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Document 52002DC0714

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni - La politica industriale in un'Europa allargata.

/* COM/2002/0714 def. */

52002DC0714

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni - La politica industriale in un'Europa allargata. /* COM/2002/0714 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI - La politica industriale in un'Europa allargata.

SOMMARIO

La competitività - la capacità di un'economia di garantire su basi sostenibili alla propria popolazione livelli di vita elevati e in crescita e alti tassi d'occupazione - è al centro stesso degli obiettivi ambiziosi assegnati all'Unione europea dal Consiglio europeo di Lisbona della primavera del 2000.

La realizzazione di tali obiettivi dipende dalla capacità dell'Unione europea di mantenere e sviluppare la competitività della sua industria manifatturiera. L'interdipendenza tra industria e servizi non può essere ignorata; la progressiva esternalizzazione dei servizi d'impresa ha ridotto le dimensioni palesi del settore manifatturiero.

Ciononostante la vitalità e il dinamismo dell'industria sono essenziali affinché l'Europa sia in grado di mantenere ed accrescere la propria prosperità, realizzando contemporaneamente le proprie più ampie aspirazioni sociali, ambientali e internazionali.

L'industria europea è moderna e sotto molti aspetti vincente. Tuttavia la lenta crescita della sua produttività costituisce un serio motivo di preoccupazione. Nell'imminenza dell'allargamento pertanto la presente comunicazione esamina la politica industriale dell'UE definita nel 1990, per garantire che venga applicata nel modo più proficuo. Se ciò avverrà, nei prossimi anni l'Unione europea sarà in grado di trarre il massimo vantaggio dal suo potenziale industriale e di progredire nella realizzazione dei suoi più ampi obiettivi.

L'allargamento sarà una grande fonte di opportunità per l'industria sia degli attuali che dei prossimi Stati membri e dovrebbe dare un contributo positivo alla competitività industriale complessiva.

La competitività dell'industria manifatturiera è uno dei fondamenti della strategia dello sviluppo sostenibile dell'UE. La sostenibilità si fonda su tre pilastri: economico, sociale e ambientale. Il progresso nel realizzare l'obiettivo della sostenibilità richiede che l'UE progredisca in modo equilibrato in ciascuno dei tre pilastri. Se uno viene trascurato, si rischia di mancare l'obiettivo complessivo. La competitività costituisce pertanto un ingrediente indispensabile per il successo della strategia della sostenibilità.

Tre fattori della competitività industriale meritano particolare attenzione: la conoscenza, l'innovazione e l'imprenditorialità.

* L'Europa deve essere all'avanguardia della conoscenza. È stata ripetutamente segnalata la necessità di aumentare e migliorare l'impegno nel campo dell'istruzione, della formazione professionale e della ricerca, per mettere questa conoscenza a disposizione dell'industria. Occorre sviluppare nuove tecnologie, comprese le TIC, le biotecnologie e le nanotecnologie, nonché le qualifiche e le competenze per utilizzarle.

* L'industria europea ha anche bisogno di diventare più innovativa. Tutti i settori e le attività devono costantemente introdurre, specializzare e perfezionare i propri prodotti, servizi e processi. Vanno assicurate le condizioni necessarie a stimolare una vivace innovazione.

* L'Europa deve anche accrescere la propria capacità imprenditoriale di assumersi i rischi e di sviluppare nuove imprese di maggiori dimensioni Gli europei sembrano troppo riluttanti ad assumersi rischi imprenditoriali, si accontentano troppo facilmente di una crescita limitata delle imprese e non paiono disposti a riconoscere e ricompensare il contributo sociale di chi rischi li assume.

La politica industriale dell'UE è per caratteristiche intrinseche orizzontale e mira a garantire condizioni quadro favorevoli alla competitività industriale I suoi strumenti, che sono quelli della politica delle imprese, si propongono di fornire le condizioni quadro entro le quali imprenditori e imprese possono assumere iniziative, sfruttare idee e cogliere occasioni.

Essa tuttavia deve tener conto delle specifiche esigenze e caratteristiche dei singoli settori. Deve cioè essere applicata in modo diverso, a seconda del settore. Molti prodotti ad esempio, come i farmaceutici, i chimici e gli autoveicoli, sono soggetti a particolari normative di settore che dipendono dalle loro intrinseche caratteristiche o utilizzazioni.

Di conseguenza la politica industriale associa necessariamente una base orizzontale ad applicazioni settoriali.

Per garantire che la politica industriale possa rispondere a sfide costantemente mutevoli, la Commissione deve anche eseguire analisi in profondità e costanti verifiche della situazione competitiva di tali settori. Tali "controlli della realtà" consentono di valutare l'adeguatezza della combinazione di politiche.

La politica industriale deve anche operare affinché le altre politiche contribuiscano alla competitività dell'industria europea. Essa ha pertanto una portata molto vasta, e molti dei suoi strumenti appartengono ad altri campi d'intervento. La competitività industriale dipende da politiche come la concorrenza, il mercato interno, la ricerca & sviluppo, l'istruzione, il commercio e lo sviluppo sostenibile.

È soprattutto necessario che tali strumenti siano commisurati ai loro diversi obietti, tenendo attentamente conto delle loro conseguenze sul piano industriale. La politica industriale quindi necessita di un metodo di lavoro rigoroso, che massimizzi le interazioni dinamiche tra tali politiche.

Strumenti già adottati dalla Commissione, come la valutazione d'impatto e l'analisi costi-benefici, vengono sviluppati e perfezionati nella pratica per garantire che gli interventi politici siano ben adattati alle esigenze e attendibili nei risultati. La stessa politica industriale deve essere innovativa, ad esempio elaborando strumenti normativi nuovi e meno invadenti, centrati sui risultati piuttosto che sui mezzi da utilizzare, che lascino all'industria spazio per trovare le proprie soluzioni e che ne favoriscano il coinvolgimento. La consultazione pubblica deve promuovere la comprensione più ampia possibile di problemi e politiche.

La presente comunicazione definisce i problemi e indica i percorsi verso soluzioni equilibrate ed integrate. Per trovare tali soluzioni in circostanze specifiche e garantire che vengano correttamente applicate occorrono vigilanza, analisi e discussione.

La Commissione considera la presente comunicazione come l'inizio di una verifica dell'adeguatezza e dell'equilibrio con cui la politica industriale viene applicata.

* In primo luogo essa invita le altre istituzioni della Comunità a discutere l'impostazione descritta nella comunicazione e a comunicare le proprie reazioni..

* In secondo luogo essa intende verificare le modalità delle connessioni interfacciali tra le sue politiche più importanti e la competitività dell'industria.

* In terzo luogo, essendo gran parte delle politiche industriali di competenza degli Stati membri e non dell'Unione europea, la Commissione invita gli Stati membri ad esaminare le loro politiche industriali alla luce della presente comunicazione. Il metodo aperto di coordinamento, istituito dal Consiglio europeo di Lisbona, offre un contesto entro il quale i risultati delle politiche nazionali possono essere discussi, sviluppati e migliorati.

La Commissione invita le parti interessate a contribuire al presente processo. Entro la fine del 2003 essa intende presentare una relazione sui risultati conseguiti ed eventualmente varare nuove iniziative.

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE E AL COMITATO DELLE REGIONI - La politica industriale in un'Europa allargata

Indice

I. INTRODUZIONE

II. LA COMPETITIVITÀ DELL'INDUSTRIA NELL'UE

II.1 L'industria come fonte della ricchezza in Europa

II.2 Istantanea dell'industria europea: tendenze, punto di forza e di debolezza

II.2.1. L'industria europea sotto molti aspetti è moderna e competitiva

II.2.2. ...ma la sua produttività cresce lentamente

II.2.3 Le PMI, progressivamente integrate in raggruppamenti e reti di produzione, svolgono un ruolo centrale

III. CONSEGUENZE DELL'ALLARGAMENTO PER L'INDUSTRIA

III.1. Sono già stati realizzati progressi significativi, anche se disuguali

III.2. Alcune aree necessitano ancora di attenzioni specifiche

III.3. L'allargamento offre nuove opportunità di riorganizzazione concorrenziale

IV. SFIDE ALLA POLITICA INDUSTRIALE IN UN'EUROPA ALLARGATA

IV.1. La sfida della globalizzazione

IV.2 Il cambiamento tecnologico e organizzativo

IV.3 Ruolo fondamentale dell'innovazione e dell'imprenditorialità

IV.4. Sostenibilità e nuove domande della società

V. LA VIA DA PERCORRERE

V.1 Fattori trasversali a sostegno della competitività e della crescita

V.1.1 Promuovere l'innovazione, la conoscenza e la ricerca

V.1.2 L'imprenditorialità

V.1.3. Promuovere una struttura sostenibile della produzione industriale

V.2. Riesame dell'impostazione della politica industriale dell'UE

V.2.1. L'importanza fondamentale delle condizioni quadro

V.2.2. Un'impostazione più sistematica dell'UE per migliorare le condizioni quadro

V.2.3. Migliorare l'integrazione delle politiche UE che incidono sulla competitività industriale

V.2.4. Rispondere alle esigenze specifiche dell'industria dei paesi candidati

V.2.5. Impegno per migliorare la capacità di governo globale

V.2.6. La valenza settoriale del ripensamento dell'impostazione

VI. CONCLUSIONI

ALLEGATO:

I. INTRODUZIONE

I principi generali dell'attuale politica industriale dell'UE sono stati definiti in una comunicazione adottata nel 1990 [1]. Essa intendeva creare condizioni quadro che consentissero all'impresa di essere più concorrenziale e, ove necessario, compensassero i fallimenti del mercato. Gli strumenti a sua disposizione dovevano essere forniti da varie altre politiche comunitarie.

[1] 'La politica industriale in un contesto aperto e concorrenziale - orientamenti per una soluzione comunitaria' (COM (90) 556 def.)

Da allora il contesto politico è mutato. La Comunità europea è diventata l'Unione europea composta da 15 Stati membri, cui aderiranno 10 nuovi Stati. La moneta unica ha consolidato un mercato interno efficiente, che si è esteso allo Spazio economico europeo (SEE) e ai paesi candidati. L'Uruguay Round ha notevolmente ampliato le norme del sistema del commercio mondiale.

Negli ultimi dodici anni la politica adottata nel 1990 è stata sviluppata da successive comunicazioni [2]. Nel corso degli anni quindi tale impostazione è stata perfezionata, soprattutto per sottolineare il ruolo essenziale della conoscenza e dell'innovazione in un'economia globale, anche se i parametri sostanziali sono rimasti invariati.

[2] Il libro bianco del 1993 su crescita, competitività e occupazione ha sottolineato l'importanza delle PMI, dell'infrastruttura e delle nuove tecnologie. Nella comunicazione del 1994 ('Una politica di competitività industriale per l'Unione europea', COM (94) 319 def.) l'accento era posto sui beni immateriali e sulla cooperazione industriale. La comunicazione del 1999 ('Incentivi a favore della competitività delle imprese europee a fronte della globalizzazione', COM (98) 718 def.) trattava della globalizzazione.

Nei primi mesi di quest'anno un'altra comunicazione [3] ha attirato l'attenzione sul rallentamento della crescita della produttività nell'EU e ha ricordato che ciò può danneggiare l'obiettivo del Consiglio europeo di Lisbona del 2000 di fare dell'UE entro il 2010 l'economia fondata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, capace di una crescita sostenibile, con posti di lavoro più numerosi e migliori e una maggiore coesione sociale. L'importanza della competitività e la crescente esigenza di sinergia tra politica industriale, politica di R&S e mercato unico sono state sottolineate dalla decisione adottata dai capi di Stato e di Governo al Consiglio europeo di Siviglia di istituire una nuova formazione del Consiglio che sarà competente per tutte le tematiche connesse alla competitività.

[3] 'Produttività: la chiave per la competitività delle economie e delle imprese europee' (COM (2002) 262 def.)

Con il crescere della ricchezza temi come la sostenibilità e la sicurezza assumono sempre maggiore importanza per i cittadini europei, come dimostra l'adozione da parte del Consiglio europeo di Göteborg del 2001 della strategia UE per uno sviluppo sostenibile, volta a perseguire simultaneamente obiettivi afferenti ai tre pilastri - economico, sociale e ambientale - su cui si fonda la strategia stessa. La piena coerenza tra le politiche di ciascun pilastro è indispensabile per un'efficace applicazione della strategia.

La politica industriale ha un ruolo fondamentale da svolgere a sostegno dell'UE nel raggiungimento degli obiettivi di Lisbona e Göteborg. Nell'imminenza di un allargamento che produrrà importanti trasformazioni nel panorama industriale europeo e problemi specifici per l'industria dei nuovi Stati membri, è giunto il momento di riesaminare questa politica, per garantire all'UE gli strumenti con cui far fronte alle esigenze di un'Europa allargata. Tale riesame dovrebbe contribuire allo sviluppo di sinergie tra la politica industriale e altre politiche orientate al raggiungimento degli obiettivi della strategia di Lisbona.

Sviluppare il potenziale di crescita dell'Unione europea deve restare un elemento centrale degli obiettivi della politica industriale. Esso si propone di rafforzare la capacità dell'Unione di raggiungere più alti tassi d'occupazione e di generare livelli di vita più elevati e posti di lavoro più numerosi e durevoli.

Per raggiungere tale obiettivo occorre consolidare la base industriale dell'Unione per mezzo di politiche specifiche. Indubbiamente un'industria dinamica crea esternalità positive sull'economia nel suo complesso, aumentando il potenziale di crescita e la vitalità del tessuto economico e promuovendo l'innovazione e la formazione per effetto dell'accresciuta domanda di competenze. In tale prospettiva la politica industriale svolge un ruolo fondamentale concentrandosi sulle strategie, sulla creazione di un contesto favorevole e sul sostegno ad investimenti strategici che possono generare crescita. Muovendo dall'impostazione orizzontale volta a creare adeguate condizioni quadro, occorre individuare alcune priorità allo scopo di agevolare lo sviluppo di ambiti dotati di un forte potenziale. Tale impostazione va strettamente coordinata con le altre politiche dell'UE che sono in grado di favorire o assistere lo sviluppo della base industriale dell'Unione.

Dal canto loro le imprese conservano la piena responsabilità per il raggiungimento della competitività. Esse danno inoltre il proprio contributo alle priorità ambientali e sociali dell'UE attivando le proprie responsabilità su scala più ampia.

La presente comunicazione segna l'inizio di un processo nel più ampio contesto delle priorità di Lisbona e di Göteborg. La Commissione si augura che possa dare inizio ad un ampio dibattito sulle modalità per migliorare il contributo della politica industriale alla competitività dell'industria e per perfezionare l'integrazione tra i vari strumenti delle politiche UE che incidono sulla competitività industriale.

II. LA COMPETITIVITÀ DELL'INDUSTRIA NELL'UE [4]

[4] L'analisi di questa parte è completata da un allegato statistico SEC(2002) 1340 a sé stante, che contiene le tabelle e i grafici a cui il testo fa riferimento.

II.1 L'industria come fonte della ricchezza in Europa

L'Europa ha bisogno di un'industria dinamica e concorrenziale per sostenere ed accrescere la propria prosperità, e realizzare al tempo stesso le sue più generali aspirazioni sociali, ambientali e internazionali.

In anni recenti la struttura produttiva europea ha subito notevoli trasformazioni. La quota del settore dei servizi nella produzione dell'UE è passata dal 52% nel 1970 al 71% nel 2001, mentre nello stesso periodo la quota dell'industria manifatturiera è diminuita dal 30% al 18% [5]. Per effetto di questa "terziarizzazione" i responsabili politici non hanno riservato sufficiente attenzione all'industria manifatturiera, sulla base della diffusa ma erronea convinzione che nell'economia basata sulla conoscenza e nelle società dell'informazione e dei servizi l'industria manifatturiera non svolga più un ruolo essenziale. Questa tendenza statistica registra gli effetti di due forze: in primo luogo l'aumento elevato della produttività nel settore manifatturiero rispetto ai servizi; in secondo luogo il connesso aumento della ricchezza, che ha generato un aumento più che proporzionale della domanda di servizi alla famiglia o alla persona [6]. Parallelamente, grazie agli aumenti di produttività, nel corso del tempo sono diminuiti i prezzi relativi dei prodotti industriali.

