52011DC0112




[pic] | COMMISSIONE EUROPEA |

Bruxelles, 8.3.2011

COM(2011) 112 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI

Una tabella di marcia verso un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio nel 2050

{SEC(2011) 287 definitivo}{SEC(2011) 288 definitivo}{SEC(2011) 289 definitivo}

1. Le principali sfide per l'Europa 3

2. Tappe fino al 2050 4

3. Innovazione a bassa intensità di carbonio: una prospettiva settoriale 6

4. Investire in un futuro a bassa intensità di carbonio 6

5. La dimensione internazionale 6

6. CONCLUSIONI 6

1. LE PRINCIPALI SFIDE PER L'EUROPA

L'Unione europea offre ai suoi Stati membri un quadro di riferimento di lungo respiro per affrontare il problema della sostenibilità e degli effetti transfrontalieri di fenomeni che non possono essere gestiti unicamente a livello nazionale. La problematica del cambiamento climatico, da tempo annoverato tra i fenomeni aventi un impatto rilevante a lungo termine, richiede un intervento coerente dell'UE, tanto al suo interno che sul piano internazionale.

La Commissione ha recentemente presentato, nell'ambito della strategia Europa 2020, l'iniziativa faro "Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse"[1]; in tale contesto, essa propone ora una serie di piani strategici di lungo periodo in settori quali i trasporti, l'energia e il cambiamento climatico. La presente comunicazione illustra i cardini su cui dovrebbe fondarsi l'azione per il clima promossa dall'UE per favorire il passaggio a un'economia competitiva a basse emissioni di carbonio entro il 2050. L'approccio prospettato riconosce la necessità di soluzioni innovative per mobilitare investimenti nel settore dei trasporti, dell'industria e delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e mira a dare maggiore impulso alle politiche a favore dell'efficienza energetica.

La strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva prevede cinque obiettivi principali che definiscono i traguardi che l'UE dovrebbe raggiungere entro il 2020. Uno di questi riguarda il clima e l'energia: gli Stati membri si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra del 20%, a portare al 20% la quota di energie rinnovabili nel mix energetico dell'UE e ad ottenere un incremento del 20% dell'efficienza energetica entro il 2020. Se attualmente vi sono tutti i presupposti perché l'UE riesca a realizzare due di questi obiettivi, sarà indispensabile intensificare gli sforzi per conseguire un miglioramento dell'efficienza energetica[2]. La priorità rimane quindi il raggiungimento di tutti gli obiettivi già fissati per il 2020.

Per contenere entro i 2ºC il riscaldamento globale prodotto dal cambiamento climatico, il Consiglio europeo ha riconfermato nel febbraio 2011 l'obiettivo dell'UE di ridurre le emissioni di gas serra dell'80-95% entro il 2050 rispetto al 1990, nel contesto delle riduzioni che secondo il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici i paesi sviluppati devono realizzare collettivamente[3]. Questa decisione è conforme alla posizione approvata dai leader mondiali negli accordi di Copenaghen e di Cancun, che prevedono l'impegno di elaborare strategie di sviluppo a lungo termine a basse emissioni di carbonio. Alcuni Stati membri si sono già mossi in questa direzione o sono in procinto di farlo, in particolare fissando obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2050.

Insieme al Libro bianco sui trasporti e al piano di efficienza energetica, la presente comunicazione è uno dei documenti chiave dell'iniziativa faro sull'uso efficiente delle risorse. Essa propone una tabella di marcia per prospettive d'azione fino al 2050, che consentirebbe all'UE di conseguire l'obiettivo concordato di ridurre le emissioni di gas serra dell'80-95%. Definisce una serie di tappe principali destinate a verificare se l'UE sta rispettando i tempi per il raggiungimento del proprio obiettivo e illustra le sfide politiche, le necessità di investimento e le opportunità esistenti nei vari settori, tenendo conto che l'obiettivo di riduzione dell'80-95% dovrà essere attuato in ampia misura all'interno dell'Unione.

2. TAPPE FINO AL 2050

PER OPERARE LA TRANSIZIONE VERSO UN'ECONOMIA COMPETITIVA A BASSE EMISSIONI DI CARBONIO L'UE DEVE PREPARARSI AD ABBATTERE LE PROPRIE EMISSIONI interne dell'80% entro il 2050 rispetto al 1990[4]. La Commissione ha realizzato un'ampia analisi per modellizzazione nella quale prospetta una serie di possibili scenari di intervento a questo scopo (v. riquadro sottostante).

L'analisi dei vari scenari rivela che un'opzione efficace in termini di costi consisterebbe nel realizzare riduzioni interne delle emissioni del 40% e 60% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030 e 2040 rispettivamente. In tale contesto l'analisi prospetta inoltre riduzioni del 25% nel 2020 (v. figura 1). Tale approccio comporterebbe, rispetto al 1990, riduzioni annue di circa l'1% nel primo decennio fino al 2020, dell'1,5% nel secondo decennio, dal 2020 al 2030, e del 2% negli ultimi due decenni fino al 2050. L'abbattimento delle emissioni aumenterebbe nel tempo grazie alla disponibilità di una più ampia gamma di tecnologie con un buon rapporto costi-efficacia.

Approccio di modellizzazione per la tabella di marcia fino al 2050

I risultati e le conclusioni formulate nella presente comunicazione scaturiscono da un'analisi esaustiva di modelli e scenari, effettuata su scala mondiale e dell'UE, volta a delineare in che modo l'Unione potrebbe operare la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio entro il 2050 in un contesto caratterizzato da una continua crescita demografica e del PIL a livello globale e da tendenze disomogenee su scala mondiale in materia di azione per il clima, energia e sviluppo tecnologico.

Una serie di proiezioni globali ha consentito di esaminare gli impatti mondiali dell'azione per il clima e le sue correlazioni con il settore dell'energia, l'agricoltura e la deforestazione. Sono state inoltre elaborate proiezioni degli impatti sui settori competitivi dell'UE per valutare i rischi che potrebbero derivare da interventi ambiziosi attuati nell'ambito di un'azione per il clima non coordinata a livello mondiale.

