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Document 52010DC0254

Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo E alla Banca centrale europea - Fondi di risoluzione per il settore bancario

/* COM/2010/0254 def. */

52010DC0254

Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo E alla Banca centrale europea - Fondi di risoluzione per il settore bancario /* COM/2010/0254 def. */


[pic] | COMMISSIONE EUROPEA |

Bruxelles, 26.5.2010

COM(2010) 254 definitivo

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA

Fondi di risoluzione per il settore bancario

COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E ALLA BANCA CENTRALE EUROPEA

Fondi di risoluzione per il settore bancario

1. Contesto

Nel corso della crisi in atto i governi degli Stati membri dell’Unione europea e di altri paesi del mondo hanno stanziato consistenti somme di denaro pubblico a sostegno del rispettivo settore finanziario[1]. Questo intervento si è reso necessario per assicurare la stabilità finanziaria e per proteggere i depositanti, ed è stato accompagnato da misure a sostegno dell’economia reale. Tuttavia, l’effetto generale è stato quello di imporre un pesante onere economico a carico dei contribuenti di oggi e delle generazioni future[2].

Dalla riunione del G20 di Pittsburgh, tenutasi nel settembre 2009, è emerso un messaggio politico chiaro, fortemente sostenuto dall’UE[3], ossia che i soldi dei contribuenti non dovranno più essere utilizzati per ripianare le perdite delle banche. La Commissione europea sta lavorando alla realizzazione di questo obiettivo seguendo almeno due orientamenti complementari: i) riducendo la probabilità di fallimenti bancari mediante una vigilanza macro- e microeconomica più forte, una migliore governance societaria e norme più severe, e ii) qualora nonostante le predette misure si verifichi un fallimento, assicurando la disponibilità di strumenti idonei, ivi comprese risorse adeguate, per una risoluzione ordinata e tempestiva. La creazione di fondi di risoluzione alimentati dal settore privato costituisce una parte importante della risposta.

La Commissione sostiene la creazione di fondi di risoluzione ex ante , finanziati mediante un prelievo a carico delle banche[4], per facilitare l’adozione di misure di risoluzione per le banche in sofferenza in modo da evitare il contagio, consentire alla banca di essere liquidata in maniera ordinata ed entro un lasso di tempo che eviti la svendita delle attività (“ principio di previsione ”). La Commissione ritiene che i fondi di risoluzione siano un elemento necessario dell’insieme di strumenti, costituito da numerose misure, che verrà incluso nel nuovo quadro UE sulla gestione delle crisi al fine di limitare l’onere per i contribuenti e minimizzare, o meglio eliminare, il ricorso al denaro dei contribuenti per il salvataggio delle banche.

In un’era di crescente integrazione dei mercati finanziari mondiali è di fondamentale importanza trovare soluzioni per gestire efficacemente le crisi bancarie. La recente estrema volatilità dei mercati finanziari è un chiaro esempio che ci ricorda il grado di integrazione raggiunto dai mercati finanziari. Vi è bisogno più che mai di meccanismi di finanziamento solidi e credibili.

Nella comunicazione dell’ottobre 2009[5] la Commissione ha espresso un forte appoggio alla creazione di un nuovo quadro di gestione delle crisi a livello UE mirante a favorire la gestione ordinata dei fallimenti bancari e a minimizzarne i costi per i contribuenti. Nel documento di lavoro[6] dell’aprile 2010 i servizi della Commissione hanno concluso che un prelievo a carico delle banche rappresenta una delle opzioni possibili per costringere il settore finanziario a contribuire ai costi della crisi e per prevenire lo scoppio di crisi in futuro. Il 9 maggio 2010 il Consiglio ECOFIN ha chiesto, nelle sue conclusioni, di accelerare i lavori in materia di gestione e risoluzione delle crisi.

Cresce il sostegno politico a favore dell’applicazione anche al settore finanziario del principio “chi inquina paga” , conosciuto nell’ambito della politica ambientale, in modo che i responsabili siano tenuti a pagare i costi di eventuali future crisi finanziarie. Un certo numero di paesi ha già introdotto, o è in procinto di farlo, un prelievo a carico delle banche, per quanto diversificato da paese a paese.

Il G20 terrà una prima discussione su tali prelievi in occasione della riunione ministeriale di giugno. La presente comunicazione fornisce un sostanziale contributo per le riunioni del G20. L’UE dovrebbe assumere un ruolo guida nelle iniziative del G20 volte a trovare un approccio e un modello mondiali per preservare condizioni di parità a livello internazionale.

