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Document 61989CJ0348

Sentenza della Corte (Terza Sezione) del 27 giugno 1991.
Mecanarte - Metalúrgica da Lagoa Lda. contro Chefe do Serviço da Conferência Final da Alfândega do Porto.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunal Fiscal Aduaneiro do Porto - Portogallo.
Recupero "a posteriori" dei dazi all'importazione e all'esportazione.
Causa C-348/89.

European Court Reports 1991 I-03277

ECLI identifier: ECLI:EU:C:1991:278

 RELAZIONE D'UDIENZA

presentata nella causa C-348/89 ( *1 )

I — Contesto normativo

1.

La domanda per la quale è stato adito il Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto ha per oggetto il controllo sulla legittimità di un recupero di dazi all'importazione che non sono stati corrisposti dal debitore per merci dichiarate per un regime doganale comportante l'obbligo di effettuarne il pagamento.

2.

L'art. 2, n. 1, primo comma, del regolamento (CEE) n. 1697/79 dispone che:

«quando le autorità competenti accertano che i dazi all'importazione o all'esportazione legalmente dovuti per una merce dichiarata per un regime doganale comportante l'obbligo di effettuarne il pagamento non sono stati richiesti in tutto o in parte al debitore, esse iniziano un'azione di recupero dei dazi non riscossi ».

Questa disposizione formula il principio generale dell'obbligo di recuperare dazi legittimamente dovuti e non riscossi. La sua ragion d'essere figura nella motivazione del regolamento secondo la quale « il carattere essenzialmente economico dei dazi all'importazione o dei dazi all'esportazione in vigore nella Comunità » (primo ”considerando ” della motivazione) è incompatibile con insufficienti riscossioni che avrebbero conseguenze pregiudizievoli sull'economia comunitaria.

3.

Detto principio generale conosce due eccezioni: l'impossibilità per le autorità doganali di procedere al recupero dei dazi « a posteriori » (art. 5, n. 1, del regolamento n. 1697/79) e la facoltà per le autorità doganali di non procedere al recupero « a posteriori » (art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79).

Ai sensi di quest'ultima disposizione,

« le autorità competenti hanno facoltà di non procedere al recupero ”a posteriori ” dell'importo dei dazi all'importazione o dei dazi all'esportazione qualora tali dazi non siano stati riscossi a causa di un errore delle autorità competenti medesime che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore, purché questi abbia, dal canto suo, agito in buona fede e osservato tutte le disposizione previste, per la sua dichiarazione in dogana, dalla regolamentazione vigente ».

4.

La decisione di non procedere al recupero spetta alle autorità degli Stati membri o alla Commissione delle Comunità europee, a seconda che l'importo dei dazi sia inferiore o superiore a 2000 ECU (artt. 2 e 4 del regolamento (CEE) n. 1573/80].

II — Antefatti e procedimento

5.

L'attrice nella causa principale, la società importatrice Mecanarte — Metalúrgica da Lagoa (in prosieguo: la «Mecanarte»), acquistava presso il suo fornitore nella Repubblica federale di Germania, Schmolz & Bickenbach, una partita di 42 rotoli di lamiera di acciaio laminato a caldo e presentava alle autorità doganali portoghesi un certificato di circolazione delle merci, modello EUR 1, n. D 790072, emesso a Düsseldorf il 18 febbraio 1986, in cui veniva indicato che detta merce era originaria della Repubblica federale di Germania.

6.

Siccome le merci erano state dichiarate provenienti dalla Repubblica federale di Germania, veniva loro applicato il regime comunitario e venivano classificate sotto le voci doganali 73.13.230.100 j e 73.13.260.000 t e importate in esenzione da dazi doganali.

7.

Con lettera 29 marzo 1988, il servizio di sorveglianza doganale di Düsseldorf comunicava alla direzione generale delle dogane portoghesi che il certificato EUR 1, n. D 790072, era stato invalidato in quanto era stato indebitamente emesso dalla società Schmolz & Bickenbach e che i prodotti di acciaio laminato menzionati nel certificato erano originari della Repubblica democratica di Germania e non della Repubblica federale di Germania.

8.

A seguito di questa comunicazione, l'ufficio doganale di Porto procedeva, tramite il Serviço da Conferência Final, alla liquidazione « a posteriori » dei dazi per un ammontare di 3611599 ESC, a carico della società importatrice Mecanarte.

9.

Contro l'avviso di accertamento, confermato dalla decisione del direttore delle dogane di Porto con la quale questi respingeva la domanda della Mecanarte diretta a far trasmettere il fascicolo alla Commissione delle Comunità europee affinché decidesse di non procedere al recupero « a posteriori » dei dazi considerati, la Mecanarte proponeva un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto.

10.

Il Tribunal ha considerato che il ricorso contenzioso per il quale era stato adito sollevava talune questioni d'interpretazione e di validità dell'art. 5, n. 2, del regolamento del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697, nonché d'interpretazione dell'art. 4 del regolamento della Commissione 20 giugno 1980, n. 1573.

11.

Di conseguenza, il Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto, con ordinanze 16 ottobre e 7 novembre 1989, registrate nella cancelleria della Corte il 15 novembre 1989, ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, le seguenti questioni pregiudiziali:

« a)

Se l'art. 5, n. 2, primo comma (prima parte), del regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697 — ”le autorità competenti hanno la facoltà di non procedere al recupero”, — attribuisca alle suddette autorità un potere discrezionale oppure un potere-dovere.

b)

Se, qualora attribuisca un potere discrezionale in materia di imposizione, la parte di norma sopra indicata debba ritenersi invalida per violazione dei principi di legalità tributaria, di parità fra gli operatori economici, di non discriminazione, nonché del divieto di comportamenti arbitrari (artt. 7 e 28 del Trattato CEE e art. 4 del Trattato CECA).

c)

Se, agli effetti dell'art. 5, n. 2, debba intendersi per ” errore ” soltanto un errore di calcolo o di trascrizione oppure anche un errore causato dal debitore.

d)

Se sia rilevante soltanto l'errore commesso dalle stesse autorità che sono competenti per il recupero oppure possa esserlo (anche) un errore compiuto dalle autorità del paese d'esportazione della merce, qualora quest'ultimo appartenga esso pure alle Comunità europee.

e)

Se un debitore che fornisca, in buona fede, alla dogana, ai fini dell'imposizione del dazio, informazioni inesatte o incomplete — come quella sull'origine della merce — soddisfi, anche in tal caso, ” tutte le disposizioni previste, per la sua dichiarazione in dogana, dalla regolamentazione vigente ”, come esige l'art. 5, n. 2, primo comma (ultima parte).

f)

Se la competenza attribuita alla Commissione dall'art. 4 del regolamento della Commissione 20 giugno 1980, n. 1573, quando si tratta di importi superiori a 2000 ECU, comprenda tutte le decisioni (di recuperare o di non recuperare) oppure soltanto le decisioni di non procedere al recupero.

g)

Se, nell'ambito di un ordinamento costituzionale come è quello portoghese, che riconosce il principio della prevalenza del diritto internazionale sul diritto interno, la violazione del diritto comunitario derivato ad opera del diritto interno configuri un'ipotesi di incostituzionalità che rende inutile un rinvio pregiudiziale immediato ai fini dell'interpretazione del diritto comunitario.

h)

Supponendo che la decisione di recupero spetti alle autorità doganali nazionali, se, nel caso in cui il debitore presenti un'istanza motivata chiedendo che non si proceda al recupero, spetti alla Commissione esaminare l'istanza per decidere se debba procedere o meno al recupero oppure sia possibile per le autorità doganali nazionali pronunciarsi esse stesse su detta istanza ».

12.

