52000DC0001

Comunicazione della Commissione sul principio di precauzione /* COM/2000/0001 def. */


COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE sul principio di precauzione

SOMMARIO

1. Il problema di come e quando utilizzare il principio di precauzione, nell'ambito dell'Unione europea e a livello internazionale, sta generando accese discussioni e opinioni contrastanti, e spesso contraddittorie. I responsabili politici debbono quindi costantemente affrontare il dilemma di equilibrare la libertà e i diritti degli individui, delle industrie e delle organizzazioni con l'esigenza di ridurre i rischi di effetti negativi per l'ambiente e per la salute degli esseri umani, degli animali e delle piante. L'individuazione di un corretto equilibrio tale da consentire l'adozione di azioni proporzionate, non discriminatorie, trasparenti e coerenti, richiede pertanto una procedura strutturata di adozione delle decisioni sulla base di informazioni particolareggiate e obiettive di carattere scientifico o di altro tipo.

2. La Commissione si propone di:

- sottolineare la strategia della Commissione nell'utilizzazione del principio di precauzione,

- stabilire orientamenti della Commissione per la sua applicazione,

- elaborare una comprensione comune dei modi in cui è opportuno valutare, gestire e comunicare i rischi che la scienza non è ancora in grado di valutare pienamente, e

- evitare un ricorso ingiustificato al principio di precauzione che diverrebbe una forma dissimulata di protezionismo.

La Commissione intende inoltre stimolare e arricchire la discussione sul tema, sia all'interno della Comunità che a livello internazionale.

3. Il principio di precauzione non è definito dal Trattato che ne parla esplicitamente solo in riferimento alla protezione dell'ambiente. Tuttavia, in pratica, la sua portata è molto più ampia ed esso trova applicazione in tutti i casi in cui una preliminare valutazione scientifica obiettiva indica che vi sono ragionevoli motivi di temere che i possibili effetti nocivi sull'ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possano essere incompatibili con l'elevato livello di protezione prescelto dalla Comunità.

La Commissione ritiene che la Comunità, come gli altri Membri dell'OMC, ha il diritto di stabilire il livello di protezione - in particolare per quanto riguarda l'ambiente e la salute degli esseri umani, degli animali e delle piante - che ritiene appropriato. Il ricorso al principio di precauzione costituisce una parte fondamentale della sua politica e le scelte che essa effettua a tal fine continueranno a influenzare i punti di vista che la Commissione difende internazionalmente sui modi di applicare il principio in questione.

4. Il principio di precauzione dovrebbe essere considerato nell'ambito di una strategia strutturata di analisi dei rischi, comprendente tre elementi: valutazione, gestione e comunicazione del rischio. Il principio di precauzione è particolarmente importante nella fase di gestione del rischio.

Il principio di precauzione, utilizzato essenzialmente dai responsabili per quanto riguarda la gestione del rischio, non deve essere confuso con l'elemento di prudenza cui gli scienziati ricorrono nel valutare i dati scientifici.

L'attuazione di una strategia basata sul principio di precauzione dovrebbe iniziare con una valutazione scientifica quanto più completa possibile, identificando in ciascuna fase il grado di incertezza scientifica.

5. I responsabili debbono essere pienamente consapevoli del grado d'incertezza collegato ai risultati della valutazione delle informazioni scientifiche disponibili. Giudicare quale sia un livello di rischio "accettabile" per la società costituisce una responsabilità eminentemente politica. I responsabili, posti di fronte ad un rischio inaccettabile, all'incertezza scientifica e alle preoccupazioni della popolazione, hanno il dovere di trovare risposte. Tutti questi fattori devono quindi essere presi in considerazione.

In alcuni casi la giusta risposta può essere l'inazione o quanto meno la decisione di non adottare misure giuridicamente vincolanti. Un'ampia gamma di iniziative è disponibile in caso di azione, da misure giuridicamente vincolanti a progetti di ricerca o a raccomandazioni.

La procedura di decisione dovrebbe essere trasparente e dovrebbe coinvolgere tutte le parti interessate, quanto più precocemente e quanto più ampiamente possibile.

