52006DC0708

Libro Verde - Adattare il diritto del lavoro per garantire a tutti flessibilità e sicurezza /* COM/2006/0708 def. */


[pic] | COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE |

Bruxelles, 22.11.2006

COM(2006) 708 definitivo

LIBRO VERDE

Modernizzare il diritto del lavoro per rispondere alle sfide del XXI secolo

INDICE

1. Introduzione – Gli obiettivi del presente libro verde 2

2. Il diritto del lavoro nell'Unione europea – La situazione odierna 5

a. Sviluppi negli Stati membri 5

b. Azione a livello dell'UE 6

3. La principale sfida politica – Un mercato del lavoro flessibile e inclusivo 7

4. Modernizzazione del diritto del lavoro: temi per il dibattito 10

a. Le transizioni professionali 10

b. Insicurezza giuridica 11

c. Rapporti di lavoro triangolari 14

d. Organizzazione dell'orario di lavoro 15

e. Mobilità dei lavoratori 15

f. Aspetti del controllo dell'applicazione delle legislazioni e lavoro non dichiarato 16

1. INTRODUZIONE – GLI OBIETTIVI DEL PRESENTE LIBRO VERDE

L'obiettivo del presente libro verde è di lanciare un dibattito pubblico nell'UE al fine di riflettere sul modo di far evolvere il diritto del lavoro in modo tale da sostenere gli obiettivi della strategia di Lisbona: ottenere una crescita sostenibile con più posti di lavoro di migliore qualità. La modernizzazione del diritto del lavoro costituisce un elemento fondamentale per garantire la capacità di adattamento dei lavoratori e delle imprese. Questo obiettivo deve essere perseguito alla luce degli obiettivi comunitari del pieno impiego, della produttività del lavoro e della coesione sociale. Tale obiettivo è conforme all'invito del Consiglio europeo di mobilitare tutte le adeguate risorse nazionali e comunitarie al fine di promuovere una forza di lavoro preparata, formata e flessibile e mercati del lavoro in grado di rispondere alle sfide generate dal duplice impatto della mondializzazione e dell'invecchiamento demografico in Europa. Come sottolinea la relazione annuale di avanzamento della Commissione sulla crescita e l'occupazione: “ Accrescere la capacità di risposta dei mercati del lavoro europei è di fondamentale importanza per promuovere l'attività economica ed accrescere la produttività ”[1].

I mercati del lavoro europei debbono raccogliere la sfida consistente nel conciliare una maggiore flessibilità con la necessità di massimizzare la sicurezza per tutti[2]. La ricerca della flessibilità sul mercato del lavoro ha generato una crescente diversità delle forme dei contratti di lavoro, che possono essere molto differenti dal modello classico di contratto[3], sia dal punto di vista della sicurezza dell'occupazione e del reddito che da quello della stabilità relativa delle condizioni di lavoro e di vita che vi sono associate.

Nel 2003, nella sua relazione al Consiglio europeo, la Task force europea per l'occupazione, presieduta da Wim Kok, ha osservato che si potrebbe giungere ad un mercato del lavoro a due velocità con, da una parte, i lavoratori "integrati" con un posto di lavoro permanente e quelli "esclusi"[4], in particolare i disoccupati, le persone separate dal mercato del lavoro e quelle che si trovano in situazioni di lavoro precarie e informali. Questi ultimi occupano una zona "grigia" in cui i diritti fondamentali del lavoro o della protezione sociale possono essere considerevolmente ridotti, generando una situazione d'insicurezza per quanto riguarda le prospettive future di occupazione, con un impatto su scelte cruciali della loro vita privata (disporre di un alloggio, creare una famiglia, ecc.). Il ricorso a forme alternative di occupazione potrebbe aumentare ulteriormente in mancanza di misure volte ad adeguare i contratti di lavoro standard in modo tale da facilitare una maggiore flessibilità sia per i lavoratori che per le imprese. La Task force ha quindi chiesto immediatamente agli Stati membri di valutare ed eventualmente rivedere il grado di flessibilità previsto nei contratti standard per quanto riguarda i termini di preavviso, i costi e le procedure di licenziamento individuale o collettivo o la definizione di licenziamento abusivo[5].

Gli Orientamenti integrati sulla crescita e l'occupazione[6] sottolineano la necessità di adattare la legislazione del lavoro per promuovere la flessibilità insieme alla sicurezza dell'occupazione e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro. Anche il dialogo sociale svolge un ruolo essenziale nella ricerca di soluzioni collettive e/o a livello delle imprese, al fine di consentire ai lavoratori "integrati" ma anche agli "esclusi" di effettuare con successo le transizioni tra le varie situazioni lavorative, aiutando al tempo stesso le imprese a rispondere in modo flessibile alle necessità di un'economia incentrata sull'innovazione, nonché alle trasformazioni del panorama competitivo generate dalla ristrutturazione.

Altre componenti della politica che è alla base dell'approccio di "flessicurezza" comprendono l'apprendimento permanente, che consente agli individui di mantenersi a livello per quanto riguarda le nuove competenze richieste; le politiche attive del mercato del lavoro, che aiutano i disoccupati o gli inattivi a reintegrarsi in questo mercato; regole più flessibili nel settore della sicurezza sociale per rispondere alle esigenze delle persone che cambiano lavoro o abbandonano temporaneamente il mercato del lavoro.

Il presente libro verde esamina il ruolo che potrebbe svolgere il diritto del lavoro nel promuovere la "flessicurezza" nell'ottica di un mercato del lavoro più equo, più reattivo e più inclusivo, in grado di contribuire a rendere più competitiva l'Europa[7]. Esso intende:

- Identificare le principali sfide che non hanno ancora trovato una risposta soddisfacente e che sono il riflesso di un'evidente distanza tra i contesti giuridici e contrattuali esistenti, da un lato, e le realtà del mondo del lavoro, dall'altro. L'accento verte principalmente sul campo di applicazione personale del diritto del lavoro e non sulle questioni riguardanti il diritto del lavoro collettivo.

- Far partecipare i governi degli Stati membri, le parti sociali e le altre parti interessate a un dibattito aperto per esaminare in quale modo il diritto del lavoro può contribuire a promuovere la flessibilità combinata con la sicurezza del posto di lavoro, indipendentemente dalla forma del contratto, contribuendo in tal modo ad aumentare l'occupazione e a ridurre la disoccupazione.

- Stimolare il dibattito sui modi in cui i vari tipi di rapporti contrattuali, insieme a diritti del lavoro applicabili a tutti i lavoratori, potrebbero favorire la creazione di posti di lavoro ed avvantaggiare sia i lavoratori che le imprese, agevolando le transizioni nel mercato del lavoro, incoraggiando l'apprendimento permanente e sviluppando la creatività della manodopera nel suo insieme.