Conformemente all'art. 20 del Protocollo sullo Statuto della Corte di giustizia CEE, hanno presentato osservazioni scritte:

il 9 febbraio 1990, il governo portoghese rappresentato dal sig. Luís Inês Fernandes, direttore del servizio degli affari legali presso la direzione generale delle Comunità europee, e dalla sig.ra Maria Luísa Duarte, consulente del servizio degli affari legali presso la direzione generale delle Comunità europee;

il 9 aprile 1990, il Pubblico ministero portoghese, rappresentato dalla sig.ra Isabel Aguiar;

il 14 febbraio 1990, la società importatrice Mecanarte, rappresentata dagli avv. ti Ricardo Garção Soares e Adriano Garção Soares, del foro di Porto;

il 21 febbraio 1990, il Consiglio delle Comunità europee, rappresentato dai sigg. Bjarne Hoff-Nielsen, capodivisione, e Amadeu Lopes Sabino, amministratore principale presso il servizio giuridico del Consiglio delle Comunità europee, in qualità di agenti;

il 20 febbraio 1990, la Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. Jörn Sack e Herculano Lima, consiglieri giuridici presso la stessa, in qualità di agenti.

13.

La Corte, su relazione del giudice relatore, sentito l'avvocato generale, ha deciso, conformemente all'art. 95 del regolamento di procedura, di attribuire la causa alla Terza Sezione e di passare alla fase orale senza procedere ad istruttoria.

III — Osservazioni scritte presentate alla Corte

1. Sulla prima questione

14.

Il governo portoghese, il Pubblico ministero portoghese, il Consiglio e la Commissione sono concordi nel sostenere che le autorità nazionali esercitano, nel contesto dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79, un potere discrezionale vincolato. La società Mecanarte non prende una posizione definitiva su detta questione, ma non esclude che l'art. 5, n. 2, di detto regolamento conceda alle autorità nazionali un potere discrezionale.

15.

a) Il governo portoghese sostiene che l'art. 5 del regolamento n. 1697/79 sancisce un'eccezione al principio generale dell'art. 2, n. 1, di detto regolamento che fissa l'obbligo di recuperare i dazi doganali legalmente dovuti e non percepiti, nel rispetto dei principi della certezza del diritto e della buona fede del debitore. Questi valori, e la stessa ratio legis della disposizione, sarebbero violati qualora alle autorità nazionali venisse conferito il potere di decidere se recuperare o no i dazi, anche quando sono soddisfatte le condizioni contemplate dalla predetta disposizione. Il governo portoghese ricorda in questo contesto come la Corte di giustizia nella sentenza 22 ottobre 1987 (causa 314/85, Foto-Frost, Race. pag. 4199) abbia affermato che l'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 dev'essere interpretato nel senso che, ove siano soddisfatte tutte queste condizioni, il debitore ha diritto a che non si proceda al recupero. Se il debitore ha diritto di non essere assoggettato al recupero dei dazi, qualora tutte le condizioni siano soddisfatte, le autorità nazionali esercitano, secondo il governo portoghese, nel contesto dell'art. 5, n. 2, un potere discrezionale vincolato. A parere del governo portoghese, l'uso del termine « hanno la facoltà » è dovuto ad un'esigenza di tecnica legislativa che ha portato a contrapporre, in seno all'art. 5, il n. 1 : « le autorità competenti non possono iniziare nessuna azione di recupero » e il n. 2: «le autorità competenti hanno la facoltà di non procedere al recupero a posteriori ».

Nel n. 1 viene sancita una vera e propria impossibilità legale di recupero, mentre nel n. 2 vengono definite due possibili soluzioni, di cui una è quella che le autorità nazionali non possono procedere al recupero qualora siano soddisfatte le condizioni contemplate da detta disposizione.

16.

Secondo il Pubblico ministero portoghese, se la « facoltà » menzionata all'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 deve ritenersi limitata, visti, da una parte, l'obbligo generale di recupero sancito dall'art. 2 dello stesso regolamento e, dall'altra, il diritto del debitore di non essere assoggettato al recupero quando sussistono le condizioni di cui al citato art. 5, n. 2.

17.

b) Il Consiglio deduce che la facoltà concessa alle autorità dall'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 resta vincolata alla verifica delle condizioni richieste per non dare corso al recupero. Queste condizioni rivestono un carattere obiettivo la cui verifica può essere controllata dagli interessati ed eventualmente essere oggetto di ricorso dinanzi ai giudici. A questo proposito, secondo il Consiglio, non sembra esatto parlare di «potere discrezionale» in quanto la legittimità delle misure adottate dalle autorità competenti può essere sottoposta alla valutazione del giudice sotto il profilo delle condizioni richieste per non dare corso al recupero.

18.

Il Consiglio aggiunge che la differenza nella formulazione del n. 2 — «le autorità competenti hanno la facoltà di non (...)» — rispetto al n. 1 — «le autorità competenti non possono iniziare nessuna azione di recupero (...)» — è dovuta al fatto che il Consiglio ha autorizzato la Commissione a precisare l'applicazione del n. 2 (v. secondo comma del n. 2).

19.

A parere del Consiglio, questa interpretazione garantisce il rispetto dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento in virtù dei quali la normativa comunitaria dev'essere chiara e prevedibile per gli interessati ed è stata peraltro accolta dalla Corte di giustizia nella citata causa 314/85, Foto-Frost.

20.

In conclusione, il Consiglio suggerisce alla Corte di risolvere la prima questione come segue:

«L'art. 5, n. 2, primo comma, parte iniziale, del regolamento del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697, prevede tre precise condizioni affinché le autorità competenti abbiano la facoltà di non procedere al recupero. Tale disposizione deve pertanto essere interpretata nel senso che, qualora siano soddisfatte tutte queste condizioni, il debitore ha diritto a che non si proceda al recupero».

21.

e) La Commissione fa riferimento alla costante giurisprudenza della Corte di giustizia secondo la quale l'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 va interpretato « nel senso che, ove siano soddisfatte tutte queste condizioni, il debitore ha diritto a che non si proceda al recupero » (sentenze 22 ottobre 1987, causa 314/85, Foto-Frost, già citata; 31 maggio 1989, causa 378/87, Top Hit, Racc. pag. 1359; e 12 luglio 1989, causa 161/88, Binder, Race. pag. 2415). Alla luce di questa giurisprudenza, la Commissione considera che dal momento in cui sono soddisfatte le condizioni contemplate dall'art. 5, n. 2, l'autorità nazionale perde ogni potere discrezionale di procedere al recupero.

22.

d) La società Mecanarte ritiene che non vi siano inconvenienti nel riconoscere, nell'art. 5, n. 2, l'esistenza di un potere discrezionale, poiché esso deve essere esercitato da un solo soggetto, cioè la Commissione delle Comunità europee per tutta la Comunità. Questo potere discrezionale non è tuttavia assoluto, ma comporta al contrario aspetti di competenza vincolata molto marcati, come l'obbligo che siano previamente soddisfatte le condizioni enumerate all'art. 5, n. 2.

2. Sulla seconda questione

23.

a) Il governo portoghese, il Pubblico ministero portoghese, il Consiglio e la Commissione rilevano che in ragione della soluzione data alla prima questione la seconda questione diventa priva di oggetto.

24.

Peraltro, il Consiglio deduce che, ad ogni modo, l'art. 5, n. 2, non costituisce una violazione dei principi menzionati dal giudice nazionale, dal momento che tutti gli operatori economici sono soggetti alla medesima normativa, e la valutazione dei fatti è obbligatoriamente controllata dalla Commissione la quale adotta infine una decisione a tale proposito.

25.

b) La società Mecanarte sottolinea che non vi può essere potere discrezionale inammissibile in quanto la decisione di procedere o di non procedere al recupero spetta sempre alla Commissione. In questo modo, una siffatta interpretazione non rischia, secondo la società Mecanarte, una incompatibilità con la salvaguardia dei principi menzionati dal giudice a quo.