Per analizzare il contributo settoriale, in particolare dell'agricoltura e degli altri utilizzi del suolo, sono state realizzate proiezioni dettagliate a livello dell'UE sulla base di un'ampia gamma di possibili scenari futuri, tenendo in particolare conto la sensibilità delle ipotesi sull'andamento del prezzo dei combustibili fossili a livello mondiale e sul tasso di innovazione tecnologica. Se le proiezioni a lungo termine continuano a presentare elementi di incertezza, il ricorso a un ampio ventaglio di scenari basati su ipotesi diverse ha consentito di rafforzare l'attendibilità dei risultati.

Perfezionando i modelli, in futuro si potrebbe ottenere una migliore rappresentazione degli impatti del cambiamento climatico e prospettare soluzioni in materia di stoccaggio di energia e di reti intelligenti per la generazione distribuita.

La figura 1 illustra il percorso che porterebbe a una riduzione dell'80% entro il 2050, articolato in 5 tappe annuali. La proiezione "di riferimento", nella parte superiore del grafico, mostra quale sarebbe l'andamento delle emissioni interne di gas serra con le sole politiche attuali. Uno scenario compatibile con una riduzione interna dell'80% mostra quindi quale potrebbe essere l'andamento delle emissioni globali e settoriali se venissero adottate ulteriori strategie in funzione delle opzioni tecnologiche man mano disponibili.

Figura 1: emissioni di gas serra dell'UE - verso una riduzione interna dell'80% (100% =1990)

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Le stime rivelano che nel 2009 le emissioni (comprese quelle del trasporto aereo internazionale) erano inferiori del 16% ai livelli del 1990. Se darà piena attuazione alle politiche attuali, l'UE sarà probabilmente in grado di ridurre le emissioni interne del 20% nel 2020 e del 30% nel 2030 rispetto ai livelli del 1990. Tuttavia le attuali strategie consentirebbero di conseguire soltanto per metà, da qui al 2020, l'obiettivo di un incremento del 20% dell'efficienza energetica.

La piena realizzazione delle politiche esistenti, compreso l'impegno a portare al 20% la quota di energie rinnovabili e ad aumentare del 20% l'efficienza energetica entro il 2020, consentirebbe all'UE di superare l'obiettivo di riduzione del 20% e di conseguire entro il 2020 un abbattimento delle emissioni del 25%. Ciò presuppone che venga data piena attuazione al piano di efficienza energetica[5] che accompagna la presente comunicazione e definisce le misure necessarie per conseguire l'obiettivo dell'efficienza energetica. Il volume delle compensazioni attualmente autorizzate rimarrebbe inalterato.[6]

Dall'analisi emerge altresì che un percorso meno ambizioso potrebbe consolidare gli investimenti ad elevata intensità di carbonio, con un conseguente aumento dei prezzi del carbonio e costi generali significativamente più elevati sull'intero periodo. Inoltre la ricerca e lo sviluppo, la dimostrazione e la diffusione tempestiva di nuove tecnologie, quali diverse forme di fonti energetiche a basse emissioni di carbonio, la cattura e lo stoccaggio del carbonio, le reti intelligenti e la tecnologia dei veicoli ibridi ed elettrici, sono fondamentali per garantire la successiva penetrazione di tali innovazioni su larga scala e secondo criteri di efficienza economica. È indispensabile dare piena attuazione al piano strategico per le tecnologie energetiche, per il quale sarà necessario investire altri 50 miliardi di euro nel prossimo decennio nei settori della ricerca e sviluppo e della dimostrazione. Le entrate provenienti dalla messa all'asta delle quote di emissione e la politica di coesione sono strumenti di finanziamento di cui gli Stati membri dovrebbero avvalersi. Un contributo importante può venire anche dal fatto di promuovere un uso più efficiente delle risorse mediante, ad esempio, il riciclaggio o una migliore gestione dei rifiuti o un mutamento dei comportamenti, o ancora di rafforzare la resilienza degli ecosistemi. Occorrerà infine adoperarsi per intensificare la ricerca sulle tecnologie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

3. INNOVAZIONE A BASSA INTENSITÀ DI CARBONIO: UNA PROSPETTIVA SETTORIALE

L'analisi della Commissione ha inoltre esplorato possibili piste di intervento per i settori più importanti, esaminando una serie di scenari basati su diversi tassi di innovazione tecnologica e prezzi dei combustibili fossili. Ne sono scaturiti risultati ampiamente convergenti per quanto riguarda l'entità delle riduzioni necessarie in ciascun settore nel 2030 e 2050, come si evince dai valori presentati nella tabella 1. Nell'elaborare opzioni strategiche settoriali si dovranno approfondire maggiormente aspetti quali i costi, i compromessi e le incertezze.

Tabella 1: riduzioni settoriali

Riduzioni dei gas serra rispetto al 1990 | 2005 | 2030 | 2050 |

Totale | -7% | da -40 a -4% | da -79 a -2% |

Settori |

Produzione di elettricità (CO2) | -7% | da -54 a -8% | da -93 a -9% |

Industria (CO2) | -20% | da -34 a -0% | da -83 a -7% |

Trasporti (incl. trasporto aereo, escl. trasporti marittimi) (CO2) | +30% | da +20 a -9% | da -54 a -7% |

Settore residenziale e dei servizi (CO2) | -12% | da -37 a -3% | da -88 a -1% |

Agricoltura (emissioni diverse dal CO2) | -20% | da -36 a -7% | da -42 a -9% |

Altre emissioni diverse dal CO2 | -30% | da -72 a -3% | da -70 a -8% |

Un settore energetico sicuro, competitivo e completamente decarbonizzato

L'elettricità svolgerà un ruolo centrale nell'economia a bassa intensità di carbonio. L'analisi rivela che potrebbe eliminare quasi totalmente le emissioni di CO2 entro il 2050 e sostituire parzialmente i combustibili fossili nei settori dei trasporti e del riscaldamento. Anche se l'elettricità sarà utilizzata in misura sempre maggiore in questi due settori, l'evoluzione del consumo globale non supererà i tassi storici di crescita grazie al costante miglioramento dell'efficienza.

