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Document 62014TJ0122_1

Sentenza del Tribunale (Sesta Sezione) del 9 giugno 2016.
Repubblica italiana contro Commissione europea.
Mancata esecuzione di una sentenza della Corte che accerta l’inadempimento di uno Stato – Penalità – Decisione di liquidazione della penalità – Metodo di calcolo degli interessi applicabile al recupero di aiuti illegali – Interessi composti.
Causa T-122/14.

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2016:342

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

9 giugno 2016 ( *1 )

«Mancata esecuzione di una sentenza della Corte che accerta l’inadempimento di uno Stato — Penalità — Decisione di liquidazione della penalità — Metodo di calcolo degli interessi applicabile al recupero di aiuti illegali — Interessi composti»

Nella causa T‑122/14,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino, avvocato dello Stato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci, G. Conte e B. Stromsky, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione C(2013) 8681 final della Commissione, del 6 dicembre 2013, con cui, in esecuzione della sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740), la Commissione ha fissato l’importo della penalità dovuta dalla Repubblica italiana per il semestre dal 17 maggio al 17 novembre 2012,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da S. Frimodt Nielsen (relatore), presidente, F. Dehousse e A.M. Collins, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 gennaio 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Fatti

Decisione relativa ad aiuti illegali e incompatibili (decisione di recupero)

1

Con la decisione 2000/128/CE, dell’11 maggio 1999, relativa al regime di aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione (GU 2000, L 42, pag. 1; in prosieguo: la «decisione di recupero»), la Commissione europea ha imposto alla Repubblica italiana di procedere al recupero di aiuti illegali e incompatibili con il mercato interno concessi per interventi a favore dell’occupazione. Con nota SG(99) D/4068, del 4 giugno 1999, la Commissione ha notificato la decisione di recupero alla Repubblica italiana.

2

Il ricorso proposto dalla Repubblica italiana contro la decisione di recupero è stato respinto con sentenza del 7 marzo 2002, Italia/Commissione (C‑310/99, EU:C:2002:143).

Azione e sentenza d’inadempimento

3

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 15 marzo 2002, la Commissione ha presentato, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 2, secondo comma, CE, un ricorso diretto a far dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato entro i termini prescritti tutte le misure necessarie per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che, ai sensi della decisione controversa, erano stati giudicati illegittimi e incompatibili con il mercato comune e, ad ogni modo, avendo omesso di comunicarle le misure adottate, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della decisione di recupero nonché del Trattato CE.

4

Con sentenza del 1o aprile 2004, Commissione/Italia (C‑99/02, EU:C:2004:207; in prosieguo: la «sentenza d’inadempimento»), la Corte ha accolto il ricorso della Commissione e ha statuito che la Repubblica italiana, non avendo adottato, entro i termini prescritti, tutte le misure necessarie per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che, ai sensi della decisione di recupero, erano stati giudicati illegittimi e incompatibili con il mercato interno, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della decisione di recupero.

Nuova azione e sentenza da eseguire

5

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 30 novembre 2009, la Commissione ha chiesto alla Corte, da un lato, di dichiarare che, non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza d’inadempimento, la Repubblica italiana era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in virtù della decisione di recupero e dell’articolo 228, paragrafo 1, CE e, dall’altro, di ordinare alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una penalità giornaliera pari ad un importo inizialmente fissato in EUR 285696, ridotto in seguito a EUR 244800, per il ritardo nell’esecuzione della sentenza d’inadempimento, a partire dalla pronuncia della sentenza in tale nuova causa e fino all’esecuzione della sentenza d’inadempimento.

6

Con sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740; in prosieguo: la «sentenza da eseguire»), la Corte ha accolto il ricorso della Commissione.

7

Nella sentenza da eseguire la Corte ha formulato le seguenti valutazioni:

«52.

(…) [S]i deve imporre alla Repubblica italiana il pagamento periodico di una somma calcolata moltiplicando un importo di base per la percentuale di aiuti illegali il cui recupero non è stato ancora effettuato o non è stato dimostrato rispetto alla totalità degli importi non ancora recuperati alla data della pronuncia della presente sentenza (…).

53.

A tale proposito, per il calcolo della penalità (…), il recupero di detti aiuti può essere preso in considerazione solo a condizione che la Commissione ne sia stata informata e abbia potuto valutare l’adeguatezza della prova così comunicatale a tale riguardo (…).

54.

Occorre pertanto fissare la periodicità della penalità determinandola su base semestrale, al fine di consentire alla Commissione di valutare lo stato di avanzamento delle operazioni di recupero in considerazione della situazione esistente al termine del periodo in questione, consentendo nel contempo allo Stato membro convenuto di disporre del tempo necessario per raccogliere e trasmettere alla Commissione elementi atti a dimostrare, per il periodo considerato, il recupero delle somme indebitamente versate.

55.

Di conseguenza, la quantificazione della penalità sarà effettuata su base semestrale e il suo importo verrà calcolato moltiplicando un importo di base per la percentuale di aiuti illegali il cui recupero non è ancora stato effettuato o non è stato dimostrato al termine del periodo in questione rispetto alla totalità degli importi non ancora recuperati alla data della pronuncia della presente sentenza.

(…)

67.

(...) [L]a Corte dichiara che, nella fattispecie, l’imposizione di una penalità di un importo di base di EUR 30 milioni a semestre è adeguata.

68.

Di conseguenza, occorre condannare la Repubblica italiana a versare alla Commissione, sul conto “Risorse proprie dell’Unione europea”, una penalità di importo corrispondente alla moltiplicazione dell’importo di base di EUR 30 milioni per la percentuale degli aiuti illegali incompatibili il cui recupero non è ancora stato effettuato o non è stato dimostrato al termine del periodo di cui trattasi, calcolata rispetto alla totalità degli importi non ancora recuperati alla data della pronuncia della presente sentenza, per ogni semestre di ritardo nell’attuazione dei provvedimenti necessari per conformarsi alla (…) sentenza [d’inadempimento (EU:C:2004:207)], a decorrere dalla presente sentenza e fino all’esecuzione [della sentenza d’inadempimento (EU:C:2004:207)].