[5] Il settore dei servizi comprende: commercio all'ingrosso e al dettaglio; ristoranti e alberghi; trasporto e magazzinaggio; comunicazione; finanziamento; assicurazione; attività immobiliari; servizi alle imprese; servizi pubblici, sociali e personali. L'ultima voce comprende pubblica amministrazione, sanità, istruzione, difesa, nonché " altri servizi pubblici, sociali e personali".

[6] Col crescere dei redditi aumenta più che proporzionalmente la domanda di servizi; in altri termini l'elasticità in relazione al reddito della domanda di servizi è maggiore di uno.

Nel corso del tempo è anche aumentata l'interdipendenza tra il settore dei servizi e quello manifatturiero, come dimostrano i dati input-output. Le statistiche aggregate di contabilità nazionale non consentono di vedere che le imprese manifatturiere hanno esternalizzato funzioni ritenute non essenziali, che in precedenza erano calcolate come parte del settore manifatturiero. La sua accresciuta domande intermedia di servizi ha contribuito all'aumento della produzione di servizi alle imprese, che nel 2000 rappresentavano il 48,3% del PIL UE15 (cfr. grafico 1.3) [7].

[7] Quest'ampia definizione di servizi alle imprese include tutto il settore dei servizi, eccettuati quelli pubblici, sociali e personali.

Questi processi sono collegati all'importanza qualitativa e quantitativa della conoscenza su cui si basano le attività economiche. Conoscenza e capacità economica di trasformarla in applicazioni tecnologiche e commerciali sono alla base degli aumenti di produttività e della corrispondente sfida concorrenziale. Riserve disponibili e tasso di accumulazione del capitale umano svolgono un ruolo essenziale. La crescente complessità della conoscenza ha accresciuto la specializzazione industriale ed è alla base della tendenza all'esternalizzazione, soprattutto di servizi collegati alle TIC e ad alta intensità di conoscenza, che sono fonte di innovazione e differenziazione di prodotto e contribuiscono all'aumento della produttività.

Ma l'intreccio tra servizi e produzione manifatturiera va ben al di là dell'esternalizzazione. Si è sviluppata un'intera gamma di servizi associati o connessi a prodotti, che vengono svolti da società di servizi specializzate, ma dipendono dal settore manifatturiero. Le innovazioni di tale settore hanno aperto la strada a concezioni totalmente nuove di servizi, come ad esempio le telecomunicazioni e le tecnologie dell'informazione. La competitività industriale a sua volta dipende da qualità ed efficacia rispetto ai costi di trasporti e servizi finanziari e alle imprese. Tuttavia in ultima istanza è nel settore manifatturiero che la maggior parte delle nuove applicazioni tecnologiche viene introdotta e si trasforma in valore economico. Dalle scoperte scientifiche basate sulla conoscenza si possono ottenere nuovi prodotti solo se vi è una base industriale solida ed efficiente che li produce.

Considerata l'importanza di questi processi, la presente comunicazione tiene conto dell'interdipendenza tra il settore manifatturiero e quello dei servizi.

II.2 Istantanea dell'industria europea: tendenze, punto di forza e di debolezza

II.2.1. L'industria europea sotto molti aspetti è moderna e competitiva

A fronte dell'accresciuta concorrenza globale molti settori industriali europei hanno compiuto sforzi consistenti per potenziare le proprie infrastrutture produttive ed adottare nuove forme di organizzazione. Mediante investimenti in beni strumentali, ricerca interna o contatti con le strutture scientifiche i settori tessile, della trasformazione alimentare, dei mobili, dell'agricoltura e della pesca, del commercio al dettaglio, della meccanica e della chimica si sono appropriati delle conoscenze più aggiornate. Tutti questi settori, definiti a media o bassa tecnologia, utilizzano attualmente nella propria produzione procedimenti innovativi a base tecnologica.

Questo processo ha provocato un innalzamento delle competenze inerenti alle mansioni lavorative che, più della quota crescente dei settori ad alta tecnologia nella produzione totale, spiega l'aumento della domanda di forza lavoro altamente qualificata. All'orientarsi della domanda industriale verso livelli d'istruzione più elevati - che significa una crescente dipendenza della competitività dell'industria dal livello qualitativo del capitale umano - ha corrisposto un continuo aumento della durata media dell'istruzione della popolazione attiva dell'UE. Tuttavia, a fronte di percentuali rispettivamente dell'87% e del 90% degli Stati Uniti e Giappone, l'UE continua ad essere superata dai suoi principali concorrenti (cfr. grafico 6.1). La spesa pubblica per istruzione e formazione in percentuale del PIL, anche se resta di livello relativamente elevato, è diminuita costantemente dal 5,7% del 1990 al 5% del 2001. Si tratta di una tendenza contraddittoria rispetto agli obiettivi di Lisbona di "un aumento notevole degli investimenti procapite in risorse umane". Lo stesso tasso di investimenti privati in istruzione, formazione permanente e ricerca scientifica è molto più basso di quello dei nostri principali partner commerciali. D'altro canto anche l'efficienza degli investimenti in istruzione e formazione desta preoccupazioni.

Consistenti investimenti in protezione ambientale [8], tecnologie pulite e processi produttivi rispettosi dell'ambiente hanno anche consentito all'industria europea di fare propria la dimensione dello sviluppo sostenibile, interrompendo la relazione tra produzione e emissioni di sostanze inquinanti trasportate dall'aria [9].

[8] La spesa totale per la protezione ambientale è salita al 2% del totale del valore aggiunto industriale

[9] Ad esempio, anche se dal 1985 la produzione industriale è aumentata del 30%, nello stesso periodo le emissioni di anidride carbonica sono diminuite dell'11% e quelle di gas acidificanti di circa il 50% (relazione della Commissione sulla competitività 2002).

In parte come risposta all'importanza crescente del mercato interno e all'introduzione dell'Euro, in parte come riflesso di tendenze mondiali al consolidamento e alla ristrutturazione, nella seconda metà degli anni novanta l'industria UE ha vissuto un'intensa stagione di fusioni e acquisizioni (M&A: Mergers and Acquisitions). Nel periodo successivo al 1995 il settore dei servizi ha registrato un'ondata di attività M&A interne all'UE più intensa che nel resto dell'economia, soprattutto a causa della sua ritardata liberalizzazione dei servizi (rispetto al resto dell'economia), ma anche a causa della riduzione dei vincoli operativi dei monopoli di Stato. Nel 2000 nell'Unione europea l'attività di. M&A ha raggiunto il massimo di 16.750 operazioni, per rallentare successivamente. Poiché aumenta la dispersione degli azionisti, è possibile che l'attività M&A aumenti nuovamente in futuro [10].

[10] Cfr. "Fusioni e acquisizioni" European Economy, supplemento A, n. 12, dicembre 2001.

L'industria europea continua ad essere una forza dominante nel commercio internazionale. La maggior presenza di nuovi partner commerciali sui mercati mondiali ha eroso la quota di esportazioni mondiali dell'UE. La quota UE è passata dal 19,3% nel periodo 1991-95 al 18,4% nel 2002. Nello stesso periodo la quota degli Stati Uniti è scesa dal 15,1% al 12,1% e quella del Giappone dal 12,2% all'8,2% (cfr. tabella 2.1 e grafico 2.3). Inoltre in alcuni settori come gli autoveicoli o gli aeromobili, o in alcune categorie di apparecchi di telecomunicazione le imprese UE sono diventate leader mondiali. La bilancia commerciale relativa ai beni - che ha registrato un attivo tra l'1 e il 2% del PIL in 9 degli ultimi 10 anni - e la tendenza dell'aumento della quota di esportazione di beni nel PIL dell'UE confermano la solida posizione concorrenziale dell'industria europea nel commercio mondiale (cfr. i grafici 2.1 e 2.2).

II.2.2. ...ma la sua produttività cresce lentamente

Nel corso degli anni novanta, anche se alcuni piccoli paesi dell'UE hanno conseguito eccezionali aumenti di produttività, il settore manifatturiero europeo ha avuto una crescita di produttività nettamente inferiore ai livelli USA (cfr. tabella 4.2). Nella seconda metà del decennio si è evidenziato un grave divario, con un tasso UE nel periodo 1996-2000 pari al 3,2%, rispetto al 5,5% degli Stati Uniti. Anche se si può discutere l'accuratezza delle misurazioni della produttività, i dati rispecchiano un'accelerazione del tasso di aumento della produttività del lavoro negli Stati Uniti, particolarmente evidente se confrontata con la situazione della seconda metà degli anni ottanta. Per l'economia UE nel suo complesso il tasso di aumento della produttività è inferiore a quello del settore manifatturiero - a causa dei risultati relativamente modesti del settore dei servizi - e rallenta in modo consistente, scendendo dalla media dell'1,9% della prima metà degli anni novanta a quella dell'1,2% nel periodo 1995-2001. Considerati complessivamente, questi dati denotano un pericoloso deterioramento del potenziale di crescita dell'UE e un rischio evidente per la competitività della sua industria. Le relazioni della Commissione sulla politica di concorrenza del 2001 e del 2002 individuavano nell'insufficiente attività innovativa e nella modesta diffusione delle TIC i principali fattori della lenta crescita della produttività in Europa.

La relazione tra uso delle TIC e aumento della produttività è ora ampiamente riconosciuta. La quota di spesa per TIC dell'UE negli ultimi anni è gradualmente aumentata dal 5,4% del PIL del 1996 al 7,1% del PIL nel 2001, riducendo il divario con i dati degli Stati Uniti, che nel 2001 sono notevolmente peggiorati. La spesa per TIC degli ultimi anni tuttavia deve ancora trasformarsi in aumenti di produttività.

D'altro canto, anche se alcune imprese UE sono all'avanguardia dell'innovazione a livello mondiale, la bassa quota europea in brevetti e R&S rispetto ai principali concorrenti indica che complessivamente in Europa l'innovazione resta troppo debole. Il Quadro di valutazione dell'innovazione in Europa 2001 dimostra che, anche se talvolta i paesi leader dell'UE superano gli Stati Uniti e il Giappone, l'UE nel suo complesso è in ritardo nella maggior parte dei 17 indicatori dell'innovazione. Nel 2000 l'UE investiva nella ricerca solo l'1,9%, rispetto al 2,7% degli USA e al 3% del Giappone, e il divario è ancora maggiore se si considera soltanto la ricerca del settore privato (il settore privato da solo rappresenta l'84% del divario tra UE e USA). Rispecchia efficacemente questa situazione il numero di brevetti europei di alta tecnologia - 28 per milione di abitanti -, particolarmente significativo se confrontato con quello dei paesi europei all'avanguardia dell'innovazione, come Finlandia (138), Svezia (95) e Paesi Bassi (58). Un altro indicatore significativo è il numero di ricercatori [11].

[11] La quota di ricercatori sulla forza lavoro totale è il 5,1 per mille nell'UE, del 7,4 per mille negli USA e dell'8,9 per mille in Giappone. Per il solo settore privato le percentuali sono 2,5 per mille nell'UE, 7,0 per mille negli USA e 6,3 per mille in Giappone.

Questa realtà è alla base della scarsa competitività dell'UE in alcuni dei segmenti economici a maggior valore aggiunto. L'elettronica, nonché le macchine d'ufficio e informatica, sono due notevoli esempi di settori ad alta intensità di conoscenza in cui l'UE deve ottenere risultati migliori. Nel 2000 le quote UE sul totale delle esportazioni OCSE per questi settori erano rispettivamente del 16,4 e del 12,3%, in confronto al 23,7 e al 24% degli Stati Uniti [12]. Varie misurazioni del vantaggio comparativo dimostrano che l'UE tende a specializzarsi in tecnologia medio-alta e in industrie mature ad alta intensità di capitale (cfr. parte 2). Se è essenziale mantenersi forti in questi settori, che costituiscono una quota importante della produzione e dell'occupazione complessive, l'UE deve comunque cercare di rafforzare la propria posizione nelle tecnologie d'incremento - TIC, elettronica, biotecnologie o nanotecnologie - in cui spesso è in ritardo nei confronti dei principali concorrenti. Le industrie più tecnologiche non sono solo fonte di conoscenza e di ricadute tecnologiche su tutta l'economia, ma registrano anche i maggiori incrementi di produttività (cfr. grafico 4.1). Le debolezze dell'industria europea in questi settori, e il loro scarso peso nell'economia, fanno risentire i propri effetti sulla crescita complessiva e sull'andamento della produttività nell'UE. La cadenza relativamente lenta del cambiamento della struttura produttiva europea inoltre ha ostacolato una rapida riassegnazione delle risorse in base a nuove opportunità di mercato [13].

[12] Principali indicatori scientifici e tecnologici OCSE.

[13] Il cambiamento strutturale attiene alla capacità dell'economia di riassegnare rapidamente le risorse sulla base di nuove opportunità, mentre sfrutta i propri punti di forza. La relazione della Commissione sulla politica di concorrenza del 1999 evidenziava una relazione tra rapidità del cambiamento strutturale e crescita della produzione e delle esportazioni.

Da ultimo il debole aumento della produttività in Europa, nonché il tasso d'occupazione relativamente basso, possono anche essere collegati a problemi strutturali che permangono, come la frammentazione di taluni mercati di beni e servizi e - nonostante il progresso registrato nel corso degli anni novanta - i residui ostacoli alla mobilità geografica e le diffuse carenze di qualificazione di molte categorie di lavoratori.

II.2.3 Le PMI, progressivamente integrate in raggruppamenti e reti di produzione, svolgono un ruolo centrale

Le PMI sono la spina dorsale dell'industria europea (cfr. tabella 7.1) [14], in quanto rappresentano circa i due terzi dell'occupazione e il 60% del valore aggiunto complessivo. Esse stimolano la dinamica concorrenziale dell'economia e obbligano le grandi imprese ad essere più efficienti e ad innovare. Molte PMI europee inoltre sono attori mondiali in mercati di nicchia, con esportazioni pari al 13% del fatturato.

[14] Osservatorio delle PMI europee 2002 / n. 2. I dati si basano su una definizione ampia di PMI, che comprende le microimprese.

Anche le nuove modalità organizzative - delle quali spesso si servono le grandi imprese per operare attraverso reti di produzione e subappalto di livello europeo - hanno accresciuto l'importanza delle PMI. Le TIC consentono alle grandi imprese di gestire reti di fornitori molto diffuse che possono comprendere centinaia di PMI. Il rendimento delle grandi imprese dipende in misura crescente dalla competitività dei loro piccoli e medi fornitori che, a loro volta dipendono dalla situazione economica di queste partner maggiori.

I raggruppamenti innovativi, mentre da un lato basano la propria competitività su risorse regionali, d'altro lato sono sempre più coinvolti in reti sovranazionali di conoscenza e produzione. Le imprese così raggruppate - in prevalenza PMI - stanno diventando la parte dinamica del panorama industriale europeo e una fonte di idee innovative. Alcuni raggruppamenti europei, come quelli nel settore delle biotecnologie nelle zone di Monaco e Stoccolma - i cui partecipanti sono spesso imprese generate da Università - o nel settore tessile nell'Italia settentrionale, sono attori di livello mondiale [15].

[15] I raggruppamenti regionali in Europa sono stati analizzati nell'Osservatorio delle PMI europee 2002, n.3

Le reti estese di fornitori hanno intensificato i rapporti tra settori dell'economia non esplicitamente collegati e tra regioni e paesi diversi dell'UE. Ad esempio alcune imprese meccaniche - incluse delle PMI - di paesi senza sbocco dell'Europa centrale dipendono dalla domanda di cantieri navali collocati altrove. Analogamente PMI nel settore dell'abbigliamento fanno affidamento sulla qualità, la disponibilità e i costi di fibre sintetiche prodotte da fabbricanti che utilizzano materie prime create dall'industria chimica.