- Contribuire all'obiettivo "meglio legiferare" incoraggiando la modernizzazione del diritto del lavoro, senza dimenticare di considerare globalmente i suoi benefici e i suoi costi, per consentire ai lavoratori e alle imprese di comprendere meglio i loro diritti e i loro obblighi. È opportuno tenere conto dei problemi incontrati soprattutto dalle PMI per sostenere i costi amministrativi derivanti dalla legislazione comunitaria e nazionale.

Una consultazione pubblica sarà aperta sulle questioni sollevate dal libro verde per un periodo di quattro mesi[8]. Al termine di questa consultazione pubblica, le principali questioni e opzioni politiche identificate nelle risposte degli Stati membri, delle parti sociali e delle altre parti interessate saranno esaminate nel quadro di una comunicazione della Commissione nel 2007. Ciò deve essere considerato nel contesto di una serie di iniziative adottate dalla Commissione in collaborazione con gli Stati membri, in relazione con il tema più ampio della "flessicurezza". In particolare, sarà presentata nel giugno 2007 una comunicazione della Commissione sulla "flessicurezza": tale testo avrà lo scopo di definire entro la fine del 2007 gli argomenti a favore della "flessicurezza", nonché una serie di principi comuni volti ad aiutare gli Stati membri ad aumentare gli sforzi nel processo di riforma.

2. IL DIRITTO DEL LAVORO NELL'UNIONE EUROPEA – LA SITUAZIONE ODIERNA

a. Sviluppi negli Stati membri

Lo scopo iniziale del diritto del lavoro era di rimediare alle ineguaglianze economiche e sociali inerenti al rapporto di lavoro. Sin dalle origini, la legislazione del lavoro si è preoccupata di definire la situazione dell'occupazione come il principale fattore attorno al quale si sarebbero sviluppati vari diritti. Questo modello tradizionale riflette alcune ipotesi principali relative al rapporto di lavoro. Si tratta in particolare: i) dell'ipotesi di un'occupazione permanente a tempo pieno; ii) dell'ipotesi che i rapporti di lavoro sono disciplinati dal diritto del lavoro, intorno al contratto di lavoro; e iii) dell'ipotesi che un datore di lavoro unico è responsabile del rispetto degli obblighi che incombono ai datori di lavoro. È opportuno ricordare che le tradizioni nazionali sono molto diverse nella formulazione e nell'attuazione del diritto e della politica del lavoro.

La rapidità dei progressi tecnologici, l'intensificazione della concorrenza collegata alla globalizzazione, l'evoluzione della domanda dei consumatori e la crescita notevole del settore dei servizi sottolineano la necessità di aumentare la flessibilità. L'emergere della gestione "just-in-time", la tendenza delle imprese a rivedere la loro politica d'investimento a più breve termine, la diffusione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, oltre alle evoluzioni della domanda sempre più frequenti, hanno spinto le imprese a organizzarsi in modo più flessibile. Tutto ciò riguarda l'evoluzione dell'organizzazione e dell'orario di lavoro, i salari e il numero di dipendenti nelle varie fasi del ciclo produttivo. Questi cambiamenti hanno creato una domanda di maggiore diversificazione contrattuale, sia o no esplicitamente coperta dalla legislazione comunitaria e nazionale.

Il modello tradizionale del rapporto di lavoro può non essere adeguato a tutti i lavoratori assunti sulla base di contratti a durata indeterminata standard e chiamati a raccogliere la sfida dell'adeguamento alle trasformazioni e a raccogliere le opportunità della globalizzazione. Clausole e condizioni di lavoro eccessivamente protettive possono scoraggiare i datori di lavoro dall'assumere durante i periodi di ripresa economica. Modelli alternativi di rapporti contrattuali possono rafforzare la capacità delle imprese a sviluppare la creatività del loro personale nel suo insieme e a sviluppare i vantaggi concorrenziali.

Le riforme della legislazione relativa alla tutela dell'occupazione avviate dall'inizio degli anni '90 vertono soprattutto sull'ammorbidimento delle norme vigenti per favorire la diversità contrattuale[9]. La finalità di queste riforme era di sviluppare una flessibilità "marginale" vale a dire di instaurare forme di occupazione più flessibili con una minore tutela contro il licenziamento, al fine di facilitare l'accesso di nuovi venuti e di soggetti alla ricerca di un lavoro in posizione di svantaggio nel mercato del lavoro, consentendo a coloro che lo desideravano di avere una maggiore scelta in materia di opportunità di lavoro. I mercati del lavoro sono divenuti di conseguenza sempre più segmentati[10].

Gli sviluppi del dialogo sociale a livello nazionale, settoriale e dell'impresa, che tendono a introdurre nuove forme di flessibilità interna, mostrano inoltre che le regole applicabili al luogo di lavoro possono essere adeguate ai cambiamenti delle realtà economiche. L'evolversi dei rapporti tra diritto e accordi collettivi si riflette nel modo in cui tali accordi disciplinano nuove problematiche (ad esempio le ristrutturazioni, la competitività, l'accesso alla formazione) e si applicano a nuove categorie di lavoratori (come i lavoratori temporanei). Gli accordi collettivi non svolgono più un ruolo meramente ausiliario di completamento delle disposizioni legali relative alle condizioni di lavoro. Essi sono oggi importanti strumenti che adeguano principi legali alle specifiche situazioni economiche e alle circostanze particolari di specifici settori.

b. Azione a livello dell'UE

A livello dell'UE, una serie di misure legislative e politiche, oltre a numerosi studi analitici, sono stati varati al fine di determinare come associare nuove forme di lavoro flessibili a un minimo di diritti sociali per tutti i lavoratori.

Il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro per il lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro temporaneo e il lavoro stagionale è stato inizialmente sottolineato nella Carta sociale del 1989 e nel successivo programma di attuazione della Carta sociale[11]. Un periodo d'intenso dibattito sull'opportunità di prendere iniziative a livello comunitario per quanto riguarda questi rapporti di lavoro ha portato all'adozione delle direttive sul lavoro a tempo parziale[12] e sul lavoro a tempo determinato[13], che hanno reso vincolanti gli accordi quadro delle parti sociali europee che stabiliscono il principio di eguaglianza di trattamento tra i lavoratori a tempo parziale e a tempo determinato e i lavoratori a tempo pieno.

Nel 2000, la Commissione ha lanciato una prima fase di consultazione delle parti sociali sulla modernizzazione dei rapporti di lavoro, che ha portato all'adozione dell'accordo quadro sul telelavoro nel 2002[14]. Nel 2002 la Commissione ha adottato una proposta di direttiva sulle norme minime relative alle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei[15], sulla quale il Consiglio non ha raggiunto sino ad oggi una posizione comune.