La presente comunicazione espone il pensiero della Commissione sul modo in cui il settore finanziario potrebbe contribuire ai costi di finanziamento delle misure di risoluzione delle banche in sofferenza. Essa illustra anche i settori in cui i fondi di risoluzione per il settore bancario vanno ad aggiungersi all’insieme degli strumenti che dovrebbero essere resi disponibili per la prevenzione e la gestione delle crisi bancarie. La presente comunicazione espone anche le idee generali della Commissione su una serie di questioni importanti, quali la finalità dei fondi, le loro potenziali dimensioni e le condizioni del loro impiego.

La presente comunicazione non tratta tuttavia di prelievi o tasse aventi lo scopo di recuperare i fondi pubblici impiegati nel corso dell’attuale crisi per stabilizzare il sistema bancario o affrontare il problema dell’eccessiva assunzione di rischi o della speculazione. L’esame di queste misure dovrebbe continuare in parallelo in quanto utile integrazione ai fondi preventivi presi in considerazione nella presente comunicazione.

La creazione di fondi di risoluzione solleva una serie di problemi, in particolare rispetto alle preoccupazioni sull’azzardo morale , emerse a seguito di provvedimenti adottati nel corso della crisi. La Commissione riconosce che si tratta di preoccupazioni importanti che devono essere affrontate dichiarando in modo chiaro e non ambiguo che gli azionisti (a concorrenza del valore del loro investimento) e i creditori (esclusi i depositanti che sono garantiti da regimi di garanzia dei depositi) devono essere i primi a sopportare le conseguenze di un fallimento bancario e che i fondi di risoluzione non devono essere utilizzati come un’assicurazione contro il fallimento o per il salvataggio di banche in sofferenza , ma piuttosto per consentirne una liquidazione ordinata. In breve, i fondi di risoluzione per il settore bancario, come suggerito dal FMI, dovrebbero essere strettamente legati al futuro regime di risoluzione.

La creazione di fondi di risoluzione per il settore bancario rientra nel nuovo quadro di gestione delle crisi. Si riconosce che ciò comporterà costi per le banche in un momento in cui sono chiamate ad attuare ulteriori misure per rispondere alla crisi. La Commissione riconosce che è essenziale sviluppare una comprensione chiara e una valutazione attenta degli impatti cumulativi dell’ampio pacchetto di riforme in materia di prelievi, regimi di garanzia dei depositi e patrimonio delle banche, e adeguare conseguentemente i singoli elementi del pacchetto di riforma. È necessario assicurare che i costi siano calibrati in maniera tale da evitare di soffocare la ripresa economica e di far lievitare il costo del credito per l’economia reale. Occorrerebbe anche evitare di trasferire i maggiori costi ai clienti sotto forma di aumenti delle spese. La Commissione assicurerà che tutti questi elementi siano presi adeguatamente in considerazione nella valutazione dell’impatto che accompagnerà le proposte.

2. I fondi di risoluzione per il settore bancario dovrebbero inserirsi in un quadro per la stabilità finanziaria

La creazione di fondi di risoluzione per il settore bancario non dovrebbe essere considerata come misura a sé stante, bensì compresa come parte di una più ampia serie di iniziative miranti a rafforzare il sistema finanziario a seguito dell’attuale crisi. È in corso una riforma fondamentale della regolamentazione e della vigilanza dei mercati finanziari per superare le carenze evidenziate dalla crisi bancaria. La Commissione ha proposto misure per rafforzare i requisiti patrimoniali e riformare l’architettura di vigilanza UE, e in giugno presenterà una proposta per rafforzare i vigenti regimi di garanzia dei depositi. Inoltre, la Commissione lancerà tra breve una consultazione su vasta scala al fine di rafforzare la governance degli istituti finanziari, in particolare delle banche.

La comprensione del contesto generale è essenziale per fissare le finalità dei fondi, il loro modo di funzionamento e le dimensioni che dovrebbero assumere. Si può ritenere che riforme più ampie del quadro finanziario incentrate sulla prevenzione potrebbero diminuire la probabilità e la gravità dei fallimenti bancari, e procedure più efficienti, che consentano interventi più rapidi e misure di risoluzione efficaci, dovrebbero ridurre il costo dei provvedimenti adottati e attenuare la garanzia implicita associata agli istituti considerati “troppo grandi per fallire” (“ too big to fail ”).

Diagramma 1: quando verrebbe utilizzato un fondo di risoluzione?

