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Document 62000CJ0395

Sentenza della Corte del 12 dicembre 2002.
Distillerie Fratelli Cipriani SpA contro Ministero delle Finanze.
Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunale di Trento - Italia.
Direttiva 92/12/CEE - Art. 20 - Esportazione verso paesi terzi di prodotti soggetti a regime sospensivo - Prodotti che devono essere considerati come non giunti a destinazione in ragione della falsificazione del documento di accompagnamento - Luogo dell'infrazione o dell'irregolarità sconosciuto - Determinazione dello Stato membro competente ad esigere il diritto d'accisa.
Causa C-395/00.

Raccolta della Giurisprudenza 2002 I-11877

ECLI identifier: ECLI:EU:C:2002:751

62000J0395

Sentenza della Corte del 12 dicembre 2002. - Distillerie Fratelli Cipriani SpA contro Ministero delle Finanze. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Tribunale di Trento - Italia. - Direttiva 92/12/CEE - Art. 20 - Esportazione verso paesi terzi di prodotti soggetti a regime sospensivo - Prodotti che devono essere considerati come non giunti a destinazione in ragione della falsificazione del documento di accompagnamento - Luogo dell'infrazione o dell'irregolarità sconosciuto - Determinazione dello Stato membro competente ad esigere il diritto d'accisa. - Causa C-395/00.

raccolta della giurisprudenza 2002 pagina I-11877


Parti
Motivazione della sentenza
Decisione relativa alle spese
Dispositivo

Parti


Nel procedimento C-395/00,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 234 CE, dal Tribunale di Trento nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Distillerie Fratelli Cipriani SpA

e

Ministero delle Finanze,

domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 20, nn. 2 e 3, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1),

LA CORTE,

composta dal sig. J.-P. Puissochet, presidente della Sesta Sezione, facente funzione di presidente, dai sigg. M. Wathelet, R. Schintgen e C.W.A. Timmermans, presidenti di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward, A. La Pergola, P. Jann e V. Skouris, e dalle sig.re F. Macken (relatore) e N. Colneric, giudici,

avvocato generale: J. Mischo

cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

- per la Distillerie Fratelli Cipriani SpA, dagli avv.ti N. Tonolli, W. Valentini e W. Wielander;

- per il governo portoghese, dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra C. Pimentel Coelho, in qualità di agenti;

- per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. E. Traversa, in qualità di agente,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Distillerie Fratelli Cipriani SpA e della Commissione, all'udienza del 29 gennaio 2002,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 21 marzo 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 20 ottobre 2000, pervenuta alla Corte il 26 ottobre seguente, il Tribunale di Trento ha sottoposto, in forza dell'art. 234 CE, tre questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 20, nn. 2 e 3, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2 Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Distillerie Fratelli Cipriani SpA (in prosieguo: la «Cipriani») e il Ministero delle Finanze, avente ad oggetto diversi avvisi notificati da quest'ultimo alla Cipriani per ottenere il pagamento dei diritti di accisa relativi a talune spedizioni di alcol circolanti in regime sospensivo.

Quadro normativo

3 La direttiva è applicabile, conformemente al suo art. 3, n. 1, in particolare all'alcol e alle bevande alcoliche.

4 Ai sensi dell'art. 4, lett. a), della direttiva, per «depositario autorizzato» s'intende la persona fisica o giuridica autorizzata dalle autorità competenti di uno Stato membro, nell'esercizio della sua professione, a fabbricare, trasformare, detenere, ricevere e spedire prodotti soggetti ad accisa in regime di sospensione dei diritti di accisa in un deposito fiscale.

5 L'art. 4, lett. c), della direttiva definisce il «regime sospensivo» come il regime fiscale applicabile alla fabbricazione, alla trasformazione, alla detenzione ed alla circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti di accisa.

6 A norma dell'art. 5, n. 1, della direttiva, i prodotti di cui all'art. 3, n. 1, sono sottoposti ad accisa al momento della loro fabbricazione nel territorio della Comunità o al momento della loro importazione in tale territorio.