Si stima che la quota delle tecnologie a bassa intensità di carbonio nel mix di produzione elettrica passerà dall'attuale 45% circa al 60% circa nel 2020 (in particolare grazie al raggiungimento dell'obiettivo concernente le energie rinnovabili) e dal 75% all'80% nel 2030, per sfiorare il 100% nel 2050. Di conseguenza, ferme restando le preferenze degli Stati membri per un mix energetico che sia consono alle loro peculiarità nazionali, il sistema di approvvigionamento elettrico dell'UE potrebbe diventare più sicuro e diversificato.

Sarà necessario avvalersi di un gran numero di tecnologie esistenti, e in particolare di quelle più avanzate (quali il fotovoltaico), che con il tempo diventeranno più economiche e quindi maggiormente competitive.

La tabella di marcia per l'energia per il 2050 esaminerà scenari specifici per il settore energetico e i mezzi per conseguire tale decarbonizzazione, senza pregiudicare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e la competitività, sulla base della politica consolidata dell'UE nel settore energetico e della strategia Europa 2020.

Il sistema UE di scambio delle quote di emissione (sistema ETS) svolgerà un ruolo essenziale per introdurre sul mercato un'ampia gamma di tecnologie a bassa intensità di carbonio, in modo che lo stesso settore energetico possa adeguare le proprie strategie operative e di investimento all'evoluzione delle tecnologie e dei prezzi dell'energia. Per consentire al sistema ETS di svolgere tale funzione sul percorso identificato verso il 2050 sono necessarie due condizioni: un segnale sufficiente in termini di prezzo del carbonio e un'adeguata prevedibilità nel lungo termine. A tale riguardo sarà necessario valutare l'adozione di idonee misure, e in particolare riconsiderare la concordata riduzione lineare del tetto massimo di emissioni nell'ambito del sistema ETS[7]. Per garantire che il settore energetico contribuisca pienamente agli obiettivi potrebbe essere opportuno il ricorso ad altri strumenti, quali la tassazione dell'energia e il sostegno tecnologico.

Poiché il ruolo cruciale svolto dall'elettricità nell'economia a basse emissioni di carbonio impone un ricorso significativo alle energie rinnovabili, molte delle quali presentano un rendimento variabile, sono necessari ingenti investimenti nelle reti per garantire la continuità dell'approvvigionamento in ogni momento[8]. Per poter disporre di un sistema elettrico a bassa intensità di carbonio è essenziale investire nelle reti intelligenti, che consentono di gestire più efficacemente la domanda, di aumentare la quota di energie rinnovabili e la generazione distribuita e di realizzare l'elettrificazione dei trasporti. Non sempre i benefici prodotti dagli investimenti nelle reti ricadono sull'operatore, ma vanno piuttosto a vantaggio della società in generale (i consumatori, i produttori e la società in senso lato: una rete più affidabile, sicurezza energetica e minori emissioni). Date queste premesse, occorrerebbe esaminare in che modo il quadro strategico possa promuovere tali investimenti a livello dell'UE, nazionale e locale e incentivare la gestione della domanda.

Una mobilità sostenibile grazie all'efficienza dei carburanti, all'elettrificazione e a una tariffazione adeguata

L'innovazione tecnologica può agevolare la transizione verso un sistema europeo dei trasporti efficiente e sostenibile agendo su tre fattori principali: l'efficienza dei veicoli grazie a nuovi motori, materiali e modelli, un utilizzo più pulito dell'energia grazie a nuovi carburanti e sistemi di propulsione, un migliore utilizzo delle reti e un funzionamento più sicuro grazie ai sistemi di informazione e comunicazione. Il Libro bianco sui trasporti proporrà una serie esaustiva e articolata di misure volte a rafforzare la sostenibilità del sistema dei trasporti.

Fino al 2025 è probabile che una maggiore efficienza dei carburanti continuerà ad essere lo strumento principale per invertire la tendenza all'aumento delle emissioni di gas serra in questo settore. Nel 2030 le emissioni generate dal trasporto su strada, ferroviario e per vie navigabili interne potrebbero infatti essere riportate sotto i livelli del 1990 grazie a una combinazione di misure quali sistemi di tariffazione destinati a far fronte alla congestione del traffico e all'inquinamento atmosferico, una tariffazione delle infrastrutture, una pianificazione urbanistica intelligente e il potenziamento dei trasporti pubblici, garantendo nel contempo una mobilità a costi accessibili. Una maggiore efficienza e una migliore gestione della domanda, conseguite grazie alle norme in materia di emissioni di CO2 e a una fiscalità intelligente, dovrebbero inoltre favorire lo sviluppo di tecnologie dei motori ibridi e agevolare successivamente la progressiva transizione verso una maggiore penetrazione dei veicoli puliti in tutti i modi di trasporto, compresi i veicoli ibridi ricaricabili e veicoli elettrici (alimentati da batterie o pile a combustibile).

Le sinergie con altri obiettivi di sostenibilità, quali la riduzione della dipendenza dal petrolio, la competitività dell'industria automobilistica europea e i benefici per la salute, con particolare riguardo al miglioramento della qualità dell'aria nei centri urbani, costituiscono validissime ragioni perché l'UE si impegni in misura ancora maggiore per accelerare lo sviluppo e il ricorso in tempi brevi all'elettrificazione e, in generale, a carburanti e metodi di propulsione alternativi nell'insieme del sistema di trasporto. A questo proposito non sorprende constatare che anche le industrie automobilistiche statunitensi, giapponesi, coreane e cinesi stanno potenziando gli investimenti nella tecnologia delle batterie, dei veicoli elettrici e delle pile a combustibile.

Il ricorso a biocarburanti sostenibili potrebbe rappresentare un'alternativa soprattutto nei settori dell'aviazione e dei veicoli pesanti, per i quali si prevede una crescita massiccia dopo il 2030. Se l'elettrificazione non fosse realizzata su larga scala occorrerebbe rafforzare il ruolo dei biocarburanti e di altri carburanti alternativi per ridurre nella stessa misura le emissioni nel settore dei trasporti. Nel caso dei biocarburanti questo potrebbe portare, direttamente o indirettamente, a una riduzione dei benefici netti in termini di emissioni di gas serra e a una maggiore pressione sulla biodiversità, sulla gestione delle risorse idriche e sull'ambiente in generale. Ciò rende più che mai necessario procedere con lo sviluppo dei biocarburanti di seconda e terza generazione e proseguire i lavori in corso in materia di cambiamento indiretto della destinazione dei terreni e di sostenibilità.