[pic]Nell’ottobre 2010 la Commissione adotterà una tabella di marcia che fisserà il calendario, le misure concrete, gli strumenti e i piani per un quadro UE completo di gestione delle crisi. L’intenzione è presentare le proposte legislative relative sia alle misure e agli strumenti di gestione delle crisi che ai fondi di risoluzione entro l’inizio del 2011.

Il nuovo quadro mirerà ad assicurare che le autorità degli Stati membri dispongano di strumenti comuni da utilizzare in maniera coordinata per dare una risposta rapida e giuridicamente solida in caso di gravi fallimenti bancari, al fine di tutelare il sistema finanziario nel suo complesso, di evitare costi per i contribuenti e di assicurare condizioni di parità. In particolare, l’obiettivo è assicurare che la gestione ordinata dei fallimenti sia una opzione credibile per tutte le banche, indipendentemente dalle loro dimensioni o complessità.

L’applicazione di strumenti di risoluzione con il correlativo finanziamento del settore privato a istituti finanziari molto grandi e complessi può presentare problemi particolari. Per questo motivo occorre rendere disponibili strumenti alternativi che non comprendano il finanziamento pubblico. Tali strumenti potrebbero essere utilizzati in circostanze specifiche per stabilizzare la situazione ed evitare una liquidazione forzata e affrettata che potrebbe compromettere la stabilità finanziaria a breve termine.

È in corso un lavoro importante a livello internazionale per ridurre la probabilità e l’impatto del fallimento dei predetti istituti (riquadro 1).

RIQUADRO 1: come affrontare le difficoltà degli istituti finanziari di grandi dimensioni e di estrema complessità Occorre che vi sia sufficiente certezza sul fatto che gli istituti in difficoltà possano essere gestiti senza compromettere la stabilità finanziaria o scatenare un evento sistemico. Gli strumenti illustrati di seguito potrebbero integrare i fondi di risoluzione ex ante e fornire alle autorità un insieme di misure adeguatamente robuste per la gestione di istituti finanziari di grandi dimensioni e di estrema complessità che si trovino in difficoltà. Piani di ripresa e di risoluzione Sono in corso lavori sia a livello UE (CEBS) che a livello internazionale (comitato per la stabilità finanziaria) per la definizione e il test di piani di ripresa e di risoluzione (di cui il G20 ha chiesto l’elaborazione entro la fine del 2010), che saranno un elemento essenziale in un futuro quadro UE di prevenzione delle crisi. Le autorità competenti dovrebbero essere in grado di utilizzare in maniera attiva i poteri preventivi, esistenti o se necessario nuovi, per assicurare, prima dello scoppio di una crisi, che le banche possano essere liquidate in maniera ordinata. A tale riguardo sarà essenziale un quadro giuridico efficiente per la risoluzione. Riduzioni (haircut) a carico dei creditori e conversione del debito in azioni Tra le opzioni specifiche degli istituti rientrano la conversione del debito in azioni (amministrativa o contrattuale[7]) o l’imposizione di riduzioni (haircut) ai titolari di debito subordinato e ai creditori non garantiti (ad esclusione dei depositi) in modo che le imprese in difficoltà dispongano di un consistente finanziamento e possano proseguire l’attività. È in corso un vivo dibattito a livello internazionale sulla possibile introduzione di tali misure. Si potrebbe tra l’altro modificare le norme prudenziali per imporre o per incoraggiare l’uso di strumenti di debito convertibili (così che gli istituti possano “autoassicurarsi”), o per conferire alle autorità poteri amministrativi di applicare riduzioni sul debito non convertibile o convertire debito in azioni. La ricapitalizzazione pre-insolvenza mediante tali meccanismi potrebbe contribuire a stabilizzare l’istituto. Misure di questo genere avrebbero chiaramente un impatto sul costo del finanziamento delle banche, sulla struttura patrimoniale e sulle pratiche di mercato, ma contribuirebbero anche a rafforzare la disciplina di mercato assicurando che i creditori non garantiti sostengano pienamente i costi dei rischi a cui si espongono. Per passare alla pratica, occorre superare notevoli ostacoli giuridici e pratici in merito ai quali sono in corso ulteriori lavori. |

3. È necessario un approccio UE in materia di fondi di risoluzione per il settore bancario