Un maggior ricorso delle grandi imprese all'esternalizzazione e alla riduzione di dimensioni, anche se provocano problemi temporanei di adattamento, hanno creato nuove opportunità ed incentivi di lavoro autonomo. Tuttavia gli europei che desiderano diventare lavoratori autonomi sono ancora troppo pochi (cfr. grafico 7.3). Sono inoltre relativamente poche le piccole e microimprese europee che raggiungono la dimensione critica necessaria per competere efficacemente con le grandi imprese dominanti già in attività o per accedere ai mercati esteri.

III. CONSEGUENZE DELL'ALLARGAMENTO PER L'INDUSTRIA [16]

[16] L'effetto dell'allargamento sull'industria verrà ulteriormente analizzato in un prossimo documento a cura dei servizi della Commissione.

III.1. Sono già stati realizzati progressi significativi, anche se disuguali

I paesi candidati hanno compiuto sforzi considerevoli per realizzare riforme strutturali, raggiungere un livello elevato di stabilità macroeconomica e d'integrazione economica con l'UE. A livello microeconomico, insieme alla liberalizzazione dei mercati e alle privatizzazioni, si sono realizzate significate ristrutturazioni industriali. Tali paesi hanno anche ammodernato i loro ordinamenti istituzionali, giuridici e amministrativi.

Ciononostante tra gli Stati membri e i paesi candidati permangono tuttora consistenti differenze di struttura dell'industria manifatturiera. Nei paesi candidati l'industria è meno specializzata e più concentrata in settori a bassa tecnologia, come gli alimentari e bevande, i tessili, i prodotti del legno e le industrie metallurgiche di base. Ma la situazione sta mutando. Nei più avanzati di questi paesi la produzione si sta significativamente spostando verso settori più sofisticati. Cresce rapidamente anche la produttività del lavoro, pur restando comunque pari o inferiore al 50% della media UE. Con l'aumento degli investimenti esteri e con i trasferimenti finanziari pubblici sottoforma di aiuto di preadesione, tutti i paesi candidati hanno fruito di rilevanti trasferimenti di conoscenza tecnologica e organizzativa, e hanno acquisito conoscenze a livello istituzionale. Nel 2001 gli afflussi cumulati di investimenti esteri diretti sono stati di un importo variabile dai EUR 521 procapite della Slovacchia ai EUR 2.284 procapite della Repubblica ceca [17]. Questi andamenti rispecchiano una crescente tendenza al recupero e alla graduale convergenza con i processi industriali che prevalgono nell'UE.

[17] Fonte: Eurostat sulla base di dati nazionali. La Romania e la Bulgaria non sono incluse. Mancano i dati di Malta, Cipro e Turchia.

Negli attuali Stati membri l'industria è stata anche molto avvantaggiata dalla prospettiva dell'allargamento, perché ha potuto approfittare dell'accresciuta opportunità di investimenti nei paesi candidati e dell'occasione di attingere a serbatoi di forza-lavoro altamente qualificata a costo relativamente basso. Al tempo stesso la liberalizzazione del commercio dei prodotti industriali nel quadro degli accordi europei e la progressiva attuazione dell' 'acquis' comunitario in numerosi settori hanno consentito all'industria europea di accedere ad un'ampia clientela aggiuntiva (di circa 110 milioni di consumatori, Bulgaria e Romania incluse).

III.2. Alcune aree necessitano ancora di attenzioni specifiche

Anche se nei futuri Stati membri l'industria è di massima in grado di competere in un UE allargata, un'integrazione più completa comporta inevitabilmente difficoltà locali. Saranno necessarie ulteriori ristrutturazioni, soprattutto nel settore dell'acciaio, dove permangono problemi di sovraccapacità. In altri settori tradizionali le grandi aziende che non sono ancora state privatizzate si trovano in difficoltà nell'affrontare l'aumento della concorrenza. Inoltre in alcune aree o settori il costo dell'adeguamento all' 'acquis' comunitario, soprattutto in materia di legislazione ambientale, sul breve periodo può avere conseguenze negative sulla struttura dei costi delle imprese, anche se i periodi transitori dovrebbero servire ad attenuare questo problema e i paesi candidati dovrebbero accedere più facilmente alle tecnologie sostenibili degli attuali Stati membri.

Nei paesi candidati l'imprenditorialità e le PMI si sono sviluppate lentamente, tra l'altro a causa di carenze di conoscenze manageriali, organizzative e tecnologiche, di difficoltà d'accesso agli strumenti finanziari, di sostegno istituzionale inadeguato e di difficoltosa integrazione in reti produttive. In alcuni paesi il contesto economico rende ancora troppo difficile l'esistenza delle piccole imprese. Aiutare soprattutto le PMI ad affrontare le sfide delle esigenze contemporanee in materia di società e ambiente è fondamentale per garantire che anch'esse possano trarre pieno vantaggio da un contesto economico stabile, condiviso e attendibile.

Negli attuali Stati membri le imprese più a rischio sono probabilmente le PMI delle zone di frontiera, soprattutto in settori ad alta intensità di lavoro, eventualmente soggetti alla concorrenza salariale. Tuttavia, eccettuati alcuni settori come il tessile, è dal 1995 che i prodotti industriali dei paesi candidati hanno virtualmente ottenuto libero accesso all'UE, e pertanto molti degli adattamenti previsti sono già stati effettuati. D'altro canto sono sempre le imprese delle zone di frontiera ad avere le migliori occasioni, perché in molti settori dell'industria e dei servizi godono ancora di consistenti vantaggi comparativi nei confronti dei paesi candidati.

III.3. L'allargamento offre nuove opportunità di riorganizzazione concorrenziale

Considerata l'aumentata eterogeneità delle strutture salariali e delle competenze tecnologiche nell'UE allargata, l'industria avrà maggiori opportunità di riorganizzarsi concorrenzialmente. Durante il periodo transitorio vi è stata una tendenza dei paesi candidati a specializzarsi in produzioni a basso costo - come dimostrano i circoscritti trasferimenti di produzione dagli attuali Stati membri ai paesi candidati - grazie alla quale è stato possibile mantenere in Europa attività che altrimenti sarebbero state trasferite fuori dall'Europa.

Molte imprese tuttavia hanno adottato una strategia che va al di là dell'esternalizzazione delle produzioni a basso costo, ristrutturando la propria catena del valore ed integrando imprese dei paesi candidati sulla base di contributi tecnologici e competenze locali. A loro volta i fornitori e le controllate locali che salgono nella catena del valore fruiscono di maggiori ricadute di conoscenza tecnologica, come dimostra il caso dell'industria automobilistica.

Complessivamente per l'industria l'allargamento è già un fatto reale, che ha creato molte nuove opportunità. L'obiettivo dei paesi candidati è sviluppare le competenze, nonché il quadro economico ed istituzionale, per migliorare le possibilità delle imprese locali d'integrarsi con successo nelle reti produttive internazionali. La politica industriale dovrebbe promuovere ed agevolare questi processi, per consentire ai nuovi Stati membri di esprimere tutte le loro potenzialità in materia di convergenza economica. Al tempo stesso gli strumenti della politica industriale devono anche essere applicati in modo da tener conto delle esigenze specifiche dei paesi candidati.

IV. SFIDE ALLA POLITICA INDUSTRIALE IN UN'EUROPA ALLARGATA

IV.1. La sfida della globalizzazione

Nel 1990 la globalizzazione stava solo iniziando a diventare un problema politico, mentre ora viene considerata uno dei principali fattori di trasformazione delle società e dei sistemi economici contemporanei. La Commissione ne ha già analizzato gli effetti sulla competitività, individuando le relative opportunità, sfide e risposte politiche [18].

[18] Cfr. nota 2.

Quasi tutti i paesi del mondo, Cina e Russia comprese, sono diventati attori dell'economia internazionale di mercato. Si aprono pertanto nuovi mercati per i prodotti e servizi dell'UE: come si è precedentemente evidenziato, le imprese UE vendono una quota crescente della propria produzione sui mercati esteri. Aumenta contestualmente la concorrenza sul versante delle importazioni, che può portare al trasferimento di attività produttive in paesi con minori costi dei fattori. Poiché l'Europa non può competere solo sui costi, alla conoscenza spetta un ruolo centrale nell'aiutare l'industria ad adattarsi alle pressioni della globalizzazione in tutti i settori, ad alta tecnologia o meno. In tale contesto favorire l'innovazione e trattenere, sviluppare e/o attrarre capitale umano ad alta qualificazione sono elementi essenziali per consentire all'UE allargata di mantenere entro i propri confini attività ad alto valore aggiunto basate sulla conoscenza. Paradossalmente, in un'economia globalizzata l'ubicazione resta un fattore cruciale per la ricerca e l'innovazione [19]. Resta quindi molto importante rendere l'UE un'ubicazione produttiva sempre più attraente. A questo proposito occorre chiedersi se il costo di fattori produttivi come l'energia non giochi a sfavore della capacità d'attrazione dell'UE. Analogamente, in un'economia sempre più collegata in rete la formazione di raggruppamenti innovati costituisce una priorità fondamentale.

[19] A causa dell'importanza della "conoscenza tacita", che, in contrapposizione all'informazione o "conoscenza codificata", non è formalizzata e può essere trasmessa solo attraverso l'interazione sociale. Questa distinzione è opera di R.Nelson e S.G.Winter (1982), "An evolutionary theory of economic change".

In un mondo più integrato inoltre l'instabilità può propagarsi rapidamente, come ha dimostrato ad esempio in anni recenti il rapido diffondersi di crisi finanziarie tra le economie emergenti. La globalizzazione esige pertanto che la politica industriale sia in grado di rispondere rapidamente agli sviluppi imprevisti.

Anche se la globalizzazione necessita di un'accresciuta convergenza del quadro normativo, le differenze d'impostazione tra l'UE e i suoi concorrenti possono costituire una sfida. La UE di norma cerca di affrontare preventivamente i rischi connessi ai prodotti industriali (in materia di ambiente, sicurezza e salute), ad esempio con mezzi legislativi. Negli Stati Uniti invece tali rischi vengono spesso affrontati con azioni a carattere privato sulla base dei risultati di controversie giuridiche - in sostanza un'impostazione a posteriori. La sfida consiste nel realizzare rapporti di cooperazione tra sistemi basati sul prescrizioni pubbliche e sistemi basati su controversie giuridiche. Anche gli standard e i regolamenti tecnici sono un terreno sul quale è spesso difficile riconciliare le impostazioni diverse.

IV.2 Il cambiamento tecnologico e organizzativo

La globalizzazione è stata accompagnata e rafforzata dal cambiamento tecnologico, soprattutto relativo alle tecnologie e dell'informazione della comunicazione. Le TIC sono una tecnologia di uso generale. Possono servire ad aumentare la produttività di tutti i settori industriali ed influire su progettazione, produzione, distribuzione e commercializzazione della maggior parte dei prodotti e servizi. Hanno anche reso più facili nuove forme di organizzazione, come l'esternalizzazione, e la stretta interrelazione tra industria e servizi evidenziata nell'analisi precedente. Le TIC influiscono sulla crescita ben al di là del settore che le produce.

Aumenti significativi della competitività sono il risultato di una combinazione di TIC, di nuove tecniche manageriali e organizzative e di una forza lavoro qualificata. I cambiamenti tecnologici e organizzativi devono pertanto essere accompagnati da un costante miglioramento delle qualifiche della forza lavoro - incluse quelle relative a mansioni generalmente ritenute a bassa qualifica - e sotto questo aspetto assume importanza la formazione permanente. In effetti tutta l'organizzazione del lavoro deve essere adattata ad una gestione positiva del cambiamento, che comprenda idonei incentivi per la forza-lavoro affinché si adegui alle nuove domande.

Una delle sfide principali per l'Unione europea è garantire la diffusione e l'uso efficiente delle TIC in tutti i settori industriali, compresi quelli ritenuti tradizionali. La strategia di Lisbona tende a migliorare le condizioni di diffusione delle TIC. Per questo è essenziale che le principali questioni affrontate nell'ambito del processo di Lisbona vengano risolte.

Il cambiamento tecnologico non si ferma alle TIC. Stanno emergendo altre tecnologie promettenti, dotate di un forte potenziale di miglioramento della competitività industriale. Si tratta delle biotecnologie, delle nanotecnologie, delle tecnologie energetiche pulite, mentre si sono avuti progressi nel campo dei nuovi materiali. Si manifestano pertanto nuove opportunità di mercato, che potranno essere colte solo se l'industria UE saprà migliorare la propria adattabilità, di modo che le risorse possano essere rapidamente spostate per far fronte ai nuovi sviluppi tecnologici.

IV.3 Ruolo fondamentale dell'innovazione e dell'imprenditorialità

Una caratteristica peculiare delle economie avanzate è il ruolo cruciale dell'imprenditorialità e dell'innovazione come motori fondamentali della crescita.

Imprenditori motivati, pronti ad assumersi rischi, creano nuove imprese che sono una delle principali fonti di occupazione. Soprattutto in periodi di rapido progresso tecnologico, la continua creazione di nuove imprese, e la crescita di quelle già operative, sono fondamentali per adattarsi alle nuove opportunità di mercato e per realizzare innovazione e crescita della produttività.

La competitività e la crescita economica si basano in misura crescente sull'innovazione, cioè sulle progettazione e sullo sfruttamento economico di prodotti e servizi nuovi o perfezionati e sull'ottimizzazione dei processi aziendali. L'innovazione ridefinisce continuamente i mercati e apre nuovi settori di attività economica e sociale, investendo tutti i settori industriali, vecchi e nuovi.

La conoscenza è l'elemento centrale dell'attività innovativa. L'innovazione è in gran parte il risultato di processi complessi e interattivi attraverso i quali le imprese attingono conoscenze complementari da altre organizzazioni e istituzioni. Le innovazioni inoltre spesso si fondano su nuovi metodi manageriali e organizzativi a base di TIC e su investimenti in nuove attrezzature e nuove competenze. Nella creazione di valore economico hanno inoltre acquisito importanza altre forme di innovazione attinenti alla commercializzazione e alle relative tecniche (innovazione di presentazione).

La Commissione ha recentemente sottolineato che l'Europa sta spendendo meno dei suoi principali concorrenti in R&S/PIL [20]. La frammentazione degli impegni in R&S, sistemi di ricerca nazionali chiusi e isolati, insufficienti collegamenti tra l'industria e le strutture della ricerca e disparità degli ordinamenti giuridici e amministrativi esercitano i propri effetti negativi sugli investimenti in R&S e sulla creazione di conoscenza. La produttività degli investimenti europei nella ricerca inoltre è bassa: il sistema di innovazione UE non ha una capacità sufficiente di trasformare la nuova conoscenza in nuovi o perfezionati prodotti, servizi e processi generatori di valore.

[20] Cfr. la comunicazione "Più ricerca per l'Europa - obiettivo: 3% del PIL" (COM (2002) 499 def.).

IV.4. Sostenibilità e nuove domande della società

Il miglioramento dei livelli materiali di vita in Europa è stato accompagnato da crescenti domande di protezione ambientale, di qualità del lavoro, di responsabilità sociale delle imprese, nonché di protezione dei consumatori e della salute pubblica.

Le istituzioni pubbliche devono dare una risposta alle preoccupazioni della società. Per tale motivo il Consiglio europeo di Göteborg nel 2001 ha deciso di fare dello sviluppo sostenibile un obiettivo politico fondamentale. Lo sviluppo sostenibile si fonda su tre pilastri - economico, sociale e ambientale - e costituisce per la politica industriale una sfida a rispondere all'aumento delle domande in materia di società e ambiente. Il ruolo che anche le aziende devono svolgere per trovare risposta a queste domande è al centro del dibattito sulla responsabilità sociale delle imprese.