L'ambiente edificato

L'ambiente edificato offre possibilità di ridurre le emissioni a breve termine e a costi contenuti, in primo luogo grazie al miglioramento dell'efficienza energetica nell'edilizia. L'analisi realizzata dalla Commissione rivela che in questo settore sarebbe possibile abbattere le emissioni di circa il 90% entro il 2050, il che rappresenta un contributo superiore alla media nel lungo periodo. Ciò sottolinea l'importanza di conseguire l'obiettivo della direttiva di rifusione sulla prestazione energetica nell'edilizia,[9] in base al quale il consumo energetico dei nuovi edifici costruiti a partire dal 2021 dovrà essere prossimo allo zero. Tale processo è già in corso e molti Stati membri applicano sin d'ora requisiti più rigorosi in materia di prestazione energetica degli edifici. Il 4 febbraio 2011 il Consiglio europeo, tenendo conto dell'obiettivo principale dell'UE, ha deciso che a partire dal 2012 tutti gli Stati membri dovranno includere requisiti di efficienza energetica negli appalti pubblici per gli edifici e i servizi pubblici. Entro la fine del 2011 la Commissione presenterà una comunicazione sull'edilizia sostenibile in cui definirà una strategia volta a rafforzare la competitività di questo settore e a migliorarne nel contempo le prestazioni ambientali e climatiche.

Con il tempo occorrerà intensificare notevolmente gli sforzi. I nuovi edifici dovrebbero essere sin d'ora progettati come edifici intelligenti a consumo di energia basso o nullo. I costi supplementari che questo comporta possono essere compensati dai risparmi di combustibile così realizzati. La ristrutturazione del parco immobiliare esistente, e in particolare il finanziamento dei necessari investimenti, rappresentano invece una sfida più complessa. A questo fine alcuni Stati membri fanno già attivamente ricorso ai fondi strutturali. L'analisi prevede che nel prossimo decennio occorrerà aumentare di 200 miliardi di euro gli investimenti in componenti e attrezzature per l'edilizia a basso consumo energetico. Diversi Stati membri hanno già predisposto meccanismi di finanziamento intelligenti, quali tassi di interesse preferenziali per stimolare gli investimenti del settore privato a favore di soluzioni edilizie più efficienti. Si dovranno esplorare anche altri modelli di finanziamento privato.

Come nel settore dei trasporti, il fatto di orientare il consumo di energia verso l'elettricità a bassa intensità di carbonio (comprese le pompe a calore e gli apparecchi per riscaldamento ad accumulazione) e l'energia rinnovabile (per esempio l'energia solare, i biogas o la biomassa), anche a livello delle reti di teleriscaldamento, contribuirebbe a proteggere i consumatori dall'aumento dei prezzi dei combustibili fossili e produrrebbe vantaggi significativi per la salute.

Settori industriali, comprese le industrie ad alta intensità energetica

L'analisi della Commissione rivela che le emissioni di gas serra del settore industriale potrebbero essere ridotte dall'83 all'87% nel 2050. L'utilizzo di impianti e processi industriali più efficienti sotto il profilo energetico e delle risorse, un maggiore ricorso al riciclaggio e l'impiego di tecnologie di riduzione delle emissioni diverse dal CO2 (ad esempio l'ossido d'azoto e il metano) potrebbero fornire un contributo decisivo, permettendo di dimezzare o di ridurre in misura anche maggiore le emissioni dei settori ad alta intensità energetica. Poiché le soluzioni devono essere specificamente concepite per i vari settori, la Commissione ritiene necessario elaborare tabelle di marcia specifiche in collaborazione con i settori interessati.

Oltre all'utilizzo di impianti e processi industriali più avanzati, dopo il 2035 dovrebbe essere esteso su ampia scala il ricorso alla cattura e allo stoccaggio del carbonio, in particolare per le emissioni dei processi industriali (ad esempio nel settore dell'acciaio e del cemento). Questo comporterebbe un investimento annuo di oltre 10 miliardi di euro. Se la lotta contro i cambiamenti climatici è condotta nell'ambito di un'azione globale, ciò non dovrebbe presentare problemi di competitività. Tuttavia, se i principali concorrenti dell'UE non si impegnassero allo stesso modo, essa dovrebbe valutare come far fronte ai rischi di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio connessi a tali costi addizionali.

In parallelo con l'elaborazione del quadro politico dell'UE in materia climatica, occorrerà continuare a monitorare e ad analizzare gli impatti di queste misure sulla competitività delle industrie ad alta intensità energetica in relazione agli sforzi compiuti dai paesi terzi, e, se necessario, a valutare l'opportunità di adottare idonee misure. L'analisi della Commissione conferma precedenti conclusioni, ossia che le misure vigenti offrono adeguate garanzie nel contesto attuale, e prende atto delle conclusioni formulate nella comunicazione del maggio 2010 sulle ipotesi di intervento per far fronte alla rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, compresa l'inclusione delle importazioni nel sistema ETS[10]. Si continuerà a valutare attentamente fino a che punto le efficaci garanzie attuali siano sufficienti in relazione agli sforzi compiuti dai paesi terzi. La Commissione rimane vigilante per mantenere una solida base industriale nell'UE. Essa continuerà ad aggiornare l'elenco dei settori a rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, come previsto nella direttiva sul sistema di scambio delle quote di emissione[11]. Ovviamente un'azione efficace a livello mondiale costituirebbe il modo migliore per scongiurare il rischio di rilocalizzazione.

Accrescere in modo sostenibile la produttività nell'uso delle terre

L'analisi della Commissione mostra che entro il 2050 il settore agricolo, che ha già conseguito una riduzione significativa, sarà in grado di abbattere le proprie emissioni diverse dal CO2 in misura compresa tra 42 e 49% rispetto al 1990. Ulteriori riduzioni potranno essere realizzate nei due decenni successivi. Le politiche agricole dovrebbero puntare ad opzioni quali incrementi sostenibili dell'efficienza, l'uso efficiente dei fertilizzanti, la biogassificazione e una migliore gestione del concime organico, foraggi di migliore qualità, la diversificazione e la commercializzazione della produzione a livello locale, una maggiore produttività del bestiame e l'ottimizzazione dei benefici dell'agricoltura estensiva.