Il grado di integrazione dei mercati finanziari mondiali impone l’adozione di approcci comuni a livello UE e a livello mondiale per quanto riguarda l’introduzione di fondi di risoluzione per il settore bancario. L’esperienza fatta con la gestione dei fallimenti transfrontalieri nel corso dell’attuale crisi ha fornito una chiara illustrazione del perché siano necessari nuovi meccanismi di gestione delle crisi. La risposta immediata dell’UE alla crisi finanziaria è stata quella di proporre una normativa per rafforzare la sorveglianza macroeconomica e i meccanismi di vigilanza transfrontalieri mediante la creazione di nuove autorità, riconoscendo la necessità di una cooperazione più stretta. Nel quadro dei nuovi meccanismi, la vigilanza giornaliera rimarrà di competenza nazionale, nel rispetto delle competenze di bilancio degli Stati membri. Tuttavia la scelta di mantenere un sistema di vigilanza sostanzialmente decentralizzato si basa su un elevato grado di fiducia tra le autorità e sulla cooperazione in seno alle nuove autorità di vigilanza europee e detto sistema potrà esplicare tutte le sue possibilità solo se inserito in un solido quadro transfrontaliero di gestione delle crisi sostenuto da robusti meccanismi di finanziamento.

In linea di principio, la messa in comune delle risorse in un unico fondo di risoluzione pan-UE genererebbe chiari benefici in quanto consentirebbe di aumentare la diversificazione dei rischi, di generare economie di scala, di ridurre l’importo che sarebbe soggetto alla ripartizione degli oneri, di dare gli incentivi giusti alla cooperazione, di accelerare il processo decisionale e di garantire condizioni di parità. Inoltre, rifletterebbe meglio la natura pan-UE dei mercati bancari, in particolare dei gruppi bancari transfrontalieri.

Tuttavia, la Commissione riconosce che sarebbe molto difficile iniziare con la creazione di un fondo di risoluzione UE in assenza di un quadro integrato UE di vigilanza e di gestione delle crisi. L’approccio europeo alla creazione di fondi di risoluzione per il settore bancario dovrebbe riflettere l’approccio più ampio adottato in materia di meccanismi di vigilanza.

Per questa ragione, un primo passo opportuno potrebbe essere un sistema basato sulla creazione di una rete armonizzata di fondi nazionali legati ad un insieme coordinato di dispositivi nazionali di gestione delle crisi[8]. Detti dispositivi costituiscono un primo passo e sarebbero oggetto di riesame entro il 2014[9] allo scopo di creare a lungo termine meccanismi di gestione delle crisi e di vigilanza integrati a livello UE, nonché un fondo di risoluzione UE.

Instaurando maggiore chiarezza e comprensione reciproca tra le autorità mediante meccanismi di finanziamento più solidi si darà anche un contributo essenziale all’armonizzazione degli incentivi tra le autorità a collaborare pienamente in caso di fallimenti bancari transfrontalieri. Ciò accrescerà a sua volta in misura significativa l’efficienza dei meccanismi di gestione transfrontaliera delle crisi.

La mancata adozione di un approccio UE in relazione ai fondi di risoluzione per il settore bancario potrebbe determinare un’imposizione unilaterale di prelievi a favore delle misure di risoluzione a livello nazionale, facendo pertanto sorgere il rischio di gravi distorsioni della concorrenza tra mercati bancari nazionali. Potrebbe anche portare ad una sovrapposizione di prelievi in caso di banche transfrontaliere. Inoltre, approcci diversi ai meccanismi di finanziamento del settore privato potrebbero creare ostacoli ad una gestione efficiente delle crisi o all’uso di strumenti di risoluzione, qualora i fondi del settore privato fossero disponibili in alcuni Stati membri ma non in altri, e potrebbe rendere più complesso, se non impossibile, l’accordo sulla ripartizione dei costi.

Per questi motivi, un approccio UE è la strada opportuna da seguire per quanto riguarda i principi di sussidiarietà e di proporzionalità fissati dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Solo un’azione UE assicurerebbe che i gruppi bancari che operano in più di uno Stato membro siano soggetti a obblighi analoghi in materia di fondi di risoluzione e pertanto godano di condizioni di sostanziale parità, che si evitino costi ingiustificati per il rispetto della normativa per le attività transfrontaliere e che venga promossa l’ulteriore integrazione nel mercato interno. Inoltre, un tale approccio dovrebbe assicurare, se necessario, la conformità alla vigente normativa UE. L’azione a livello UE rafforzerebbe anche la stabilità finanziaria nell’ambito dell’UE.

4. Finanziamento, entità della spesa e GOVERNANCE DI UN FONDO DI RISOLUZIONE PER IL SETTORE BANCARIO

Nel presente capitolo vengono illustrati i tre principali pilastri del fondo di risoluzione: finanziamento (4.1); ambito di applicazione ed entità (4.2) e governance (4.3).