Sono stati pubblicati approfonditi studi sull'evoluzione del diritto del lavoro nell'UE-15 nel corso del periodo 1992 –2003[16]. I risultati di tali studi sono stati presentati alla conferenza "Labour Law in Europe: Steps towards 2010” (Il diritto del lavoro in Europa: il cammino verso il 2010), organizzata dalla Presidenza olandese nel 2004, con il sostegno della Commissione[17]. Sono in corso di realizzazione altri studi per paese destinati a coprire lo sviluppo del diritto del lavoro nell'UE-25 e in Bulgaria e Romania.

La tutela delle condizioni di lavoro e il miglioramento della qualità del lavoro negli Stati membri dipende in primo luogo dalla normativa nazionale e dall'efficacia delle misure repressive e di controllo del rispetto della legislazione adottate a livello nazionale. Al livello dell'UE, l' acquis sociale sostiene e integra l'azione degli Stati membri in materia.

Grazie al suo sostegno e a una serie di strumenti politici, come il dialogo sociale europeo e a misure finanziarie come il Fondo sociale europeo, Progress o la proposta di istituire un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, la Commissione europea funge anche da catalizzatore per sostenere l'azione degli Stati membri e le parti sociali al fine di rafforzare gli obiettivi di Lisbona in materia di crescita e di occupazione. Il coordinamento delle politiche nell'ambito del partenariato per la crescita e l'occupazione e i metodi aperti di coordinamento nel settore delle politiche dell'integrazione sociale consentono del resto di garantire la piena mobilità dei lavoratori in Europa nel quadro dei trattati. Tali metodi coniugano obiettivi ed azioni concrete, fissati a livello dell'UE, che sono successivamente applicati sotto forma di piani d'azione nazionali, attraverso il ricorso a misure di riferimento e di indicatori al fine di valutare i progressi compiuti, nonché attraverso lo scambio di esperienze e la valutazione da parte di interlocutori di pari livello, in modo da trarre insegnamenti dalle buone prassi.

3. LA PRINCIPALE SFIDA POLITICA – UN MERCATO DEL LAVORO FLESSIBILE E INCLUSIVO

Si è avuta una proliferazione di varie forme contrattuali in mancanza di un opportuno adeguamento del diritto del lavoro e delle convenzioni collettive all'evoluzione rapida dell'organizzazione del lavoro e della società. Utilizzando questi contratti atipici, le imprese si sforzano di rimanere competitive in un'economia globalizzata, evitando in particolare i costi derivanti dal rispetto delle norme relative alla protezione del posto di lavoro, i termini di preavviso e il pagamento dei contributi sociali che vi sono associati. Anche i vincoli amministrativi collegati all'impiego dei lavoratori regolari hanno un considerevole impatto sulla creazione di posti di lavoro, in particolare nelle piccole imprese[18]. I contratti atipici e i contratti standard flessibili consentono alle imprese di adeguarsi rapidamente all'evoluzione delle scelte dei consumatori e delle tecnologie e a nuove opportunità per attrarre e mantenere una manodopera più diversificata, grazie ad un migliore adeguamento dell'offerta e della domanda di manodopera. I lavoratori, dal canto loro, hanno maggiori opzioni, in particolare per quanto riguarda l'organizzazione dell'orario di lavoro, le possibilità di carriera, un migliore equilibrio tra la vita familiare e professionale e la formazione, oltre ad una maggiore responsabilità personale.

I contratti a tempo determinato, i contratti a tempo parziale, i contratti di lavoro intermittente, i contratti "zero ore", i contratti proposti ai lavoratori reclutati da agenzie di lavoro temporaneo, i contratti proposti ai lavoratori indipendenti, ecc. costituiscono oggi parte integrante delle caratteristiche dei mercati del lavoro europei. La quota dell'occupazione totale rappresentata dai lavoratori reclutati in base a contratti diversi dal modello contrattuale standard e da coloro hanno uno status di lavoratori indipendenti è aumentato dal 2001 da più del 36% nel 2001 a circa il 40% della forza lavoro dell'UE-25 nel 2005[19]. L'occupazione a tempo parziale, espressa come percentuale dell'occupazione totale, è aumentata dal 13% al 18% dell'occupazione totale negli ultimi 15 anni. Essa ha dato un contributo maggiore (circa il 60%) alla creazione di posti di lavoro dopo il 2000 rispetto all'occupazione standard a tempo pieno. Il lavoro a tempo parziale resta principalmente una caratteristica del lavoro femminile – poiché riguarda circa un terzo delle donne che hanno un lavoro, contro solo il 7% degli uomini. L'occupazione a tempo determinato è aumentata in percentuale dell'occupazione totale dal 12% nel 1998 a più del 14% nel 2005 nell'UE-25. Contrariamente al lavoro a tempo parziale, nel lavoro a tempo determinato non vi sono differenze significative tra i sessi[20]. Considerando che la partecipazione a queste forme di contratto è in aumento, sarebbe forse necessario esaminare il grado di flessibilità previsto dai contratti standard in modo tale da aumentare la loro capacità di facilitare l'assunzione, il mantenimento e i progressi nel mercato del lavoro.

Anche il lavoro autonomo è un mezzo per far fronte alle esigenze di ristrutturazione, di riduzione dei costi diretti o indiretti della manodopera e di gestione delle risorse in modo più flessibile in circostanze economiche impreviste. Esso riflette inoltre la scelta di un modello commerciale da parte di imprese orientate verso la fornitura di servizi e che portano a compimento progetti completi per i loro clienti. In molti casi il lavoro autonomo riflette la libera scelta di svolgere un'attività indipendente malgrado i livelli inferiori di protezione sociale in cambio di un controllo più diretto sulle condizioni di lavoro e di retribuzione. I lavoratori autonomi erano più di 31 milioni nell'UE-25 nel 2005, vale a dire il 15% del totale della forza lavoro[21]. Coloro che lavorano per conto proprio, senza l'assistenza di lavoratori dipendenti, rappresentano il 10% dei lavoratori nell'UE-25. Mentre l'agricoltura e il commercio al dettaglio comprendono sempre il maggior numero di persone appartenenti a questa categoria, questa forma di lavoro è una caratteristica sempre più presente nei settori delle costruzioni e dei servizi alle persone che fanno ricorso all'esternalizzazione, al subappalto e al lavoro nell'ambito di progetti.

Risulta tuttavia che la diversificazione dei tipi di contratti può avere alcuni effetti negativi[22]. Una parte dei lavoratori rischiano di cadere ancora nella trappola di un succedersi di attività di breve durata e di bassa qualità, con un insufficiente livello di protezione sociale, che li lascia in una situazione di vulnerabilità. Questi impieghi possono tuttavia servire da trampolino per alcune persone, spesso quelle che hanno particolari difficoltà, per integrarsi nel mercato del lavoro.