Perfezionando le pratiche agricole e forestali si può rafforzare la capacità del settore di preservare e catturare il carbonio nei suoli e nelle foreste. Tale obiettivo può essere raggiunto mediante misure che consentano di ridurre l'erosione e di favorire il rimboschimento, quali il mantenimento dei terreni prativi, il ripristino delle zone umide e delle torbiere e la non-lavorazione o lavorazione minima del suolo. Dall'agricoltura e dalla silvicoltura provengono inoltre le risorse per la bioenergia e materie prime per l'industria, contributo, questo, che è destinato ad aumentare nel tempo.

Tutti questi elementi saranno ritenuti nelle proposte legislative sulla politica agricola comune previste per il 2013, i cui impatti positivi non sono stati ancora presi in conto nell'analisi, nonché della futura comunicazione sulla bioeconomia[12].

Dopo il 2030 il ritmo di riduzione delle emissioni del settore agricolo potrebbe rallentare, in parte a causa dell'incremento della produzione agricola conseguente alla crescita demografica mondiale. Inoltre vale la pena osservare che, in base alle proiezioni, nel 2050 l'agricoltura rappresenterà un terzo delle emissioni totali dell'UE, cioè una quota di tre volte superiore a quella attuale. Il suo impatto sulla politica climatica è quindi destinato ad aumentare: se non riesce ad abbattere le proprie emissioni come previsto, altri settori saranno costretti ad operare riduzioni ancora più elevate, con conseguenze pesanti in termini di costi. Inoltre, poiché neppure il settore agricolo è immune dal rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio, occorre evitare che eventuali mutamenti nei processi e nei modelli di produzione e di scambio vadano a scapito della riduzione globale delle emissioni.

L'analisi esamina inoltre le implicazioni per il settore agro-forestale in una prospettiva globale. Nel 2050 il pianeta conterà 9 miliardi di bocche da sfamare. Nel contempo sarà necessario preservare le foreste tropicali, che rappresentano un elemento fondamentale per lottare contro i cambiamenti climatici e proteggere la biodiversità globale. Inoltre si prevede che l'azione di mitigazione provocherà un aumento della domanda di bioenergia, che andrà ad aggiungersi all'incremento della domanda proveniente dalle industrie di produzione di alimenti per animali, carta e legname e dalle bioindustrie. La sicurezza dell'approvvigionamento alimentare mondiale e la lotta contro il cambiamento climatico sono sfide che vanno affrontate congiuntamente. Per far fronte alle crescenti esigenze d'uso del suolo nell'UE e su scala globale, la produttività dei vari sistemi agricoli e forestali (sia intensivi che estensivi) dovrà continuare ad aumentare in modo sostenibile e a ritmo sostenuto, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Eventuali impatti negativi su altre risorse (quali l'acqua, il suolo e la biodiversità) dovranno essere gestiti attentamente. Se l'azione per il clima si rivelasse insufficiente, l'accelerazione del cambiamento climatico potrebbe compromettere tali incrementi di produttività.

Tutto questo non fa che confermare la necessità di considerare tutti gli utilizzi del suolo nel loro insieme e di integrare nella politica climatica dell'UE le cosiddette attività LULUCF (uso del suolo, cambiamenti di uso del suolo e silvicoltura). A questo riguardo la Commissione sta preparando un'iniziativa che sarà presentata nel corso dell'anno. Per ridurre la pressione sull'utilizzo del suolo occorrerebbe inoltre riutilizzare e riciclare maggiormente i prodotti del legno e della carta.

L'analisi ha tenuto conto della tendenza globale all'aumento della quota dei prodotti di origine animale nell'alimentazione. Sarebbe auspicabile invertire la crescente tendenza allo spreco dei prodotti alimentari e riorientare i consumi verso alimenti a bassa intensità di carbonio.

4. INVESTIRE IN UN FUTURO A BASSA INTENSITÀ DI CARBONIO

Aumentare in modo significativo gli investimenti di capitale

Varie forme di fonti energetiche a basse emissioni di carbonio, con i relativi sistemi ed infrastrutture di supporto, tra cui le reti intelligenti, l'edilizia passiva, la cattura e lo stoccaggio del carbonio, processi industriali avanzati e l'elettrificazione dei trasporti (comprese le tecnologie di stoccaggio dell’energia), sono i cardini su cui va prendendo forma la struttura portante di sistemi energetici e di trasporto efficienti e a bassa intensità di carbonio per il periodo successivo al 2020. Ciò richiederà investimenti cospicui e sul lungo periodo: nei prossimi 40 anni l'incremento medio annuo degli investimenti pubblici e privati dovrebbe ammontare a circa 270 miliardi di euro. Questa cifra corrisponde a un investimento annuo supplementare pari all'1,5% del PIL dell'UE, che va ad aggiungersi agli investimenti globali attuali, che nel 2009 hanno rappresentato il 19% del PIL[13]. Si tratterebbe quindi di tornare ai livelli di investimento precedenti la crisi economica. Gli investimenti di oggi determineranno la competitività delle future economie. In tale contesto è interessante notare che nel 2009 paesi come la Cina, l'India e la Corea hanno destinato agli investimenti quote ben superiori del PIL (rispettivamente il 48, 35 e 26%)[14], il che dimostra che le economie emergenti hanno la necessità di sviluppare le loro infrastrutture, ma dispongono anche del potenziale per una transizione rapida verso un'economia competitiva a bassa intensità di carbonio.

Mobilitare il potenziale di investimento del settore privato e dei consumatori rappresenta una sfida importante. I mercati tendono a trascurare i vantaggi che deriveranno in futuro da tali investimenti aggiuntivi, che nel tempo saranno compensati da una diminuzione dei costi energetici e da una maggiore produttività, ignorando i rischi nel lungo periodo. Rimane quindi la questione cruciale di capire come la politica possa creare un contesto propizio a questo tipo di investimenti, in particolare mediante nuovi modelli di finanziamento.