6. Nel caso in cui si ritenga necessario agire, le misure basate sul principio di precauzione dovrebbero essere, tra l'altro:

- proporzionali rispetto al livello prescelto di protezione,

- non discriminatorie nella loro applicazione,

- coerenti con misure analoghe già adottate,

- basate su un esame dei potenziali vantaggi e oneri dell'azione o dell'inazione (compresa, ove ciò sia possibile e adeguato, un'analisi economica costi/benefici),

- soggette a revisione, alla luce dei nuovi dati scientifici, e

- in grado di attribuire la responsabilità per la produzione delle prove scientifiche necessarie per una più completa valutazione del rischio.

Proporzionalità significa configurare le misure secondo il livello di protezione prescelto. Il rischio può essere raramente ridotto a zero, ma una valutazione incompleta del rischio può ridurre notevolmente l'ambito delle opzioni possibili per coloro che debbono gestirlo. Non sempre un divieto totale può essere una risposta proporzionale al rischio potenziale. Tuttavia, in alcuni casi, è la sola risposta possibile.

Non discriminazione significa che situazioni comparabili non devono essere trattate in modo diverso e che situazioni diverse non debbono essere trattate nello stesso modo, a meno che non vi siano motivi oggettivi.

Coerenza significa che le misure debbono essere di portata e natura comparabili a quelle già adottate in aree equivalenti, nelle quali tutti i dati scientifici sono disponibili.

L'esame dei vantaggi e degli oneri comporta un confronto fra i costi generali della Comunità dell'azione e dell'inazione, nel breve e nel lungo periodo. Non si tratta semplicemente di un'analisi economica costi/benefici: la sua portata è molto più ampia e comprende considerazioni non economiche, quali l'efficacia delle possibili azioni e la loro accettabilità da parte del pubblico. Nell'effettuare tale analisi, si dovrà tenere conto del principio generale e della giurisprudenza della Corte di giustizia, per cui la protezione della salute ha la precedenza sulle considerazioni economiche.

Soggette a revisione alla luce dei nuovi dati scientifici significa che le misure basate sul principio precauzionale dovrebbero essere mantenute finché le informazioni scientifiche sono incomplete o non concludenti e il rischio è considerato ancora troppo elevato da essere imposto alla società, tenuto conto del livello di protezione prescelto. Le misure dovrebbero essere riviste periodicamente alla luce dei progressi scientifici e, se necessario, modificate.

Attribuire la responsabilità per la produzione di prove scientifiche costituisce una conseguenza di tali misure. I paesi che impongono il requisito della previa approvazione (autorizzazione all'immissione sul mercato) sui prodotti considerati a priori pericolosi prevedono l'inversione dell'onere della prova, trattando tali prodotti come pericolosi a meno che e sino a quando gli operatori economici non compiano le ricerche necessarie per dimostrare che tali prodotti sono sicuri.

Se non vi sono procedure di previa autorizzazione, la responsabilità di dimostrare la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un processo può spettare agli utilizzatori o alle pubbliche autorità. In questi casi, potrebbe essere adottata una specifica misura precauzionale consistente nell'imporre l'onere della prova sul produttore o sull'importatore, ma ciò non può costituire una regola generale.

INDICE

1. Introduzione

2. Obiettivi della presente comunicazione

3. Il principio di precauzione nell'Unione europea

5. Il principio di precauzione nelle sue componenti

5.1 I fattori che attivano il ricorso al principio di precauzione

5.1.1 Identificazione di effetti potenzialmente negativi

5.1.2 Valutazione scientifica

5.1.3 Incertezza scientifica

5.2. Le misure derivanti dal ricorso al principio di precauzione

5.2.1. La decisione di agire o di non agire

5.2.2. Natura dell'azione eventualmente decisa

6. Linee direttrici per il ricorso al principio di precauzione

6.1. Attuazione

6.2. Il fattore che attiva il ricorso al principio di precauzione

6.3. I principi generali di applicazione

6.3.1. La proporzionalità

6.3.2. La non discriminazione

6.3.3. La coerenza

6.3.4. L'esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall'azione o dall'inazione

6.3.5. L'esame dell'evoluzione scientifica

6.4. L'onere della prova

7. Conclusione

- I testi legislativi

- La giurisprudenza

- Gli orientamenti politici

1. Introduzione

Un certo numero di recenti avvenimenti ha mostrato che l'opinione pubblica percepisce con maggiore intensità i rischi cui sono potenzialmente esposte le popolazioni o il loro ambiente.