7 L'art. 6 della direttiva così dispone:

«1. L'accisa diviene esigibile all'atto dell'immissione in consumo o della constatazione degli ammanchi che dovranno essere soggetti ad accisa ai sensi dell'articolo 14, paragrafo 3.

Si considera immissione in consumo di prodotti soggetti ad accisa:

a) lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo;

b) la fabbricazione, anche irregolare, dei prodotti in questione al di fuori di un regime sospensivo;

c) l'importazione, anche irregolare, dei prodotti in questione, quando essi non sono vincolati a un regime sospensivo.

2. Le condizioni di esigibilità e l'aliquota dell'accisa che deve essere applicata sono quelle in vigore alla data dell'esigibilità nello Stato membro in cui è effettuata l'immissione in consumo o la constatazione degli ammanchi. L'accisa viene liquidata e riscossa secondo le modalità stabilite da ciascuno Stato membro, fermo restando che gli Stati membri applicano le medesime modalità di esenzione e di riscossione sia ai prodotti nazionali che ai prodotti provenienti dagli altri Stati membri».

8 Conformemente all'art. 13, lett. a), della direttiva, il depositario autorizzato è tenuto a prestare una garanzia eventuale in materia di fabbricazione, di trasformazione e di detenzione, nonché una garanzia obbligatoria in materia di circolazione, le cui condizioni sono fissate dalle autorità fiscali dello Stato membro in cui è autorizzato il deposito fiscale.

9 Ai sensi dell'art. 15, n. 3, della direttiva:

«I rischi inerenti alla circolazione intracomunitaria sono coperti dalla garanzia prestata, come previsto all'articolo 13 dal depositario autorizzato speditore o, eventualmente, da una garanzia in solido tra lo speditore e il trasportatore. Se del caso, gli Stati membri possono esigere una garanzia dal destinatario.

Le modalità della garanzia sono fissate dagli Stati membri. La garanzia deve essere valida in tutta la Comunità».

10 In forza dell'art. 18, n. 1, della direttiva, nonostante l'eventuale uso di procedure informatizzate, ogni prodotto soggetto ad accisa che circola in regime di sospensione tra i territori dei diversi Stati membri è accompagnato da un documento rilasciato dallo speditore. Esso può essere un documento amministrativo oppure un documento commerciale. La forma e il contenuto di tale documento sono definiti secondo la procedura di cui all'art. 24 della direttiva.

11 L'art. 19, n. 4, della direttiva stabilisce che, qualora i prodotti soggetti ad accisa che circolano sotto il regime sospensivo di cui all'art. 4, lett. c), siano esportati, questo regime è sottoposto ad appuramento mediante certificazione, da parte dell'ufficio doganale di uscita, che i prodotti hanno effettivamente lasciato la Comunità. Tale ufficio deve rinviare allo speditore l'esemplare autenticato del documento di accompagnamento che gli è destinato.

12 Conformemente al n. 5 del medesimo articolo, se l'appuramento non ha luogo, lo speditore è tenuto ad informarne le autorità fiscali del proprio Stato membro entro un termine che deve essere fissato da dette autorità fiscali. Questo termine non può tuttavia essere superiore a tre mesi a decorrere dalla data di spedizione delle merci.

13 L'art. 20 della direttiva così dispone:

«1. Nel caso di irregolarità o infrazione nel corso della circolazione per la quale è esigibile l'accisa, quest'ultima deve essere pagata, nello Stato membro nel cui territorio l'irregolarità o l'infrazione è stata commessa, dalla persona fisica o giuridica resasi garante del pagamento dei diritti d'accisa conformemente all'articolo 15, paragrafo 3, lasciando impregiudicato il ricorso ad azioni penali.

Quando la riscossione dell'accisa è effettuata in uno Stato membro diverso da quello di partenza, lo Stato membro che procede alla riscossione ne informa le autorità competenti del paese di partenza.

2. Quando nel corso della circolazione, una infrazione o una irregolarità è stata accertata, senza che sia possibile stabilire il luogo in cui essa è stata commessa, la stessa si presume commessa nello Stato membro in cui è stata accertata.