(…)

69.

Si deve ricordare (...) che spetta allo Stato membro interessato fornire alla Commissione la prova diretta e attendibile dell’attuazione della decisione [di recupero] e del recupero effettivo degli importi degli aiuti illegali di cui trattasi.

(…)

72.

Per quanto attiene alle ipotesi nelle quali gli aiuti devono essere recuperati presso imprese in stato di fallimento o soggette a procedura fallimentare diretta alla realizzazione dell’attivo e all’accertamento del passivo, occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, il fatto che un’impresa sia in difficoltà o in stato di fallimento non ha alcuna incidenza sull’obbligo di recupero (…).

73.

Secondo una giurisprudenza altrettanto costante, il ripristino della situazione anteriore e l’eliminazione della distorsione di concorrenza risultante dagli aiuti illegittimamente erogati possono, in linea di principio, essere conseguiti con l’iscrizione al passivo fallimentare del credito relativo alla restituzione degli aiuti in questione (…).

74.

Ai fini del calcolo della penalità nella presente controversia, spetta quindi alla Repubblica italiana fornire alla Commissione la prova dell’ammissione al passivo dei crediti in questione nell’ambito della procedura fallimentare. Se non è in grado di pervenirvi, spetta a tale Stato membro apportare qualsiasi elemento atto a dimostrare di avere impiegato tutta la necessaria diligenza a tal fine. In particolare, nel caso in cui la domanda di ammissione di un credito al passivo sia stata respinta, ad esso incombe l’onere di dimostrare di avere avviato, in conformità al diritto nazionale, tutti i procedimenti idonei per opporsi a detto rigetto.

75.

Di conseguenza, e contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, ai fini del calcolo della penalità nella presente controversia e per quanto riguarda le imprese in stato di fallimento o soggette a procedura fallimentare, non può essere posto a carico della Repubblica italiana l’onere di fornire la prova non solo dell’iscrizione dei crediti al passivo fallimentare di tali imprese, ma anche della vendita dei loro attivi alle condizioni di mercato. Come sostenuto a giusto titolo da tale Stato membro, ai fini dell’accoglimento della domanda della Commissione avente ad oggetto il pagamento delle penalità dovute in esecuzione della presente sentenza, non si deve tenere conto delle somme non ancora recuperate presso le imprese fallite, per il cui recupero detto Stato membro ha però impiegato tutta la diligenza necessaria. In caso contrario, detta penalità perderebbe la sua adeguatezza e proporzionalità rispetto all’inadempimento accertato (...) facendo gravare sulla Repubblica italiana un onere pecuniario derivante dalla natura stessa della procedura fallimentare nonché dalla durata incomprimibile della stessa e su cui tale Stato membro non può intervenire direttamente».

8

In esito alla sua valutazione, la Corte ha, da un lato, dichiarato che la Repubblica italiana, non avendo adottato, alla data in cui era scaduto il termine imposto nel parere motivato emesso dalla Commissione il 1o febbraio 2008 in applicazione dell’articolo 228 CE, tutti i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza d’inadempimento comportava, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della decisione di recupero e dell’articolo 228, paragrafo 1, CE (sentenza da eseguire, punto 1 del dispositivo).

9

Dall’altro lato, al punto 2 del dispositivo della sentenza da eseguire, la Corte ha dichiarato che la Repubblica italiana era condannata a versare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una penalità di importo corrispondente alla moltiplicazione dell’importo di base di EUR 30 milioni per la percentuale degli aiuti illegittimi incompatibili «il cui recupero non [era] ancora stato effettuato o non [era] stato dimostrato al termine del periodo di cui trattasi» (in prosieguo: l’«importo degli aiuti non ancora recuperati»), calcolata rispetto alla totalità degli «importi non ancora recuperati alla data della pronuncia della (…) sentenza [da eseguire (EU:C:2011:740)]» (in prosieguo: l’«importo degli aiuti da recuperare al 17 novembre 2011»), e ciò per ogni semestre di ritardo nell’attuazione dei provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza d’inadempimento, a decorrere dalla sentenza da eseguire e fino all’esecuzione della sentenza d’inadempimento.

Domanda d’interpretazione e ordinanza d’interpretazione

10

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 14 febbraio 2013, la Repubblica italiana, in forza dell’articolo 43 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 158 del regolamento di procedura della Corte, ha presentato una domanda d’interpretazione dei punti 52, 55 e 68 della motivazione nonché del punto 2 del dispositivo della sentenza da eseguire.

11

Nel ricorso depositato presso la cancelleria della Corte il 14 febbraio 2013, la Repubblica italiana ha pertanto chiesto alla Corte di interpretare, da un lato, i termini «importi non ancora recuperati alla data della pronuncia della (…) sentenza [da eseguire (EU:C:2011:740)]», che figuravano ai punti 52, 55 e 68 della motivazione e al punto 2 del dispositivo di tale sentenza, nel senso che essi si riferiscono agli importi non ancora recuperati alla data in cui si è conclusa, nel processo, la fase di acquisizione delle fonti di prova, vale a dire al momento in cui si è cristallizzata la situazione di fatto processuale sulla base della quale la Corte ha definito la controversia, e, dall’altro, i termini «il cui recupero non è ancora stato effettuato o non è stato dimostrato al termine del periodo di cui trattasi», impiegati ai punti 52, 55 e 68 della motivazione e al punto 2 del dispositivo della stessa sentenza, nel senso che impongono alla Commissione di tenere conto, ai fini della valutazione semestrale sui progressi compiuti dalla Repubblica italiana nel recupero degli aiuti di cui trattasi, non soltanto dei documenti relativi a tale semestre portati a conoscenza della Commissione prima della scadenza di detto semestre, ma di ogni documento relativo al semestre di riferimento.