4.1. Finanziamento dei fondi di risoluzione per il settore bancario

Nel definire i meccanismi di finanziamento di un fondo si devono perseguire due obiettivi: i) raccogliere gli importi necessari in funzione della natura dell’uso a cui saranno destinati (ad esempio, la probabilità e i costi delle misure di risoluzione); ii) fare in modo di incentivare comportamenti virtuosi e ridurre il rischio di risoluzione. Sostanzialmente sono tre i parametri principali su cui basare il calcolo del contributo: le passività dell’istituto, le sue attività o i suoi profitti.

- Le attività bancarie sono un buon indicatore dei rischi assunti dalle banche. Esse potrebbero riflettere accuratamente la potenziale probabilità di un fallimento bancario e pertanto la necessità di adottare misure di risoluzione per la banca[10]. Indirettamente le attività potrebbero rappresentare un indicatore dell’importo che potrebbe essere necessario per gestire le misure di risoluzione della banca. Tuttavia, le attività bancarie sono già soggette a requisiti patrimoniali prudenziali ponderati per il rischio. L’imposizione di un prelievo basato sulle attività potrebbe pertanto equivalere all’imposizione di un ulteriore requisito patrimoniale e dovrebbe essere considerata attentamente nel contesto delle più ampie riforme dei requisiti patrimoniali attualmente in corso.

- Le passività bancarie [11] sembrerebbero costituire l’indicatore più idoneo degli importi che potrebbero essere necessari per far fronte al fallimento di una banca. È più che probabile che i costi delle misure di risoluzione di una banca derivino dalla necessità di sostenere alcune passività (escluse le azioni e le passività garantite, ad esempio i depositi). Tuttavia, le passività bancarie potrebbero risultare un elemento meno preciso per valutare il grado di rischio.

- In aggiunta ai prelievi legati al bilancio, si potrebbero utilizzare i profitti e i premi come base per il calcolo del prelievo, in quanto indicatori delle dimensioni di una banca e perché più in linea con il principio “chi inquina paga”[12]. Tuttavia i profitti e i premi potrebbero non essere strettamente correlati all’importo del finanziamento delle misure di risoluzione di cui una banca potrebbe aver bisogno o alla probabilità del suo fallimento.

La Commissione sta attentamente valutando quale delle diverse basi illustrate sarebbe la più idonea per il finanziamento di un fondo di risoluzione per il settore bancario. In ogni caso, qualunque sia la base prescelta, la Commissione ritiene che dovrebbe almeno rispondere ai seguenti principi: a) impedire possibili arbitraggi, b) riflettere opportunamente i rischi; c) tenere conto della natura sistemica di alcuni istituti finanziari, d) essere basata sugli importi che potrebbero essere spesi qualora le misure di risoluzione divengano necessarie ed e) impedire distorsioni della concorrenza.

Vi è anche un’importante considerazione sull’opportunità di raccogliere fondi ex ante o ex post . La Commissione è del parere che i fondi di risoluzione dovrebbero basarsi su contribuiti versati ex ante dalle banche . Sistemi finanziati interamente ex post potrebbero comportare finanziamenti anticipati dei contribuenti e pertanto potrebbero accrescere il rischio che i fallimenti bancari siano accompagnati da conseguenze economiche negative di maggiore portata. Un tale approccio potrebbe risultare pro-ciclico e pesare sui bilanci pubblici nel corso di una crisi quando lo Stato è ancor meno in grado di fornire finanziamenti aggiuntivi[13].

4.2. Ambito di applicazione ed entità delle spese del fondo

La finalità dei fondi di risoluzione per il settore bancario è contribuire a finanziare la risoluzione ordinata di istituti finanziari in difficoltà. Essi dovrebbero essere messi a disposizione per la risoluzione delle banche indipendentemente dalle dimensioni e dall’interconnessione di queste ultime, ma il loro uso a fini di salvataggio delle banche dovrebbe essere chiaramente escluso. In questa fase non appare opportuno estendere l’applicazione dei fondi di risoluzione ad altri istituti finanziari, quali fondi di investimento o imprese di assicurazione. Pur essendo partecipanti attivi dei mercati finanziari, essi presentano una serie di specificità che complicherebbero l’applicazione a detti soggetti di un regime di risoluzione analogo a quello previsto per le banche. Per non essendo utilizzati per ricapitalizzare le banche, i fondi di risoluzione dovranno essere adeguatamente dotati di risorse per sostenere diversi costi di risoluzione e l’approccio adottato dovrà essere configurato per imprese di dimensioni e natura diverse.

L’entità del fondo dipenderà dal tipo di istituti finanziari che ricadranno nel campo di applicazione del quadro di risoluzione delle crisi e dovrà anche essere configurato nel contesto delle più ampie riforme previste nel settore finanziario.