I confortanti progressi già realizzati nell'interrompere la relazione tra produzione industriale UE e alcune emissioni inquinanti hanno dimostrato che con il sostegno di adeguate combinazioni di politiche l'industria può conseguire sia una maggiore competitività che la protezione dell'ambiente.

Le crescenti domande di sicurezza, salute, protezione sociale e dei consumatori riflettono in parte preoccupazioni relative alle conseguenze ambientali, etiche o sanitarie di alcune delle nuove tecnologie. Esse possono anche rispecchiare il timore che la globalizzazione comporti la perdita dell'identità culturale, l'aumento della concorrenza da parte di paesi a bassi costi o l'indebolimento delle strutture economiche. Riflettono una scelta pubblica legittima relativa all'uso dell'accresciuta prosperità. Quanto alla domanda di responsabilità sociale delle imprese, essa rispecchia l'esigenza di rivedere il modo in cui le imprese vengono dirette, controllate e gestite.

Tali domande della società possono anche creare nuove opportunità economiche. L'attenzione per la protezione dell'ambiente ad esempio ha conferito alle imprese UE un vantaggio competitivo nelle tecnologie ambientali e le ha indotte a sviluppare una produzione sostenibile basata sull'analisi del ciclo di vita. La domanda di miglioramento della qualità della vita ha portato all'apertura di mercati relativi al tempo libero. Anche l'attenzione per le preoccupazioni dei consumatori, soprattutto in materia di qualità e sicurezza del cibo, ha creato nuovi mercati di nicchia. Tuttavia nuove domande possono anche provocare ulteriori costi di opportunità.

Le politiche devono pertanto stabilire un giusto equilibrio, di modo che possono essere raggiunti gli ambiziosi obiettivi di Lisbona e Göteborg. Una robusta crescita economica fornisce le risorse per soddisfare le domande ambientali e sociali, soprattutto allorché l'invecchiamento della popolazione europea genera ulteriori consistenti domande sociali.

Alcuni di questi problemi si possono risolvere adeguatamente solo all'interno di un quadro istituzionale complessivo, che in gran parte esiste per lo scambio di beni. In altri settori, ad esempio in quello della concorrenza, si sono fatti notevoli passi avanti nel rafforzamento della cooperazione internazionale in materia di formulazione e applicazione di norme sostanziali e procedurali. Ma relativamente ai problemi ambientali e sociali nel quadro complessivo permangono serie lacune. Il governo globale spesso è privo di efficaci poteri coattivi o è indebolito dalla mancata partecipazione di attori di primo piano. Passi avanti su questo versante eviterebbero alle imprese UE di essere sottoposte a costi o altri vincoli da cui sono esenti i loro principali concorrenti, e al tempo stesso contribuirebbero al raggiungimento di obiettivi politici fondamentali dell'UE e consentirebbero all'industria di competere e al tempo stesso di assolvere gli obblighi politici e sociali inerenti al mercato europeo.

V. LA VIA DA PERCORRERE

La politica industriale continuerà a fare affidamento su vari fattori di sostegno della competitività e della crescita. Oltre ai tradizionali punti di forza, come un contesto macroeconomico stabile, occorre sottolineare l'importanza fondamentale di innovazione, conoscenza, imprenditorialità e sostenibilità.

Su queste basi il presente capitolo riesamina l'impostazione della politica industriale dell'Unione europea.

V.1 Fattori trasversali a sostegno della competitività e della crescita

L'Europa dispone di vari punti di forza che sostengono lo sviluppo concorrenziale e la crescita delle imprese. Essi includono più specificamente:

- un contesto politico e macroeconomico stabile e ordinamenti giuridici certi, che consentono alle imprese di programmare meglio il futuro, d'investire e di crescere;

- un mercato unico;

- un livello elevato di coesione sociale e una forza-lavoro ben formata, molto istruita ed adattabile, che, pur richiedendo un costante aggiornamento, soprattutto attraverso la formazione permanente e la riqualificazione, è una componente centrale dell'economia della conoscenza;

- una pratica consolidata di dialogo a tutti i livelli tra le parti sociali, che ha come obiettivo la modernizzazione, tenendo conto degli interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori;

- servizi di interesse generale che contribuiscono alla competitività delle industrie utenti fornendo servizi di qualità certa, garantendo al tempo stesso prestazioni universali a prezzi competitivi. Il Libro verde sui servizi d'interesse generale che verrà presentato nei primi mesi del 2003 favorirà il dibattito su come migliorare la loro capacità di rispondere alle esigenze delle imprese in termini di infrastrutture, istruzione o formazione;

- industrie a rete molto sviluppate nei settori dell'energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. È comunque necessario un consistente rafforzamento delle infrastrutture [21], soprattutto nei nuovi Stati membri.

[21] Sotto questo aspetto sono fondamentali priorità l'accresciuta disponibilità di infrastrutture di telecomunicazione a banda larga e lo sviluppo di reti transeuropee.

Anche se occorre insistere nel prestare attenzione al costante mantenimento e miglioramento di questi fattori fondamentali, è già comunque presente una solida base.

Conformemente alla strategia di Lisbona, una maggiore attenzione politica va anche riservata ai fattori diretti di crescita e produttività dell'industria europea. Insieme a questa diffusione pervasiva delle TIC, recentemente l'OCSE e la Commissione [22] hanno sottolineato il ruolo centrale dell'innovazione e dell'imprenditorialità come motori della crescita e della produttività. Anche lo sviluppo sostenibile sta sempre più diventando un motori di crescita e di produttività per l'economia UE. La politica industriale deve impegnarsi particolarmente nel coltivare questi punti di forza.

[22] Cfr. in particolare "OECD Growth project, 2001" o le relazioni sulla competitività della Commissione.

V.1.1 Promuovere l'innovazione, la conoscenza e la ricerca

L'UE dovrebbe impegnarsi particolarmente a migliorare la propria prassi innovativa affrontando alcuni fattori critici d'innovazione tuttora non sufficientemente sviluppati.

Dopo che il Consiglio europeo di Barcellona ha fissato l'obiettivo di aumentare gli investimenti in R&S dell'UE allo scopo di raggiungere il 3% del PIL entro il 2010, in una recente comunicazione [23] la Commissione ha sottolineato l'esigenza di istituire condizioni quadro più capaci di attrarre gli investimenti privati in R&S e di garantire un uso migliore dei finanziamenti pubblici alla ricerca industriale. La Commissione ha anche varato lo Spazio europeo della ricerca (ERA: European Research Area), iniziativa volta a superare la frammentazione delle attività di ricerca in Europa [24].

[23] Comunicazione "Più ricerca per l'Europa - obiettivo: 3% del PIL" (COM (2002) 499 def.).

[24] Comunicazione "Lo spazio europeo della ricerca" (COM (2002) 565 def.).

La politica di R&S è uno strumento essenziale per incrementare il potenziale di crescita dell'UE. La conoscenza e l'innovazione costituiscono la base su cui possono svilupparsi industrie ad alto valore aggiunto, come le TIC, le biotecnologie e le nanotecnologie. Analogamente la politica industriale e la politica di R&S devono creare le condizioni idonee a stimolare l'innovazione, conformemente al piano d'azione sulla R&S che sarà presentato al Consiglio europeo di primavera.

Le piattaforme tecnologiche vanno tenute presenti come mezzo per preparare i mercati alla cooperazione tra le parti in causa e per elaborare un piano strategico a lungo termine di R&S per tecnologie specifiche che comportino cambiamenti rilevanti a livello di economia o di società, come l'introduzione dell'idrogeno come nuova fonte d'energia. Le piattaforme dovrebbero garantire la sinergia tra autorità pubbliche, utenti, legislatori, industria, consumatori e poli d'eccellenza, considerati come luoghi di stretto collegamento tra ricerca di base e trasferimento tecnologico. Vi è un'esigenza di coerenza tra la ricerca, che può creare una nuova opportunità, e il quadro giuridico a valle entro il quale tali tecnologie vengono sviluppate e commercializzate.

Gli investimenti in beni immateriali e in capitale umano inoltre andrebbero incentivati a utilizzare nel modo più efficiente la conoscenza disponibile e a massimizzarne la diffusione. A questo scopo può anche contribuire una maggiore consapevolezza delle esigenze dei settori di servizi ad alta intensità di conoscenza [25]. Un'altra priorità fondamentale infine consiste nell'incoraggiare ed agevolare l'emergere di raggruppamenti innovativi e reti [26]. A questo proposito la Commissione ha già riconosciuto l'utilità di riorientare la spesa pubblica verso l'accumulazione di capitale umano, la ricerca e lo sviluppo, conformemente alle prescrizioni della strategia di Lisbona [27].

[25] L'OCSE (innovazione e produttività nei servizi, 2001), ha definito il ruolo dei servizi ad alta intensità di conoscenza nell'innovazione e nella crescita.

[26] Le attuali ricerche sottolineano l'importanza di collegare i vari attori dei sistemi innovativi, inclusi quelli nuovi come gli imprenditori di ricerca, gli incubatori, i centri d'innovazione, etc.

[27] Comunicazione "Le finanze pubbliche nell'UEM - 2002" (COM (2002) 209 def.).

Tutte le politiche che definiscono il quadro normativo per le imprese (concorrenza, diritti di proprietà intellettuale), gli incentivi fiscali (agevolazioni fiscali per le spese orientate all'innovazione) e le possibilità di finanziamento (ricerca, servizi finanziari, politica regionale) possono essere mobilitate per favorire l'innovazione. Le sinergie tra questi ambiti delle politiche vanno rafforzati per massimizzare il loro contributo ad un'innovazione che favorisce la crescita. Il ruolo centrale dell'innovazione nell'economia basata sulla conoscenza richiede che l'UE e gli Stati membri agiscano con determinazione. In una prossima comunicazione la Commissione esaminerà le basi della politica europea dell'innovazione e definirà una strategia d'innovazione.

Sotto questo aspetto le industrie della difesa svolgono un ruolo particolare. Tra le loro caratteristiche specifiche vi sono un dinamismo che dipende dagli ordinativi dello Stato e un grado elevato di ricerca e innovazione. Gli investimenti in queste industrie producono ricadute innovative su tutta l'economia, come dimostra l'esempio degli USA. È fondamentale che l'UE rifletta sulle proprie industrie di difesa, dopo i risultati ottenuti in settori come gli aeromobili o i satelliti.

V.1.2 L'imprenditorialità

Il contesto economico dovrebbe favorire la creazione, la crescita e lo sviluppo di PMI e l'attività imprenditoriale in generale. L'accesso limitato alla finanza nelle fasi iniziali e intermedie nel ciclo di vita, l'assenza di qualificazioni, il peso della normativa e di un carico fiscale relativamente più elevato contribuiscono a limitare la crescita delle PMI (cfr. grafico 7.1). La loro attività innovativa potrebbe essere ulteriormente potenziata da una migliore cooperazione e interazione attraverso gli Stati membri, nonché da un migliore accesso ai programmi di ricerca, che consentissero alle nuove imprese di attingere conoscenze complementari e di sviluppare le competenze necessarie alla creazione di nuovi prodotti e servizi. Lo spirito imprenditoriale infine andrebbe ulteriormente promosso nei programmi di istruzione e formazione, ad iniziare dalla scuola.

L'imprenditorialità è un obiettivo trasversale, che analogamente alla politica dell'innovazione, richiede un impegno concertato tra diversi ambiti delle politiche, come l'istruzione, il mercato interno, i servizi finanziari, la formazione o la politica fiscale. Promuovere un ambiente favorevole all'impresa per avviare e sviluppare nuove aziende fa parte della strategia di Lisbona ed è stato un tema della Carta europea delle piccole imprese (adottata dal Consiglio europeo di Feira nel 2000). A questo proposito il prossimo Libro verde sull'imprenditorialità rilancerà il dibattito su come realizzare un'Europa più imprenditiva.

V.1.3. Promuovere una struttura sostenibile della produzione industriale

L'esigenza dell'industria europea di darsi una struttura più sostenibile sta diventando un motore di crescita e produttività, come dimostrano le conclusioni del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Johannesburg. Le imprese lungimiranti - anche PMI - possono realizzare profitti e "valore sostenibile" con la progettazione e innovazione per creare prodotti più rispettosi dell'ambiente e nuovi mercati sempre più richiesti da legislatori e consumatori.

L'UE deve sviluppare e ulteriormente rafforzare la sua politica della produzione sostenibile per realizzare gli impegni del vertice di Johannesburg concernenti modelli sostenibili di produzione e di consumo. Tale rafforzamento deve basarsi sulle iniziative in corso, con le quali deve essere coerente. Deve svilupparsi in stretta consultazione con l'industria e le altre parti in causa, per garantire che si impegnino a fondo e incoraggino le azioni volontarie. Degli elementi fondamentali di tale rafforzamento possono far parte:

- l'incoraggiamento di una più diffusa adozione delle migliori pratiche per accrescere l'efficienza ecologica nell'impiego delle risorse ed aumentare l'uso delle fonti rinnovabili;

- la promozione di un'industria del riciclaggio commercialmente valida e l'adozione delle migliori pratiche;

- l'attuazione di un'impostazione "ciclo di vita" per una politica integrata relativa ai prodotti, mediante accordi volontari, standard e dichiarazioni di tipo ambientale relativi ai prodotti;

- l'incoraggiamento dello sviluppo e della diffusione di tecnologie pulite, eliminando gli ostacoli alla loro adozione, e l'incoraggiamento all'interazione pubblico-privato nella R&S;

- l'estensione dell'uso di programmi di gestione ambientale, tenendo conto delle specifiche caratteristiche delle PMI, e ulteriore promozione della responsabilità delle imprese.

Promuovere una struttura sostenibile della produzione industriale inoltre comporta anche sviluppare la capacità di promuovere, dominare e anticipare il cambiamento nell'organizzazione del lavoro.

V.2. Riesame dell'impostazione della politica industriale dell'UE

Questa parte sottolinea innanzitutto l'importanza delle condizioni quadro che costituiscono il contesto in cui le imprese si sviluppano. Successivamente analizza gli strumenti disponibili per valutare l'incidenza di tali condizioni sulla competitività e per individuare possibili ulteriori miglioramenti. Nel quadro della strategia di Lisbona vengono quindi esplorate le modalità per creare un ciclo virtuoso tra le varie politiche che contribuiscono alla competitività industriale e di conseguenza per realizzare uno sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Si presta anche particolare attenzione alle esigenze politiche dei nuovi Stati membri e alla necessità di promuovere la capacità di governo globale. Da ultimo si valuta la rilevanza della politica industriale rispetto a tematiche e caratteristiche specifiche dei singoli settori produttivi.

V.2.1. L'importanza fondamentale delle condizioni quadro

Le imprese europee competono in un'economia sempre più globale, ma le condizioni economiche vigenti nel mercato interno sono fattori determinanti della loro competitività, crescita e capacità di occupazione. Molti aspetti del quadro in cui le imprese operano nel mercato interno dipendono da istituzioni e strutture pubbliche, semipubbliche o anche private. Il rendimento delle imprese è fortemente influenzato dai servizi quadro che questi soggetti forniscono e dall'efficienza del sistema che essi costituiscono, nel quale le imprese risultano incluse. Individuare le disfunzioni di sistema è stato ritenuto un mezzo per accrescere notevolmente l'efficienza della politica industriale [28]. L'UE dovrebbe sviluppare una simile impostazione sistemica, rispondendo nella misura del possibile alle esigenze riconosciute dell'industria..

[28] Le disfunzioni di sistema possono assumere molte forme, ad esempio deboli collegamenti tra ricerca industriale e strutture scientifiche, insufficienti incentivi a commercializzare e diffondere i risultati della ricerca pubblica, difficile accesso delle PMI alle nuove tecnologie o carenza di finanziamenti in alcune fasi specifiche del ciclo di vita di un'impresa.