12

Con ordinanza dell’11 luglio 2013, Commissione/Italia (C‑496/09 INT; in prosieguo: l’«ordinanza d’interpretazione», EU:C:2013:461), la Corte ha respinto la domanda d’interpretazione della Repubblica italiana in quanto irricevibile.

13

La Corte ha infatti considerato che «si d[oveva] necessariamente constatare che il dispositivo della sentenza [da eseguire (EU:C:2011:740)], conformemente ai punti 52, 55 e 68 della motivazione, indica[va] espressamente la data della pronuncia di detta sentenza come data di riferimento per la determinazione dell’importo totale degli aiuti non ancora recuperati (…) destinato a fungere da base per il calcolo della penalità decrescente alla quale tale Stato membro [era] stato condannato» (ordinanza d’interpretazione, punto 9).

14

Del pari, la Corte ha ritenuto che fosse «pacifico che una lettura rigorosamente letterale del dispositivo della sentenza [da eseguire (EU:C:2011:740) fosse] tale da fungere da fondamento affinché la Commissione, ai fini del calcolo della percentuale degli aiuti da considerare non recuperati alla fine di un determinato semestre, prend[esse] in considerazione soltanto le prove documentali che le [erano pervenute] prima della scadenza del periodo considerato» (ordinanza d’interpretazione, punto 10).

15

La Corte ha statuito che «la domanda della Repubblica italiana (...) tende[va] a rimettere in discussione le conseguenze di tale lettura rigorosamente letterale del dispositivo della sentenza [da eseguire (EU:C:2011:740), mentre] tale rimessa in discussione non [era] conciliabile né con gli articoli 43 dello Statuto della Corte e 158, paragrafo 1, del regolamento di procedura [della Corte], né con l’autorità di cosa giudicata insita nelle sentenze della Corte» (ordinanza d’interpretazione, punto 11).

16

Pertanto, «[n]on essendo fondata su nessuna difficoltà quanto al senso e alla portata della sentenza [da eseguire (EU:C:2011:740)], [la] domanda d[oveva] quindi essere dichiarata irricevibile» (ordinanza d’interpretazione, punto 12).

Prima decisione e sentenza sulla prima penalità

17

L’11 marzo 2013 è stata notificata alla Repubblica italiana la decisione C(2013) 1264 final della Commissione, del 7 marzo 2013, che le ha ordinato di versare sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea» la somma di EUR 16533000 a titolo di penalità per il primo semestre successivo alla sentenza da eseguire.

18

Il 21 maggio 2013, la Repubblica italiana ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, avverso tale decisione (causa T‑268/13).

19

Con sentenza del 21 ottobre 2014, Italia/Commissione (T‑268/13; in prosieguo: la «sentenza sulla prima penalità», non pubblicata, EU:T:2014:900), il Tribunale ha respinto il ricorso della Repubblica italiana.

Seconda decisione sull’importo della penalità (decisione impugnata)

20

Dopo aver dato alle autorità italiane la possibilità di presentare osservazioni sulle sue valutazioni preliminari, la Commissione ha adottato la decisione C(2013) 8681 final, del 6 dicembre 2013, con cui, in esecuzione della sentenza da eseguire, ha fissato l’importo della penalità dovuta dalla Repubblica italiana per il secondo semestre successivo a tale sentenza (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

21

Nella decisione impugnata, la Commissione ha valutato in particolare i progressi compiuti dalla Repubblica italiana relativamente al recupero degli aiuti nel corso del periodo considerato (dal 17 maggio 2012 al 17 novembre 2012) e ha stabilito che gli aiuti che restavano da recuperare al 17 novembre 2012 rappresentavano il 20,84% di quelli ancora da recuperare alla data della sentenza da eseguire. Su tale fondamento, la Commissione ha inflitto alla Repubblica italiana una penalità pari al 20,84% dell’importo di base di EUR 30 milioni, vale a dire EUR 6252000.

Procedimento e conclusioni delle parti

22

Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2014, la Repubblica italiana ha proposto il presente ricorso.

23

Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha rivolto alle parti una serie di quesiti e ha chiesto la presentazione di diversi documenti concernenti la causa.

24

In primo luogo, il Tribunale ha invitato la Repubblica italiana a precisare se, a seguito della sentenza sulla prima penalità, con cui aveva respinto un motivo simile al primo motivo invocato nella presente causa, essa ritenesse opportuno mantenere tale primo motivo.

25

Entro il termine impartito, la Repubblica italiana ha comunicato al Tribunale di voler rinunciare al primo motivo del ricorso, circostanza di cui il Tribunale ha preso atto.

26

In secondo luogo, il Tribunale ha invitato le parti a precisare se l’applicazione di interessi composti nella presente causa avesse potuto incidere sull’importo della penalità oggetto della decisione impugnata. In caso affermativo, la Commissione era pregata di fornire maggiori dettagli sulla sua tesi secondo cui il secondo motivo invocato nella presente causa doveva essere dichiarato irricevibile o inoperante, non dovendo il Tribunale pronunciarsi sulla legittimità del computo degli interessi composti.

27

Le parti hanno comunicato al Tribunale le loro risposte a tale quesito entro il termine impartito.

28

In terzo luogo, il Tribunale ha invitato le parti a comunicare le loro osservazioni sull’incidenza che la sentenza del 3 settembre 2015, A2A (C‑89/14, EU:C:2015:537) poteva avere sulla risposta da fornire al secondo motivo.