3. Fatto salvo l'articolo 6, paragrafo 2, allorché i prodotti soggetti ad accisa non giungono a destinazione e non è possibile stabilire il luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione si è verificata, tale irregolarità od infrazione si considera commessa nello Stato membro di partenza, che procede alla riscossione dei diritti d'accisa all'aliquota in vigore alla data di spedizione dei prodotti, salvo prova, fornita entro un termine di 4 mesi a decorrere dalla data di spedizione dei prodotti stessi e ritenuta soddisfacente dalle autorità competenti, della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa.

4. Se, prima della scadenza di un termine di tre anni dalla data del rilascio del documento di accompagnamento, si perviene a determinare lo Stato membro in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa, detto Stato membro procede alle riscossione dell'accisa all'aliquota in vigore alla data di spedizione delle merci. In tal caso, non appena sia fornita la prova di detta riscossione, l'accisa inizialmente riscossa viene rimborsata».

14 La direttiva è stata recepita nell'ordinamento italiano con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative (GURI 29 novembre 1995, n. 279, supplemento ordinario n. 143, pag. 5), il cui art. 7 corrisponde all'art. 20 della direttiva.

Controversia principale e questioni pregiudiziali

15 La Cipriani esercita da svariati anni attività di distilleria di alcol.

16 Nel periodo compreso tra dicembre 1996 e novembre 1997, la Cipriani effettuava, quale depositario autorizzato speditore ai sensi dell'art. 15, n. 3, della direttiva, numerose operazioni che implicavano la circolazione, in regime di sospensione dei diritti d'accisa, di prodotti alcolici destinati all'esportazione verso paesi terzi attraverso uno o più Stati membri.

17 Questi prodotti erano muniti del documento amministrativo di accompagnamento (in prosieguo: il «DAA»), previsto all'art. 18, n. 1, della direttiva.

18 Nell'ambito della cooperazione amministrativa nel settore delle accise, l'autorità fiscale italiana chiedeva alle autorità tedesche la verifica di un certo numero di DAA. In seguito alle dette verifiche, risultava che l'impronta del timbro apposto su questi DAA per attestare l'uscita della merce dal territorio della Comunità era stata contraffatta.

19 Poiché ciò costituiva un'irregolarità ai sensi della direttiva e delle disposizioni nazionali applicabili, con avviso notificato il 16 marzo 1998, l'Ufficio Tecnico di Finanza di Trento chiedeva alla Cipriani la quale, in quanto depositario autorizzato speditore, era tenuta a garantire il pagamento dei diritti di accisa in caso di accertata irregolarità, di pagare la somma di ITL 6 448 573 296, corrispondente ai diritti di accisa relativi a 20 spedizioni di alcol neutro di melassa circolanti in regime sospensivo.

20 Il 6 aprile 1998 venivano notificati alla Cipriani altri due avvisi di pagamento aventi ad oggetto, rispettivamente, gli importi di ITL 19 044 116 432 e di ITL 947 034 352, corrispondenti ai diritti di accisa relativi a ulteriori 62 spedizioni di alcol neutro di melassa, pure essi circolati in regime sospensivo.

21 Tali notifiche sono intervenute dopo la scadenza del termine di quattro mesi a decorrere dalla data di spedizione dei prodotti, fissato all'art. 20, n. 3, della direttiva.

22 Dal fascicolo del procedimento principale risulta che solo in seguito alla notifica degli avvisi di pagamento dei diritti di accisa da parte dell'autorità fiscale italiana la Cipriani è venuta o potrebbe essere venuta a conoscenza della contraffazione del timbro apposto sui DAA.

23 Con atto di citazione notificato al Ministero delle Finanze il 30 marzo 1998, la Cipriani ha adito il giudice del rinvio con un'azione diretta a contestare, in primo luogo, l'esigibilità delle accise, poiché non vi era la prova dell'immissione in consumo dei prodotti in Italia; in secondo luogo, l'applicabilità della norma nazionale che attua l'art. 20 della direttiva, sostenendo che le accise possono essere richieste solo qualora l'infrazione o l'irregolarità possa esserle imputata; e, infine, la competenza dell'autorità fiscale italiana a procedere alla riscossione, in quanto questa non aveva fornito la prova di aver verificato, con esito negativo, l'effettiva destinazione dei prodotti.