Si possono distinguere quattro categorie principali di condizioni quadro, che sono rilevanti dal punto di vista della politica industriale:

- Norme [29] che fissano il quadro generale di mercato (come il diritto societario, i principi generali della legislazione contrattuale [30], le norme sulla concorrenza e il mercato interno, le norme sociali, i diritti di proprietà intellettuale, le normative fiscali e del lavoro, le norme sugli investimenti, le norme sul commercio internazionale e la politica dei consumatori);

[29] Le norme di cui si tratta possono derivare da fonti legislative o regolamentari, ma anche da fonti alternative, come accordi contrattuali tra parti in causa, ad esempio parti sociali o produttori e consumatori.

[30] La consultazione avviata dalla comunicazione del 2001 sul diritto contrattuale europeo (COM (2001) 398 def.) rivela che esistono numerosi ostacoli e disincentivi ai contratti transfrontalieri, che aumentano i costi di transazione e quindi danneggiano la competitività delle imprese, particolarmente delle PMI. Per risolvere questi problemi la Commissione intende proporre misure nel quadro di un piano d'azione che verrà presentato nel 2003.

- Norme che riguardano direttamente specifiche categorie di prodotti e servizi (norme sull'immissione dei prodotti in commercio, relative a temi come la sicurezza, l'interoperabilità, la standardizzazione, o provvedimenti commerciali relativi a determinati prodotti, come le tariffe doganali o le misure antidumping); i regolamenti per specifici settori possono anche influire sulla competitività di altri settori, ad esempio se incidono sul prezzo o la disponibilità di fattori di produzione fondamentali.

- Istituzioni che consentono al mercato di funzionare, che possono essere pubbliche (tribunali, registri delle imprese, autorità garanti della concorrenza o uffici brevetti), semipubbliche o anche private (enti di trasferimento tecnologico, di standardizzazione e di valutazione della conformità).

- Condizioni più generali, il cui effetto diretto è in genere più difficile da valutare, su cui spesso è difficile influire su breve periodo - come il quadro macroeconomico, i valori sociali che influiscono sull'imprenditorialità o la stabilità politica del paese.

Dopo l'adozione della comunicazione della Commissione sulla politica industriale del 1990, l'industria europea ha tratto vantaggio da vari successi significativi delle politiche che hanno migliorato le condizioni quadro. In primo luogo l'Unione monetaria è diventata una realtà ed in molti settori è stato istituito il mercato interno, al cui seguito sono intervenute le riforme strutturali necessarie a creare nuove opportunità economiche, ad aumentare la produttività e ad allargare le dimensioni del mercato per le imprese che vendono o acquistano beni e servizi. L'introduzione della moneta unica rafforza la trasparenza, riduce i costi di transazione e moltiplica il potenziale economico del mercato interno.

Notevoli progressi sono anche stati compiuti in materia di liberalizzazione di settori come le telecomunicazioni, l'energia e i trasporti, che hanno migliorato la situazione concorrenziale delle industrie utenti. Occorre insistere ed approfondire questi aspetti, in particolare per rafforzare la competitività dei soggetti utenti, mantenendo al tempo stesso la funzionalità del servizio universale.

In alcuni campi tuttavia continuano gli insuccessi. In taluni settori gli ostacoli giuridici e tecnici agli scambi e al diritto di stabilimento impediscono il buon funzionamento del mercato interno. Il contesto finanziario delle imprese, in particolare delle PMI, potrebbe trarre notevole vantaggi da mercati finanziari più stabili, più liquidi, più efficienti e integrati. Nel mercato interno dei servizi si assiste ad una profonda divergenza tra l'idea di un'economia europea integrata e le reali condizioni in cui operano i fornitori e gli utenti di servizi [31]. La competitività è indebolita anche dagli insuccessi nella protezione della proprietà intellettuale. Il brevetto comunitario costituirebbe un chiaro vantaggio per la competitività dell'industria europea, per l'innovazione e la ricerca. Ma gli Stati membri continuano a privilegiare gli interessi nazionali acquisiti ed un anno dopo la scadenza di Lisbona del dicembre 2001 i passi avanti sono stati pochi. Le differenze tra le imposte indirette possono provocare distorsioni nel commercio interno e frammentare il mercato dei beni e servizi. Le complicazioni dovute a 15 sistemi nazionali di imposta sulle società creano ostacoli alle attività transfrontaliere e alla fruizione dei vantaggi del mercato interno. Anche i lenti passi avanti in numerosi campi, come gli appalti pubblici, sono in contrasto con l'obiettivo di Lisbona. Un'attuazione disuguale degli impegni riduce i vantaggi dell'integrazione economica.

[31] Cfr. la relazione della Commissione sullo stato del mercato interno dei servizi, COM (2002) 441, 30 luglio 2002.

Recenti fallimenti di società hanno provocato consistenti distruzioni di ricchezza e sfiducia dell'opinione pubblica nella correttezza del mercato. È opinione diffusa che una valida normativa per l'amministrazione societaria costituisca un prerequisito fondamentale dello sviluppo efficiente e sostenibile di imprese competitive. Una corretta definizione dei ruoli e delle responsabilità dei diversi organi dell'impresa consente di valutare e sfruttare nel modo migliore le opportunità economiche che si presentano, che a loro volta favoriscono la crescita, l'innovazione e l'occupazione. Una protezione adeguata dell'interesse pubblico, che non scoraggi l'assunzione di rischi e la fiducia nelle opinioni economiche collaudati, rafforza la confidenza nei mercati finanziari, che a sua volta si traduce in maggiore facilità d'accesso a finanziamenti convenienti. Un'impostazione equilibrata in materia di amministrazione societaria infine promuove una maggiore attenzione per i problemi delle parti in causa e per la responsabilità sociale delle imprese. Con la crescente globalizzazione dell'economia le azioni a livello nazionale potrebbero non bastare. Tenendo conto delle recenti raccomandazioni pubblicate dal Gruppo di alto di livello di esperti in diritto societario [32], la Commissione intende presentare un piano d'azione sul diritto societario (compresa l'amministrazione delle società) nell'ambito di una comunicazione che dovrebbe essere pubblicata nel primo trimestre del 2003.

[32] Il Gruppo di alto livello di esperti in diritto societario, istituito dalla Commissione nel settembre 2001 con il compito di elaborare raccomandazioni per un quadro europeo di diritto societario moderno, ha presentato le proprie raccomandazioni nella relazione finale del 4 novembre 2002. Tale relazione contiene un importante capitolo sull'amministrazione delle società e presenta raccomandazioni particolareggiate sui seguenti temi: divulgazione delle strutture e delle pratiche di amministrazione delle società, rafforzamento dei diritti degli azionisti, ruolo dei direttori (indipendenti) con funzioni di consulenza o supervisione, qualità delle informazioni fornite dalla società e affidabilità e correttezza dei controlli esterni, coordinamento degli interventi degli Stati membri nel campo dell'amministrazione societaria.

Parecchie di queste importanti condizioni quadro sono definite direttamente a livello di UE, ove, nonostante i successi, esistono ancora notevoli spazi per ulteriori interventi, soprattutto relativi al quadro normativo. In altri campi sono gli Stati membri (o i loro organi costitutivi) che svolgono un ruolo fondamentale nello stabilire le condizioni quadro. È il caso ad esempio delle imposte dirette e della legislazione sociale. Anche in ambiti che rientrano nella competenza dell'UE il mancato recepimento delle norme o le differenze nell'applicarle a livello nazionale o locale possono talvolta influire negativamente sulle condizioni quadro. Occorre continuare ad indagare sulle possibilità dell'UE di migliorare le condizioni quadro nonostante la suddetta peculiare situazione istituzionale.

V.2.2. Un'impostazione più sistematica dell'UE per migliorare le condizioni quadro

Il tema degli strumenti della politica industriale è strettamente legato a quello del suo obiettivo principale, cioè il miglioramento del contesto in cui operano le imprese. Sotto questo aspetto la politica industriale non può essere distinta dalla politica delle imprese definita nel documento di lavoro della Commissione "Verso l'impresa Europa. Programma di lavoro per la politica a favore delle imprese 2000-2005" [33].. Tale documento definisce la politica delle imprese come una politica che "deve tener conto della totalità dell'ambiente delle imprese per permettere loro di crescere e svilupparsi indipendentemente da dimensioni, forma giuridica, settore o località. Nell'impresa Europa chiunque ha una buona idea commerciale dovrebbe essere in grado di realizzarla, avvalendosi delle tecnologie migliori e raggiungendo il mercato più idoneo nel modo migliore". La politica industriale può pertanto essere definita come l'applicazione degli strumenti della politica delle imprese al settore industriale.

[33] SEC (2000) 771.

Per migliorare le condizioni quadro in cui operano le imprese l'UE ha elaborato varie impostazioni, impegnandosi soprattutto in due direzioni.

A livello di UE si è impegnata a elaborare nuove impostazioni in materia di normativa, volte a renderla meno onerosa per le imprese. A questo proposito gli elementi più importanti sono i seguenti:

- La nuova impostazione di politica relativa ai prodotti che limita la normativa alle prescrizioni essenziali in materia di sicurezza dei prodotti o di interoperabilità. I fabbricanti sono liberi di scegliere le soluzioni tecnologiche che assicurino il rispetto delle prescrizioni essenziali. Vengono così favorite l'innovazione, la concorrenza e la responsabilità del fabbricante. Un ruolo fondamentale spetta agli standard armonizzati volontari, in quanto costituiscono il modo più conveniente di rispettare le prescrizioni essenziali;

- L'impostazione globale di valutazione della conformità, collegata alla nuova impostazione, volta per quanto possibile a consentire ai fabbricanti la scelta tra procedure alternative di valutazione della conformità, incluse in molti casi l'autodichiarazione di conformità alle prescrizioni essenziali. Si tratta di un'impostazione meno prescrittiva, che ha il vantaggio di accrescere il senso di responsabilità dei fabbricanti;

- Incentivi agli enti di standardizzazione affinché continuino a definire standard europei, nonché nuovi prodotti di standardizzazione che possano essere predisposti molto rapidamente. Si tratta di un processo essenziale in settori in cui il progresso tecnico è molto rapido, perché garantisce che le norme rispecchino lo stato delle conoscenze tecnologiche.

Più in generale, nel giugno 2002 la Commissione ha varato l'ampio piano d'azione "semplificare e migliorare la regolamentazione" [34], in conformità dell'invito del Consiglio europeo di Lisbona . Tale piano d'azione fissa una serie di misure generali per migliorare la preparazione dell'azione dell'UE (valutazione dell'impatto delle iniziative legislative e politiche per misurare i probabili effetti delle opzioni politiche sulle varie categorie di parti in causa, compresa l'industria, principi e standard minimi per la consultazione pubblica), per semplificare e ridurre il volume dell'acquis comunitario [35], per agevolare la scelta di strumenti adeguati ed efficienti, inclusi i cosiddetti strumenti alternativi come la coregolamentazione e l'autoregolamentazione, e per migliorare l'osservanza delle norme UE. Una parte consistente delle misure proposte è attualmente oggetto di negoziati per la conclusione di un accordo interistituzionale per "migliorare la normativa" prima della fine del 2002, conformemente all'invito del Consiglio europeo di Siviglia.

[34] COM(2002) 278

[35] Il piano d'azione conferma l'obiettivo della Commissione di ridurre il volume dell'acquis comunitario di almeno il 25% entro la fine del-2004 e annuncia l'iniziativa della Commissione di un programma di semplificazione fondato sull'esperienza dell'esercizio SLIM (Simpler Legislation for the Internal Market: legislazione più semplice per il mercato interno), volto a snellire la legislazione sul mercato interno.

Su questa base, entro i limiti del Trattato e rispettando le prerogative del Parlamento europeo e del Consiglio, l'UE dovrebbe sviluppare ed utilizzare ulteriormente la sua esperienza di miglioramento della normativa in vari campi tuttora regolati da direttive dettagliate, che potrebbero essere oggetto di semplificazione legislativa.

Il piano di azione renderà tra l'altro più semplice prendere in considerazione, se del caso, le alternative alla legislazione e alla regolamentazione tradizionali. In un quadro da concordare con le altre istituzioni la Commissione potrebbe ad esempio promuovere la coregolamentazione e l'autoregolamentazione, sulla base di accordi tra le parti in causa [36] o di impegni volontari (come i codici di condotta) da parte dei fabbricanti e dei fornitori di servizi. Tali strumenti volontari potrebbero essere promossi, soprattutto nei settori a rapido progresso tecnico. L'impostazione europea in materia di standardizzazione potrebbe inoltre essere ulteriormente utilizzata in settori come quello dei servizi.

[36] Nel campo delle relazioni industriali si trovano esempi di tali accordi nel quadro del dialogo sociale. Le proposte della Commissione nel contesto del Libro verde sulla tutela dei consumatori e della successiva comunicazione seguono una linea simile di innovazione normativa.

Un altro elemento fondamentale per garantire che la legislazione non costituisca un onere inutile per le imprese è l'attendibilità, che presenta due aspetti. In primo luogo le imprese necessitano di un periodo di tempo adeguato per conformarsi alle nuove norme, di modo che i costi di adattamento dei loro prodotti e processi non siano insostenibili. In secondo luogo occorrono norme stabili che non siano modificate troppo spesso, specialmente se le modifiche comportano costi di adattamento [37] significativi.

[37] L'uso delle impostazioni volontarie combinato con un adeguato livello di normativa statale è parte di un'impostazione che mira sia al raggiungimento di un livello elevato di protezione degli interessi legittimi, come la protezione dei consumatori, che all'aumento della trasparenza e dell'affidabilità del contesto normativo per le imprese.

Anche nei campi che sono soprattutto di competenza degli Stati membri, l'UE ha sviluppato nuove impostazioni volte a misurare e comparare l'effetto sulla competitività delle singole condizioni quadro e a promuovere i relativi miglioramenti. A seguito del Consiglio europeo di Lisbona questa impostazione è stata definita metodo aperto di coordinamento. Esso ha consentito all'UE di svolgere un ruolo positivo nel favorire miglioramenti della concorrenza in questi campi. A questo proposito gli strumenti che possono essere utilizzati sono:

- analisi approfondite della situazione, accompagnate da misurazioni adeguate, relative a singole condizioni quadro ritenute particolarmente rilevanti. Si tratta di quadri di valutazione, come il quadro di riferimento della politica delle imprese e il quadro di valutazione dell'innovazione, nonché di relazioni sulla concorrenza o di indicatori compositi sulla società della conoscenza nei campi collegati alla R&S e al capitale umano;

- confronti tra i risultati dei singoli Stati membri (e di paesi terzi selezionati) per svolgere attività benchmarking e relativi sviluppi;

- individuazione, scambio e applicazione delle pratiche migliori;

- maggiori utilizzazioni in futuro di obiettivi quantitativi [38]. Tali obiettivi, che devono essere fissati dagli Stati membri, se accompagnati da pertinenti misurazioni possono essere utilizzati come parametri per verificare i miglioramenti di competitività.

[38] Cfr. la comunicazione della Commissione "Un ambiente migliore per le imprese" (COM (2002) 610 def.).

Tali impostazioni sono già state applicate in riferimento a vari fattori critici della competitività, soprattutto dal punto di vista delle PMI, ad esempio le procedure di avviamento, l'accesso ai finanziamenti, i servizi a sostegno delle imprese, gli incubatori di imprese, la trasmissione di imprese, l'innovazione, la ricerca & sviluppo o le risorse umane. Questi strumenti politici tuttavia sono ancora in fase sperimentale e l'UE potrebbe utilizzare molto più ampiamente tale metodologia, per trattare una vasta gamma di fattori significativi della competitività. In molti casi un uso più esteso di questi strumenti comporta anche una maggiore disponibilità di dati statistici attendibili ed idonei.