Le cifre per l'UE-15 mostrano che circa il 60% delle persone che erano state reclutate sulla base di contratti atipici nel 1997 disponevano di contratti standard nel 2003. Tuttavia, il 16% di loro si trovavano sempre nella stessa situazione e il 20% aveva abbandonato il mercato del lavoro[23]. Il rischio di essere in una posizione di debolezza sul mercato del lavoro comporta anche una forte dimensione di genere e di intergenerazionalità, poiché le donne e i lavoratori più anziani, ma anche i giovani assunti in base a contratti atipici, hanno minori possibilità di migliorare la loro situazione su questo mercato[24]. È opportuno tuttavia tenere conto del fatto che gli Stati membri registrano tassi di transizione molto diversi.

La recente relazione sull'Occupazione in Europa 2006[25] fa riferimento a dati secondo i quali l'esistenza di una legislazione troppo rigidamente protettiva dell'occupazione tende a ridurre il dinamismo del mercato lavoro, aggravando le prospettive di lavoro delle donne, dei giovani e dei lavoratori più anziani. Tale relazione sottolinea che una deregolamentazione marginale che mantiene praticamente intatte le rigide regole applicabili ai contratti standard tende a favorire la segmentazione dei mercati del lavoro e influisce negativamente sulla produttività. Sottolinea inoltre che i lavoratori si sentono meglio protetti da un sistema di aiuti in caso di disoccupazione che non dalla legislazione che tutela l'impiego. Regimi di sussidi di disoccupazione ben concepiti, uniti a politiche attive del mercato del lavoro, sembrano costituire una migliore assicurazione contro i rischi connessi al mercato del lavoro.

Nel contesto della globalizzazione, del processo di ristrutturazione e della progressione verso un'economia fondata sulla conoscenza, i mercati del lavoro europeo devono essere al tempo stesso più inclusivi e più reattivi all'innovazione e al cambiamento. I lavoratori potenzialmente vulnerabili devono avere la possibilità di progredire socialmente per migliorare la loro mobilità e affrontare con successo le loro transizioni sul mercato del lavoro. Le norme giuridiche che sottendono il rapporto di lavoro tradizionale non danno forse un sufficiente margine di manovra ai lavoratori reclutati sulla base di contratti a durata indeterminata standard per esplorare le opportunità di una maggiore flessibilità sul lavoro e non li incoraggiano ad agire in questo senso. La corretta gestione dell'innovazione e del cambiamento implica che i mercati del lavoro prendano in considerazione tre aspetti principali: la flessibilità, la sicurezza nell'occupazione e la segmentazione. Il presente libro verde si propone di stimolare la discussione sulla questione di sapere se un quadro regolamentare più "reattivo" sia necessario per rafforzare la capacità dei lavoratori ad anticipare e gestire i cambiamenti, indipendentemente dalla tipologia dei contratti – a durata indeterminata o a durata determinata atipica.

Domande 1. Quali sarebbero secondo voi le priorità di un programma coerente di riforma del diritto del lavoro? 2. L'adattamento del diritto del lavoro e degli accordi collettivi può contribuire a migliorare la flessibilità e la sicurezza dell'occupazione e a ridurre la segmentazione del mercato del lavoro? Se sì, come? 3. La regolamentazione esistente – sotto forma di leggi e/o di contratti collettivi – frena o stimola le imprese e i lavoratori nei loro sforzi per cogliere le opportunità di aumentare la produttività e di adeguarsi alle nuove tecnologie e ai cambiamenti collegati alla concorrenza internazionale? Come può essere migliorata la qualità della regolamentazione applicabile alle PMI, mantenendone gli obiettivi? 4. Come facilitare il reclutamento mediante contratti a tempo indeterminato e determinato, sia per via legislativa sia attraverso accordi collettivi, in modo da aumentare la flessibilità di tali contratti garantendo al tempo stesso un livello sufficiente di sicurezza dell'occupazione e di protezione sociale? |

4. MODERNIZZAZIONE DEL DIRITTO DEL LAVORO: TEMI PER IL DIBATTITO

A. Le transizioni professionali

Nella maggior parte degli Stati membri, le legislazioni del lavoro e della sicurezza sociale sono state concepite per garantire la protezione dei lavoratori dipendenti in particolari posti di lavoro. Esse non sono forse in grado di aiutare i lavoratori nella loro transizione da uno status all'altro, nel quadro di interruzioni subite (ad esempio licenziamento e disoccupazione) o volontarie del lavoro (ad esempio congedi di formazione, responsabilità familiari, congedi sabatici e congedo parentale). Anche i problemi delle donne, che sono rappresentate in modo più che proporzionale in queste nuove forme di lavoro e devono affrontare ostacoli per accedere all'integralità dei diritti e delle prestazioni sociali, devono essere affrontati.

Le possibilità di accedere al mercato del lavoro, di rimanervi e di farvi progressi variano notevolmente, poiché la legislazione relativa alla protezione dell'occupazione e la regolamentazione dei contratti a livello nazionale hanno entrambe un forte impatto sulle transizioni tra le varie situazioni lavorative, in particolare per quanto riguarda la condizione dei disoccupati di lunga durata e degli "esclusi" reclutati per impieghi precari. Tra le misure normative che agevolano le transizioni sul mercato del lavoro, frutto del dialogo sociale a livello nazionale, figurano la legge olandese sulla flessibilità e la sicurezza del 1999, la legge austriaca sulle indennità di licenziamento ( Abfertigungsrecht ) del 2002[26] e il decreto spagnolo del 2006 che facilita la conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato con indennità di licenziamento ridotte[27]. La riforma austriaca costituisce un esempio interessante dell'evoluzione radicale di un sistema basato sul rapporto di lavoro tradizionale tra un lavoratore e un'impresa verso un sistema più globale che si basa su un fondo che gestisce "conti di risparmio individuali" a livello nazionale. Il legame tra il licenziamento da parte di un datore di lavoro e il versamento di un'indennità di licenziamento una tantum è stato soppresso. Queste nuove regole consentono ai lavoratori di lasciare un posto di lavoro quando ne trovano un altro, piuttosto che restarvi per timore di perdere le indennità collegate. La riforma ha consentito di eliminare la minaccia che poteva far pesare, sull'esistenza di un'impresa, l'obbligo improvviso di sopportare i costi di licenziamento, mentre il contributo di un datore di lavoro al fondo di gestione dei "conti di risparmio individuali" può essere ripartito nel tempo. Dal punto di vista del lavoratore dipendente, questo nuovo sistema riduce il costo della mobilità professionale nella misura in cui i lavoratori non perdono più la totalità dei loro diritti a indennità di licenziamento quando passano a un nuovo impiego.