3. Sulla terza questione

26.

a) Il governo portoghese, il Pubblico ministero portoghese e la Commissione concordano nel sostenere che il termine « errore », ai sensi dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79, comprende ogni errore compiuto dalle autorità competenti stesse e non si limita agli errori di calcolo o di trascrizione.

27.

Circa la natura dell'errore rilevante ai fini del recupero, ritengono tuttavia che solo gli errori derivanti dal comportamento attivo dell'amministrazione nazionale possano essere presi in considerazione per giustificare il fatto che non si procede al recupero. Si debbono pertanto scartare tutti i casi in cui gli agenti dell'amministrazione sono essi stessi vittime di un errore commesso da altri. In un simile caso, dal comportamento dell'amministrazione non potrebbe derivare alcun legittimo affidamento dal momento che questo affidamento deve essere sempre fondato su un comportamento adottato dalla pubblica amministrazione con piena cognizione di causa.

28.

b) Secondo la società Mecanarte, la terza questione è strettamente legata a quella della buona fede del debitore. A questo proposito, la Mecanarte ritiene che se il debitore fornisce in buona fede le dichiarazioni che portano all'errata classificazione, inducendo le autorità doganali in errore senza però l'intenzione di provocarlo, non potrà essergli tolto il diritto di beneficiare di una decisione di non procedere al recupero. In un simile caso è irrilevante stabilire se gli elementi che hanno indotto dette autorità in errore provengano o no dal debitore.

29.

e) Il Consiglio non ha preso posizione su tale questione.

4. Sulla quarta questione

30.

a) Il governo portoghese ritiene che « l'autorità competente dello Stato membro in cui è stato commesso l'errore che ha determinato un'insufficiente riscossione », alla quale gli artt. 2 e 3 del regolamento n. 1573/80 fanno espresso riferimento, può essere solo quella che ha proceduto o dovrebbe procedere all'operazione di recupero. La circostanza che l'art. 5, n. 2, rivesta il carattere di una deroga all'art. 2 del regolamento n. 1697/79 vieta, secondo il governo portoghese, un'interpretazione estensiva che allargherebbe l'errore agli adempimenti delle autorità doganali dell'altro Stato membro, cioè lo Stato di esportazione.

31.

b) Il Pubblico ministero portoghese, la società Mecanarte e la Coìmmissione concordano però nel ritenere che nel concetto di errore rilevante ai fini dell'applicazione dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 rientri tanto l'errore commesso dalle autorità competenti per il recupero quanto quello commesso dalle autorità dello Stato membro esportatore della merce.

32.

Secondo la società Mecanarte questo deriva dal semplice fatto che, se il primo ufficio doganale si sbaglia, il secondo commetterà automaticamente lo stesso errore.

33.

La Commissione fa osservare che la sua interpretazione a questo riguardo è confermata dall'art. 2 del regolamento (CEE) della Commissione 2 agosto 1989, n. 2380 (GU L 225, pag. 30), che ha sostituito, a decorrere dal 1° settembre 1989, il regolamento n. 1573/80, e nel quale viene precisato che può trattarsi dell'autorità competente dello Stato membro dove è stato commesso l'errore, ma anche di quella dello Stato membro dove detto errore è stato rilevato. Nel rilevare che questa precisazione non figura tra le disposizioni di applicazione del regolamento n. 1573/80, in vigore al momento della decisione adottata dalle dogane portoghesi, la Commissione sottolinea che essa non ha avuto l'obiettivo di modificare il senso dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79, ma piuttosto di confermarlo, tenendo conto di ogni errore delle autorità nazionali tanto nel caso in cui queste siano all'origine dell'errore quanto nel caso in cui esse si limitino a constatarlo al momento del recupero.

34.

c) Il Consiglio non ha preso posizione su tale questione.

5. Sulla quinta questione

35.

Il governo portoghese, il Pubblico ministero portoghese, la società Mecanarte e la Commissione concordano nel sostenere che l'art. 5, n. 2, parte finale, del regolamento n. 1697/79 si applica al caso in cui il debitore si sia conformato a tutte le prescrizioni di legge in vigore concernenti la dichiarazione, anche se — in buona fede — ha fornito elementi inesatti o incompleti alle autorità competenti. Il Consiglio non ha preso posizione su tale questione.

36.

a) Il governo portoghese fa riferimento alla sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia nella causa 314/85, Foto-Frost, già citata, nella quale la Corte ha sottolineato che la condizione considerata di cui all'art. 5, n. 2, si era verificata, in quanto l'operatore economico aveva correttamente soddisfatto la sua dichiarazione doganale. Secondo il governo portoghese questa condizione può essere soddisfatta anche nel caso in cui il debitore abbia fornito in buona fede alla dogana elementi inesatti o incompleti.

37.

b) La società Mecanarte sostiene che il requisito del rispetto di «tutte le disposizioni previste (...) dalla regolamentazione vigente» ha lo scopo di garantire non solo che il debitore abbia avuto un comportamento diligente, ma anche che l'errore che ha avuto come conseguenza la mancata riscossione delle imposte non si sia prodotto per sua colpa. Ne consegue, secondo la società Mecanarte, che il debitore, qualora fornisca un'informazione inesatta per ragioni diverse dalla malafede o dalla negligenza, mantiene il diritto di fruire dell'esonero dal pagamento.

38.

e) La Commissione sottolinea, in limine, che la buona fede e il rispetto di « tutte le disposizioni previste per la dichiarazione in dogana dalla normativa vigente » sono due condizioni distinte poste dall'art. 5, n. 2, da valutarsi separatamente.

39.

Per quanto riguarda la condizione del «rispetto [delle] disposizioni previste dalla normativa vigente», la Commissione fa riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia secondo la quale detta normativa comprende allo stesso tempo le norme comunitarie e le norme nazionali che le completano o le traspongono.

40.

Ove le merci siano dichiarate per la messa in libera pratica, come nel caso di specie, gli elementi da indicare sono precisati dalla direttiva del Consiglio 24 luglio 1979, 79/695/CEE, e dalla relativa direttiva di applicazione della Commissione 17 dicembre 1981, 82/57/CEE, le quali contemplano una dichiarazione di messa in libera pratica nonché i documenti che vi debbono essere aggiunti.

41.

A parere della Commissione, queste prescrizioni non possono andare oltre i dati e i documenti che il dichiarante può ragionevolmente conoscere e ottenere, quale che sia il regime doganale considerato.

42.

Per quanto riguarda la buona fede del debitore, la Commissione ritiene che l'art. 5, n. 2, perderebbe ogni effetto utile se l'autorità che ha commesso o rilevato l'errore potesse respingere la domanda di non procedere al recupero per il motivo che il dichiarante ha fornito informazioni o documenti inesatti, quando l'inesattezza è dovuta all'errore stesso e non è imputabile al dichiarante.

6. Sulla sesta questione

43.

a) Il governo portoghese ed il Pubblico ministero portoghese ritengono che dal combinato disposto dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 e degli artt. 2 e 4 del regolamento di applicazione n. 1573/80 emerga che il legislatore comunitario ha previsto l'intervento della Commissione solo nel caso in cui le autorità competenti hanno dubbi sulla decisione di non procedere al recupero e nel caso in cui i debiti doganali sono pari o superiori a 2000 ECU. Ciò risponde all'esigenza della certezza del diritto e di uniformità nell'applicazione dell'art. 5, n. 2, e si giustifica con l'importanza della somma in gioco e con le sue ripercussioni sull'economia comunitaria. Secondo il governo portoghese, questa interpretazione è corroborata dall'art. 8 del regolamento n. 1573/80, il quale prevede il rigetto tacito della domanda di non procedere al recupero se la Commissione non ha adottato la decisione entro il termine di legge.

44.

b) La Commissione osserva, in primo luogo, che negli Stati membri è prassi corrente sottoporle le decisioni da adottare ai sensi dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 solo quando l'ammontare dei dazi da recuperare supera i 2000 ECU e la domanda dell'interessato è considerata giustificata da parte dell'amministrazione nazionale.