29

Le parti hanno comunicato al Tribunale le loro risposte a tale quesito entro il termine impartito.

30

In quarto luogo, il Tribunale ha chiesto alla Commissione di trasmettergli i documenti che le consentivano di affermare, in sostanza, che la Repubblica italiana aveva accettato di derogare alla regola prevista dagli articoli 1282 e 1283 del codice civile italiano per quanto riguarda l’applicazione di interessi composti al recupero dell’aiuto di Stato controverso (v., in particolare, decisione impugnata, punti 29 e 32) e per tutto il periodo considerato.

31

La Commissione ha trasmesso al Tribunale i documenti richiesti entro il termine impartito. Tali documenti sono stati altresì trasmessi alla Repubblica italiana. I documenti sono i seguenti:

una lettera della Commissione alla Repubblica italiana datata 12 giugno 2013, contenente una valutazione preliminare sullo stato di avanzamento del recupero effettuato nel secondo semestre successivo alla sentenza da eseguire;

una lettera della Commissione alla Repubblica italiana datata 31 ottobre 2003, che ricordava che «per il calcolo dell’ammontare del rimborso, [dovevano] essere presi in considerazione gli interessi composti, in conformità con la comunicazione della Commissione sui tassi d’interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali (…)»;

una lettera della Commissione alla Repubblica italiana datata 29 gennaio 2004, che parimenti ricordava che gli interessi composti dovevano essere presi in considerazione per il calcolo dell’ammontare del rimborso in conformità con la comunicazione della Commissione sui tassi d’interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali (GU 2003, C 110, pag. 21);

una lettera della Repubblica italiana alla Commissione datata 17 gennaio 2005, con cui in nota allegata venivano trasmesse alla Commissione le cifre relative agli aiuti illegali, con la precisazione che «gli interessi [erano] stati calcolati in misura composta, così come indicato dagli Uffici della Commissione, sulla base del c.d. tasso di riferimento/attualizzazione nelle misure e decorrenze evidenziate nel sito internet dell’Unione europea».

32

La Repubblica italiana chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata;

condannare la Commissione alle spese.

33

La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la Repubblica italiana alle spese.

In diritto

34

In questa fase, la Repubblica italiana invoca un solo motivo a sostegno del proprio ricorso (v. supra, punti 24 e 25). Essa deduce che la decisione impugnata viola la normativa applicabile in quanto, per definire l’ammontare della penalità, la Commissione ha preteso che fossero conteggiati gli interessi composti sull’importo degli aiuti da recuperare. Orbene, secondo la giurisprudenza, per le decisioni di recupero che precedono l’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 794/2004 della Commissione, del 21 aprile 2004, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 2004, L 140, pag. 1), sarebbe possibile tener conto degli interessi composti soltanto se ciò corrispondesse al regime normalmente applicato nel diritto nazionale. Così non sarebbe nel caso di specie, applicandosi l’articolo 1283 del codice civile italiano, in base al quale gli interessi scaduti non generano automaticamente interessi.

35

La Commissione deduce che tale motivo dev’essere dichiarato irricevibile o inoperante o, in ogni caso, che dev’essere respinto in quanto infondato. Preliminarmente, la Commissione sostiene che il calcolo della penalità effettuato nella decisione impugnata non è stato influenzato dalla richiesta, fatta al punto 34 della decisione impugnata, in un obiter dictum, di tener conto degli interessi composti sugli aiuti illegali. Infatti, tale invito non modificherebbe l’ammontare della penalità stabilito dalla Commissione, che avrebbe solamente tenuto conto dei dati precedentemente forniti dalle autorità italiane. Peraltro, la Repubblica italiana non potrebbe comunque mettere in discussione la richiesta di tener conto degli interessi composti avanzata in quel momento del procedimento amministrativo, poiché la Corte si sarebbe basata sui dati forniti dall’Italia che prendevano in considerazione interessi composti allorché ha determinato l’importo base della penalità nella sentenza da porre in esecuzione (punto 64). La presa in considerazione degli interessi composti pertanto non solo sarebbe legittima alla luce dei criteri enunciati dalla normativa dell’Unione europea relativa al recupero degli aiuti e dell’accordo intervenuto tra le parti a tale proposito, ma beneficerebbe anche della forza di cosa giudicata della sentenza da eseguire.

Osservazioni preliminari

Contesto normativo

– Regolamento n. 659/1999

36

L’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1), rubricato «Recupero degli aiuti», così dispone ai paragrafi 2 e 3:

«2.   All’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l’aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero.

3.   (...) il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione (…)».

– Comunicazione della Commissione sui tassi d’interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali

37

La comunicazione della Commissione sui tassi d’interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’8 maggio 2003 (GU 2003, C 110, pag. 21), enuncia quanto segue:

«(...)

Nel contesto del leale rapporto di collaborazione tra la Commissione e gli Stati membri nell’esecuzione di determinate decisioni di recupero, è sorta la questione se il predetto tasso d’interesse debba essere applicato su base semplice o composta (...) Tenuto conto dell’obiettivo del recupero degli aiuti illegali e dell’importanza che esso assume nel sistema di controllo degli aiuti di Stato creato dal trattato, la Commissione ritiene urgente chiarire la sua posizione a questo riguardo.

(…)

Nella pratica di mercato, si utilizza l’interesse semplice quando il beneficiario del finanziamento non può disporre dell’importo degli interessi prima della fine del periodo, ad esempio quando gli interessi vengono pagati solo alla fine del periodo. Si calcola invece di norma l’interesse composto quando si può ritenere che per ogni anno (o per ogni periodo) venga pagato al beneficiario l’importo dell’interesse, il quale va pertanto ad incrementare il capitale iniziale. In tal caso, il beneficiario percepisce interessi sugli interessi pagati per ogni periodo.