L'adozione di un approccio di lavoro "lungo tutto il ciclo di vita" può richiedere di spostare l'accento dalla preoccupazione di proteggere particolari posti di lavoro alla creazione di un quadro di sostegno in grado di garantire la sicurezza dell'occupazione, compresa un'assistenza sociale e misure attive di sostegno ai lavoratori durante i periodi di transizione. È ciò che ha fatto la Danimarca, combinando una legislazione di protezione "leggera" dell'occupazione, un'intensificazione di misure attive del mercato del lavoro, un notevole investimento nella formazione e sussidi di disoccupazione generosi nel rispetto di condizioni rigide.

Domande 5. Sarebbe utile prendere in considerazione una combinazione di una normativa di tutela dell'occupazione più flessibile e di una ben congegnata assistenza per i disoccupati, sotto forma di compensazioni per la perdita di reddito (politiche passive del mercato del lavoro) ma anche di politiche attive del mercato del lavoro? 6. Quale può essere il ruolo della legge e/o degli accordi collettivi negoziati dalle parti nella promozione dell'accesso alla formazione e le transizioni tra le varie forme di contratto, al fine di sostenere la mobilità verticale lungo tutto l'arco di una vita professionale pienamente attiva? |

b. Insicurezza giuridica

L'apparizione di forme di lavoro atipico diversificate ha reso meno chiare le frontiere tra il diritto del lavoro e il diritto commerciale. La tradizionale distinzione binaria tra "lavoratore dipendente" e "lavoratore autonomo" non riflette più fedelmente la realtà economica e sociale del lavoro. Possono insorgere controversie a proposito della natura giuridica di un rapporto di lavoro quando tale natura è mascherata o quando si pongono vere difficoltà per far coincidere nuove modalità di lavoro dinamiche con il rapporto di lavoro tradizionale.

Il lavoro subordinato può venire celato sotto le apparenze di altri tipi di rapporto, al fine di dissimulare la sua reale situazione giuridica e di evitare taluni costi come i prelievi fiscali obbligatori e i contributi di sicurezza sociale. Questa pratica illegale può risultare da un ricorso improprio alle disposizioni del diritto civile o commerciale.

Le misure adottate a livello nazionale per combattere il fenomeno del lavoro "mascherato", spesso elaborate in collaborazione con le parti sociali, vanno dall'introduzione di presunzioni legali obbligatorie[28] a un migliore controllo dell'applicazione della legislazione, e comprendono anche campagne mirate e iniziative specialmente concentrate sull'informazione e la sensibilizzazione[29]. A causa della mancanza di chiarezza della definizione giuridica dello statuto di lavoratore autonomo fornita dalle disposizioni legislative e amministrative nazionali, alcuni individui, che pensano di essere "autonomi", possono a volte essere considerati come lavoratori dipendenti dalle amministrazioni fiscali o della sicurezza sociale. Di conseguenza, il lavoratore autonomo/dipendente e il suo cliente/datore di lavoro principale possono vedersi costretti a pagare contributi sociali supplementari[30]. La Commissione ha sottolineato che il problema delle persone che si fanno passare per lavoratori autonomi al fine di aggirare la legislazione nazionale[31] deve essere affrontato principalmente dagli Stati membri[32].

Il concetto di " lavoro economicamente dipendente" comprende situazioni che non rientrano né nella nozione ben stabilita di lavoro dipendente, né in quella del lavoro autonomo. Questa categoria di lavoratori non dispone di un contratto di lavoro. Essi possono non ricadere nell'ambito d'applicazione della legislazione del lavoro poiché occupano una "zona grigia" tra il diritto del lavoro e il diritto commerciale. Anche se formalmente "autonomi", essi rimangono economicamente dipendenti da un solo committente o cliente/datore di lavoro per il loro reddito[33]. Questo fenomeno dovrebbe essere chiaramente distinto dall'utilizzazione, deliberatamente falsa, della qualificazione di lavoro autonomo. Alcuni Stati membri hanno già adottato misure legislative per proteggere la situazione giuridica dei lavoratori autonomi economicamente dipendenti e vulnerabili[34].

Se è vero che questi approcci sono stati in qualche modo preliminari e parziali, essi riflettono tuttavia gli sforzi compiuti dai legislatori, dai tribunali e dalle parti sociali per risolvere i problemi che si pongono in questo settore complesso. L'"approccio mirato" del Regno Unito che introduce nella sua legislazione del lavoro vari diritti ed obblighi per i "lavoratori dipendenti" ( employees) ed i "lavoratori" (" workers ") è un esempio del modo in cui alcune categorie di lavoratori vulnerabili coinvolti in rapporti di lavoro complessi si vedono attribuire diritti minimi senza beneficiare dell'intera gamma dei diritti del lavoro derivanti dai contratti di lavoro classici[35]. I diritti collegati alla protezione contro la discriminazione, alla protezione della salute e della sicurezza, alle garanzie di salario minimo, oltre che alla protezione dei diritti di negoziazione collettiva, sono stati selettivamente estesi ai lavoratori economicamente dipendenti in alcuni Stati membri. Altri diritti, in particolare in materia di preavviso di licenziamento, tendono ad essere concessi solo ai lavoratori dipendenti regolari che hanno compiuto un determinato periodo di lavoro ininterrotto per un determinato datore di lavoro.

A livello comunitario, la regolamentazione delle condizioni di lavoro degli agenti commerciali autonomi mostra che le regole del mercato interno possono avvicinarsi a taluni aspetti del diritto del lavoro. Al fine di garantire la protezione minima degli agenti commerciali autonomi nei loro rapporti con i loro committenti, la direttiva 86/653/CEE[36] contiene disposizioni concernenti in particolare il pagamento della loro retribuzione; le condizioni di trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato; il risarcimento del danno causato dalla risoluzione di un contratto.

Si è sostenuta la necessità di introdurre requisiti minimi in tutti i contratti di lavoro individuali riguardanti servizi effettuati da lavoratori autonomi economicamente dipendenti[37]. Pur aumentando la certezza e la trasparenza e garantendo un livello minimo di tutela per i lavoratori autonomi, tali requisiti potrebbero tuttavia avere l'effetto di limitare la portata di questi accordi contrattuali.