RIQUADRO 2: quali misure sarebbe chiamato a finanziare un fondo di risoluzione nel settore bancario?

Le azioni adottate dalle autorità preposte alla risoluzione al fine di attuare una risoluzione ordinata di una banca potrebbero comportare una serie di costi diversi. In linea di principio un quadro di risoluzione ben configurato dovrebbe obbligare un’autorità preposta alla risoluzione ad applicare misure di risoluzione per istituti in sofferenza al minor costo economico e sociale, nel rispetto delle norme del trattato in materia, tra cui le norme sugli aiuti di Stato. Nel prosieguo si forniscono esempi di varie misure che i fondi di risoluzione dovrebbero essere chiamati a finanziare:

- finanziamento di una banca ponte (nel qual caso le autorità preposte alla risoluzione rileverebbero la banca) per consentire la continuazione delle operazioni di un istituto insolvente. Questa misura potrebbe comportare, ad esempio, la fornitura di un finanziamento e/o di garanzie ponte;

- finanziamento del trasferimento totale o parziale delle attività e/o passività dall’istituto in sofferenza ad un terzo. I costi potrebbero comportare una garanzia sulle attività (ad esempio la ripartizione delle perdite con un potenziale acquirente di attività deteriorate) e/o il finanziamento o la garanzia del trasferimento di passività per un periodo di tempo al fine di preservare la fiducia dei mercati ed evitare il rischio di un “assalto” dei creditori;

- finanziamento della scissione tra banca buona ( good bank ) e banca cattiva ( bad bank ). Tra i costi che il fondo dovrebbe sostenere potrebbero rientrare l’acquisto e la gestione temporanei di attività deteriorate e la fornitura di finanziamenti ponte a favore della banca buona ;

- copertura dei costi amministrativi e delle spese legali e di consulenza, nonché la necessità di preservare alcune funzioni vitali delle banche, quali i sistemi di pagamento.

Durante la crisi in corso gli importi impegnati dai governi a sostegno del settore bancario hanno raggiunto una percentuale significativa del PIL dell’UE. Non si prevede che i fondi di risoluzione descritti nella presente comunicazione raggiungano dimensioni analoghe perché la finalità stessa di un fondo di risoluzione è impedire interventi del governo a salvataggio delle banche. La Commissione ritiene ancora più importante un quadro di gestione delle crisi che assicuri che ogni eventuale perdita nel contesto di un fallimento bancario sia sostenuta in primis dagli azionisti, dai titolari di titoli di debito subordinato e dai creditori non garantiti, e che solo successivamente vengano attivati i fondi di risoluzione. La Commissione adotterà la sua posizione sul limite massimo appropriato per i fondi dopo avere svolto ulteriori dettagliate analisi quantitative e una valutazione dell’impatto completa. Gli esempi citati nel riquadro 3 sono inclusi a scopo illustrativo e rappresentano una gamma di possibili dimensioni massime basate su iniziative recenti.

RIQUADRO 3: costi di iniziative recenti per la creazione di fondi

Alcuni paesi hanno già adottato la decisione di imporre prelievi a carico delle banche al fine esplicito di istituire fondi dedicati. Tuttavia, la finalità precisa di questi fondi e le implicazioni finanziarie differiscono:

- in Germania sono in preparazione proposte per un prelievo sistemico a carico delle banche da versare ad un fondo di stabilità per il finanziamento di misure nel quadro di un regime speciale di risoluzione. I dettagli sulla struttura del prelievo, sull’entità del fondo e sulle modalità con cui i fondi verranno investiti e utilizzati devono ancora essere definiti, tuttavia vi sono indicazioni che il prelievo potrebbe consentire di raccogliere circa 1 miliardo di euro all’anno;

- la Svezia ha recentemente creato un “fondo di stabilità” per le banche, avente la finalità di finanziare misure per contrastare il rischio di gravi perturbazioni del sistema finanziario svedese[14]. Si prevede che in 15 anni il fondo dovrebbe raggiungere il 2,5 percento del PIL. Si baserà su una tassa per la stabilità pagata dalle banche e dagli altri enti creditizi, pari allo 0,036 percento annuo prelevato su determinate parti delle passività dell’istituto (ad esclusione del capitale proprio e alcuni titoli di debito di rango inferiore);

- il FMI ha indicato[15] che sulla base dell’esperienza maturata nel corso di crisi passate, circa il 2-4 percento del PIL dovrebbe essere sufficiente per la dotazione dei fondi di risoluzione (si tratta di una percentuale corrispondente ai costi diretti della crisi bancaria in corso), in funzione dell’importanza relativa del settore finanziario.