(…) Sembrerebbe quindi che, nonostante la varietà delle situazioni, gli aiuti illegali abbiano l’effetto di fornire fondi al beneficiario a condizioni analoghe ad un prestito a medio termine senza interessi. L’applicazione di interessi composti appare pertanto necessaria per neutralizzare tutti i vantaggi [finanziari] risultanti da una tale situazione.

La Commissione desidera pertanto informare gli Stati membri e le parti interessate che in tutte le decisioni che essa adotterà in futuro per disporre il recupero di aiuti illegali verrà applicato il tasso di riferimento utilizzato per calcolare l’equivalente sovvenzione netto nell’ambito degli aiuti regionali su base composta. Conformemente alla normale pratica di mercato, la composizione dovrà effettuarsi su base annua. Allo stesso modo, la Commissione si aspetta che gli Stati membri applichino interessi composti all’atto dell’esecuzione delle decisioni di recupero ancora in corso, a meno che ciò non sia contrario ad un principio generale del diritto [dell’Unione]».

– Regolamento n. 794/2004

38

Gli articoli 9 e 11 del regolamento n. 794/2004, compresi nel capo V di quest’ultimo, trattano dei tassi di interesse per il recupero di aiuti illegittimi.

39

Intitolato «Metodo di fissazione dei tassi di interesse», l’articolo 9 del predetto regolamento così dispone al paragrafo 1:

«1.   Se non diversamente stabilito in una decisione specifica, il tasso di interesse da utilizzare per il recupero degli aiuti di Stato concessi in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, del trattato CE è un tasso percentuale annuo, fissato per ogni anno civile».

40

Intitolato «Metodo di applicazione degli interessi», l’articolo 11 del regolamento n. 794/2004 al paragrafo 2, così recita:

«Il tasso di interesse è applicato secondo il regime dell’interesse composto fino alla data di recupero dell’aiuto. Gli interessi maturati l’anno precedente producono interessi in ciascuno degli anni successivi».

41

L’articolo 13, primo comma, del regolamento n. 794/2004, contenuto nel capo VI, intitolato «Disposizioni finali», prevede l’entrata in vigore di detto regolamento il ventesimo giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Tale regolamento, essendo stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 30 aprile 2004, è entrato in vigore il 20 maggio 2004. Peraltro, secondo l’articolo 13, quinto comma, del medesimo regolamento, l’articolo 11 di quest’ultimo si applica a tutte le decisioni di recupero notificate successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento.

– Decisione di recupero

42

L’11 maggio 1999 la Commissione ha adottato la decisione di recupero, notificata alla Repubblica italiana il 4 giugno 1999 (v. supra, punto 1). Agli articoli 1 e 2 di tale decisione, la Commissione ha constatato che talune misure per l’impiego attuate dalla Repubblica italiana, che non soddisfacevano le condizioni enunciate da detti articoli, erano incompatibili con il mercato interno. L’articolo 3 della decisione di recupero così recita:

«L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che non soddisfano alle condizioni di cui agli articoli 1 e 2 già illegittimamente concessi.

Il recupero ha luogo conformemente alle procedure di diritto interno. Le somme da recuperare producono interessi dalla data in cui sono state messe a disposizione dei beneficiari fino a quella del loro recupero effettivo. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale».

– Diritto italiano

43

L’articolo 1283 del codice civile italiano dispone quanto segue:

«In mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi».

44

Diversamente dalla causa che ha dato luogo alla sentenza del 3 settembre 2015, A2A (C‑89/14, EU:C:2015:537, punti 1314), nessun’altra disposizione di diritto italiano è stata invocata dalle parti in quanto disposizione applicabile alla presente causa.

Elementi relativi alla determinazione dell’importo della penalità

45

Il 17 novembre 2011, nella sentenza da eseguire, la Corte ha condannato la Repubblica italiana a pagare una «penalità (...) per ogni semestre di ritardo nell’attuazione dei provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza [di inadempimento (EU:C:2004:207)]».

46

Al punto 2 del dispositivo della sentenza da eseguire, sono indicati i seguenti elementi relativi alla determinazione della penalità:

per ogni semestre di ritardo nell’attuazione dei provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza d’inadempimento;

la penalità è data dalla moltiplicazione dell’importo di base di EUR 30 milioni;

per la percentuale degli aiuti il cui recupero non è ancora stato effettuato;

calcolata rispetto all’importo degli aiuti non ancora recuperati al 17 novembre 2011.

47

Il 7 marzo 2013, nella prima decisione sull’importo della penalità (v. supra, punto 17, e punti 3 e 4 della decisione impugnata), la Commissione ha determinato in EUR 16533000 l’importo della penalità dovuta per il periodo dal 17 novembre 2011 al 17 maggio 2012, tenuto conto dei seguenti elementi:

l’importo degli aiuti da recuperare al 17 novembre 2011 è stato determinato in EUR 118175296;

l’importo degli aiuti non ancora recuperati al 17 maggio 2012 è stato fissato approssimativamente in EUR 65130279, ossia il 55,11% dell’importo corrispondente agli aiuti da recuperare al 17 novembre 2011;

moltiplicando la percentuale degli aiuti non ancora recuperati al 17 maggio 2012 (55,11%) per EUR 30 milioni si è ottenuto l’importo della penalità per il periodo dal 17 novembre 2011 al 17 maggio 2012, ossia EUR 16533000.

48

Il 6 dicembre 2013, ai punti da 77 a 79 della decisione impugnata, la Commissione ha determinato in EUR 6252000 l’importo della penalità dovuta per il periodo dal 17 maggio al 17 novembre 2012, tenuto conto dei seguenti elementi:

l’importo degli aiuti da recuperare al 17 novembre 2011 è stato determinato in EUR 118175296;

l’importo degli aiuti non ancora recuperati al 17 novembre 2012 è stato fissato in EUR 24627937,21, ossia il 20,84% dell’importo corrispondente agli aiuti da recuperare al 17 novembre 2011;

moltiplicando la percentuale degli aiuti non ancora recuperati al 17 novembre 2012 (20,84%) per EUR 30 milioni si è ottenuto l’importo della penalità per il periodo dal 17 maggio al 17 novembre 2012, ossia EUR 6252000.