24 Per le stesse ragioni, la Cipriani ha inoltre contestato i due avvisi di pagamento che le erano stati notificati il 6 aprile 1998.

25 Il Ministero delle Finanze sostiene, da un lato, che la falsificazione dei DAA equivale all'immissione in consumo dei prodotti in Italia, sicché si tratta quindi di uno svincolo irregolare dal regime sospensivo, che rende esigibili i diritti di accisa.

26 Esso fa valere, dall'altro, che l'obbligo di pagamento dei detti diritti grava sulla Cipriani in qualità di depositario autorizzato speditore e che lo Stato membro di partenza, nel caso di specie la Repubblica italiana, ha il potere di esigere il pagamento di tali diritti.

27 Il Ministero delle Finanze argomenta inoltre che l'onere probatorio della regolarità dell'operazione o del luogo di immissione in consumo grava sullo speditore e fonda la competenza della Repubblica italiana per riscuotere i diritti di accisa sulla qualità di Stato di partenza e di Stato in cui si reputa commessa l'irregolarità o l'infrazione allo scadere del termine di quattro mesi previsto all'art. 20, n. 3, della direttiva. Una volta decorso tale termine, lo speditore non potrebbe più fornire la predetta prova per contestare la competenza, in capo allo Stato membro interessato, a riscuotere i detti diritti.

28 Ritenendo che la soluzione della controversia sottopostagli richiedesse l'interpretazione dell'art. 20, nn. 2 e 3, della direttiva, il Tribunale di Trento ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l'art. 20, n. 3, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE - qualora si versi nell'ipotesi di circolazione di prodotti in regime sospensivo ai sensi dell'art. 4, lett. c), della stessa direttiva, destinati all'esportazione attraverso uno o più altri Stati membri ma non giunti a destinazione, e non sia possibile stabilire il luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione si è verificata -, sia da interpretare nel senso che lo Stato membro di partenza può procedere alla riscossione dei diritti d'accisa solo se il soggetto resosi garante del pagamento è stato tempestivamente posto in grado di conoscere che l'appuramento del regime sospensivo non ha avuto luogo, in modo da fornire entro il termine di quattro mesi dalla data di spedizione dei prodotti la soddisfacente prova della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa.

2) In caso di risposta affermativa alla questione sub 1), se la medesima interpretazione valga, nella stessa ipotesi, anche qualora lo Stato membro di partenza coincida con lo Stato membro in cui è stata accertata l'infrazione o l'irregolarità, ovvero se, in tal caso, operi comunque, nella stessa ipotesi, la presunzione di cui all'art. 20, n. 2, della direttiva; in quest'ultima eventualità, se sia consentita la prova della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa, e se tale prova sia soggetta o meno al termine previsto nel successivo n. 3.

3) In caso di risposta negativa al quesito sub 1), se l'art. 20, n. 3, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, nella stessa ipotesi, sia da interpretare nel senso che il soggetto resosi garante del pagamento dei diritti d'accisa, che non è stato tempestivamente posto in grado di conoscere che l'appuramento del regime sospensivo non ha avuto luogo, possa fornire la prova della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa anche qualora sia trascorso il termine di quattro mesi dalla data di spedizione dei prodotti».

Sulla prima e sulla terza questione

29 Con la prima e con la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l'art. 20, n. 3, della direttiva debba essere interpretato nel senso che il termine di quattro mesi previsto da tale disposizione per fornire la prova della regolarità dell'operazione, ovvero del luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa, possa essere eccepito ad un operatore che ha garantito il pagamento dei diritti di accisa, ma che non sia potuto venire a conoscenza, in tempo utile, del fatto che non era avvenuto l'appuramento del regime sospensivo.