Nell'attuare l'obiettivo di un incremento del 20% dell'efficienza energetica la Commissione dovrà monitorare l'impatto delle nuove misure sul sistema ETS, affinché questo continui ad incentivare gli investimenti nelle tecnologie a basso consumo di carbonio e a preparare i settori da esso contemplati alle innovazioni che saranno necessarie in futuro. Idonee misure dovrebbero essere concepite a questo scopo, in particolare una ricalibrazione del sistema ETS accantonando un numero di quote corrispondente sulle quote destinate ad essere messe all'asta nel periodo 2013 – 2020, se fosse presa una decisione politica in questo senso. Si garantirebbe così che sia i settori compresi nel sistema ETS che quelli che ne sono esclusi contribuiscano al conseguimento dell'obiettivo dell'efficienza energetica in modo efficiente sotto il profilo dei costi.

Per ovviare ai rischi finanziari e ai problemi di liquidità iniziali è essenziale disporre di ulteriori meccanismi di finanziamento pubblico/privato. Grazie a strumenti innovativi quali fondi di rotazione, tassi di interesse preferenziali, regimi di garanzia, meccanismi di ripartizione del rischio e meccanismi misti, il finanziamento pubblico può mobilitare e orientare il finanziamento privato necessario, anche a livello delle PMI e dei consumatori, stimolando così, con risorse limitate, una moltitudine di finanziamenti del settore privato[15]. La Banca europea per gli investimenti, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e i fondi ad hoc previsti dal prossimo quadro finanziario pluriennale dovrebbero dare un ulteriore contributo al finanziamento di tecnologie ad elevata efficienza energetica e a basse emissioni di carbonio.

Potenziando gli investimenti interni si prospettano notevoli possibilità di accrescere la produttività, generare valore aggiunto e aumentare la produzione di numerose industrie manifatturiere dell'UE che rivestono un'importanza cruciale per la crescita e la creazione di posti di lavoro futuri (industria automobilistica, produzione di elettricità, attrezzature industriali e di rete, materiali da costruzione efficienti dal punto di vista energetico, settore edilizio).

Oltre a una riduzione delle emissioni di gas serra, che ne rappresenta il vantaggio principale, la transizione verso un'economia a bassa intensità di carbonio comporterà numerosi altri importanti benefici.

Ridurre la fattura energetica dell'Europa e la sua dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili

Sull'intero arco di 40 anni, si stima che l'efficienza energetica e il passaggio a fonti d'energia a bassa intensità di carbonio prodotte internamente consentiranno di ridurre i costi medi dei carburanti in misura compresa tra 175 e 320 miliardi di euro annui. A quanto effettivamente ammonterà tale risparmio dipende dalla portata dell'azione climatica che sarà attuata a livello mondiale. Nell'ipotesi di un'azione globale diminuirà il volume delle importazioni di combustibili fossili nell'UE e il costo delle importazioni che saranno ancora necessarie.

Se il resto del mondo non dovesse intervenire in modo coordinato, tuttavia, uno dei vantaggi principali dell'azione dell'UE sarebbe quello di proteggere l'economia dal rincaro dei combustibili fossili. Sia l'analisi che le prospettive energetiche mondiali dell'AIE per il 2010 (World Energy Outlook) dimostrano chiaramente che i prezzi dei combustibili fossili dovrebbero effettivamente subire un aumento significativo in caso di azione globale limitata. Non si tratta soltanto di un problema a lungo termine. Anche dopo la recessione nel mondo occidentale, i prezzi del petrolio sono oggi all'incirca due volte più elevati rispetto al 2005. Secondo le stime dell'AIE, la fattura delle importazioni dell'UE è aumentata di 70 miliardi di euro dal 2009 al 2010 ed è probabile che subisca ulteriori aumenti nel prossimo futuro. L'esperienza degli anni '70 e dell'inizio degli anni '80 dimostra che le crisi petrolifere possono generare inflazione, disavanzi commerciali, perdita di competitività e crescita della disoccupazione.

Nel 2050 il consumo totale di energia primaria dell'UE potrebbe essere inferiore di circa il 30% ai livelli del 2005. Potrebbe aumentare il ricorso alle risorse energetiche interne, soprattutto rinnovabili, e le importazioni di gas e petrolio potrebbero essere dimezzate rispetto ai volumi attuali, riducendo così in misura significativa gli impatti negativi di eventuali crisi petrolifere e del gas. In mancanza di un intervento la fattura delle importazioni di gas e petrolio potrebbe invece raddoppiare rispetto ad oggi, con una differenza annua pari o superiore a 400 miliardi di euro da qui al 2050, corrispondente al 3% del PIL attuale[16].

Nuovi posti di lavoro

Investire tempestivamente nell'economia a bassa intensità di carbonio stimolerebbe progressivamente un cambiamento strutturale dell'economia e genererebbe nuovi posti di lavoro, in termini netti, sia nel breve che nel medio periodo. Il settore dell'energia rinnovabile, i cui effettivi sono passati da 230 000 a 550 000 in soli cinque anni, ha già permesso di creare numerosi posti di lavoro. Anche nel settore edilizio gli investimenti nelle tecnologie a bassa intensità di carbonio offrono numerose nuove prospettive occupazionali a breve termine. Con circa 15 milioni di addetti nell'UE, questo settore ha fortemente risentito della crisi economica. Il suo rilancio potrebbe essere significativamente stimolato da un intervento incisivo per accelerare la ristrutturazione e la costruzione di alloggi efficienti sotto il profilo energetico. Il piano di efficienza energetica conferma l'alto potenziale occupazionale insito nella promozione di investimenti in impianti più efficienti.

A lungo termine, la creazione e la salvaguardia dei posti di lavoro dipenderanno dalla capacità dell'UE di agire da propulsore per lo sviluppo di nuove tecnologie a bassa intensità di carbonio mediante interventi nel settore dell'istruzione e della formazione, programmi volti a favorire l'accettazione delle nuove tecnologie, attività di ricerca e sviluppo e promozione dell'iniziativa imprenditoriale, nonché condizioni economiche favorevoli agli investimenti. In questo contesto la Commissione ha più volte sottolineato gli effetti positivi sull'occupazione che deriverebbero dal fatto di utilizzare i proventi delle aste delle quote di emissione ETS e della tassazione del carbonio per ridurre il costo del lavoro, cosa che potrebbe complessivamente generare fino a un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro da qui al 2020.

