratto. D’altro canto, anche nel caso in cui vi siano state precedenti discussioni o trattative nello Stato del fornitore in merito alle condizioni del contratto, tali atti sono stati presumibilmente compiuti dal fornitore, piuttosto che dal consumatore, e verosimilmente hanno preceduto in ogni caso la conclusione del contratto.

75.      Pertanto, ai fini dell’art. 13, punto 3, lett. b), un consumatore compie gli atti necessari per la conclusione di un contratto nello Stato in cui ha il proprio domicilio se comunica da detto Stato la sua accettazione di una proposta, a prescindere dal luogo in cui essa è stata formulata e dal mezzo di comunicazione utilizzato.

Conclusione

76.      Ritengo quindi che la Corte dovrebbe risolvere come segue le questioni sollevate dall’Oberster Gerichtshof:

1)
Il soggetto che conclude un contratto per scopi in parte inerenti e in parte estranei alla sua attività professionale non può invocare la protezione di carattere eccezionale conferita dagli artt. 13 e segg. della Convenzione di Bruxelles, a meno che lo scopo professionale sia insignificante.

2)
Per stabilire se una persona abbia concluso un contratto per uno scopo che si può considerare estraneo alla sua attività professionale ai sensi degli artt. 13 e segg. della Convenzione di Bruxelles, non occorre tenere conto di circostanze obiettivamente riconoscibili dall’altro contraente, a meno che il consumatore abbia mostrato di agire a titolo professionale e l’altro contraente non avesse in buona fede motivo di credere diversamente.

3)
La conclusione di un contratto deve considerarsi preceduta da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio ai sensi dell’art. 13, punto 3, lett. a), della Convenzione di Bruxelles, se il fornitore ha precedentemente pubblicizzato beni o servizi in detto Stato, anche qualora non abbia menzionato gli specifici prodotti acquistati dal consumatore.

4)
Qualora un consumatore riceva nello Stato del suo domicilio una proposta specifica comunicata telefonicamente da un fornitore di un altro Stato e successivamente acquisti da detto fornitore i beni o servizi così offerti, la conclusione del contratto deve considerarsi preceduta da una proposta specifica ai sensi dell’art. 13, punto 3, lett. a), della Convenzione di Bruxelles anche se le condizioni del contratto sono basate su una proposta successiva non ricevuta nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio.

5)
Ai fini dell’art. 13, punto 3, lett. b), della Convenzione di Bruxelles, un consumatore compie gli atti necessari per la conclusione di un contratto nello Stato in cui ha il proprio domicilio se comunica da detto Stato la sua accettazione di una proposta, a prescindere dal luogo in cui essa è stata formulata e dal mezzo di comunicazione utilizzato.


1
Lingua originale: l'inglese.


2
Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Una versione consolidata della Convenzione, come modificata dalle quattro successive Convenzioni di adesione – la versione pertinente nella presente causa – è stata pubblicata in GU 1998, C 27, pag. 1. Dal 1° marzo 2002 (successivamente ai fatti di causa), la Convenzione è stata sostituita, tranne per quanto riguarda la Danimarca e alcuni territori d’oltremare di altri Stati membri, dal regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1).


3
Convenzione relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord alla convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, nonché al protocollo relativo alla sua interpretazione da parte della Corte di giustizia (GU 1978, L 304, pag. 1).


4
GU 1979, C 59, pag. 71, punti 153-161, pagg. 117-120.


5
GU 1980, L 266, pag. 1; v. relazione Schlosser, punto 155.


6
GU 1980, C 282, pag. 1, in particolare pag. 23.


7
Sentenza 19 gennaio 1993, causa C-89/91 (Racc. pag. I-139).


8
Sentenza 3 luglio 1997, causa C-269/95 (Racc. pag. I-3767).


9
Punto 18.


10
Punti 16, 17 e 19.


11
Punto 22.


12
Punti 16 e 17.


13
V., ad esempio, sentenze 11 luglio 2002, causa C-96/00, Gabriel (Racc. pag. I-6367, punto 57), 10 aprile 2003, causa C-437/00, Pugliese (Racc. pag. I-3573, punto 16), e 5 febbraio 2004, causa C-18/02, DFDS Torline (punto 26).


14
Nel contesto della Convenzione di Roma, si tratta dell’art. 5, n. 2, primo trattino.


15
Pagg. 23 e 24 della relazione, citata alla nota 6.


16
Sentenza Shearson Lehmann Hutton, citata alla nota 7, seconda questione, e sentenza 15 settembre 1994, causa C-318/93, Brenner e Noller (Racc. pag. I-4275), terza questione.


17
V. in particolare paragrafi 81-85 delle conclusioni, e paragrafo 113, punto 2, della conclusione proposta in subordine.


18
Pag. 118 della relazione, citata alla nota 4.


19
Ibidem, pag. 24.

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