Osservazioni presentate alla Corte

30 La Cipriani sostiene che il termine di quattro mesi previsto all'art. 20, n. 3, della direttiva può cominciare a decorrere solo dal momento in cui l'interessato è venuto o potrebbe essere venuto a conoscenza dell'infrazione o dell'irregolarità e non a decorrere dalla spedizione dei prodotti soggetti ad accisa. In caso contrario, egli sarebbe privato della possibilità di difendersi qualora eventuali irregolarità siano scoperte dopo la scadenza del detto termine.

31 Secondo la Cipriani, o il termine in cui essa può fare valere i suoi mezzi di difesa decorre tuttora oppure l'atto che le è stato notificato è viziato, in quanto privo della menzione di tale termine.

32 Il governo portoghese rileva che il sistema di circolazione intracomunitaria in regime sospensivo di cui alla direttiva prevede che i rischi inerenti alla detta circolazione siano coperti dalla garanzia prestata dal depositario autorizzato speditore o, eventualmente, da una garanzia in solido tra lo speditore e il trasportatore. In forza dell'art. 15, n. 4, della direttiva, questi ultimi possono essere esonerati dalla loro responsabilità solo con la prova della presa in carico dei prodotti da parte del destinatario, in particolare tramite il DAA, alle condizioni stabilite dall'art. 19 della detta direttiva.

33 Tuttavia, il governo portoghese riconosce che sarebbe stato difficile per l'operatore di cui trattasi nel procedimento principale rispettare il termine di quattro mesi previsto all'art. 20, n. 3, della direttiva, poiché solo successivamente alla scadenza di tale termine è stato possibile accertare l'irregolarità delle operazioni di circolazione, dovuta alla contraffazione del timbro utilizzato per la certificazione dell'uscita della merce dal territorio della Comunità.

34 Dato che, in caso di scoperta di un'irregolarità, lo Stato può in ogni momento provvedere alla riscossione delle accise di cui trattasi, purché i termini di decadenza dal diritto di procedere alla liquidazione non siano scaduti, il governo portoghese ritiene che il termine di quattro mesi previsto all'art. 20, n. 3, della direttiva non costituisca un termine imperativo entro il quale debba avere luogo la riscossione delle accise.

35 La Commissione constata che dall'art. 20, n. 3, della direttiva risulta che l'autorità fiscale nazionale non è affatto tenuta a notificare allo speditore la mancata presentazione dei prodotti soggetti ad accisa nel loro luogo di destinazione. Di conseguenza, il termine di quattro mesi concesso allo speditore per provare la regolarità dell'operazione e per determinare il luogo in cui l'irregolarità è stata commessa non possono cominciare a decorrere da una notificazione non prevista dalla detta direttiva, ma il momento di inizio del detto termine deve essere fissato alla data di spedizione dei prodotti, come risulta espressamente dalle disposizioni dell'art. 20, n. 3, della direttiva.

36 Tuttavia, la Commissione ammette che nella vita economica reale un lasso di tempo di quattro mesi dopo la spedizione dei prodotti soggetti ad accisa possa essere spesso troppo breve per scoprire irregolarità nella circolazione degli stessi e un termine che, in pratica, è quasi sempre scaduto addirittura prima che l'operatore sia in grado di formulare utilmente le proprie osservazioni può difficilmente, secondo la Commissione, essere qualificato «ragionevole».

37 A questo riguardo, la Commissione ricorda che esiste un principio generale del rispetto dei diritti della difesa in merito ad atti adottati dalle istituzioni comunitarie e, pertanto, in merito ad un atto di imposizione disposto da un'autorità fiscale nazionale in applicazione di una disposizione di diritto comunitario quale l'art. 20, n. 3, della direttiva.

38 Quindi, la Commissione ritiene che, nel caso in cui lo speditore avesse conoscenza o fosse informato, in un modo o nell'altro, dell'eventuale irregolarità o infrazione commessa nel corso della circolazione dei prodotti soggetti ad accisa, non vi sarebbe alcun motivo per non interpretare letteralmente l'art. 20, n. 3, della direttiva facendo decorrere il termine di quattro mesi dalla data di spedizione dei prodotti.