In una serie di Stati membri i regimi di garanzia dei depositi hanno già il compito di finanziare il trasferimento dei depositi dall’istituto in sofferenza[16]. La Commissione ritiene che l’uso dei fondi di garanzia dei depositi a scopi di risoluzione dovrebbe essere limitato all’importo necessario per il pagamento dei depositi garantiti. I costi che superano questo limite dovrebbero essere sostenuti dai fondi di risoluzione. Occorrerà definire i sistemi con molta attenzione in modo da evitare duplicazioni.

4.3. La governance dei fondi di risoluzione per il settore bancario

Dato che con tutta probabilità l’entità di un fondo di risoluzione per il settore bancario sarebbe significativa nella maggior parte dei paesi, le norme sulla governance del fondo sono di primaria importanza. I contributi delle banche alla copertura dei costi di future misure di risoluzione potrebbero essere versati al bilancio generale o ad un fondo. Alcuni Stati membri potrebbero essere tentati di utilizzare detti contributi per ridurre il rispettivo disavanzo pubblico. Tuttavia, a lungo termine la mancata creazione di fondi di risoluzione “dedicati” potrebbe aumentare la dipendenza del settore finanziario dai fondi pubblici in caso di nuove crisi, e accrescere ulteriormente l’azzardo morale connesso agli istituti “troppo grandi per fallire”. Inoltre, rimarrà sempre il rischio che i prelievi versati al bilancio generale possano essere dirottati ad altri usi.

Pertanto, la Commissione ritiene che i fondi di risoluzione per il settore bancario dovrebbero rimanere separati dal bilancio nazionale ed essere dedicati unicamente alla copertura dei costi delle misure di risoluzione.

A scopi pratici, la gestione dei fondi di risoluzione per il settore bancario dovrebbe essere affidata alle autorità che verrebbero incaricate della risoluzione degli istituti finanziari e che opererebbero come organismi esecutivi indipendenti. Sarà necessario elaborare orientamenti chiari in materia di responsabilità qualora vengano conferiti nuovi poteri in materia di allocazione dei fondi. L’indipendenza funzionale dal governo assicurerebbe che i fondi siano unicamente riservati al pagamento delle misure di risoluzione. I dettagli dei meccanismi di governance dovranno essere ulteriormente definiti. Al riguardo, tre sono le questioni particolarmente pertinenti per la gestione di un fondo:

i) in che modo dovrebbe essere detenuto il denaro raccolto, ii) a che condizioni dovrebbero essere utilizzati i fondi per la risoluzione delle banche e iii) in che modo occorrerebbe decidere la ripartizione dei costi pagabili mediante i fondi in caso di risoluzione transfrontaliera.

i) Il fondo dovrebbe essere investito in un portafoglio geograficamente ben diversificato di attività non bancarie altamente liquide con un ridotto rischio di credito e di mercato e in maniera da sostenere l’economia reale.

ii) Per quanto riguarda l’utilizzo dei fondi, la Commissione intende creare un quadro di risoluzione armonizzato mirante a evitare eventuali differenze dovute al modo in cui le autorità nazionali applicano i poteri e gli strumenti di risoluzione, limitando in tal modo distorsioni della concorrenza. Sulla base di tale quadro verranno stabiliti i tempi e le modalità di utilizzo dei fondi di risoluzione.

iii) Per quanto riguarda i meccanismi di risoluzione transfrontaliera, la Commissione intende presentare una proposta per l’introduzione di norme chiare sulle modalità di svolgimento del coordinamento. Elemento centrale di questi meccanismi potrebbero essere collegi cui parteciperanno le autorità preposte alla risoluzione al fine di adottare decisioni comuni sulla preparazione della risoluzione di un gruppo bancario transfrontaliero soggetto alla vigilanza di un organismo quale la futura autorità bancaria europea come proposto dalla Commissione. Tali piani di risoluzione, basati su principi chiari che verranno definiti per legge, includerebbero discussioni sulle modalità di un’equa ripartizione degli oneri e sulla ripartizione dei costi tra i fondi di risoluzione a finanziamento privato.

Infine, il ricorso ai fondi di risoluzione dovrà avvenire nel rispetto delle norme UE sugli aiuti di Stato . Nella definizione degli aspetti operativi dei fondi di risoluzione si dovrà tenere in debito conto le possibili implicazioni sotto il profilo degli aiuti di Stato. Gli interventi mediante l’utilizzo dei fondi di risoluzione dovranno pertanto incorporare caratteristiche che rendano più agevole la valutazione della loro compatibilità, in particolare in relazione al tipo di sostegno accordato, alla ripartizione adeguata degli oneri e alla prevenzione di distorsioni ingiustificate della concorrenza.