Man mano che l'industria trarrà vantaggio dalle opportunità economiche offerte dall'economia a bassa intensità di carbonio, crescerà la necessità di disporre di una forza lavoro qualificata, soprattutto nei settori della costruzione, nelle professioni tecniche, nell'ingegneria e nella ricerca. A questo scopo occorrerà prevedere una formazione professionale mirata della forza lavoro esistente per favorire l'accesso alle opportunità di "lavoro verde", rimediare alle carenze di manodopera qualificata e promuovere l'integrazione delle nuove competenze nei sistemi educativi. La Commissione sta valutando gli effetti che il passaggio a un'economia verde (ad esempio attraverso l'attuazione dell'agenda per nuove competenze e per l'occupazione) produrrà sull'occupazione.

Migliorare la qualità dell'aria e la salute

Gli interventi volti a ridurre le emissioni di gas serra integrerebbero efficacemente le misure già in corso e previste in materia di qualità dell'aria, contribuendo in misura significativa a contrastare l'inquinamento atmosferico. L'elettrificazione dei trasporti e la diffusione dei trasporti pubblici potrebbero produrre un miglioramento spettacolare della qualità dell'aria nelle città europee. L'effetto combinato della riduzione delle emissioni di gas serra e degli interventi a favore della qualità dell'aria ridurrebbe di oltre il 65% i livelli di inquinamento atmosferico nel 2030 rispetto al 2005. Nel 2030 i costi annui per la lotta contro gli inquinanti atmosferici tradizionali potrebbero subire una flessione di oltre 10 miliardi di euro e nel 2050 il risparmio potrebbe ammontare a quasi 50 miliardi di euro all'anno. Questi sviluppi ridurrebbero anche la mortalità, con vantaggi che potrebbero raggiungere i 17 miliardi di euro all'anno nel 2030 e fino a 38 miliardi nel 2050. Ne deriverebbe inoltre un miglioramento della salute pubblica, con una riduzione della spesa sanitaria e minori danni per gli ecosistemi, le colture, i materiali e gli edifici. Questi vantaggi saranno importanti anche nell'ambito della revisione globale della politica dell'UE in materia di qualità dell'aria, prevista al più tardi per il 2013, il cui obiettivo è massimizzare i benefici comuni alla politica climatica e di minimizzare i compromessi negativi.

5. LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE

L'Unione europea, responsabile di poco più del 10% delle emissioni globali, non sarà in grado di lottare da sola contro il cambiamento climatico. Un'azione internazionale è il solo modo per risolvere questo problema e l'UE deve continuare a coinvolgere i suoi partner. Impegnata da oltre dieci anni nella formulazione ed attuazione di politiche interne ambiziose in materia climatica, l'Unione ha trascinato con sé numerosi altri paesi. La situazione è oggi radicalmente mutata rispetto alla fine del 2008, anno in cui l'UE ha adottato unilateralmente il suo pacchetto "Clima ed energia". Alla conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici (COP15) i leader mondiali hanno convenuto che occorre limitare a 2°C l'aumento della temperatura media mondiale. Attualmente i paesi che rappresentano oltre l'80% delle emissioni globali si sono impegnati a raggiungere obiettivi nazionali nell'ambito dell'accordo di Copenaghen e degli accordi di Cancun. Per tenere fede a questi impegni alcuni paesi dovranno attuare interventi più incisivi di quelli attualmente previsti.

Questa azione concreta, che va talvolta al di là degli impegni che i singoli paesi sarebbero stati disposti ad assumere a livello internazionale, è in larga misura condizionata da altre agende nazionali: accelerare l'innovazione, rafforzare la sicurezza energetica e la competitività nei settori strategici per la crescita e ridurre l'inquinamento atmosferico. Di tali questioni si stanno occupando alcuni dei principali partner internazionali dell'Europa, come la Cina, il Brasile e la Corea, in un primo tempo attraverso programmi di stimolo, e ora sempre più mediante piani d'azione concreti volti a promuovere un'economia a basse emissioni di carbonio. L'inazione significherebbe per l'Europa perdere terreno nei principali settori manifatturieri.

Nei prossimi anni il rispetto di questi impegni costituirà una tappa decisiva verso la globalizzazione delle politiche sul cambiamento climatico. L'UE dovrebbe sfruttare questa opportunità per rafforzare la cooperazione con i suoi partner internazionali, segnatamente al fine di sviluppare progressivamente un mercato mondiale del carbonio che consenta di sostenere gli sforzi compiuti dai paesi sviluppati e in via di sviluppo per attuare strategie di sviluppo a bassa intensità di emissioni. Dovrebbe inoltre vigilare affinché tutti i finanziamenti erogati a favore del clima contribuiscano alla creazione di possibilità di sviluppo "a prova di clima".

Tuttavia, anche se gli impegni assunti dopo Copenaghen fossero attuati tempestivamente, questo consentirebbe di realizzare soltanto parte delle riduzioni necessarie. Secondo un recente rapporto dell'UNEP, la piena attuazione di tali impegni permetterebbe di ottenere soltanto il 60% delle riduzioni di emissione necessarie entro il 2020. In assenza di un'azione risoluta a livello mondiale per contrastare il cambiamento climatico, le temperature potrebbero aumentare di oltre 2ºC entro il 2050 e di oltre 4ºC entro il 2100. Per scongiurare questo pericolo gli scienziati affermano che entro il 2050 le emissioni globali di gas serra dovranno essere almeno dimezzate rispetto al 1990. Con l'elaborazione della presente tabella di marcia l'UE promuove una nuova iniziativa per rilanciare i negoziati internazionali in vista della conferenza di Durban. La tabella di marcia costituisce quindi parte integrante di una strategia più ampia volta a mantenere l'aumento della temperatura media mondiale al di sotto di 2ºC rispetto ai livelli preindustriali. Nella cooperazione con i suoi partner l'UE dovrebbe seguire un approccio globale, che miri a intensificare gli impegni bilaterali e multilaterali riguardanti le numerose questioni trasversali connesse alla politica climatica.