Domande 7. Le definizioni giuridiche nazionali del lavoro dipendente e del lavoro autonomo devono essere chiarite in modo da facilitare le transizioni in buona fede tra lo status di lavoratore dipendente e quello di lavoratore autonomo e viceversa? 8. È necessario prevedere un "nucleo di diritti" relativo alle condizioni di lavoro di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla forma del loro contratto di lavoro? Quale sarebbe, secondo voi, l'impatto di tali requisiti minimi sulla creazione di posti di lavoro e la tutela dei lavoratori? |

c. Rapporti di lavoro triangolari

Lo sviluppo del lavoro temporaneo ha portato alla modifica delle legislazioni del lavoro di alcuni Stati membri per determinare le responsabilità rispettive del datore di lavoro e dell'impresa utilizzatrice, al fine di proteggere i diritti dei lavoratori. Il "rapporto di lavoro triangolare" tra un'impresa utilizzatrice, un lavoratore dipendente e un'agenzia corrisponde generalmente alla situazione nella quale un lavoratore temporaneo è reclutato da un'agenzia, poi messo a disposizione di un'impresa utilizzatrice per effettuarvi prestazioni in virtù di un contratto commerciale. La "dualità dei datori di lavoro" che ne deriva aumenta la complessità del rapporto di lavoro[38].

Nella maggior parte degli Stati membri, il lavoro tramite agenzie di lavoro temporaneo è disciplinato da un insieme di leggi, accordi collettivi e autoregolamentazioni[39]. La proposta della Commissione concernente una direttiva relativa ai lavoratori delle agenzie fornitrici di lavoro temporaneo intende stabilire un principio di non discriminazione in grado di garantire che questi lavoratori non siano trattati meno favorevolmente dei lavoratori "regolari" di "un'impresa utilizzatrice"[40].

Problemi analoghi possono porsi quando i lavoratori sono coinvolti in lunghe catene di subappalto. Numerosi stati hanno tentato di risolvere questi problemi stabilendo un sistema di responsabilità congiunta e solidale dei contraenti principali nei confronti degli obblighi dei loro subappaltatori. Questo sistema incoraggia i contraenti principali a garantire il rispetto della legislazione del lavoro da parte dei loro partner commerciali. Tuttavia, alcuni hanno sostenuto che tali norme potevano servire a limitare il subappalto a società estere, ostacolando in tal modo la libera prestazione di servizi nel mercato interno. La recente giurisprudenza relativa al distacco dei lavoratori ha stabilito che questo sistema faceva parte delle modalità procedurali accettabili che consentono di ottenere il rispetto del diritto al salario minimo, a condizione che questa forma di tutela dei lavoratori sia necessaria e proporzionata all'obiettivo perseguito e conforme all'interesse generale[41].

Domande 9. Ritenete che le responsabilità delle varie parti nell'ambito di rapporti di lavoro multipli dovrebbero essere precisate per determinare a chi incombe la responsabilità del rispetto dei diritti del lavoro? Sarebbe realizzabile ed efficace ricorrere alla responsabilità sussidiaria per stabilire questa responsabilità nel caso dei subappaltatori? In caso di risposta negativa, vedete altri mezzi che consentano di garantire una sufficiente tutela dei lavoratori nei "rapporti di lavoro triangolari"? 10. È necessario chiarire lo statuto dei lavoratori impiegati dalle agenzie fornitrici di lavoro temporaneo? |

d. Organizzazione dell'orario di lavoro

Il mancato accordo al Consiglio straordinario EPSCO del 7 novembre 2006 sottolinea quanto le disposizioni della direttiva 2003/88/CE e della relativa giurisprudenza della Corte di giustizia[42] costituiscano una particolare sfida per alcuni settori come quello della salute.

La Commissione sta attualmente riesaminando la situazione alla luce dello stallo verificatosi in Consiglio.

Domanda 11. Come si potrebbero modificare i requisiti minimi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro al fine di offrire una maggiore flessibilità ai datori di lavoro e ai lavoratori, garantendo al tempo stesso un elevato livello di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori? Quali dovrebbero essere gli aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro da trattare in via prioritaria da parte della Comunità? |

e. Mobilità dei lavoratori

L'applicazione coerente del diritto del lavoro europeo può essere minacciata, in particolare nel contesto transnazionale delle attività delle imprese e della fornitura dei servizi, a causa della varietà delle definizioni di lavoratore date nelle diverse direttive. Ciò è fonte di particolare preoccupazione quando si tratta della situazione dei lavoratori frontalieri[43].

Al di fuori del settore particolare della libera circolazione dei lavoratori, la maggior parte dei testi legislativi dell'UE in rapporto con il diritto del lavoro lascia agli Stati membri il compito di definire il "lavoratore". Alcuni hanno sostenuto che gli Stati membri devono mantenere un margine di valutazione per decidere l'ampiezza della definizione di lavoratore contenuta nelle varie direttive. Tuttavia, tale rinvio costante al diritto nazionale piuttosto che al diritto comunitario potrebbe indebolire la tutela del lavoratore, in particolare quando è in gioco la libertà di circolazione. Una serie di difficoltà collegate alle divergenti definizioni del lavoratore sono venute alla luce in particolare nel quadro dell'attuazione delle direttive sul distacco dei lavoratori e il trasferimento di imprese. In tali circostanze, le diversità nell'estensione delle definizioni di "lavoratore" sono difficilmente conciliabili con gli obiettivi di politica sociale della Comunità, consistenti nel raggiungere un equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza per i lavoratori.

Domanda 12. Come è possibile garantire nell'insieme della Comunità i diritti del lavoro di lavoratori che effettuano prestazioni in un contesto transnazionale, in particolare dei lavoratori frontalieri? Ritenete che sia necessario migliorare la coerenza delle definizioni di "lavoratore" contenute nelle direttive europee, in modo da garantire che questi lavoratori possano esercitare i loro diritti connessi alle loro attività lavorative, quale che sia lo Stato membro nel quale lavorano? O ritenete che gli Stati membri debbano mantenere un margine di manovra in questo settore? |

f. Aspetti del controllo dell'applicazione delle legislazioni e lavoro non dichiarato

I meccanismi di controllo dell'applicazione delle legislazioni dovrebbero essere sufficienti per garantire il buon funzionamento e l'adattabilità dei mercati del lavoro, prevenire le violazioni del diritto del lavoro a livello nazionale e proteggere i diritti dei lavoratori nel futuro mercato europeo del lavoro[44]. In questo contesto, il lavoro non dichiarato appare come una caratteristica particolarmente preoccupante e persistente degli attuali mercati del lavoro, spesso associata a movimenti transfrontalieri di manodopera. Principale fattore del dumping sociale, esso è responsabile non solo dello sfruttamento dei lavoratori, ma anche di distorsioni della concorrenza. Nell'ottobre del 2003 il Consiglio ha adottato una risoluzione che chiede agli Stati membri di affrontare questo problema[45]. Tra le misure proposte figurano misure preventive e sanzioni, ma anche la conclusione di partnership fra le parti sociali e i poteri pubblici a livello nazionale per lottare contro il lavoro non dichiarato. Tali misure rivestono attualmente la forma di una miscela di misure di incentivo alla trasformazione del lavoro non dichiarato in impiego regolare, sanzioni e penalità, legami rafforzati con il sistema fiscale e delle prestazioni sociali, semplificazioni amministrative o fiscali.