49

È alla luce di tali osservazioni preliminari sul contesto giuridico e sugli elementi relativi alla determinazione dell’importo della penalità che devono valutarsi gli argomenti delle parti.

Giudizio del Tribunale

50

Con il motivo di ricorso in parola, la Repubblica italiana, in sostanza, deduce che la decisione impugnata dev’essere annullata in quanto, per determinare l’importo della penalità per il semestre dal 17 maggio al 17 novembre 2012, la Commissione ha illegittimamente preso in considerazione importi costituiti da interessi composti.

51

A tal proposito, in primo luogo, risulta che, per determinare l’importo degli aiuti da recuperare al 17 novembre 2011, data di pronuncia della sentenza da eseguire, i dati presi in considerazione dalla Commissione includevano in effetti interessi composti.

52

Così, al punto 25 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che «tutte le cifre riportate dalle autorità italiane corrispond[evano] agli importi delle misure di aiuto in essere nel 2007, alla data in cui gli ordini di riscossione ufficiali [erano] stati emessi». Al punto 32 della decisione impugnata, si precisa a tal proposito che «fino al 2007 le autorità italiane hanno applicato agli importi di aiuto in essere interessi composti, come concordato con i servizi della Commissione».

53

Parimenti, in risposta alla seconda misura di organizzazione del procedimento (v. supra, punto 26), la Commissione ha dichiarato che «le cifre corrispondenti agli importi delle misure di aiuto in essere nel 2007 erano state calcolate dalle autorità italiane applicando gli interessi composti sugli aiuti illegali».

54

In tale risposta, la Commissione ha ricordato quanto si evince dai punti da 29 a 33 della decisione impugnata, ossia che il 21 marzo 2013 le autorità italiane l’avevano informata che, contrariamente a quanto già concordato, esse avevano cessato, a partire dal 2007, di calcolare interessi, semplici o composti, e di applicarli agli aiuti illegali da recuperare. La Commissione ha anche precisato che «gli importi dovuti nel 2007 non sono mai stati attualizzati per tenere conto degli interessi applicabili» e che, per tale ragione, essa ha sollecitato le autorità italiane, al punto 34 della decisione impugnata, a calcolare gli interessi composti sugli aiuti illegali a partire dal 2007.

55

In udienza, le parti hanno parimenti convenuto di riconoscere che l’importo degli aiuti da recuperare al 17 novembre 2011 che è stato preso in considerazione nella decisione impugnata rappresenta la situazione espressa a valori del 2007 nel momento in cui la Corte ha pronunciato la propria sentenza. I dati presi in considerazione in quel momento sono pertanto stati definiti al 17 novembre 2011 a partire dai dati forniti dalla Repubblica italiana quando essa ha emesso ordini di riscossione ufficiali nel 2007. È pacifico che tali dati includevano, almeno fino al 2007, interessi composti.

56

Tenuto conto del fatto che l’importo degli aiuti da recuperare al 17 novembre 2011 includeva interessi composti, si deve considerare che l’importo della penalità dovuta per il semestre dal 17 maggio al 17 novembre 2012, calcolato secondo la formula illustrata ai precedenti punti 46 e 48, ha anch’esso preso in considerazione dati che includevano interessi composti. La decisione impugnata chiude, in quanto tale, la procedura di liquidazione della penalità dovuta per il semestre dal 17 maggio al 17 novembre 2012 e arreca pregiudizio alla Repubblica italiana, che può pertanto contestarne la legittimità deducendo a tal fine tutti i motivi di fatto e di diritto alle condizioni previste dal regolamento di procedura del Tribunale.

57

In secondo luogo, si deve quindi stabilire se vi sia una base giuridica che consenta l’applicazione di interessi composti nel caso di specie, cosa che la Repubblica italiana contesta nel suo ricorso.

58

Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario. L’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero comprende gli interessi, conformemente all’articolo 14, paragrafo 2, di detto regolamento. Tuttavia, quest’ultima disposizione non precisa se tali interessi debbano essere calcolati su base semplice o composta (sentenza del 3 settembre 2015, A2A, C‑89/14, EU:C:2015:537, punto 26).

59

Al riguardo occorre rilevare, anzitutto, che, se è vero che l’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento n. 794/2004 enuncia che il tasso di interesse è applicato secondo il regime dell’interesse composto fino alla data di recupero dell’aiuto e che gli interessi maturati l’anno precedente producono interessi in ciascuno degli anni successivi, si deve comunque constatare che tale disposizione è applicabile, conformemente all’articolo 13, quinto comma, del medesimo regolamento, solo alle decisioni di recupero notificate dopo la data di entrata in vigore di quest’ultimo, ossia dopo il 20 maggio 2004 (sentenza del 3 settembre 2015, A2A, C‑89/14, EU:C:2015:537, punto 27).

60

Pertanto, siccome la decisione di recupero, che ha dichiarato incompatibili con il mercato interno gli aiuti oggetto dell’azione di recupero di cui alla presente causa, è stata notificata alla Repubblica italiana il 4 giugno 1999, ossia prima dell’entrata in vigore del regolamento n. 794/2004, l’articolo 11, paragrafo 2, di quest’ultimo non è in quanto tale applicabile ratione temporis a detta causa (v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2015, A2A, C‑89/14, EU:C:2015:537, punto 28).