45.

La Commissione ritiene che questa prassi sia giustificata dalla formulazione degli artt. 2 e 4 del regolamento n. 1573/80, che contemplano soltanto i casi in cui, essendo soddisfatte tutte le condizioni contemplate nell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79, l'autorità nazionale intende rinunciare al recupero e che stabiliscono procedure distinte a seconda che l'importo da recuperare sia superiore ai 2000 ECU o no. L'autorità nazionale può pertanto statuire essa stessa, ove consideri che non sussistono i presupposti per la tutela del legittimo affidamento.

46.

Ammesso pure che il testo del regolamento n. 1573/80 non imponga necessariamente una siffatta interpretazione, questa tuttavia, secondo la Commissione, discende dalla finalità del conferimento di un potere di decisione alla Commissione e ciò, in particolare, per le seguenti due ragioni.

47.

In primis, il fatto che il potere di decisione sia riservato alla Commissione nei casi economicamente più rilevanti deve consentire di assicurare l'applicazione uniforme del diritto comunitario. Questa risulterebbe compromessa se le autorità nazionali continuassero a fare riferimento a prassi e criteri nazionali per interpretare il diritto comunitario, in particolare nel settore della tutela del legittimo affidamento. L'unità del diritto comunitario è messa in discussione soprattutto nei casi in cui viene dato seguito ad una domanda di rinuncia al recupero, dal momento che la decisione delle autorità nazionali è quasi sempre definitiva, giacché l'interessato non vi si oppone e la Commissione non interviene. Per contro, le conseguenze per l'unità del diritto comunitario di una decisione di procedere al recupero sono minori. Se non è escluso che gli Stati membri trattino questi casi in modo differenziato, spetta all'interessato sollecitare o no una modifica della decisione garantendo in tal modo l'applicazione al suo caso di criteri uniformi.

48.

In secondo luogo, il potere di decisione della Commissione sta nel fatto che l'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 verte sulla rinuncia a risorse proprie della Comunità. Poiché la Commissione è l'organo competente per l'esecuzione del bilancio della Comunità, è comprensibile che essa tenga ad esercitare una forte influenza su simili decisioni. Ne risulta, secondo la Commissione, che non è necessario attribuirle un potere di decisione quando le autorità nazionali dispongano il recupero.

49.

Inoltre, la Commissione ritiene che il proprio potere di decisione in materia debba restare l'eccezione, tanto più che la procedura dinanzi ad essa è nettamente più costosa di quella seguita a livello nazionale. Per questa ragione, la Commissione si sforza da qualche tempo di trasferire, nel maggior numero possibile dei casi, alle autorità degli Stati membri il suo potere di decisione. Questo sforzo si è peraltro già tradotto in pratica con l'adozione del citato regolamento n. 2380/89, che ha sostituito il regolamento n. 1573/80.

50.

La Commissione propone pertanto di risolvere la sesta questione nel senso che la competenza attribuitale dall'art. 4 del regolamento n. 1573/80 si estende soltanto alle decisioni di non procedere al recupero per importi superiori ai 2000 ECU.

51.

c) La società Mecanarte, invece, ritiene che l'attribuzione alla Commissione del potere di decidere di procedere al recupero o di non procedere al recupero sia il solo mezzo per garantire un esercizio uniforme e egualitario di questo potere nel rispetto del principio comunitario di parità di trattamento tra i cittadini degli Stati membri.

52.

Secondo la società Mecanarte, la tesi secondo la quale la decisione di recupero può essere adottata dalle autorità nazionali anche se l'importo è superiore ai 2000 ECU tiene conto soltanto dell'interesse che si ricollega al recupero degli introiti, ma viola l'esigenza che tale recupero avvenga nel rispetto delle condizioni di parità e di uniformità, senza discriminazione in base al territorio o alla nazionalità.

53.

d) Il Consiglio non ha preso posizione su tale questione.

7. Sulla settima e ottava questione

54.

a) Per quanto riguarda l'ottava questione il governo portoghese, la società Mecanarte e la Commissione rilevano che questa è strettamente legata alla sesta questione.

55.

Il governo portoghese e il Pubblico ministero portoghese sottolineano che le domande degli operatori economici debbono essere presentate alle autorità nazionali competenti e soltanto la loro valutazione consentirà l'attivazione delle competenze contemplate dagli artt. 2 e 4 del regolamento n. 1573/80. Il Pubblico ministero portoghese ricorda che occorre distinguere due situazioni:

spetta alle autorità nazionali pronunciarsi sulle domande con cui si chiede che non si proceda al recupero di dazi doganali ammontanti a meno di 2000 ECU, tenendo conto delle condizioni enunciate dall'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79; le predette autorità devono trasmettere queste domande alla Commissione solo qualora non siano in grado di pronunciarsi;

le autorità nazionali dovranno invece sottoporre tutte le domande volte ad ottenere la rinuncia al recupero di dazi doganali per l'ammontare di 2000 ECU o più alla Commissione, che deciderà se il debitore abbia diritto o meno di essere liberato dall'obbligo di pagamento.

56.

La Commissione rimanda alle sue considerazioni a proposito della sesta questione, dalle quali risulta che le autorità nazionali devono valutare la domanda e che, se concludono che le condizioni stabilite nell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 sono soddisfatte, se cioè si pronunciano nel senso di non procedere al recupero, debbono sottoporre il caso all'esame della Commissione qualora l'importo considerato superi i 2000 ECU.

57.

La società Mecanarte deduce che la competenza delle autorità a pronunciarsi negativamente su una domanda debitamente motivata, loro rivolta dal debitore quando abbiano deciso di procedere al recupero, deve essere esclusa per le stesse ragioni per cui, secondo la Mecanarte, alle medesime autorità non viene riconosciuta la competenza di decidere liberamente di non procedere al recupero.

58.

b) Per quanto riguarda la settima questione, il governo portoghese e la società Mecanarte fanno rilevare, in limine, che detta questione d'interpretazione si pone perché il giudice a quo sostiene che esiste una palese contraddizione tra la normativa doganale portoghese considerata e gli artt. 2 e 4 del regolamento n. 1573/80. A loro avviso tale contraddizione non esiste.

59.

Il governo portoghese fa osservare che il legislatore portoghese si è limitato, per quanto riguarda le norme doganali portoghesi considerate, a conferire al servizio del « riscontro definitivo » ed alla direzione generale la competenza di esercitare i poteri devoluti alle autorità nazionali dal combinato disposto dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79, letto congiuntamente con gli artt. 2 e 4 del regolamento n. 1573/80. Infatti, secondo il governo portoghese, il legislatore comunitario ha definito una sfera operativa per le autorità nazionali, ma ha affidato al legislatore nazionale il compito di determinare gli organi dell'amministrazione doganale a tale effetto competenti. Mediante l'adozione di norme interne di esecuzione, il legislatore portoghese ha, allo scopo di ottimizzare e di razionalizzare la decisione, concentrato i poteri in materia di recuperi presso la direzione generale delle dogane, la quale deciderebbe, quando ne ricorrono i presupposti, di chiedere l'intervento della Commissione.

60.

La società Mecanarte rileva, in primo luogo, che non esiste, per le pratiche di importo inferiore ai 2000 ECU, nessuna contraddizione con la normativa comunitaria, perché questa prevede che tanto la valutazione quanto la decisione se procedere o no al recupero spettano all'amministrazione nazionale competente: in Portogallo alla direzione generale delle dogane. In secondo luogo, la società Mecanarte ritiene che la contraddizione possa pure escludersi per le pratiche di importo superiore ai 2000 ECU se si ammette che la decisione che la direzione generale deve prendere sarà quella di sottoporre questi casi alla valutazione della Commissione delle Comunità e non di decidere essa stessa nel merito.