Lo straordinario sviluppo dei mezzi di comunicazione ha favorito questa nuova capacità di cogliere l'emergere di nuovi rischi, prima che le ricerche scientifiche abbiano potuto fare piena luce sul problema. I responsabili politici debbono prendere in considerazione i timori collegati a tale percezione, adottando misure preventive per eliminare o, quanto meno, limitare il rischio ad un livello minimo accettabile. Il 13 aprile 1999 il Consiglio ha adottato una risoluzione che chiedeva alla Commissione, tra l'altro, "di essere in futuro ancora più determinata nel seguire il principio di precauzione preparando proposte legislative e nelle altre attività nel settore della tutela dei consumatori, sviluppando in via prioritaria orientamenti chiari ed efficaci per l'applicazione di questo principio". Questa comunicazione costituisce un elemento della risposta della Commissione.

La dimensione del principio di precauzione supera le problematiche connesse con i rischi in un orizzonte di breve o medio termine. Essa riguarda inoltre concetti la cui portata temporale è il lungo periodo e il benessere delle generazioni future.

Decidere di adottare misure senza aspettare di disporre di tutte le conoscenze scientifiche necessarie rientra chiaramente in una strategia fondata sulla precauzione.

I responsabili debbono costantemente affrontare il dilemma di equilibrare le libertà e i diritti degli individui, delle industrie e delle organizzazioni con l'esigenza di ridurre o eliminare il rischio di effetti negativi per l'ambiente o per la salute.

Trovare il giusto equilibrio, in modo tale da pervenire a decisioni proporzionate, non discriminatorie, trasparenti e coerenti, che siano inoltre in grado di garantire il livello di protezione prestabilito, richiede un processo decisionale strutturato basato su informazioni particolareggiate e obiettive di carattere scientifico o di altro tipo. Tale struttura è fornita dai tre elementi dell'analisi dei rischi: la valutazione del rischio, la scelta della strategia di gestione del rischio e la comunicazione del rischio.

Le valutazioni dei rischi dovrebbero essere fondate sui dati scientifici e statistici esistenti. La maggior parte delle decisioni sono adottate in circostanze nelle quali sono disponibili informazioni sufficienti per adottare adeguate misure preventive; in altri casi, tuttavia, questi dati possono essere per molti aspetti incompleti.

Il fatto di invocare o no il principio di precauzione è una decisione esercitata in condizioni in cui le informazioni scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni che i possibili effetti sull'ambiente e sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante possono essere potenzialmente pericolosi e incompatibili con il livello di protezione prescelto.

2. Obiettivi della presente comunicazione

La presente comunicazione intende informare tutte le parti interessate, e in particolare il Parlamento europeo, il Consiglio e gli Stati membri, sul modo in cui la Commissione applica o intende applicare il principio di precauzione al momento di adottare decisioni collegate alla limitazione dei rischi. Tuttavia questa comunicazione di portata generale non pretende costituire un punto finale della discussione, ma si propone di contribuire ad alimentare la riflessione attualmente in corso, sia a livello comunitario che a livello internazionale.

La presente comunicazione intende stabilire i principi di una comune comprensione dei fattori che attivano il ricorso al principio di precauzione e chiariscono il suo ruolo nell'adozione delle decisioni, individuando orientamenti per la sua applicazione sulla base di principi logici e coerenti.

Gli orientamenti contenuti nella presente comunicazione intendono unicamente costituire un punto di riferimento generale e non modificano in alcun modo le disposizioni del Trattato o della legislazione comunitaria derivata.

Un altro obiettivo è evitare un ingiustificato ricorso al principio di precauzione, che in alcuni casi potrebbe fungere da giustificazione per un protezionismo mascherato. L'elaborazione di orientamenti internazionali potrebbe facilitare il perseguimento di tale fine. La Commissione vuole inoltre sottolineare nella comunicazione che, lungi dall'essere uno strumento per sottrarsi agli obblighi derivanti dagli accordi dell'OMC, il previsto ricorso al principio di precauzione rispetta tali obblighi.

È necessario inoltre dissipare una confusione esistente tra l'utilizzazione del principio di precauzione e la ricerca di un livello zero di rischio che, nella realtà, esiste solo raramente. La ricerca di un livello di protezione elevato per la salute, la sicurezza, la protezione dell'ambiente e dei consumatori si iscrive nel contesto del mercato interno, aspetto fondamentale della Comunità.