61

Per quanto attiene, poi, all’individuazione della normativa applicabile anteriormente all’entrata in vigore del regolamento n. 794/2004, per determinare se gli interessi debbano essere semplici o composti, occorre ricordare che, nella sentenza dell’11 dicembre 2008Commissione/Département du Loiret (C‑295/07 P, EU:C:2008:707, punto 46), la Corte ha constatato che, alla data di adozione della decisione controversa nella corrispondente causa, ossia al 12 luglio 2000, né il diritto dell’Unione né la giurisprudenza della Corte o del Tribunale precisavano se gli interessi da applicare al recupero degli aiuti andassero calcolati su base semplice o su base composta. In assenza di disposizioni del diritto dell’Unione in materia, la Corte ha considerato che la prassi della Commissione, dettagliata segnatamente nella sua lettera SG(91) D/4577 agli Stati membri, del 4 marzo 1991, ricollegava la questione dell’imposizione degli interessi alle modalità procedurali del recupero e rinviava, al riguardo, al diritto nazionale (sentenze dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret, C‑295/07 P, EU:C:2008:707, punti da 82 a 84, e del 3 settembre 2015, A2A, C‑89/14, EU:C:2015:537, punto 29).

62

Soltanto nella comunicazione sui tassi d’interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali, pubblicata l’8 maggio 2003, la Commissione ha annunciato espressamente che in tutte le decisioni che avrebbe adottato in futuro per disporre il recupero di aiuti illegittimi avrebbe applicato un tasso d’interesse composto e che si aspettava che gli Stati membri avrebbero applicato interessi composti in sede di esecuzione di ogni decisione di recupero (sentenze dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret, C‑295/07 P, EU:C:2008:707, punto 46, e del 3 settembre 2015, A2A, C‑89/14, EU:C:2015:537, punto 30).

63

Per quanto concerne la decisione di recupero, essa dispone, all’articolo 3, secondo comma, che il recupero dell’aiuto avvenga conformemente alle procedure nazionali, che le somme da recuperare producano interessi dalla data in cui sono state messe a disposizione dei beneficiari fino a quella del loro recupero effettivo, e che gli interessi siano calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale, senza tuttavia fornire ulteriori indicazioni circa la questione se detti interessi debbano essere applicati su base semplice o su base composta (v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2015, A2A, C‑89/14, EU:C:2015:537, punto 31).

64

Poiché detta decisione è stata notificata alla Repubblica italiana il 4 giugno 1999, ossia prima del cambiamento di prassi annunciato dalla Commissione nella comunicazione sui tassi d’interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali, occorre concludere, sul fondamento della giurisprudenza sviluppata nella sentenza dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret (C‑295/07 P, EU:C:2008:707), che spettava al diritto nazionale determinare se, nel caso di specie, il tasso d’interesse andasse applicato su base semplice o su base composta (v., per analogia, sentenza del 3 settembre 2015, A2A, C‑89/14, EU:C:2015:537, punto 32).

65

Su tale punto, come deduce la Repubblica italiana, risulta chiaramente dalla giurisprudenza avviata dalle sentenze dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret (C‑295/07 P, EU:C:2008:707), e del 3 settembre 2015, A2A (C‑89/14, EU:C:2015:537), che, per le decisioni di recupero che precedono l’entrata in vigore del regolamento n. 794/2004, è possibile tener conto degli interessi composti soltanto se ciò corrisponde al regime normalmente applicato nel diritto nazionale.

66

Pertanto, in assenza di altre disposizioni di diritto nazionale richiamate nella presente causa, si deve ritenere che la disciplina applicabile nella presente causa sia quella prevista dall’articolo 1283 del codice civile italiano, ai sensi del quale, secondo quanto esposto dalla Repubblica italiana senza che la Commissione abbia eccepito nulla sul punto, gli interessi scaduti non producono automaticamente interessi.

67

Dalle considerazioni che precedono discende che, nel prendere in considerazione, per stabilire l’importo della penalità dovuta per il semestre dal 17 maggio al 17 novembre 2012, somme relative ad importi di aiuti da recuperare che includevano interessi composti, la Commissione è quindi incorsa in un errore di diritto.

68

Nessuno degli argomenti dedotti dalla Commissione a tal proposito può rimettere in discussione tale conclusione.

69

In primo luogo, la Commissione si richiama all’esistenza di un accordo tra le parti relativo alla presa in considerazione degli interessi composti. Infatti, il punto 32 della decisione impugnata cita un accordo in proposito, rilevando che così era stato concordato «nel 2003 e (...) nel 2004, sulla base del regolamento n. 794/2004 (...) [cfr. lettere dei servizi della Commissione del 31 ottobre 2003 e del 29 gennaio 2004, seguite dalla lettera delle autorità italiane del 17 gennaio 2005 (…)])».

70

Tuttavia, leggendo i documenti citati nella decisione impugnata, prodotti in risposta alla quarta misura di organizzazione del procedimento (v. supra, punto 31) non si può che constatare che se la Repubblica italiana ha conteggiato gli interessi composti, è perché così ha espressamente richiesto la Commissione, in una lettera datata 31 ottobre 2003 che invocava disposizioni di diritto dell’Unione come base giuridica. In tali circostanze, quello che la Commissione presenta come un accordo tra le parti va piuttosto interpretato come un semplice atto di adesione da parte del destinatario della lettera della Commissione, sulla base di disposizioni successivamente risultate non applicabili. Infatti, la richiesta formulata dalla Commissione precede la pronuncia delle sentenze dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret (C‑295/07 P, EU:C:2008:707), e del 3 settembre 2015, A2A (C‑89/14, EU:C:2015:537), da cui si evince che, per quanto riguarda la determinazione del metodo di calcolo degli interessi, alla decisione di recupero va applicato il diritto nazionale e non il diritto dell’Unione.