6. CONCLUSIONI

Dall'analisi circostanziata realizzata dalla Commissione sulle soluzioni economicamente sostenibili per ridurre le emissioni di gas serra entro il 2050 scaturiscono numerose importanti conclusioni.

Per conseguire l'obiettivo di ridurre globalmente le emissioni di gas serra dell'80-95% entro il 2050, la tabella di marcia indica che una transizione graduale ed efficace in termini di costi richiederebbe una riduzione delle emissioni interne del 40% nel 2030 e dell'80% nel 2050 rispetto al 1990. L'Unione europea deve ora iniziare a elaborare strategie per avanzare in questa direzione facendo tesoro dei risultati già ottenuti. Dal canto loro, tutti gli Stati membri che non l'hanno già fatto dovrebbero quanto prima elaborare tabelle di marcia nazionali verso un'economia a bassa intensità di carbonio. La Commissione è disposta a fornire parte degli strumenti e delle politiche a questo scopo necessari.

In secondo luogo, l'analisi rivela che le politiche esistenti premetteranno all'UE di conseguire una riduzione del 20% delle emissioni interne di gas serra entro il 2020. Se il piano di efficienza energetica fosse pienamente ed efficacemente attuato nella sua versione modificata, raggiungendo così l'obiettivo di un incremento del 20% dell'efficienza energetica, l'UE sarebbe in grado di superare l'obiettivo di riduzione del 20% e di conseguire entro il 2020 un abbattimento delle emissioni del 25%. La presente comunicazione non propone di fissare nuovi obiettivi per il 2020, ma non rimette neppure in discussione la proposta fatta dall'UE nell'ambito dei negoziati internazionali di innalzare al 30% l'impegno di riduzione per il 2020, se sussistono le condizioni. Il dibattito prosegue sulla base della comunicazione della Commissione del 26 maggio 2010[17].

In terzo luogo, oltre ad attenuare la minaccia di cambiamenti climatici pericolosi nell'ambito di un'azione ambiziosa su scala mondiale, il fatto di ridurre drasticamente le emissioni dell'UE può contribuire a contenere le importazioni di combustibili fossili e a migliorare la qualità dell'aria e la salute pubblica.

In quarto luogo, la tabella di marcia propone fasce di riduzione delle emissioni per alcuni settori chiave per il 2030 e il 2050. L'attuazione del piano strategico per le tecnologie energetiche riveste un'importanza cruciale per conseguire tali obiettivi nel modo più efficiente possibile in termini di costi e per massimizzare i benefici per le industrie manifatturiere dell'UE. Considerate le importanti implicazioni per il mercato del lavoro, l'agenda per nuove competenze e per l'occupazione dovrà sostenere il processo di transizione.

Sulla base della tabella di marcia la Commissione intende sviluppare iniziative e tabelle di marcia settoriali, come la tabella di marcia per l'energia per il 2050 e il futuro Libro bianco sui trasporti. A tal fine essa avvierà opportuni dialoghi settoriali. Continuerà ad adoperarsi affinché il sistema di scambio delle quote di emissione dell'UE rimanga uno strumento chiave per garantire l'efficacia e l'efficienza degli investimenti nelle tecnologie a bassa intensità di carbonio. Vigilerà inoltre sul rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio affinché siano garantite eque condizioni a tutti i settori.

In sede di elaborazione del prossimo quadro finanziario pluriennale la Commissione valuterà in che modo il finanziamento dell'UE può sostenere gli strumenti e gli investimenti necessari per favorire la transizione verso un'economia a bassa intensità di carbonio, tenendo conto delle peculiarità dei vari settori, paesi e regioni.

La Commissione invita le altre istituzioni europee, gli Stati membri, i paesi candidati e i paesi candidati potenziali e i gruppi di interesse a tener conto della presente tabella di marcia nell'elaborazione delle future politiche dell'UE, nazionali e regionali volte a realizzare un'economia a bassa intensità di carbonio entro il 2050. A livello internazionale, la Commissione presenterà la tabella di marcia 2050 ai suoi partner mondiali, al fine di rilanciare negoziati internazionali per un'azione planetaria, e rafforzerà la cooperazione con i paesi vicini dell'UE sulle misure atte a promuovere un'economia solida e a basse emissioni di carbonio.

[1] COM(2011) 21: http://ec.europa.eu/resource-efficient-europe

[2] Piano di efficienza energetica, COM(2011) 109.

[3] Tenuto conto degli sforzi necessari da parte dei paesi in via di sviluppo, questo dovrebbe permettere di ridurre le emissioni del 50% a livello globale entro il 2050.

[4] Ciò significa conseguire vere e proprie riduzioni interne delle emissioni dell'UE, senza il ricorso a compensazioni nell'ambito del mercato del carbonio.

[5] Piano di efficienza energetica, COM(2011) 109.

[6] Conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/87/CE sullo scambio delle quote di emissioni, modificata dalla direttiva 2009/29/CE, e della decisione sulla condivisione degli sforzi (decisione 406/2009/CE).

[7] La direttiva 2003/87/CE , modificata dalla direttiva 2009/29/CE, prevede una riduzione lineare del tetto massimo di 1,74 punti percentuali all'anno. Tale riduzione, giuridicamente sancita nel sistema ETS, prosegue dopo il 2020.

[8] V. anche la comunicazione della Commissione "Priorità per le infrastrutture energetiche per il 2020 e oltre – Piano per una rete energetica europea integrata" - COM(2010) 677.

[9] Direttiva 2010/31/UE.

[10] COM(2010) 265.

[11] Articolo 10 bis , paragrafo 13, della direttiva 2003/87/CE quale modificata dalla direttiva 2009/29/CE.

[12] Programma di lavoro della Commissione 2011, Strategia europea e piano d'azione verso una bioeconomia sostenibile entro il 2020.

[13] Eurostat, conti nazionali.

[14] Indicatori della Banca mondiale.

[15] Se configura un aiuto di Stato, il finanziamento pubblico deve rispettare le norme sulla compatibilità degli aiuti di Stato.

[16] L'entità delle riduzioni della fattura per le importazioni di combustibili fossili dipende dall'andamento futuro del prezzo di tali combustibili e dalla diversificazione delle fonti di approvvigionamento.

[17] COM(2010) 265.