39 Al contrario, trattandosi di uno speditore che, in perfetta buona fede e senza colpa, non avesse avuto e non avesse potuto avere conoscenza dell'irregolarità accertata nel corso della circolazione dei prodotti soggetti ad accisa, il termine di quattro mesi comincerebbe a decorrere solo dalla data in cui questo speditore fosse effettivamente venuto a conoscenza dell'eventuale irregolarità o infrazione.

40 Secondo la Commissione, solo quest'ultima interpretazione dell'art. 20, n. 3, della direttiva garantirebbe il principio generale del rispetto dei diritti della difesa e l'effetto utile di questa disposizione.

Giudizio della Corte

41 Va ricordato che la direttiva intende fissare un certo numero di regole quanto alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (v. sentenza 2 aprile 1998, causa C-296/95, EMU Tabac e a., Racc. pag. I-1605, punto 22).

42 Il regime sospensivo, definito all'art. 4, lett. c), della direttiva, è il regime fiscale applicabile alla fabbricazione, alla trasformazione, alla detenzione ed alla circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti di accisa. Un regime del genere è caratterizzato dal fatto che i diritti di accisa concernenti i prodotti che rientrano in tale regime non sono ancora esigibili, benché il presupposto dell'imposizione si sia già realizzato.

43 In forza dell'art. 6, n. 1, della direttiva, l'esigibilità dell'accisa sui prodotti ad essa soggetti, come l'alcol, deriva in particolare dalla loro immissione in consumo. Si considera immissione in consumo non solo la fabbricazione o l'importazione di prodotti soggetti ad accisa al di fuori di un regime sospensivo, ma pure lo svincolo, anche irregolare, da un tale regime (v. sentenza 5 aprile 2001, causa C-325/99, Van de Water, Racc. pag. I-2729, punto 35).

44 Quando i prodotti soggetti ad accisa che circolano in regime sospensivo sono esportati, dall'art. 19, n. 4, della direttiva risulta che questo regime è sottoposto ad appuramento mediante certificazione, da parte dell'ufficio doganale di uscita, che i prodotti hanno effettivamente lasciato la Comunità. Tale ufficio è tenuto a rinviare allo speditore l'esemplare autenticato del DAA previsto all'art. 18, n. 1, della direttiva, che gli è destinato.

45 Dall'ordinanza di rinvio risulta che l'infrazione di cui trattasi nel procedimento principale è consistita nell'omesso appuramento del regime sospensivo ai sensi dell'art. 19, n. 4, della direttiva, essendo stato contraffatto con l'apposizione di un timbro falso il DAA relativo ai prodotti da esportare che la Cipriani ha ricevuto in applicazione di tale disposizione.

46 Poiché le autorità nazionali sono tenute a vigilare a che, una volta che l'accisa sia divenuta esigibile, l'obbligazione tributaria sia effettivamente adempiuta (v. sentenza Van de Water, citata, punto 41), l'art. 20 della direttiva mira in particolare a determinare lo Stato membro competente a riscuotere i diritti di accisa sui prodotti in caso di irregolarità o infrazione commessa nel corso della circolazione.

47 Allorché i prodotti soggetti ad accisa non giungono a destinazione e non è possibile stabilire il luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità si è verificata, l'art. 20, n. 3, della direttiva stabilisce, in particolare, che tale infrazione od irregolarità si considera commessa nello Stato membro di partenza, che è quindi competente a procedere alla riscossione dei diritti d'accisa.

48 Questa disposizione della direttiva prevede, tuttavia, che entro un termine di quattro mesi a decorrere dalla data di spedizione dei prodotti gli interessati possano fornire la prova, tale da soddisfare le autorità competenti, della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa.

49 Di norma uno speditore viene a conoscenza dell'esistenza di un'infrazione o di un'irregolarità quando l'esemplare autenticato del DAA previsto all'art. 19, n. 4, della direttiva non gli viene rinviato da parte dell'ufficio doganale di uscita dalla Comunità. Se l'appuramento non ha luogo conformemente a quest'ultima disposizione, il detto speditore è tenuto, in forza del n. 5 del medesimo articolo, ad informarne le autorità fiscali del proprio Stato membro.