71

In simili circostanze, poiché la decisione di recupero è stata notificata alla Repubblica italiana il 4 giugno 1999, la richiesta formulata dalla Commissione con riferimento al diritto dell’Unione non può aver prodotto l’effetto di rimettere in discussione la portata della normativa nazionale applicabile. Ammettere tale effetto comporterebbe una lesione del principio di tutela del legittimo affidamento e sarebbe contrario alle soluzioni elaborate dalla Corte nelle sentenze dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret (C‑295/07 P, EU:C:2008:707), e del 3 settembre 2015, A2A (C‑89/14, EU:C:2015:537).

72

Sotto un secondo profilo, nelle sue memorie e nelle sue risposte alle misure di organizzazione della procedura, la Commissione fa riferimento al punto 64 della sentenza da porre in esecuzione, per far valere che la Corte si sarebbe espressamente basata su dati, forniti dalle autorità italiane e elaborati in accordo con la Commissione, che includevano interessi composti.

73

A tal proposito, si deve sottolineare che, in detto punto, la Corte ha dichiarato, da un lato, che «[come] risulta[va] dalle discussioni svoltesi in udienza [del 12 maggio 2011], si [doveva] osservare che la Repubblica italiana e la Commissione concorda[va]no sull’importo totale degli aiuti distribuiti, che ammonta[va] a EUR 251271032,37» e, dall’altro lato, che «[la Commissione] ammette[va] che si [dovevano] considerare come recuperati aiuti per un importo complessivo di EUR 63062555».

74

Tali osservazioni hanno consentito alla Corte di prendere atto dello sviluppo avvenuto in udienza nell’argomentazione delle parti. Inizialmente, infatti, «[la] Commissione (...) rit[eneva] che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, la Repubblica italiana non avesse recuperato l’importo totale degli aiuti illegittimamente versati, ossia EUR 519958761,97 (...)», mentre «[l]a Repubblica italiana contesta[va] l’importo totale da recuperare, fissandolo a EUR 251271032,37, pur ammettendo che, al mese di luglio 2010, aveva ottenuto un rimborso di soli EUR 63062555,46, ai quali si [dovevano] tuttavia aggiungere EUR 73353387,28 a diverso titolo (...)» (sentenza da eseguire, punti 21, 23 e 24).

75

Il punto 64 della sentenza da eseguire continua parimenti il ragionamento del punto 63 in cui la Corte ha rilevato che «[era] pacifico che una parte sostanziale delle somme in questione non [era] stata ancora oggetto di recupero o che la prova di quest’ultimo non [era] stata fornita alla Commissione». I dati in cifre esposti al punto 64 per quanto concerne l’importo complessivo degli aiuti concessi e l’importo degli aiuti che si possono considerare come recuperati al mese di luglio 2010 consentono pertanto alla Corte di impostare la discussione sull’importo delle somme da recuperare. Tuttavia, contrariamente a quanto dedotto dalla Commissione, da nessun passaggio della sentenza da eseguire si evince che questa affronti la questione degli interessi composti. Non vi è alcun riferimento agli elementi da considerare per determinare l’importo delle somme da recuperare. Alla luce di ciò, non si può dedurre, dalla sentenza da eseguire, che essa intenda derogare, per la determinazione del metodo di calcolo degli interessi, ai principi citati nella precedente sentenza dell’11 dicembre 2008, Commissione/Département du Loiret (C‑295/07 P, EU:C:2008:707), confermata dalla successiva sentenza del 3 settembre 2015, A2A (C‑89/14, EU:C:2015:537). Discende pertanto dalle considerazioni che precedono che, nella sentenza da eseguire, la Corte non si è pronunciata, né nel dispositivo né nella motivazione, sulla questione degli interessi composti.

76

In terzo luogo, non si può condividere la posizione della Commissione allorché essa afferma preliminarmente che, nel suo motivo di ricorso, la Repubblica italiana contesta in realtà solo un obiter dictum, ossia il punto 34 della decisione impugnata, ove la Repubblica italiana è sollecitata «a calcolare ed applicare gli interessi per il periodo in questione (o a partire dal 2007) per tutti gli importi di aiuti in essere, vale a dire gli importi corrispondenti a tutti i beneficiari, inclusi quelli che hanno rimborsato l’aiuto parzialmente o completamente, al fine di rispettare i loro obblighi». Infatti, alla luce di quanto sopra esposto risulta che, su richiesta della Commissione, il tasso d’interesse è stato applicato su base composta per tutti gli importi di aiuti che sono stati oggetto dei dati presi in considerazione per calcolare gli elementi relativi alla determinazione dell’importo della penalità, almeno fino al 2007, e che la penalità stabilita nella decisione impugnata è stata calcolata sulla base di dati che includevano interessi composti. Inoltre, dal ricorso si evince che la Repubblica italiana contesta proprio tale presa in considerazione degli interessi composti e la sua possibile incidenza sulla determinazione dell’importo della penalità. Erroneamente dunque la Commissione ha dedotto che il presente motivo è inoperante.

77

Pertanto, la decisione impugnata dev’essere annullata in quanto, per determinare l’importo della penalità dovuta dalla Repubblica italiana per il semestre dal 17 maggio al 17 novembre 2012, la Commissione ha preso in considerazione importi di aiuti da recuperare che includevano interessi composti, contrariamente a quanto stabilito dal diritto nazionale applicabile.

Sulle spese

78

Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, risultata soccombente, dev’essere condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Repubblica italiana, conformemente alla domanda di quest’ultima.

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

dichiara e statuisce:

 

1)

La decisione della Commissione C(2013) 8681 final, del 6 dicembre 2013, è annullata.

 

2)

La Commissione europea è condannata alle spese.

 

Frimodt Nielsen

Dehousse

Collins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 giugno 2016.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’italiano.

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