61.

Il Pubblico ministero portoghese ritiene che la settima questione non abbia la natura di una questione interpretativa dalla quale dipende la soluzione della causa principale. A suo parere, è possibile adeguare l'applicazione della normativa doganale portoghese considerata in modo da renderla conforme agli artt. 2 e 4 del regolamento di applicazione n. 1573/80.

62.

La Commissione incentra le sue osservazioni su alcuni principi che debbono essere rispettati nel contesto dell'art. 177 del Trattato CEE. Rileva a questo proposito che la Corte di giustizia non ha competenza per valutare la gerarchia delle norme nazionali e non è neppure autorizzata a pronunciarsi sull'opportunità del rinvio pregiudiziale. Per il resto, la Commissione sottolinea che i giudici nazionali non sono competenti a constatare essi stessi l'invalidità degli atti delle istituzioni comunitarie e debbono, di conseguenza, sottoporre la questione all'esame della Corte di giustizia.

63.

e) Il Consiglio non ha preso posizione sulla settima e sull'ottava questione.

M. Zuleeg

giudice relatore


( *1 ) Lingua processuale: il portoghese.

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 SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

27 giugno 1991 ( *1 )

Nel procedimento C-348/89,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, dal Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto, nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Mecanarte — Metalúrgica da Lagoa Lda.,

e

Chefe do Serviço da Conferência Final da Alfândega do Porto,

domanda vertente sull'interpretazione e sulla validità dell'art. 5, n. 2, del regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697, relativo al recupero « a posteriori » dei dazi all'importazione o dei dazi all'esportazione (GU L 197, pag. 1), nonché sull'interpretazione dell'art. 4 del regolamento (CEE) della Commissione 20 giugno 1980, n. 1573, che stabilisce le disposizioni di applicazione dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 (GU L 161, pag. 1),

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dai signori J. C. Moitinho de Almeida, presidente di sezione, F. Grévisse e M. Zuleeg, giudici,

avvocato generale: G. Tesauro

cancelliere: J. A. Pompe, vicecancelliere

viste le osservazioni scritte presentate:

per la Mecanarte, dai sigg. Ricardo Garção Soares e Adriano Garção Soares, avvocati del foro di Porto,

per il Pubblico ministero del Portogallo, dalla sig.ra Isabel Aguiar, rappresentante del Pubblico ministero presso il Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto,

per il governo portoghese, dal sig. Luís Inês Fernandes, direttore del servizio degli affari giuridici presso la direzione generale delle Comunità europee, e dalla sig.ra Maria Luísa Duarte, consulente del servizio degli affari giuridici presso la direzione generale delle Comunità europee, in qualità di agenti,

per il Consiglio delle Comunità europee, dai sigg. Bjarne Hoff-Nielsen, capodivisione, e Amadeu Lopes Sabino, amministratore principale presso il servizio giuridico, in qualità di agenti,

per la Commissione delle Comunità europee, dai suoi consiglieri giuridici, sigg. Jörn Sack e Herculano Lima, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della ricorrente nella causa principale, del governo portoghese, del Consiglio delle Comunità europee e della Commissione delle Comunità europee, presentate all'udienza del 12 dicembre 1990,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 6 febbraio 1991,

ha pronunciato la presente

Sentenza

1

Con ordinanza 16 ottobre 1989, pervenuta in cancelleria il 14 novembre successivo, il Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto ha sottoposto alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, otto questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione e sulla validità dell'art. 5, n. 2, del regolamento del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697, relativo al recupero « a posteriori » dei dazi all'importazione (GU L 197, pag. 1), nonché sull'interpretazione dell'art. 4 del regolamento della Commissione 20 giugno 1980, n. 1573, che stabilisce le disposizioni di applicazione dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 (GU L 161, pg. 1).

2

Dette questioni sono state sollevate nel contesto di un ricorso con il quale la società importatrice Mecanarte-Metalúrgica da Lagoa Lda. (in prosieguo: la « Mecanarte ») chiede l'annullamento dell'avviso di accertamento per il recupero di dazi doganali emesso dall'ufficio doganale di Porto.

3

La Mecanarte ha importato in Portogallo una partita di 42 rotoli di lamiera di acciaio laminato a caldo, acquistati dal proprio fornitore nella Repubblica federale di Germania, la Schmolz & Bickenbach, ed ha presentato alle autorità doganali portoghesi un certificato di circolazione delle merci, EUR 1, n. D 790072, emesso a Düsseldorf il 18 febbraio 1986, in cui era indicato che la merce era originaria della Repubblica federale di Germania.

4

L'autorità doganale portoghese, sulla base della dichiarazione secondo la quale la merce proveniva dalla Repubblica federale di Germania, l'ha classificata, in applicazione del regime comunitario, sotto le voci doganali 73.13.230.100 j e 73.13.260.000 t della Tariffa doganale comune e l'ha esonerata dai dazi all'importazione.

5

Con lettera 29 marzo 1988, il servizio di sorveglianza doganale di Düsseldorf ha comunicato alla direzione generale delle dogane portoghesi che il certificato EUR 1, n. 790072, era stato invalidato perché indebitamente emesso dalla società Schmolz & Bickenbach, e che i prodotti di acciaio laminato indicati nel certificato erano originari della Repubblica democratica di Germania e non della Repubblica federale di Germania.

6

A seguito di questa comunicazione, l'ufficio doganale di Porto ha proceduto, tramite il Serviço da Conferência Final, alla liquidazione « a posteriori » dei dazi per un importo di 3611599 ESC, a carico della società importatrice Mecanarte.

7

Contro l'avviso di accertamento, confermato dalla decisione del direttore delle dogane di Porto con la quale questi ha respinto la domanda della Mecanarte diretta a far trasmettere il fascicolo alla Commissione delle Comunità europee affinché decidesse di non procedere al recupero « a posteriori » dei dazi considerati, la Mecanarte ha proposto un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto.

8

Avendo dei dubbi circa l'interpretazione e la validità dell'art. 5, n. 2, del regolamento del Consiglio n. 1697/79, come pure circa l'interpretazione dell'art. 4 del regolamento della Commissione n. 1573/80, il Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

« a)

Se l'art. 5, n. 2, primo comma (prima parte), del regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697 — “ le autorità competenti hanno la facoltà di non procedere al recupero ” — attribuisca alle suddette autorità un potere discrezionale oppure un potere-dovere.

b)

Se, qualora attribuisca un potere discrezionale in materia di imposizione, la parte di norma sopra indicata debba ritenersi invalida per violazione dei principi di legalità tributaria, di parità fra gli operatori economici, di non discriminazione, nonché del divieto di comportamenti arbitrari (artt. 7 e 28 del Trattato CEE e art. 4 del Trattato CECA).

c)

Se, agli effetti dell'art. 5, n. 2, debba intendersi per “ errore ” soltanto un errore di calcolo o di trascrizione oppure anche un errore causato dal debitore.

d)

Se sia rilevante soltanto l'errore commesso dalle stesse autorità che sono competenti per il recupero oppure possa esserlo (anche) un errore compiuto dalle autorità del paese d'esportazione della merce, qualora quest'ultimo appartenga esso pure alle Comunità europee.

e)

Se un debitore che fornisca, in buona fede, alla dogana, ai fini dell'imposizione del dazio, informazioni inesatte o incomplete — come quella sull'origine della merce — soddisfi, anche in tal caso, “ tutte le disposizioni previste, per la sua dichiarazione in dogana, dalla regolamentazione vigente ”, come esige l'art. 5, n. 2, primo comma (ultima parte).

f)

Se la competenza attribuita alla Commissione dall'art. 4 del regolamento della Commissione 20 giugno 1980, n. 1573, quando si tratta di importi superiori a 2000 ECU, comprenda tutte le decisioni (di recuperare o di non recuperare) oppure soltanto le decisioni di non procedere al recupero.

g)

Se, nell'ambito di un ordinamento costituzionale come è quello portoghese, che riconosce il principio della prevalenza del diritto internazionale sul diritto interno, la violazione del diritto comunitario derivato ad opera del diritto interno configuri un'ipotesi di incostituzionalità che rende inutile un rinvio pregiudiziale immediato ai fini dell'interpretazione del diritto comunitario.

h)

Supponendo che la decisione di recupero spetti alle autorità doganali nazionali, se, nel caso in cui il debitore presenti un'istanza motivata chiedendo che non si proceda al recupero, spetti alla Commissione esaminare l'istanza per decidere se debba procedere o meno al recupero oppure sia possibile per le autorità doganali nazionali pronunciarsi esse stesse su detta istanza ».