Per l'UNICE/UEAPME, il CEEP e la CEES questo problema fa parte, nel quadro dell'equilibrio da individuare tra flessibilità e sicurezza, delle questioni che devono essere oggetto di un analisi comune nel programma di lavoro delle parti sociali europee per il 2006-2008[46].

I ministri del lavoro e i loro servizi possono svolgere un ruolo cruciale nel controllo dell'applicazione della legge, raccogliendo dati affidabili sulle tendenze del mercato del lavoro e sull'evoluzione delle forme di lavoro e di occupazione, adottando sanzioni effettive e dissuasive per lottare contro il lavoro non dichiarato e i rapporti di lavoro mascherati. Nel caso dei lavoratori mobili nei trasporti stradali e marittimi, la natura transnazionale ed extraterritoriale di questi settori rende particolarmente difficile il controllo dell'applicazione della legge[47].

È necessaria una cooperazione più efficace tra le varie istanze di controllo amministrative a livello nazionale, in particolare l'ispettorato del lavoro, l'amministrazione della sicurezza sociale e l'amministrazione fiscale. Il rafforzamento delle risorse e il miglioramento delle conoscenze tecniche di queste istanze di controllo, oltre al consolidamento della loro collaborazione con alcuni partner, possono contribuire a ridurre le cause del lavoro non dichiarato.

Un rafforzamento della cooperazione amministrativa a livello dell'UE può inoltre aiutare gli Stati membri ad individuare gli abusi e l'elusione delle norme del diritto del lavoro ed a combatterli garantendo in tal modo il rispetto del diritto comunitario. L'articolo 10 del trattato CE fissa una regola generale che impone agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie obblighi reciproci di cooperazione e di assistenza effettivi ed esige che tutte le misure adeguate siano adottate per facilitare la realizzazione della missione della Comunità. Pratiche illegali con una dimensione internazionale sottolineano ulteriormente la necessità di rafforzare tale collaborazione a livello dell'UE, per migliorare le strategie e i mezzi d'ispezione utilizzati per analizzare le prassi e le condizioni di lavoro.

Domande 13. Ritenete che sia necessario rafforzare la cooperazione amministrativa tra le autorità competenti, in modo che esse possano controllare più efficacemente il rispetto del diritto del lavoro comunitario? Ritenete che le parti sociali abbiano un ruolo da svolgere in tale cooperazione? 14. Ritenete che altre iniziative siano necessarie a livello dell'UE al fine di sostenere l'azione degli Stati membri nella lotta contro il lavoro non dichiarato? |

[1] “È ora di cambiare marcia”, relazione annuale di avanzamento della Commissione sulla crescita e l'occupazione 2006, pag. 6. Vedasi anche la relazione congiunta sull'occupazione del Consiglio e della Commissione 2005/2006, pagg. 6 e 12-13.

[2] ibid.

[3] Lo studio intitolato " The Employment Status of Individuals in Non-Standard Employment " e realizzato da B. Burchill, S. Deakin e S. Honey, Ministero britannico del Commercio e dell'Industria (1999), qualifica le forme atipiche di occupazione come forme di lavoro che differiscono dal modello del rapporto di lavoro "permanente" o a tempo indeterminato articolato intorno alla settimana di lavoro continua e a tempo pieno.

[4] Jobs, Jobs, Jobs: Creating more employment in Europe. Relazione della Task force occupazione, novembre 2003, pag. 9.

[5] ibid, capitolo 2, pag. 30.

[6] Orientamenti per l'occupazione 2005-2008 (adottati il 12/07/2005) - GU L 205 del 6.8.2005, pag. 21.

[7] Il diritto del lavoro non è il solo fattore pertinente in questo contesto. Gli Orientamenti integrati sulla crescita e l'occupazione riconoscono che una revisione del cuneo fiscale può essere necessaria per facilitare la creazione di posti di lavoro, in particolare per i bassi redditi. Anche concentrare l'imposizione meno sul lavoro e più sul consumo o sull'inquinamento può contribuire notevolmente a perseguire questi obiettivi. Il presente libro verde non esamina i temi collegati all'immigrazione economica, che sono affrontati nell'ambito della politica comune dell'immigrazione.

[8] I contributi potranno essere inviati utilizzando il modulo elettronico disponibile sul sito della Commissione europea al seguente indirizzo: http://europa.eu.int/yourvoice/consultations/index_en.htm.

[9] Prospettive dell'occupazione dell'OCSE, edizione 2004, capitolo 2 "Regolamentazione della protezione dell'occupazione ed efficiacia del mercato del lavoro".

[10] Relazione comune sull'occupazione, 2005/2006.

[11] Commissione europea, programma d'attuazione della Carta sociale, novembre 1989.

[12] Direttiva 97/81/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES.

[13] Direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES.

[14] Su richiesta delle parti sociali, la Commissione ha fatto realizzare uno studio da Adalberto Perulli "Lavoro economicamente dipendente/parasubordinazione: gli aspetti giuridici, sociali ed economici" (2002).

[15] COM(2002) 149 del 20.3.2002, documento che è stato presentato dopo il fallito tentativo delle parti sociali di pervenire ad un accordo e successivamente modificato dal documento COM(2002) 701 del 28.11.2002.

[16] L'evoluzione del diritto del lavoro (1992-2003), volumi I e II. È stata preparata una relazione generale che fornisce un panorama globale dell'evoluzione del diritto del lavoro nell'UE-15.

[17] Si vedano anche le conclusioni finali della conferenza organizzata dalla Presidenza olandese a Leiden del 2004, http://internationalezaken.szw.nl/index.cfm?fuseaction=dsp_document&link_id=44922#3738600

[18] Osservatorio delle PMI europee n. 7, L'assunzione di lavoratori dipendenti: vincoli amministrativi per le PMI in Europa, 2002, pag. 11.

19 Orientamenti occupazione (2005-2008): Indicatore per il numero totale dei lavoratori dipendenti reclutati in base a contratti a tempo parziale o a tempo determinato più il totale dei lavoratori autonomi quale percentuale degli occupati, sulla base dell'inchiesta europea sulle forze di lavoro, 2005, ESTAT.

[19] Occupazione in Europa 2006, Allegato statistico. I contratti di lavoro a tempo parziale possono essere sia a durata indeterminata che determinata. Gli ultimi dati relativi alla percezione dei lavoratori delle loro condizioni di lavoro, contenuti nella Quarta ricerca europea sulle condizioni di lavoro della Fondazione europea, rivelano che 68% dei lavoratori a tempo parziale sono soddisfatti del loro orario di lavoro, mentre il 23% desidererebbe un numero maggiore di ore e il 9% un numero inferiore.