V.2.3. Migliorare l'integrazione delle politiche UE che incidono sulla competitività industriale

Poiché la competitività dipende da un'ampia gamma di condizioni e di fattori, tutte le politiche che incidono su tali fattori influenzano anche la competitività. L'UE quindi dovrebbe sfruttarne pienamente la capacità di migliorare la competitività. La politica industriale inoltre deve tendere ad anticipare e ad agevolare gli adattamenti dei sistemi produttivi, assicurando la possibilità di gestirne le conseguenze.

L'articolo 157 del trattato CE prevede che "la Comunità contribuisce alla realizzazione degli obiettivi [della politica industriale] attraverso politiche ed azioni da essa attuate ai sensi delle altre disposizioni del presente Trattato", oltre a misure specifiche volte a sostenere le azioni compiute a livello di Stati membri.

È pertanto essenziale garantire un'adeguata integrazione tra tutte le politiche dell'UE che possono contribuire al raggiungimento di tali obiettivi. Tale aspetto è diventato tanto più importante nel contesto della strategia della sostenibilità, in quanto occorre trovare un corretto equilibrio tra le tre dimensioni, economica, sociale ed ambientale.

L'integrazione con la politica industriale di numerose politiche ha già fatto molti progressi:

* Tra i principali obiettivi della politica commerciale vi è una maggiore apertura del sistema commerciale mondiale e, più specificamente, l'apertura dei mercati protetti di paesi terzi ai fabbricanti e ai fornitori di servizi dell'UE. Allo stesso tempo mettere a disposizione dei fabbricanti UE fattori di produzione stranieri meno costosi, ed esporli ad un'accresciuta concorrenza da parte di paesi terzi, costituisce per loro sia uno stimolo che un obbligo a migliorare la propria competitività.

* Anche le politiche attinenti al mercato unico hanno un effetto altamente positivo sulla competitività, come si è visto in precedenza, soprattutto perché favoriscono la liberalizzazione dei mercati e l'armonizzazione delle norme, anche se il progresso non è stato uniforme e in numerosi campi occorre ancore migliorare.

* Lo stesso vale di norma per le politiche strettamente collegate dell'energia e dei trasporti.

* La politica di R&S, rafforzando la base di conoscenza e concentrandosi sulle tecnologie di incremento fondamentali, fornisce anch'essa un contributo essenziale alla competitività dell'industria UE. Essa potrebbe essere ulteriormente attivata per fornire un sostegno specifico a progetti di interesse europeo - come Galileo - beneficiando da parte sua delle specifiche norme di concorrenza in vigore per la ricerca in collaborazione.

* Anche la politica di concorrenza rafforza la competitività industriale. Mediante il proprio quadro normativo essa incentiva le aziende a rafforzare la propria efficienza, garantendone una migliore sopravvivenza nei rispettivi mercati. Inoltre prepara le imprese UE alle sfide dei mercati dei paesi terzi. In tale contesto va presa in considerazione la crescente globalizzazione di molti mercati. Sia la politica di concorrenza che la politica industriale - di propria natura e nelle applicazioni pratiche - hanno proprie peculiarità che il processo decisionale deve bilanciare [39].

[39] La comunicazione della Commissione "Produttività; la chiave per la competitività delle economie e delle imprese europee", COM(2002) 262, (in particolare il capitolo sette) individua vari argomenti di lavoro stimolanti.

* Come in passato, il potenziale costituito dalla politica regionale deve essere pienamente sfruttato a sostegno del processo di ristrutturazione che investirà inevitabilmente numerosi settori per effetto delle variazioni della domanda e dell'aumento della concorrenza globale. Tale politica avrà anche un ruolo fondamentale nel sostenere gli sforzi che i futuri Stati membri dovranno compiere per ridurre il divario di competitività e per alleviare le relative conseguenze sociali.

* La coerenza tra la politica macroeconomica e le politiche strutturali è garantita dagli indirizzi di massima per le politiche economiche.

Altri settori delle politiche, che spesso corrispondono a nuove domande della società, rispecchiano sfide più recenti. La loro interfaccia con la politica industriale pertanto è suscettibile di ulteriori miglioramenti. Occorre che a tale livello si prenda pienamente atto della strategia UE della sostenibilità, che comporta che vengano contemporaneamente perseguiti obiettivi relativi ai tre pilastri - economico, sociale e ambientale. Se a prima vista gli obiettivi delle politiche relativi ai tre pilastri sembrano difficili da conciliare, l'obiettivo della sostenibilità di fatto costituisce un gioco a somma positiva, purché vengano rispettate alcune condizioni. In primo luogo bisogna tenere pienamente conto delle interazioni dinamiche tra le politiche. In secondo luogo occorre un "controllo della realtà" per verificare che un pilastro della sostenibilità non si sviluppi a spese degli altri. In altri termini ci vuole una costante sorveglianza per garantire che le tre dimensioni progrediscano simultaneamente e con modalità che favoriscano la competitività.

* Le politiche sociali e dell'occupazione, inclusa la politica della formazione professionale, hanno un ruolo fondamentale nel garantire che la promozione della competitività si inserisca in un'attuazione equilibrata della strategia di Lisbona. Partecipando al costante innalzamento delle qualifiche dei lavoratori e quindi al miglioramento della qualità del lavoro, tali politiche contribuiscono al soddisfacimento della domanda sul mercato del lavoro e forniscono un apporto fondamentale all'economia basata sulla conoscenza. Inoltre esse facilitano l'accettazione delle inevitabili ristrutturazioni industriali, attenuandone gli effetti sociali negativi. Investimenti di capitale umano di individui, imprese e pubbliche amministrazioni sono essenziali per la gestione del cambiamento e per conciliare la flessibilità con nuove forme di sicurezza per i lavoratori.

* Le politiche di protezione dei consumatori e di sanità pubblica sono una precondizione essenziale della fiducia dei consumatori, che a sua volta sta alla base di una domanda stabile e crescente. Tali politiche naturalmente possono comportare prescrizioni giuridiche rigorose, ma possono anche creare opportunità di crescita, in quanto forniscono alle imprese un quadro attendibile. Possono inoltre svolgere un ruolo importante nel favorire l'accettazione pubblica di talune tecnologie o tecniche commerciali nel contesto di mercati di consumo sempre più esigenti.

* La protezione ambientale può anche comportare la restrizione o il divieto d'uso di taluni fattori di produzione o tecnologie, con eventuali aumenti dei costi di produzione sul breve periodo. A lungo termine tuttavia aiuta le imprese UE ad acquisire un vantaggio competitivo a livello globale e genera nuovi mercati per i prodotti e le tecnologie pulite.

* La crescente domanda di responsabilità sociale delle imprese, se da un lato costituisce una sfida tanto per le imprese che per i responsabili politici, dall'altro può dare un contributo positivo alla competitività delle imprese europee rafforzando il consenso per il modello sociale ed economico europeo.

In tutti questi casi uno degli aspetti essenziali è che i mezzi utilizzati per raggiungere questi legittimi obiettivi garantiscano la maggiore efficacia possibile in rapporto ai costi e che l'industria mantenga la propria competitività e sia in grado di contribuire attivamente all'ulteriore perseguimento delle aspirazioni della società.

Spetta quindi all'UE assicurare che si realizzi il giusto equilibrio tra i provvedimenti attinenti alle varie politiche. Lo stesso compito spetta agli Stati membri nei rispettivi ambiti di competenza. Ai segnali di combinazioni squilibrate di politiche dovrebbero rispondere adeguate azioni correttive.

Non esistono soluzioni miracolose per trovare il corretto equilibrio nelle singole fattispecie. L'UE tuttavia ha iniziato a predisporre una gamma di strumenti utilizzabili secondo le caratteristiche della situazione, che vengono trattati nel quadro del piano d'azione "migliorare la normativa" (cfr. il precedente punto V.2.2.). Occorre inoltre tener presenti le seguenti considerazioni:

- La combinazione di strumenti politici adeguati può contribuire a conciliare gli obiettivi di politiche che sembrano incongruenti. Ad esempio l'impostazione favorevole alle imprese della normativa UE relativa ai prodotti dà anche reali garanzie ai consumatori e agli utenti grazie ad efficaci meccanismi di sorveglianza del mercato, previsti dalla direttiva modificata relativa alla sicurezza generale dei prodotti.

- Nuove impostazioni in materia di normativa, e il rafforzamento dei controlli e dell'applicazione della medesima, possono contribuire ad assicurare omogeneità di condizioni.

Sulla base di questi elementi l'UE continuerà a perfezionare la propria metodologia.

Infine una politica pubblica ancor più recente, la giustizia e affari interni, dovrebbe esercitare un effetto positivo sulla competitività e l'imprenditorialità. Nel quadro di una politica comune dell'immigrazione la Commissione ha formulato proposte che intendo affrontare la carenza di forza-lavoro qualificata agevolando la mobilità dei cittadini di paesi terzi residenti da lungo tempo e l'ammissione di cittadini di paesi terzi per motivi di lavoro subordinato ed autonomo.

V.2.4. Rispondere alle esigenze specifiche dell'industria dei paesi candidati

L'allargamento offre all'industria nuove opportunità e occasioni di incrementi di competitività. Le esperienze già acquisite nel migliorare le condizioni quadro per l'attività delle imprese possono contribuire a sviluppare queste tendenze nei paesi candidati. Strumenti analitici e di benchmarking possono segnalare i miglioramenti nel campo dell'infrastruttura, delle qualifiche e delle istituzioni locali.

Taluni strumenti di politica industriale possono essere adattati per rispondere efficacemente a specifiche esigenze dei paesi candidati. In essi azioni politiche volte a creare un ambiente favorevole all'imprenditorialità, ad elevare le qualifiche e a sviluppare le PMI potrebbero essere condotte con particolare intensità. Nell'aprile 2002 i paesi candidati hanno sottoscritto i principi della Carta europea delle piccole imprese come base per l'azione politica in questo campo. I loro progressi sono stati attentamente seguiti dalla Commissione [40]. L'attuale equilibrio tra i pilastri della strategia di sviluppo sostenibile deve anche garantire che in ogni fase il progresso verso gli obiettivi sociali, ambientali ed economici avvenga in modo simultaneo. Altri campi che possono richiedere particolare attenzione includono il sostegno alla crescita dei servizi alle imprese, la promozione della cultura della collaborazione tra imprese e il rafforzamento dello sviluppo di raggruppamenti innovativi. Anche il finanziamento dei fondi strutturali dovrebbe contribuire alla realizzazione delle priorità della politica industriale.

[40] Relazione sulle misure dei paesi candidati volte a promuovere l'imprenditorialità e la competitività. Documento di lavoro della Commissione, SEC(2001) 2054.

Da ultimo la Commissione ha già posto in atto varie azioni di assistenza ai casi particolari in cui il processo di ristrutturazione è ancora in corso, soprattutto nel settore dell'acciaio. Inoltre, come sottolineato nel documento di strategia sui progressi dei paesi candidati verso l'adesione [41], fino alla data dell'adesione la Commissione continuerà a sorvegliare attentamente il loro rispetto degli impegni assunti.

[41] "Verso l'Unione allargata: documento di strategia e relazione della Commissione europea sui progressi fatti da ciascuno dei paesi candidati verso l'adesione", COM (2002) 700 def.

V.2.5. Impegno per migliorare la capacità di governo globale

L'efficacia delle politiche UE in materia di competitività dipende in parte dal successo nel migliorare la capacità di governo globale. Sotto questo aspetto consistenti progressi sono stati realizzati in alcuni settori, come la politica della concorrenza [42]. In altri campi, come la protezione dell'ambiente, la sicurezza dei consumatori e gli standard sociali e del lavoro, occorre un ulteriore impegno per definire principi globalmente accettati. Successi di questi tipo consentirebbero all'UE di affrontare meglio a livello globale problemi che richiedono soluzioni globali, elevando gli standard su scala mondiale e al tempo stesso verificando che i costi inerenti alla soluzione globale dei problemi non vengano sostenuti in misura sproporzionata dalle imprese europee.

[42] Oltre ad istituire meccanismi bilaterali di cooperazione con paesi terzi in materia di concorrenza, l'UE ha ad esempio partecipato attivamente alla creazione delle rete internazionale della concorrenza, un'organizzazione orientata ai progetti e basata sul consenso di più di 70 autorità garanti della concorrenza.

Pur continuando a perseguire attivamente queste legittime finalità delle politiche pubbliche, la politica UE dovrebbe avere il chiaro obiettivo di costituire quadri internazionali che garantiscano che gli impegni vengano assunti su basi più ampie. I negoziati attualmente in corso nel quadro dell'agenda di sviluppo di Doha (Doha Development Agenda: DDA) consentiranno all'UE di contribuire in modo significativo a tale dibattito.

Altri strumenti politici possono essere attivati a questo scopo. I colloqui tra i legislatori dell'UE e le loro controparti in paesi terzi possono svolgere un ruolo utile per progredire verso una maggiore omogeneità di condizioni a livello globale, mentre i dialoghi a cui partecipano i rappresentanti degli attori economici [43] possono esercitare pressioni sui responsabili delle decisioni affinché garantiscano al commercio e agli investimenti un contesto più semplice e più trasparente.

[43] Gli esempi più importanti di tali dialoghi sono il Trans-Atlantic Business Dialogue (TABD), la tavola rotonda Business Dialogue tra UE e Giappone, la tavola rotonda UE-Russia degli industriali e il Mercosur-EU Business Forum (MEBF).

Inoltre, come si è visto in precedenza, l'UE ha ottenuto consistenti successi in vari campi, come la riuscita elaborazione di impostazioni favorevoli alle imprese della normativa sui prodotti, o il miglioramento della normativa in generale, o i tentativi pionieristici di conciliare la competitività industriale e la protezione dell'ambiente. L'Unione europea dovrebbe continuare a promuovere questi risultati a livello internazionale, come proprio contributo al miglioramento della capacità di governo globale.

Più specificamente l'UE dovrebbe rinnovare il proprio sostegno ad iniziative suscettibili di estendere le sue impostazioni normative - oltre all'UE allargata e allo spazio economico europeo (SEE) - ai paesi terzi più vicini. A questo proposito la prevista istituzione di una zona di libero scambio euromediterranea entro il 2010, gli accordi di stabilizzazione e di associazione con i paesi dei Balcani occidentali e le relazioni sempre più strette con la Russia e gli altri paesi dell'est europeo potrebbero costituire delle interessanti opportunità.

V.2.6. La valenza settoriale del ripensamento dell'impostazione

La politica industriale continuerà a seguire un'impostazione orizzontale, come avviene ad esempio nel caso delle azioni politiche volte a favorire l'imprenditorialità o l'innovazione, che avvantaggiano tutte le imprese. Ha un obiettivo orizzontale anche l'azione politica volta a garantire la libera circolazione dei prodotti industriali. La sua applicazione tuttavia dipende da caratteristiche settoriali. Per esempio i prodotti dell'industria farmaceutica o automobilistica sono oggetto di normative particolareggiate, a causa delle loro caratteristiche intrinseche o del loro uso. Una politica orizzontale pertanto viene applicata in modo diverso, a seconda del settore. Analogamente le misure di sostegno, ad esempio in materia di ricerca e sviluppo, seguono priorità tematiche. Di conseguenza la politica industriale associa necessariamente una base orizzontale ad un'applicazione settoriale.

Analisi approfondite e controlli regolari della situazione concorrenziale dei singoli settori dovrebbero consentire alla Commissione di valutare l'adeguatezza delle combinazioni di politiche. La consultazione con le parti in causa può svolgere un ruolo importante in tale valutazione e nella successiva decisione sulla più adeguata combinazione di politiche da adottare. Come in passato, se del caso la Commissione può definire la linea che intende seguire in documenti politici.