9

Per una più ampia esposizione dei fatti relativi alla causa principale, dello svolgimento del procedimento nonché delle osservazioni scritte presentate alla Corte si rinvia alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono ripresi in prosieguo solo nella misura necessaria al ragionamento della Corte.

10

Nella presente causa due sono le disposizioni sostanzialmente rilevanti:

l'art. 5, n. 2, del regolamento del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697, il quale dispone che

« le autorità competenti hanno la facoltà di non procedere al recupero “ a posteriori ” dell'importo dei dazi all'importazione e dei dazi all'esportazione qualora tali dazi non siano stati riscossi a causa di un errore delle autorità competenti medesime che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore, purché questi abbia, dal canto suo, agito in buona fede e osservato tutte le disposizioni previste, per la sua dichiarazione in dogana, dalla regolamentazione vigente »,

nonché

l'art. 4 del regolamento della Commissione 20 giugno 1980, n. 1573, il quale dispone che:

« se l'autorità competente dello Stato membro in cui è stato commesso l'errore non è in grado di accertare con i propri mezzi che tutte le condizioni di cui all'art. 5, n. 2, del regolamento di base sono soddisfatte o qualora l'importo dei dazi in questione sia pari o superiore a 2000 ECU, tale autorità rivolge alla Commissione la richiesta di deliberare fornendole tutti gli elementi necessari alla valutazione ».

Sulle prime due questioni

11

Con la prima e la seconda questione il giudice a quo vuol sapere se l'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 conferisca alle autorità competenti il potere discrezionale di procedere o no al recupero « a posteriori » dei dazi doganali e, in caso affermativo, se questa disposizione sia valida con riferimento ai principi fondamentali posti dal Trattato.

12

Per quanto riguarda la prima questione, si deve rilevare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 deve essere interpretato nel senso che, ove siano soddisfatte tutte queste condizioni, il debitore ha diritto a che non si proceda al recupero (v. sentenze 22 ottobre 1987, Foto-Frost, punto 22 della motivazione, causa 314/85, Race. pag. 4199; 23 maggio 1989, Top Hit, punto 18 della motivazione, causa 378/87, Race. pag. 1359; e 12 luglio 1989, Binder, punto 16 della motivazione, causa 161/88, Racc. pag. 2415).

13

Nella misura in cui il debitore d'imposta ha un tale diritto, le competenti autorità nazionali sono tenute a non dare corso al recupero, altrimenti questo diritto perderebbe ogni valore.

14

Si deve pertanto risolvere la prima questione dichiarando che l'art. 5, n. 2, ab initio, del regolamento del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697, deve essere interpretato nel senso che conferisce alle autorità nazionali competenti un potere vincolato per quanto riguarda la decisione di non effettuare il recupero qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all'art. 5, n. 2, di detto regolamento.

15

Per quanto riguarda la seconda questione, si deve rilevare che essa è stata sollevata dal giudice nazionale nell'ipotesi in cui dalla soluzione data alla prima questione risultasse che l'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 concede alle autorità nazionali un potere discrezionale.

16

Data la soluzione negativa fornita alla prima questione, la seconda questione resta priva di oggetto.

Sulla terza e quarta questione

17

Con la terza e con la quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice a quo chiede alla Corte di precisargli che cosa si intenda con l'espressione« errore delle autorità competenti medesime che non poteva ragionevolmente essere scoperto dal debitore », di cui all'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79.

18

Tali questioni sollevano tre distinti problemi:

il primo è se il termine « errore » abbracci unicamente gli errori di calcolo o di trascrizione;

il secondo è se con la parola « autorità competenti » debbano intendersi soltanto le autorità competenti per il recupero o anche le autorità nazionali dello Stato membro esportatore della merce;

il terzo è se gli errori di cui all'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 siano tutti gli errori commessi dalle autorità competenti o soltanto quelli loro imputabili.

19

Si deve, in via preliminare, rilevare che l'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 ha l'obiettivo di tutelare il legittimo affidamento del debitore circa la fondatezza dell'insieme degli elementi che intervengono nella decisione di recuperare o meno i dazi doganali.

20

Ne consegue, in primo luogo, che la nozione di errore non può essere limitata ai semplici errori di calcolo o di trascrizione, ma comprende qualsiasi tipo di errore che vizi la decisione adottata, come avviene, in particolare, nel caso di una scorretta interpretazione o applicazione delle disposizioni applicabili.

21

A questo proposito, il riferimento all'errore di calcolo e di trascrizione che ricorre nei “considerando” del regolamento n. 1697/79 deve essere considerato come un mero esempio, che non esaurisce tutti i possibili casi di errori da prendere in considerazione nel contesto dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79.

22

Ne consegue, in secondo luogo, che in mancanza di una definizione precisa e tassativa delle « autorità competenti » nel regolamento n. 1697/79 o nel regolamento n. 1573/80, adottato per l'applicazione del precedente, in vigore all'epoca in cui si sono verificati i fatti che hanno dato origine al procedimento principale, qualsiasi autorità, la quale, nell'ambito delle sue competenze, fornisce elementi rilevanti per la riscossione dei dazi doganali ed è quindi idonea a suscitare il legittimo affidamento del debitore, deve essere considerata « autorità competente », ai sensi dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79. Altrettanto vale in particolare per le autorità doganali dello Stato membro esportatore che intervengono a proposito della dichiarazione doganale.

23

Ne consegue, in terzo luogo, che il legittimo affidamento del debitore merita la tutela di cui all'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 solo se sono state le autorità competenti « medesime », come espressamente previsto dalla lettera del regolamento, a porre in essere i presupposti sui quali riposa il legittimo affidamento del debitore. Così solo gli errori imputabili ad un comportamento attivo delle autorità competenti e che non hanno potuto essere ragionevolmente scoperti dal debitore danno diritto al non recupero dei dazi doganali.

24

Questa condizione non può essere considerata soddisfatta qualora le autorità competenti siano indotte in errore, in particolare sull'origine della merce, da dichiarazioni inesatte del debitore di cui esse non debbono verificare o valutare la validità. In un siffatto caso è il debitore che, secondo la costante giurisprudenza della Corte, sopporta il rischio derivante da un documento commerciale che si rivela falso in occasione di un successivo controllo (sentenza 13 novembre 1984, Van Gend en Loos, punto 20 della motivazione, cause riunite 98/83 e 230/83, Race, pag. 3763).

25

Per contro, se l'inesattezza delle dichiarazioni del debitore è essa stessa soltanto la conseguenza di informazioni erronee date da autorità competenti, le quali ne siano vincolate, il disposto dell'art. 5, n. 1, del regolamento n. 1697/79 è di ostacolo al recupero dei dazi all'importazione ed all'esportazione.

26

Da quanto precede emerge che la terza e la quarta questione debbono essere risolte nel senso che gli errori di cui all'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 comprendono tutti gli errori d'interpretazione o di applicazione dei testi relativi ai dazi all'importazione e all'esportazione che il debitore non abbia potuto ragionevolmente individuare, qualora siano la conseguenza del comportamento attivo vuoi delle autorità competenti per il recupero, vuoi di quelle dello Stato membro di esportazione, il che esclude gli errori determinati da dichiarazioni inesatte del debitore, salvo che la loro inesattezza sia dovuta esclusivamente ad informazioni erronee fornite da autorità competenti, le quali ne siano vincolate.