[20] Ibid, vedi anche Relazioni industriali in Europa 2004. Il lavoro indipendente è particolarmente importante in Polonia, Ungheria, Lituania, Lettonia ed Estonia per quanto riguarda i nuovi Stati membri dell'UE nonché nel Regno Unito, in Irlanda, in Portogallo e nei Paesi Bassi.

[21] Precarious Employment in Europe: A comparative study of labour market related risks in flexible economies. ESOPE Final Report. Direzione generale della ricerca, 2004.

[22] Occupazione in Europa, 2004, pag. 15 e Capitolo 4. Occorre tuttavia riconoscere che non tutti i contratti atipici possono essere considerati come precari.

[23] Occupazione in Europa, 2004, Capitolo 4, pag. 181.

[24] Occupazione in Europa, 2006. pagg. 81 e seguenti.

[25] Vedi i commenti su questi esempi, citati nella relazione della Task Force per l'occupazione, pagg. 33 e 35, nonché le Prospettive dell'occupazione dell'OCSE, ed. 2004, Capitolo 2.

[26] Vedi la relazione in "European Industrial Relations Observatory on-line" agosto 2006, http://www.eiro.eurofound.eu.int/2006/05/articles/es0605019i.html.

[27] La legge olandese sulla flessibilità e la sicurezza del 1999 ha introdotto una presunzione legale obbligatoria secondo la quale un contratto di lavoro esiste quando un lavoro è effettuato per altri in contropartita di una retribuzione settimanale o per almeno venti ore mensili durante tre mesi consecutivi.

[28] Dopo la conclusione recente di accordi tra le parti sociali in Irlanda e Spagna, i governi di questi paesi hanno deciso di aumentare il numero degli ispettori del lavoro.

[29] Seconda carriera: superare gli ostacoli incontrati dai lavoratori dipendenti che intendono accedere alla condizione di lavoratori autonomi e/o creare la loro impresa. Direzione generale Imprese, Commissione europea (2004), pagg. 8, 29-31.

[30] Le organizzazioni delle parti sociali hanno osservato che il falso "lavoro autonomo", l'offerta fittizia di servizi e lo sviluppo delle catene di subappalto sono utilizzate al fine di aggirare le prescrizioni transitorie all'accesso a taluni mercati del lavoro nazionali poste in essere dopo l'allargamento. Vedi la relazione sul funzionamento delle disposizioni transitorie del trattato di adesione del 2003 - COM(2006) 48 dell'8.2.2006.

[31] Di conseguenza, la Commissione esprime la propria soddisfazione per l'adozione nel giugno 2006 di una raccomandazione sul rapporto di lavoro nel corso della 95a sessione della Conferenza internazionale del lavoro che incoraggia la formulazione e l'adozione da parte degli Stati membri, in consultazione con le parti sociali, di politiche nazionali che consentano di rivedere regolarmente il campo d'applicazione della loro legislazione ed eventualmente di chiarirla e adeguarla per garantire una protezione effettiva dei lavoratori vincolati da un rapporto di lavoro. Questo strumento non vincolante adotta un approccio strategico lasciando agli Stati la preoccupazione di definire nella loro legislazione e nella loro prassi la natura e l'estensione della tutela concessa ai lavoratori nell'ambito di un rapporto di lavoro.

[32] Ciò non significa che questi lavoratori sono necessariamente in una posizione di vulnerabilità.

[33] L'Italia e la Germania hanno identificato il concetto di lavoratori "simili ai lavoratori dipendenti" corrispondente alla nozione di "parasubordinazione" nel diritto civile. In Germania, le modifiche del codice sociale introdotte nel 1999, riguardanti la situazione dei lavoratori economicamente dipendenti dal punto di vista della sicurezza sociale, sono state ampliamente riviste nel 2002 (vedi Evoluzione del diritto del lavoro, vol. 2, pagg. 151-153). La Spagna prevede dal canto suo di adottare un testo di legge relativo ai diritti alle prestazioni di cui godono i lavoratori autonomi, compresi i lavoratori economicamente dipendenti, in attuazione dell'accordo stipulato il 26 settembre 2006 dal governo spagnolo e dai principali rappresentanti dei lavoratori autonomi.

[34] Documento di riflessione del Ministero britannico del commercio e dell'industria, luglio 2002; vedi anche " Succes at Work: Protecting Vulnerable Workers, Supporting Good Employers ", Ministero britannico del commercio e dell'industria, marzo 2006.

[35] Direttiva del Consiglio 86/653/CEE del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti.

[36] Vedi in particolare Perulli, op. cit. Capitolo 3.

[37] Temporary Agency work in an enlarged European Union, Fondazione europea, 2006, pag. 1.

[38] Ibid.

[39] Proposta modificata di direttiva del Parlamento e del Consiglio relativa alle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei - COM(2002) 701.

[40] La Corte di giustizia ha giudicato che l'articolo 5 della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, interpretato alla luce dell'articolo 49 CE, non osta all'utilizzazione di tale sistema, che costituisce una misura adeguata in caso di mancato rispetto della direttiva, a condizione che il sistema sia proporzionato all'obiettivo perseguito e non vada al di là di quanto è necessario per raggiungerlo. Sentenza della Corte di giustizia del 12 ottobre 2004 nella causa C-60/03 Wolff e Müller Racc. [2004] pagg. I-9553.

[41] In particolare le sentenze della Corte di giustizia del 3 ottobre 2000 nella causa C-303/98 (SIMAP) Racc. pagg. I-7963; del 9 ottobre 2003 nella causa C-151/02 (Jäger) Racc. pagg. I-8389; e del 1° dicembre 2005 nella causa C-14/04 (Dellas) Racc. pagg. I-10253.

[42] Vedi anche risoluzione del Parlamento A5-0338/2000, GU del 18.9.2001, C-262, pag. 148.

[43] Vedi la relazione dell'OIL V(1) sui rapporti di lavoro (2005), punto 65. Vedi anche i problemi evidenziati nella relazione sul Funzionamento delle disposizioni transitorie del trattato di adesione del 2003. Vedi infine la comunicazione della Commissione COM(2006)159 "Orientamenti relativi al distacco dei lavoratori nell'ambito della prestazione di servizi".

[44] Risoluzione del Consiglio sulla trasformazione del lavoro non dichiarato e l'occupazione regolare - GU C 260 del 29.10.2003.

[45] Programma di lavoro delle parti sociali europee, 2006-2008, 23 marzo 2006.

[46] Direttiva concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto – disposizioni della direttiva applicabili ai lavoratori autonomi e ai periodi notturni, futura relazione relativa a uno studio realizzato dalla DG TREN.