Nell'allegato alla presente comunicazione si esaminano vari settori industriali con caratteristiche diverse e sottoposti a sfide diverse. Tali settori vanno considerati come semplici esempi, che sono stati scelti in quanto trattano un'ampia gamma di situazioni diverse. Servono per spiegare come valutare se la combinazione di fattori e di azioni politiche che influenzano la competitività di ciascun settore sia valida o debba essere corretta, conformemente al ripensamento complessivo dell'impostazione della politica industriale, sulla base di una breve analisi dei punti di forza e di debolezza del settore.

Che l'applicazione delle politiche debba tener conto delle caratteristiche specifiche dei settori non significa che la politica industriale deve essere frammentata. Occorre al contrario una visione globale, che garantisca che l'applicazione della politica industriale in un determinato settore sia coerente con gli interessi di altri settori.

Inoltre le impostazioni sperimentate in un determinato settore possono arricchire la dotazione di strumenti della politica industriale ed essere utilizzate in via sperimentale in altri settori con esigenze analoghe. Le nuove impostazioni messe a punto dalla Commissione europea per ottenere la partecipazione delle parti in causa all'analisi e alla definizione delle politiche costituiscono degli ottimi esempi. Numerose iniziative tendenti ad evidenziare le sfide della competitività nei singoli settori e le possibili risposte politiche hanno ottenuto successo. Ne fanno parte la revisione della legislazione farmaceutica e il gruppo di alto livello G10 Farmaci [44] nel settore farmaceutico, la relazione STAR 21 [45] nel settore aerospaziale - a seguito dell'iniziativa ACARE [46] - o il piano d'azione sulle scienze della vita e la biotecnologia [47]. Sono modelli di come la politica industriale dell'UE possa rispondere nel modo migliore alle esigenze delle imprese.

[44] Il "Gruppo ad alto livello per l'innovazione e l'approvvigionamento dei farmaci", noto anche come 'G10'.

[45] Strategic Aerospace Review for the 21st century: riesame strategico aerospaziale per il 21° secolo.

[46] Advisory Council for Aeronautics Research in Europe: consiglio consultivo per la ricerca aeronautica in Europa.

[47] Incluso nella comunicazione della Commissione «Le scienze della vita e la biotecnologia - una stragegia per l'Europa» (COM (2002) 27 def.)

VI. CONCLUSIONI

La politica industriale dell'Unione europea può dare un contributo fondamentale ai tre compiti qui elencati:

* Il primo consiste nel fissare i confini entro i quali l'industria e gli imprenditori possono perseguire le proprie aspirazioni. Ad esso spetta stabilire un quadro giuridico attendibile che possa essere adattato in risposta alle esigenze politiche. Se rispettano questi obblighi, l'industria e gli imprenditori devono essere certi che la società europea considera legittime le loro attività. Sia la Commissione che gli Stati membri devono avere un ruolo attivo perché eventuali errori nella corretta definizione di questo quadro possono andare contro gli interessi pubblici o comportare spreco di risorse industriali e frustrazione dell'iniziativa imprenditoriale.

* Il secondo consiste nel garantire all'industria le condizioni per svilupparsi e realizzare il proprio potenziale concorrenziale. L'atteggiamento della società europea verso la fonte della propria ricchezza non può essere passivo. La disponibilità di tecnologia, le qualifiche, una forza lavoro istruita, un atteggiamento positivo verso chi assume rischi, i finanziamenti e altre condizioni che formano un contesto economico realmente competitivo e innovativo devono essere oggetto di un interessamento attivo da parte dei responsabili delle decisioni.

* Il terzo consiste nel garantire l'esistenza e il funzionamento efficiente, nel senso più ampio, dei quadri giuridici, delle istituzioni e degli strumenti necessari affinché il contesto economico e l'industria siano in grado di operare conformemente ai propri obblighi pubblici.

Anche se questa impostazione è per propria natura orizzontale, deve essere applicata in modo adeguato alle caratteristiche specifiche dei singoli settori.

Il Consiglio europeo di Lisbona e le sfide della sostenibilità sono obiettivi ambiziosi, che possono essere raggiunti solo con la piena mobilitazione della politica industriale dell'UE. Gli strumenti politici disponibili sono numerosi e la volontà di contribuire delle parti interessate è generale. Tuttavia il successo - ed in ultima istanza posti di lavoro più numerosi e qualitativamente migliori - si otterrà solo con sforzi accuratamente mirati.

Nei prossimi mesi pertanto la Commissione intende verificare le modalità delle connessioni interfacciali tra le sue politiche più importanti e la competitività dell'industria UE. Questo processo consentirà alla politica industriale di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di altre politiche

Il presente dibattito non deve restare confinato all'interno della Commissione. Tutte le istituzioni dell'UE, gli Stati membri e i paesi candidati devono raccogliere a loro volta la sfida. Migliorare la politica industriale dell'UE, assicurarsi che stimoli e sostenga la competitività industriale dell'UE, è un impegno di tutti. A questo proposito la Commissione invita tutte le parti interessate a presentare osservazioni sui temi sollevati dalla presente comunicazione.

Il Consiglio "competitività" recentemente istituito avrà un ruolo fondamentale nel portare avanti il processo avviato dalla presente comunicazione. Esso offre una sede per fissare il percorso del contributo che la politica industriale può dare all'obbiettivo di Lisbona, e per controllarne i progressi. Può altresì garantire la coerenza tra le politiche a livello di Comunità e di Stati membri e migliorarne le interazioni. Esso occupa la posizione ideale per verificare la situazione della competitività sia in generale che a livello di singoli settori.

Il processo è nella fase iniziale. La Commissione ritornerà su questi temi per trarne ulteriori conclusioni alla luce dei progressi compiuti ed eventualmente per proporre nuove iniziative.

ALLEGATO:

Verifica delle combinazioni di politica industriale: alcuni esempi di settore

1. Il settore acciaio

L'UE è il secondo produttore mondiale di acciaio, dopo la Cina, ma è il primo per qualità di produzione. L'UE produce circa il 20% dell'acciaio mondiale, con un fatturato di EUR70 miliardi di euro e una forza lavoro di 250.000 addetti. Al di là del suo peso economico, questo settore è uno dei principali fornitori dei settori manifatturieri più importanti e probabilmente più attivi a livello internazionale, come l'edilizia, gli autoveicoli, i macchinari e le attrezzature e la fabbricazione di prodotti in metallo. Una caratteristica del settore è la coesistenza di imprese assai grandi (negli ultimi anni le numerose fusioni hanno creato nell'UE un numero ridotto di imprese protagoniste a livello globale) e di produttori specializzati più piccoli. Il settore è integrato: i primi 5 produttori rappresentano più del 60% della produzione totale dell'UE, ed uno di essi è il più grande produttore mondiale di acciaio. La concentrazione delle imprese siderurgiche non è dovuta soltanto all'esigenza di trarre vantaggio dalle sinergie e dalle riduzioni dei costi conseguenti agli incrementi di efficienza, ma anche alla necessità di raggiungere la massa critica finanziaria per poter investire nelle tecnologie innovative indispensabili, ma molto costose. Anche se viene considerato un settore tradizionale, esso si è notevolmente modernizzato per adattarsi ad un contesto concorrenziale in trasformazione.

Il settore siderurgico dell'UE è uno dei più concorrenziali al mondo, grazie ai 20 anni di ristrutturazioni che ha affrontato. Durante questo periodo l'industria siderurgica dell'UE ha eliminato 50 milioni di tonnellate di capacità eccedente ed ha ridotto la propria forza lavoro da 900.000 a 250.000 addetti.

Per mantenere un vantaggio concorrenziale a livello tecnologico, l'industria UE dipende in larga misura dalla sua capacità di innovare, che a sua volta richiede una consistente attività di ricerca. La chiave del successo inoltre consiste nel concentrarsi progressivamente sulla produzione di acciai di qualità, fabbricati a misura delle specifiche esigenze della clientela. La capacità di competere sul terreno della qualità è ritenuta essenziale, perché l'industria siderurgica dell'UE, con una ridotta flessibilità di costi, deve continuare ad affrontare concorrenti che in materia di costi sono comparativamente avvantaggiati e/o sono soggetti a normative meno rigorose (nel campo degli aiuti di Stato e dell'ambiente). La redditività del settore siderurgico continuerà a risentire della volatilità dei prezzi dovuta alle rapide fluttuazioni della domanda, associate a strutture d'offerta rigide e/o a riallineamenti valutari.

L'UE ha sostenuto gli sforzi di ristrutturazione dell'industria siderurgica per mezzo del quadro specifico del trattato CECA, il quale prevede che gli aiuti di Stato siano ammessi solo contestualmente a riduzioni di capacità, a misure di accompagnamento per attenuare gli effetti sociali delle ristrutturazioni e a finanziamenti alla ricerca e sviluppo (in particolare ricerca applicata e finanziamenti a progetti pilota/dimostrativi). Il trattato CECA è ora giunto a scadenza, ma il contributo dell'UE alla modernizzazione del settore continuerà nel quadro del trattato CE. L'attuale combinazione di politiche, che prevede più specificamente un consistente contributo da parte delle politiche di R&S e di formazione, sembra quindi essere adeguata alle esigenze del settore, anche se sono necessari ulteriori sforzi per mantenere la competitività.

Con l'allargamento l'UE dovrà affrontare problemi di capacità non sostenibili e di bassa produttività in alcuni dei nuovi Stati membri dell'UE e dovrà insistere negli attuali sforzi di ristrutturazione anche dopo l'adesione. L'esperienza acquisita dall'UE nel sostenere i precedenti adattamenti negli attuali Stati membri - che ha comportato l'uso coordinato delle politiche regionali e di concorrenza, di R&S e di formazione professionale - può servire come fonte d'ispirazione a questo proposito. Anche il conformarsi all'acquis comunitario, in particolare ai regolamenti UE in materia ambientale, rappresenterà una sfida importante per il settore siderurgico dei nuovi Stati membri. Il sostegno mirato dell'UE potrebbe rivelarsi utile sotto entrambi gli aspetti.

La competitività internazionale dei produttori siderurgici UE inoltre è minacciata da misure protezionistiche di paesi terzi, nonché da problemi di fornitura di fattori di produzione fondamentali, in particolare rottami di ferro, soggetti a restrizioni d'esportazione in alcuni paesi terzi. Occorre una continua mobilitazione degli strumenti della politica commerciale al fine di rimuovere tali ostacoli.

La politica industriale deve garantire il buon coordinamento di tutti questi strumenti, in modo da ottenerne il massimo effetto, tenendo al tempo stesso in considerazione l'esigenza di un equilibrio tra i tre pilastri della sostenibilità.

2. L'industria chimica

L'industria chimica dell'UE è piuttosto eterogenea. La dimensione delle imprese varia notevolmente e le PMI coesistono con imprese di livello mondiale. La chimica ha un ruolo primario nell'UE, poiché figura tra i primi tre settori in 11 dei 15 Stati membri. Svolge anche un ruolo fondamentale in qualità di fornitore di un'ampia gamma di industrie utilizzatrici a valle, che spaziano dall'agricoltura ai tessili e agli autoveicoli

Il settore si trova in una posizione concorrenziale complessivamente favorevole [48]. Negli anni novanta il valore aggiunto del settore è cresciuto di circa il 3,2% l'anno, in confronto all'1,9% del settore manifatturiero in generale. L'industria chimica produce il 16,2% del valore aggiunto del settore manifatturiero dell'UE. Un aumento consistente della produttività della forza lavoro, pari al 3,4% l'anno a partire dal 1996, ha ampiamente contribuito al raggiungimento dell'attuale posizione concorrenziale. Con un avanzo commerciale di EUR50 miliardi inoltre - il secondo tra i settori manifatturieri - esso è anche uno delle principali fonti di reddito di tutta l'Unione europea.

[48] Fonte: Eurostat, Imprese europee: Fatti e cifre 1990 - 2000

La concorrenza sui prezzi tuttavia - dovuta a materie prime a basso costo in Medio oriente e all'aggressività competitiva della Cina in prodotti a basso costo/basso margine - è destinata a diventare più intensa, rafforzando la tendenza già in atto alla "mercificazione" dei prodotti chimici. Per restare all'avanguardia in questa battaglia e mantenere la propria posizione competitiva, l'industria deve aumentare la spesa in ricerca e innovazione. I margini di profitto però sono più bassi che negli Stati Uniti e rendono più difficile finanziare investimenti e ricerca. La carenza di competenze inoltre si fa ampiamente sentire. Infine prescrizioni ambientali e di salute pubblica sempre più rigorose pongono sfide specifiche alle imprese del settore, soprattutto alle PMI. L'insieme di questi fattori potrebbe provocare un deterioramento della competitività complessiva dell'industria chimica europea. Per non correre rischi pertanto l'UE deve rafforzare la propria sorveglianza.

L'UE ha istituito un mercato interno dei prodotti chimici che rappresenta uno dei principali stimoli alla competitività del settore. Le preoccupazioni dell'opinione pubblica e dei politici relative alla protezione della salute umana e dell'ambiente dal rischio potenziale costituito dalle circa 30.000 sostanze chimiche commercializzate in quantità superiori alla tonnellata all'anno (99% del mercato chimico) hanno generato l'esigenza di una profonda revisione di questa politica. La sfida consiste nel conseguire un livello adeguato di protezione per tutte le sostanze chimiche, garantendo al tempo stesso un funzionamento efficiente del mercato interno e stimolando l'innovazione e la competitività. Per rispondere a queste sfide la Commissione ha proposto una strategia [49]. Il pacchetto legislativo della Commissione si propone di realizzare le proposte strategiche in modo efficace rispetto ai costi [50], assicurando al tempo stesso il livello elevato di protezione della salute e dell'ambiente richiesto dai cittadini dell'UE. Per preservare la competitività del settore tuttavia il pacchetto deve essere attentamente applicato e gestito.

[49] Libro bianco - Strategia per una politica futura in materi di sostanze chimiche (COM(2001) 88)

[50] Il costo diretto totale per l'industria della valutazione dei rischi conforme alle proposte viene valutato tra 1,4 e 7 miliardi di Euro, con 3,6 miliardi come valore più probabile.

Costituiscono una sfida ulteriore il progresso dell'industria chimica nei nuovi Stati membri e il recepimento dell'acquis comunitario, che in vari settori avrà un costo elevato.

Se l'industria chimica dell'UE deve essere messa in grado di affrontare con successo le sfide concorrenziali incombenti, occorre un'impostazione anticipatrice che vada oltre gli aspetti normativi. Contestualmente ad un'attenta verifica degli andamenti del settore chimico, tale impostazione dovrebbe comprendere un'ampia gamma di provvedimenti:

- come in altri settori, l'innovazione è un fattore decisivo, ed un'impostazione integrata permetterebbe di mobilitare le pertinenti politiche comunitarie - in particolare R&S e risorse umane - per soddisfare le necessità dell'industria chimica;

- come grande utilizzatore di energia, più di altri settori l'industria chimica trarrebbe vantaggio da un'ulteriore liberalizzazione del mercato dell'energia, che aumenterebbe la concorrenza e abbasserebbe i prezzi;

- quanto alla legislazione, i responsabili delle politiche devono trovare il giusto equilibrio tra oneri a breve termine sull'industria da un lato e miglioramenti a lungo termine dell'ambiente e della sanità pubblica nonché incentivi all'innovazione dall'altro, tenendo conto dei costi di opportunità in termini di investimenti alternativi non effettuati e delle loro conseguenze sulla competitività dell'industria;

- il settore chimico trarrebbe indubbi vantaggi dalla definizione di norme mondiali di protezioni dell'ambiente, ove possibile;

- da ultimo gli strumenti della politica commerciale sono indispensabili per assicurare nuove opportunità alle imprese dell'UE sui mercati dei paesi terzi. Sotto questo profilo potrebbe offrire un contributo positivo la realizzazione di una zona di libero scambio tra UE e Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG), nonché l'estensione ad altri partner commerciali dell'accordo sull'armonizzazione delle tariffe doganali sui prodotti chimici (Chemical Tariffs Harmonisation Agreement: CTHA) o su lungo periodo un'eliminazione completa delle tariffe doganali sui prodotti chimici.