Sulla quinta questione

27

La quinta questione è intesa, in sostanza, a sapere se il debitore che fornisce in buona fede alla dogana degli elementi di tassazione inesatti o incompleti soddisfi cionondimeno tutte le disposizioni previste dalla normativa in vigore per quanto riguarda la dichiarazione in dogana, ai sensi dell'art. 5, n. 2, primo comma, in fine, del regolamento n. 1697/79.

28

Come sottolineato dalla Corte nella citata sentenza Top Hit (punti 22 e 26 della motivazione), l'osservanza delle disposizioni previste dalla normativa in vigore sulla dichiarazione in dogana richiede che il dichiarante fornisca alle autorità doganali tutte le informazioni necessarie previste dalle norme comunitarie e dalle norme nazionali che le integrino o, se del caso, le traspongano, tenuto conto del trattamento doganale richiesto per la merce considerata.

29

Questo obbligo, tuttavia, non può eccedere la produzione dei dati e dei documenti che il ricorrente può ragionevolmente conoscere ed ottenere. Ne consegue che, se un operatore economico dichiara in buona fede elementi che, pur essendo inesatti o incompleti, sono i soli che poteva ragionevolmente conoscere o ottenere e, pertanto, far figurare nella dichiarazione doganale, la condizione dell'osservanza delle disposizioni in vigore relative alla dichiarazione doganale deve considerarsi soddisfatta.

30

La quinta questione deve pertanto essere risolta dichiarando che l'art. 5, n. 2, primo comma, in fine, del regolamento n. 1697/79 va interpretato nel senso che si applica alla situazione in cui il debitore abbia soddisfatto tutti i requisiti posti tanto dalle norme comunitarie relative alla dichiarazione in dogana quanto dalle norme nazionali che le integrino o, se del caso, le traspongano, nonostante il fatto che il debitore abbia fornito in buona fede alle autorità competenti elementi inesatti o incompleti, qualora detti elementi fossero i soli che egli poteva ragionevolmente conoscere od ottenere.

Sulla sesta questione

31

Con la sesta questione il giudice a quo vuole, in sostanza, sapere se, ai sensi dell'art. 4 del regolamento n. 1573/80, la Commissione sia soltanto competente a decidere di non recuperare i dazi doganali, ovvero se la sua competenza si estenda anche alle decisioni di recupero, qualora l'importo dei dazi non percepiti sia pari o superiore a 2000 ECU.

32

Come già risulta dalla sentenza della Corte 26 giugno 1990, Deutsche Fernsprecher, punti 12 e 13 della motivazione (causa C-64/89, Race. pag. I-2535), il potere discrezionale attribuito alla Commissione dall'art. 4 del regolamento n. 1573/80 riguarda solo i casi nei quali le competenti autorità nazionali sono convinte che le condizioni dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 sono soddisfatte e ritengono pertanto di non dover procedere al recupero.

33

Come precisato dalla Corte nella stessa sentenza, quest'interpretazione è conforme alla finalità del regolamento n. 1573/80, con cui si mira a garantire l'applicazione uniforme del diritto comunitario. Questa rischia di essere compromessa qualora si dia corso ad una domanda volta ad ottenere la rinuncia al recupero, perché la valutazione sulla quale può basarsi uno Stato membro nell'adottare una decisione. favorevole rischia, in concreto, data la probabile assenza di qualsiasi ricorso contenzioso, di sfuggire ad un controllo che consenta di assicurare l'applicazione uniforme delle condizioni poste dalla normativa comunitaria. Per contro, diversa è la situazione quando le autorità nazionali procedono al recupero, quale che sia l'importo considerato. In tal caso è senz'altro possibile per l'interessato impugnare la decisione dinanzi ai giudici nazionali. Di conseguenza, l'uniformità del diritto comunitario potrà essere assicurata dalla Corte di giustizia nel contesto del procedimento pregiudiziale.

34

La sesta questione deve pertanto essere risolta nel senso che la competenza attribuita alla Commissione dall'art. 4 del regolamento n. 1573/80 si estende unicamente alle decisioni di non recuperare dazi doganali d'importo uguale o superiore a 2000 ECU.

Sull'ottava questione

35

Con l'ottava questione, che è strettamente legata alla sesta questione e che, pertanto, deve essere esaminata subito dopo quest'ultima, il giudice a quo vuole sapere dalla Corte se, qualora la decisione di recupero spetti alle autorità nazionali e il debitore presenti una domanda motivata affinché non si proceda al recupero, la domanda così presentata debba essere sottoposta alla Commissione oppure se competenti a decidere su di essa siano le autorità nazionali.

36

Come deciso dalla Corte nella citata sentenza 26 giugno 1990, Deutsche Fernsprecher, spetta alle autorità nazionali procedere al recupero dei dazi all'importazione e all'esportazione quale che sia l'importo considerato. Tenuto conto della finalità del regolamento n. 1573/80 che, come precisato dalla Corte nella medesima sentenza, è quella di garantire l'applicazione uniforme del diritto comunitario, anche le autorità nazionali sono competenti a decidere su una domanda motivata presentata da un debitore per ottenere una decisione di non procedere al recupero. L'obbligo di sottoporre il caso all'esame della Commissione esiste solo, come è già stato detto al punto 34, qualora le autorità nazionali decidano di non effettuare il recupero e l'importo considerato sia eguale o superiore a 2000 ECU.

37

Si deve pertanto risolvere l'ottava questione nel senso che, qualora il debitore presenti una domanda volta ad ottenere che non si effettui il recupero dei dazi all'importazione o all'esportazione, spetta alle autorità nazionali decidere su questa domanda; esse sono tenute a sottoporre il caso alla valutazione della Commissione unicamente qualora intendano rinunciare al recupero di dazi il cui importo sia uguale o superiore a 2000 ECU.

Sulla settima questione

38

Con la settima questione, il Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto solleva problemi di natura procedurale circa l'applicazione dell'art. 177 del Trattato CEE.

39

Dalla motivazione della decisione pregiudiziale emerge che il giudice nazionale parte dall'idea che le due disposizioni del regolamento doganale portoghese, applicabili al caso di specie, oltre ad essere in contrasto con il diritto comunitario, sono altresì inficiate da vizi di incostituzionalità, funzionale e sostanziale, risultante dal fatto che sono state adottate nell'esercizio della funzione amministrativa e non in quello della funzione legislativa la quale, nel caso di specie, appartiene all'assemblea della Repubblica, nonché dal fatto che sono in contrasto con il principio del primato del diritto internazionale sul diritto interno.

40

Su questa base, il Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto si domanda, innanzitutto, se sia competente a procedere al rinvio pregiudiziale, nella misura in cui rilevi l'incostituzionalità delle disposizioni nazionali considerate, dato che la constatazione dell'incostituzionalità di una norma di diritto interno è soggetta, secondo l'art. 280, n. 3, della Costituzione portoghese, al ricorso dinanzi alla Corte costituzionale portoghese e che, di conseguenza, solo quest'ultima potrebbe essere competente a procedere al rinvio pregiudiziale in siffatte cause. Si domanda, in secondo luogo, se il rinvio pregiudiziale non sia superfluo, nella misura in cui può essere posto rimedio ai vizi di una norma nazionale nell'ambito dell'ordinamento giuridico nazionale.