5. Le prossime tappe

La presente comunicazione vuole fornire un contributo alle discussioni sui prelievi e sui fondi di risoluzione che si terranno nel quadro delle prossime riunioni del G20. È importante arrivare al più presto ad un ampio accordo, sia nell’UE che a livello internazionale, sui principi e gli orientamenti generali nelle predette materie per evitare l’emergere di approcci nazionali divergenti.

La Commissione invita il Consiglio europeo del 17 giugno 2010 ad approvare i principi e i passi indicati nella presente comunicazione e a chiedere ai rappresentanti dell’UE in seno al G20 di sostenerli nel corso delle prossime riunioni.

Come prossimo passo nella creazione di un quadro completo di prevenzione e di gestione delle crisi, la Commissione presenterà nell’ottobre 2010 una comunicazione contenente una tabella di marcia e i piani più generali e dettagliati per l’elaborazione di un nuovo quadro di gestione delle crisi, tra cui un’ulteriore valutazione della fattibilità di strumenti per assicurare che i creditori contribuiscano in fase precoce ad una risoluzione (ad esempio tramite l’applicazione di riduzioni a carico dei creditori). La Commissione prevede di adottare proposte legislative in materia di gestione delle crisi e di fondi di risoluzione all’inizio del 2011 .

[1] Secondo il FMI il costo netto della crisi direttamente a carico dei bilanci ha raggiunto una media del 2,7% del PIL per i paesi avanzati del G20, sebbene gli importi impegnati, incluse le garanzie e altre passività potenziali siano ammontati in media al 25% del PIL.

[2] Secondo le proiezioni il debito pubblico nelle economie avanzate del G20 dovrebbe aumentare di circa 40 punti percentuali nel periodo 2008-2015 (cfr. FMI).

[3] Conclusioni del Consiglio ECOFIN del 18 maggio 2010.

[4] Conformemente all’ambito di applicazione della normativa UE in materia bancaria, ossia la direttiva 2006/48/CE sui requisiti patrimoniali, nella presente comunicazione il termine “banca” viene utilizzato per indicare le banche e le imprese di investimento.

[5] COM(2009) 561.

[6] Meccanismi di finanziamento innovativi a livello mondiale, SEC(2010) 409 del 1.4.2010.

[7] Ad esempio mediante l’emissione di capitale convertibile ( contingent capital ) con caratteristiche di conversione del debito in azioni o di riduzione di valore. Una serie di banche, quali Lloyd’s e Rabobank, hanno già emesso strumenti di questo genere.

[8] Questo approccio tiene conto del fatto che in alcuni Stati membri esistono già dei fondi di risoluzione.

[9] Il 2014 è la data prevista nella proposta di regolamento sull’autorità bancaria europea per il riesame del nuovo quadro di vigilanza.

[10] In termini di regolamentazione bancaria, ciò significherebbe basarsi sull’attuale capacità di monitoraggio della rischiosità delle attività per valutare sia la probabilità di inadempimento (PD) che la perdita in caso di inadempimento (LGD) al fine di stimare l’importo relativo del prelievo.

[11] L’uso delle passività come base per il calcolo dell’importo del prelievo è l’approccio sostenuto dal FMI.

[12] Alcuni Stati membri hanno recentemente deciso di introdurre tasse sui premi. Si tratta di una soluzione diversa dal prelievo a carico delle banche illustrato nella presente comunicazione.

[13] Nel caso in cui i fondi ex ante risultassero insufficienti per coprire i costi di misure di risoluzione, i fondi di risoluzione dovrebbero beneficiare del sostegno di finanziamenti alternativi sufficientemente credibili.

[14] Il mandato deve essere inteso in maniera più estensiva di quello dei “fondi di risoluzione per il settore bancario” descritti dalla Commissione.

[15] A Fair and Substantial Contribution by the Financial Sector , relazione intermedia per il G20, aprile 2010.

[16] Nel corso della recente crisi finanziaria si sono avuti alcuni esempi di fallimenti bancari gestiti in maniera ordinata tramite i regimi di garanzia dei depositi. Essi illustrano i costi potenziali associati al fallimento di banche di piccole e medie dimensioni (ad esempio, Dunfermline Building Society: 1,5 miliardi di sterline, Bradford & Bingley: 14 miliardi di sterline).

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