Una combinazione bene equilibrata di questi strumenti politici potrebbe contribuire a preservare la competitività del settore chimico, consentendo al tempo stesso reali passi avanti verso la realizzazione degli obiettivi ambientali e sociali della strategia di sviluppo sostenibile dell'UE.

3. L'industria aerospaziale

L'industria della difesa e aerospaziale è caratterizzata da strutture specifiche: il mercato dei grandi aeromobili civili è dominato da due imprese di livello mondiale, mentre quello dei beni di difesa vede gli Stati come unici acquirenti. Tradizionalmente il settore è stato caratterizzato da un forte intervento statale - compresi i casi di totale proprietà dello Stato, anche se in vari Stati membri si afferma un processo di privatizzazione - e dal sostegno pubblico alle attività di ricerca e sviluppo. Si tratta di un settore ad alta intensità di ricerca e né gli aeromobili civili, né i beni di difesa, sottostanno alle normali regole del commercio mondiale.

Anche se l'Europa ha favorito l'emergere di un'impresa di livello mondiale nel settore dei grandi aeromobili civili e ha compiuto incursioni significative in altri settori (elicotteri, satelliti e dispositivi di lancio), la competitività dell'industria è minacciata per effetto di una combinazione di fattori:

- Insufficiente consolidamento dell'industria a livello europeo: nonostante gli sforzi per superare la compartimentazione geografica dei mercati, il processo di consolidamento su scala europea è ancora incompleto;

- impegni frammentati e scoordinati in materia di R&S;

- mercato interno incompleto: per quanto attiene ai mercati dei beni di difesa, continua a prevalere la frammentazione per effetto di prescrizioni nazionali incompatibili e il piano d'azione proposto dalla Commissione nel 1997 nell'ambito della sua comunicazione "Attuazione della strategia dell'Unione in materia di industria connessa con la difesa" [51] non ha avuto alcun seguito concreto, soprattutto a causa dell'assenza di impegno da parte degli Stati membri, che si sono anche mostrati riluttanti nell'adottare un'impostazione comune in materia di appalti pubblici nel settore della difesa.. Nel settore civile al contrario le decisioni adottate dal Parlamento e dal Consiglio di istituire un'Agenzia europea per la sicurezza aerea (European Aviation Safety Agency: EASA), di creare una normativa comune relativa alle emissioni sonore degli aerei e alla sicurezza e di spianare la via alla creazione di un Cielo unico in Europa, costituiscono un'occasione per l'industria spaziale europea di operare in un contesto tecnico più armonizzato, che controbilanci gli effetti delle divergenti norme nazionali in vigore;

[51] COM (97) 583 def.

- diminuzione generale della domanda: dalla fine della guerra fredda le industrie della difesa hanno dovuto far fronte alla contrazione dei mercati, mentre i fabbricanti di aeromobili civili subiscono ancora le conseguenze della crisi delle linee aeree dovuta agli eventi dell'11 settembre 2001 [52]. La situazione strutturale dell'industria aeronautica dipende dalla sua capacità di fondersi e consolidarsi a livello europeo [53].

[52] La vivacità dell'industria eurospaziale europea quindi dipende in ampia misura dalla situazione economica dei vettori.

[53] Le recenti sentenze della Corte di giustizia, che riconoscono la competenza esclusiva della Comunità europea nei campi disciplinati da norme comunitarie interne dovrebbe agevolare l'adozione del quadro normativo pertinente.

Per effetto combinato di queste difficoltà i fabbricanti europei hanno perso terreno e stentano a mantenere i livelli di investimenti e di innovazione necessari per rimanere competitivi. Il settore si trova pertanto in una situazione concorrenziale critica, e per invertire la tendenza occorre un'azione rapida e determinata.

La combinazione di politiche adottata per l'industria aerospaziale e di difesa a livello europeo di norma non è andata al di là del finanziamento delle attività di R&S. Non è un intervento sufficiente ad affrontare con successo le sfide della competitività. La Commissione ha istituito un gruppo consultivo composto da dirigenti dell'industria e da membri della Commissione e di altri istituzioni dell'UE. L'iniziativa, nota come STAR 21 [54], ha portato all'elaborazione di una relazione che, sulla base di un'analisi della situazione, ha formulato varie raccomandazioni di intervento politico volto soprattutto a migliorare la competitività.

[54] Strategic Aerospace Review for the 21st century: Revisione strategica del settore aerospaziale per il 21° secolo.

Le raccomandazioni riguardano la ricerca e lo sviluppo, le risorse umane e la mobilità dei ricercatori, l'armonizzazione delle prescrizioni militari per facilitare l'instaurazione di un mercato unico, una politica spaziale ambiziosa (in particolare con il programma Galileo), la promozione di un governo dell'aviazione civile a livello europeo e la definizione di un'efficace politica europea di difesa.

Gli strumenti di una politica industriale più ambiziosa in questo settore potrebbero essere creati sulla base di un impegno chiaro. Per migliorare la competitività di queste industrie fondamentali è pertanto necessario tale chiaro impegno di tutte le parti interessate, e soprattutto degli Stati membri.

4. Le biotecnologie

Quello delle biotecnologie è un settore molto innovativo, altamente dipendente da conoscenze e risorse specialistiche, che esercita una crescente influenza sulla competitività di settori a valle, come il farmaceutico, il fitosanitario o l'agroalimentare. Anche se le grandi imprese sono importanti, il ruolo innovativo delle PMI e i loro rapporti con le Università e i centri di ricerca (di cui sono sovente emanazioni) spiegano alcune delle caratteristiche essenziali di questa industria, in particolare i raggruppamenti e la concentrazione geografica.

Anche se alcune imprese europee sono di livello mondiale, nel complesso la capacità innovativa nel settore europeo delle biotecnologie resta ben al di sotto di quella degli Stati Uniti e il divario non sembra diminuire. La proporzione di brevetti rilasciati dagli uffici brevetti americani ed europei ad imprese rispettivamente degli USA e dell'UE è di circa 3 a 1 e 3 a 2. Le imprese biotecnologiche degli Stati Uniti inoltre crescono più rapidamente ed hanno in programmazione molti più prodotti di quelle europee [55].

[55] Questi problemi sono anche affrontati nella relazione della Commissione sulla politica di concorrenza del 2001. Le proporzioni dei brevetti per USPTO sono riferite al 2000 e per UEB al 1997.

Questi risultati sono in larga misura dovuti ai problemi che incontrano le PMI in questo campo, come i lunghi periodi di sperimentazione, le rigorose procedure di autorizzazione e la carenza di finanziamenti, che spesso comportano per le PMI impegnate in nuovi prodotti e processi l'incapacità di commercializzarli. Per tali motivi, invece di realizzare una rapida crescita interna, esse devono concedere in licenza i propri brevetti a grandi imprese o subirne l'acquisizione. Inoltre problemi etici, ambientali e di protezione dei consumatori hanno reso difficile fissare un quadro legislativo funzionale e comunemente accettato. Diventa pertanto difficile anche per le imprese creare prodotti e processi che possano essere immessi in commercio a condizioni attendibili, con conseguente danno della competitività delle industrie a valle, in primo luogo e soprattutto quelle farmaceutiche.

Complessivamente questi problemi evidenziano gravi carenze del quadro politico di questa attività ad alta intensità di conoscenza, cui occorre porre rimedio se si vuole che essa contribuisca pienamente alla competitività dell'UE. Anche se l'UE ha riconosciuto con notevole anticipo l'importanza delle biotecnologie, all'inizio l'accento veniva posto soprattutto sugli aspetti di protezione dell'ambiente e dei consumatori, senza affrontare direttamente il problema della competitività di questo settore europeo (fatta eccezione per le attività di sostegno a R&S).

Tale impostazione evidentemente non bastava a rimediare alle debolezze del settore, e per tale motivo la Commissione ha intrapreso un'analisi approfondita della situazione della concorrenza nel settore europeo delle biotecnologie sulla base di studi, consultazioni delle parti in causa e comparazioni tra gli Stati membri e gli Stati Uniti. Queste attività hanno consentito di identificare le esigenze dell'industria e di comprendere a fondo i suoi punti di forza e di debolezza. Il recente piano d'azione sulle scienze della vita e la biotecnologia [56] propone una strategia integrata e complessiva che associa misure per promuovere la competitività ad altre volte ad assicurare un governo responsabile. Il piano si basa su un'ampia consultazione delle parti in causa, nell'intento di dare una risposta alle preoccupazioni della società. I principali componenti del piano d'azione sono i seguenti:

[56] Incluso nella comunicazione della Commissione «Le Scienze della vita e la biotecnologia - una strategia per l'Europa» (COM (2002) 27 def.)

- è essenziale rafforzare la catena di creazione del valore. Le biotecnologie si fondano in larga misura sulla conoscenza e sulle risorse. Le priorità essenziali sono quindi la disponibilità di una forza-lavoro qualificata, un efficace sostegno ad una ricerca di livello mondiale, il collegamento tra centri di eccellenza della ricerca europea, un sistema di protezione della proprietà intellettuale efficace ed accessibile e un'adeguata disponibilità di capitali.

- Occorre garantire un governo responsabile. Un'effettiva verifica da parte della società ed un costante dialogo con l'opinione pubblica sono precondizioni essenziali per lo sviluppo delle biotecnologie in Europa. Il dialogo deve necessariamente affrontare le questioni etiche che stanno al centro di alcuni settori delle biotecnologie. Un quadro giuridico scientificamente fondato, trasparente, efficace e proporzionato, rispettoso dei principi di precauzione e di un'adeguata informazione dei consumatori, è un prerequisito fondamentale per instaurare la fiducia e la credibilità, a condizione che non imponga oneri amministrativi inutili ed ostacoli ad un'innovazione responsabile.

- A livello internazionale l'UE dovrebbe essere all'avanguardia nell'elaborazione di orientamenti, standard e raccomandazioni concordati a livello internazionale e dovrebbe garantire ai paesi in via di sviluppo - in funzione dei loro obiettivi politici - la loro quota di vantaggi derivanti dalle biotecnologie.

Tutte queste priorità si possono realizzare solo combinando strumenti di diverse politiche pubbliche (protezione della salute pubblica e dei consumatori, mercato interno, politica ambientale, politica commerciale, nonché quadro normativo - condizioni di accesso al mercato, leggi di autorizzazione o divieto di talune pratiche, percorsi di ricerca o tecnologie - etc.). Un adeguato coordinamento degli strumenti di varie politiche UE è pertanto essenziale per rafforzare la competitività del settore biotecnologico.

5. Il settore delle telecomunicazioni

Le telecomunicazioni sono un settore di grande importanza per l'economia dell'UE, con caratteristiche di stretto collegamento tra servizi e attività manifatturiere. Con redditi superiori ai EUR300 miliardi di euro, occupa più di 1,5 milioni di addetti. Negli scorsi anni ha registrato una crescita a due cifre e sta contribuendo all'aumento della produttività e della ricchezza di molti settori dell'economia. Nel campo dei servizi e degli apparecchi sono emerse molte imprese europee di livello mondiale, la maggioranza delle quali hanno basato la propria espansione internazionale su una presenza paneuropea.

Questo scenario è dovuto ad un profondo cambiamento dell'industria nello scorso decennio, che dai monopoli nazionali della telefonia vocale fissa è passata ad una situazione di offerta agli utenti finali di un'ampia gamma di servizi innovativi da parte di diversi fornitori. I fattori principali del cambiamento sono stati il processo di liberalizzazione su scala europea combinato con il progresso delle tecnologie digitali. Inoltre nel campo delle telecomunicazioni gli ostacoli commerciali a livello internazionale sono stati in larga parte eliminati, consentendo il dispiegarsi della concorrenza a livello globale in quasi tutti i segmenti del mercato.

Nel campo dei servizi la struttura dell'industria è ancora dominata dagli operatori affermatisi in passato, ma nel campo dei servizi fissi - in particolare nei segmenti a lunga distanza internazionali- la loro quota di mercato sta costantemente diminuendo. Nel campo dei servizi mobili i mercati nazionali sono caratterizzati dalla presenza di vari operatori, i principali dei quali in due terzi degli Stati membri hanno una quota di mercato inferiore al 50% [57].

[57] Settima relazione sull'attuazione del pacchetto normativo per le telecomunicazioni, COM(2001) 706 def.

Nel campo degli apparecchi di telecomunicazione, negli ultimi 15 anni le economie di scala hanno prodotto una significativa concentrazione del settore, che vede solo pochi produttori europei presenti in tutti i segmenti di prodotto. Tuttavia la crescita eccezionale dei servizi mobili e di Internet ha spinto molte imprese a concentrarsi soltanto sulle tecnologie mobili, mentre tutti i grandi gruppi hanno dovuto subire la concorrenza da parte di piccole imprese innovative, soprattutto del Nord America, del Giappone e del Sud-Est asiatico.

La combinazione di politiche applicata in questo settore consiste nella liberalizzazione delle infrastrutture e dei relativi mercati dei servizi conformemente alla legislazione UE sulla concorrenza, associata alla definizione di principi normativi armonizzati a livello UE applicati dalle amministrazioni nazionali. Inoltre il sostegno UE alle attività di RST nel campo delle tecnologie della società dell'informazione (TSI) ha contribuito a rafforzare la base scientifica e tecnologica dell'industria europea, stimolandola a diventare più competitiva a livello internazionale.

Il settore deve tuttavia affrontare problemi dovuti ad una serie di fattori: lo scoppio della bolla Internet, il rallentamento economico e la sovraccapacità. Contemporaneamente il settore mobile deve affrontare il passaggio dalla seconda alla terza generazione (3G). I costi elevati delle licenze 3G costituiscono un onere per vari operatori europei, che per tali motivi hanno ridotto le proprie spese di investimento. Di conseguenza nel settore europeo degli apparecchi si sono avuti licenziamenti su larga scala. Il settore è sottoposto ad una forte pressione concorrenziale, che richiede la mobilitazione degli strumenti politici disponibili.

Sotto questo aspetto la via da percorrere sembra consistere nell'incentivazione della domanda e nell'aumento della certezza per gli investimenti. Le iniziative politiche e legislative in corso dovrebbero contribuire in ampia misura al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

- Il nuovo quadro normativo, che gli Stati membri devono applicare entro il luglio 2003, è più flessibile dell'attuale. Esso accrescerà la stabilità delle norme e la trasparenza e favorirà la crescita della concorrenza e la libertà di scelta dei consumatori. È necessario che il quadro normativo venga pienamente applicato entro le scadenze previste e che rimanga stabile.

- Il piano d'azione e-Europe 2005 si propone soprattutto di favorire servizi, applicazioni e contenuti sicuri, basati su una struttura a banda larga ampiamente disponibile. A tutt'oggi la banda larga ha progredito lentamente, ma grazie a nuovi prodotti e servizi si prevede che per i produttori di apparecchi in futuro diventi uno dei mercati più in crescita.

- Gli attuali programmi di ricerca & sviluppo e le iniziative collegate dovrebbero favorire la diffusione dell'infrastruttura a banda larga, 3G compresa, e lo sviluppo di nuove applicazioni, ad esempio sostenendo progetti di contenuto multilingue, sistemi di pagamento mobile innovativi e sperimentazione di servizi innovativi 2.5-3G.

- In particolare nell'area del commercio elettronico l'impegno dell'UE a conquistare la fiducia dei consumatori con la protezione dei dati e la sicurezza di Internet e del commercio (e-confidence) contribuirà a garantire un contesto stabile e attendibile e ad accrescere la fiducia dei consumatori nelle operazioni on-line dall'impresa al consumatore, precondizione essenziale per il funzionamento di un mercato competitivo.

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