41

La settima questione pregiudiziale solleva pertanto due problemi distinti in merito alle modalità di applicazione dell'art. 177 del Trattato CEE:

1)

se il giudice nazionale che constati l'incostituzionalità di una disposizione nazionale sia privato della facoltà di adire la Corte di giustizia per questioni relative all'interpretazione o alla validità del diritto comunitario, in conseguenza del fatto che questa constatazione è sottoposta ad un ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale;

2)

se il giudice nazionale possa essere dispensato dal rinvio pregiudiziale, nella misura in cui l'ordinamento giuridico nazionale offra gli strumenti necessari per porre rimedio ai vizi di una norma nazionale.

42

Per quanto riguarda il primo problema, si deve ricordare che l'art. 177 del Trattato attribuisce competenza alla Corte per decidere, in via pregiudiziale, tanto sull'interpretazione dei trattati e degli atti delle istituzioni comunitarie quanto sulla validità di detti atti. Il secondo comma di detto articolo dispone che i giudici nazionali possono sottoporre siffatte questioni alla Corte e il terzo comma dispone che essi vi sono obbligati qualora avverso le loro decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno.

43

Le competenze attribuite alla Corte dall'art. 177 hanno essenzialmente lo scopo di assicurare l'applicazione uniforme del diritto comunitario da parte dei giudici nazionali. A tal fine, l'art. 177 mette a disposizione del giudice nazionale uno strumento per eliminare le difficoltà che potrebbero derivare dalla necessità di dare al diritto comunitario la sua piena efficacia nel contesto degli ordinamenti giurisdizionali degli Stati membri.

44

Per garantire l'effetto utile del sistema istituito dall'art. 177 del Trattato occorre che i giudici nazionali dispongano della più ampia facoltà di adire la Corte di giustizia qualora ritengano che una causa pendente dinanzi ad essi sollevi questioni che esigono l'interpretazione o l'esame della validità delle disposizioni di diritto comunitario necessarie per dirimere la controversia loro sottoposta.

45

Per di più, l'efficacia del diritto comunitario rischierebbe di essere compromessa se l'esistenza di un ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale potesse impedire al giudice nazionale, al quale è stata sottoposta una controversia regolata dal diritto comunitario, di esercitare la facoltà, attribuitagli dall'art. 177 del Trattato, di sottoporre alla Corte di giustizia le questioni vertenti sull'interpretazione o sulla validità del diritto comunitario, al fine di consentirgli di giudicare se una norma nazionale sia o no compatibile con quest'ultimo.

46

Si deve pertanto risolvere la prima parte della settima questione nel senso che un giudice nazionale, adito in una controversia concernente il diritto comunitario, il quale constati l'incostituzionalità di una norma nazionale, non è privato della facoltà né dispensato dall'obbligo, di cui all'art. 177 del Trattato CEE, di sottoporre alla Corte di giustizia questioni relative all'interpretazione e alla validità del diritto comunitario per il fatto che detta constatazione sia soggetta a ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale.

47

Per quanto riguarda il secondo problema, è sufficiente ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, nel contesto della ripartizione delle funzioni giurisdizionali tra i giudici nazionali e la Corte, operata dall'art. 177 del Trattato CEE, i giudici nazionali dispongono di un potere di valutazione nello stabilire se sia necessaria una pronuncia su un punto di diritto comunitario onde consentire loro di decidere (v., in particolare, sentenza 6 ottobre 1982, Cilfit, punto 10 della motivazione, causa 283/81, Race. pag. 3415).

48

A questo proposito, si deve precisare che il potere discrezionale di valutazione del giudice nazionale ai sensi dell'art. 177, secondo comma, del Trattato CEE si estende anche alla questione relativa alla fase processuale nella quale una questione pregiudiziale debba essere sottoposta alla Corte.

49

Si deve pertanto risolvere la seconda parte della settima questione dichiarando che, ai sensi dell'art. 177, n. 2, del Trattato CEE, spetta al giudice nazionale valutare la pertinenza delle questioni di diritto sollevate nella controversia per la quale è stato adito e la necessità di una decisione pregiudiziale onde essere in grado di pronunciare la sua decisione come pure la fase del procedimento nel corso della quale una questione pregiudiziale debba essere sottoposta alla Corte.

Sulle spese

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Le spese sostenute dal governo portoghese, dal Pubblico ministero portoghese, dal Consiglio delle Comunità europee e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nel procedimento principale, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

 

Per questi motivi,

LA CORTE (Terza Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunal Fiscal Aduaneiro di Porto, con ordinanza 16 novembre 1989, dichiara:

 

1)

L'art. 5, n. 2, ab initio, del regolamento (CEE) del Consiglio 24 luglio 1979, n. 1697, relativo al recupero « a posteriori » dei dazi all'importazione e dei dazi all'esportazione, deve essere interpretato nel senso che conferisce alle autorità nazionali competenti un potere vincolato per quanto riguarda la decisione di non effettuare il recupero qualora siano soddisfatte le condizioni di cui all'art. 5, n. 2, di detto regolamento.

 

2)

Gli errori di cui all'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79 comprendono tutti gli errori d'interpretazione o di applicazione dei testi relativi ai dazi all'importazione e all'esportazione che il debitore non abbia potuto ragionevolmente individuare, qualora siano la conseguenza del comportamento attivo vuoi delle autorità competenti per il recupero, vuoi di quelle dello Stato membro di esportazione, il che esclude gli errori determinati da dichiarazioni inesatte del debitore, salvo che la loro inesattezza sia dovuta esclusivamente a informazioni erronee fornite da autorità competenti, le quali ne siano vincolate.

 

3)

L'art. 5, n. 2, primo comma, in fine, del regolamento (CEE) 1697/79 va interpretato nel senso che si applica alla situazione in cui il debitore abbia soddisfatto tutti i requisiti posti tanto dalle norme comunitarie relative alla dichiarazione in dogana quanto dalle norme nazionali che le integrino o, se del caso, le traspongano, nonostante il fatto che il debitore abbia fornito in buona fede alle autorità competenti elementi inesatti o incompleti, qualora detti elementi fossero i soli che egli poteva ragionevolmente conoscere od ottenere.

 

4)

La competenza attribuita alla Commissione dall'art. 4 del regolamento (CEE) della Commissione 20 giugno 1980, n. 1573, che stabilisce le disposizioni di applicazione dell'art. 5, n. 2, del regolamento n. 1697/79, si estende unicamente alle decisioni di non recuperare dazi doganali di importo uguale o superiore a 2000 ECU e ciò anche in presenza di una domanda motivata presentata dal debitore avverso la decisione di recupero adottata dalle autorità nazionali competenti.

 

5)

Qualora il debitore presenti una domanda intesa ad ottenere che non si effettui il recupero dei dazi all'importazione o all'esportazione, spetta alle autorità nazionali decidere su questa domanda; esse sono tenute a sottoporre il caso alla valutazione della Commissione unicamente qualora intendano rinunciare al recupero di dazi il cui importo sia uguale o superiore a 2000 ECU.

 

6)

Il giudice nazionale, adito in una controversia concernente il diritto comunitario, il quale constati l'incostituzionalità di una norma nazionale, non è privato della facoltà né dispensato dall'obbligo, di cui all'art. 177 del Trattato CEE, di sottoporre alla Corte di giustizia questioni relative all'interpretazione o alla validità del diritto comunitario per il fatto che detta constatazione sia soggetta a ricorso obbligatorio dinanzi alla Corte costituzionale. Ai sensi dell'art. 177, n. 2, del Trattato CEE, spetta al giudice nazionale valutare la pertinenza delle questioni di diritto sollevate nella controversia per la quale è stato adito e la necessità di una decisione pregiudiziale onde essere in grado di pronunciare la sua decisione come pure la fase del procedimento nel corso della quale una questione pregiudiziale debba essere sottoposta alla Corte.

 

Moitinho de Almeida

Grévisse

Zuleeg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 giugno 1991.

Il cancelliere

J.-G. Giraud

Il presidente della Terza Sezione

J. C. Moitinho de Almeida


( *1 ) Lingua processuale: il portoghese.

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