50 Tuttavia, per quanto riguarda uno speditore come quello di cui trattasi nel procedimento principale, che ha ricevuto l'esemplare autenticato del DAA e che è venuto e poteva venire a conoscenza della sua contraffazione solo in seguito alla notifica degli avvisi di pagamento dei diritti di accisa da parte dell'autorità fiscale nazionale, notifica effettuata dopo la scadenza del termine previsto all'art. 20, n. 3, della direttiva, occorre determinare se l'applicazione del detto termine sia conforme ai principi generali del diritto comunitario, come il rispetto dei diritti della difesa. Come giustamente ha rilevato la Commissione, un tale termine mira a concedere allo speditore o, eventualmente, alla persona che ha garantito il pagamento dei diritti di accisa, conformemente all'art. 15, n. 3, della direttiva, un certo livello di protezione nell'esecuzione del procedimento di riscossione dei detti diritti di accisa.

51 Il rispetto del principio dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo, in particolare in un procedimento che possa condurre a sanzioni, costituisce, come la Corte ha statuito a più riprese, un principio fondamentale del diritto comunitario. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di formulare utilmente le proprie osservazioni (v. sentenze 24 ottobre 1996, causa C-32/95 P, Commissione/Lisrestal e a., Racc. pag. I-5373, punto 21, e 21 settembre 2000, causa C-462/98 P, Mediocurso/Commissione, Racc. pag. I-7183, punto 36).

52 E' chiaro che il termine di quattro mesi previsto all'art. 20, n. 3, della direttiva per fornire la prova della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata effettivamente commessa non può essere considerato ragionevole se esso è già scaduto nel momento in cui lo speditore è venuto o poteva venire a conoscenza del fatto che è stata commessa un'irregolarità o un'infrazione.

53 Infatti, l'applicazione in circostanze del genere del detto termine di quattro mesi a partire dalla data di spedizione dei prodotti di cui trattasi non soddisfa il principio del rispetto dei diritti della difesa, poiché l'operatore che ha garantito il pagamento dei diritti di accisa non può essere stato informato in tempo utile del fatto che non era avvenuto l'appuramento del regime sospensivo. Pertanto, contrariamente a quanto richiesto dal detto principio, egli non potrebbe formulare utilmente le proprie osservazioni né, in particolare, fornire la prova della regolarità dell'operazione ovvero del luogo in cui l'infrazione o l'irregolarità è stata effettivamente commessa.

54 Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, la prima e la terza questione vanno risolte dichiarando che l'art. 20, n. 3, della direttiva è invalido nella misura in cui il termine di quattro mesi previsto da tale disposizione per fornire la prova della regolarità dell'operazione, ovvero del luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa, è eccepito ad un operatore che ha garantito il pagamento dei diritti di accisa, ma che non sia potuto venire a conoscenza, in tempo utile, del fatto che non era avvenuto l'appuramento del regime sospensivo.

Sulla seconda questione

55 Considerata la soluzione fornita alla prima e alla terza questione, in particolare il fatto che nel procedimento principale si tratta di prodotti soggetti ad accisa che non sono giunti a destinazione ai sensi dell'art. 20, n. 3, della direttiva, non occorre risolvere la seconda questione relativa all'interpretazione del n. 2 della detta disposizione.

Decisione relativa alle spese


Sulle spese

56 Le spese sostenute dal governo portoghese e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Dispositivo


Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Tribunale di Trento con ordinanza 20 ottobre 2002, dichiara:

L'art. 20, n. 3, della direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, è invalido nella misura in cui il termine di quattro mesi previsto da tale disposizione per fornire la prova della regolarità dell'operazione, ovvero del luogo in cui l'irregolarità o l'infrazione è stata effettivamente commessa, è eccepito ad un operatore che ha garantito il pagamento dei diritti di accisa, ma

che non sia potuto venire a conoscenza, in tempo utile, del fatto che non era avvenuto l'appuramento del regime sospensivo.

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