La Comunità ha già fatto ricorso al principio di precauzione. Un'esperienza particolare è stata acquisita da tempo nel settore dell'ambiente: in quest'ambito molte misure sono ispirate al principio di precauzione, come quelle adottate per la protezione dello strato dell'ozono o in materia di cambiamenti climatici.

3. Il principio di precauzione nell'Unione europea

La Comunità ha costantemente perseguito l'obiettivo di una protezione elevata, in particolare per l'ambiente e la salute degli esseri umani, degli animali e delle piante. Nella maggior parte dei casi, le misure che consentono di ottenere questo elevato livello di protezione possono essere determinate su una base scientifica sufficiente. Tuttavia, quando vi sono ragionevoli motivi di temere che i potenziali pericoli potrebbero avere effetti negativi sull'ambiente o sulla salute degli esseri umani, degli animali e delle piante, ma i dati disponibili non consentono una valutazione particolareggiata del rischio, il principio di precauzione è stato politicamente accettato come strategia di gestione dei rischi in molti ambiti.

Al fine di offrire un'immagine completa del ricorso al principio di precauzione nell'Unione europea, è importante esaminare i testi legislativi, la giurisprudenza sviluppata dalla Corte di giustizia o dal Tribunale di prima istanza e gli orientamenti politici che sono emersi.

Testi giuridici

Il punto di partenza dell'analisi risiede nei testi giuridici nei quali viene fatta allusione esplicita o implicita al principio di precauzione (Allegato I, Rif. 1).

A livello comunitario, il solo riferimento esplicito al principio di precauzione è contenuto nel titolo dedicato all'ambiente del Trattato CE, e più in particolare l'articolo 174. Non bisogna per questo dedurne che il principio sia applicabile solo in materia ambientale (Allegato I, Rif. 2, 3 e 4). Anche se il principio è menzionato nel Trattato, esso non vi è definito.

Come altre nozioni generali contenute nella legislazione, quali la sussidiarietà o la proporzionalità, spetta ai responsabili politici e, in ultima analisi, alle istanze giurisdizionali precisare i contorni di questo principio. In altri termini, la portata del principio di precauzione è collegata anche all'evoluzione giurisprudenziale che, in qualche modo, è influenzata dai valori sociali e politici che prevalgono in una società.

Non bisogna per questo concludere che la mancanza di definizione si traduca in una incertezza giuridica. La pratica acquisita in materia di ricorso al principio di precauzione dalle istanze comunitarie e il controllo giurisdizionale consentono, infatti, di attribuire una portata sempre più precisa a tale nozione.

La giurisprudenza

La Corte di giustizia delle Comunità europee e il Tribunale di prima istanza hanno già avuto l'occasione di controllare l'applicazione del principio di precauzione nelle cause di cui sono stati investiti e, per questo tramite, di iniziare a sviluppare una giurisprudenza in materia (vedi Allegato I, Rif. 5,6 e 7).

Gli orientamenti politici

Tali orientamenti sono stati descritti dalla Commissione nel Libro verde sui principi generali della sicurezza alimentare e nella Comunicazione del 30 aprile 1997 sulla salute dei consumatori e la sicurezza alimentare, dal Parlamento nella sua risoluzione del 10 marzo 1998 riguardante il Libro verde, dal Consiglio nella sua risoluzione del 13 aprile 1999 e dal Comitato parlamentare misto dello Spazio economico europeo nella sua risoluzione del 16 marzo 1999 (Allegato I, Rif. 8-12).

La Commissione ritiene pertanto che il principio di precauzione sia un principio di applicazione generale che deve essere preso in considerazione particolarmente nei settori della protezione dell'ambiente e della salute umana, animale o vegetale.

Anche se nel Trattato il principio di precauzione viene menzionato esplicitamente solo nel settore dell'ambiente, il suo campo d'applicazione è molto più vasto. Esso comprende quelle specifiche circostanze in cui le prove scientifiche sono insufficienti, non conclusive o incerte e vi sono indicazioni, ricavate da una preliminare valutazione scientifica obiettiva, che esistono ragionevoli motivi di temere che gli effetti potenzialmente pericolosi sull'ambiente e sulla salute umana, animale o vegetale possono essere incompatibili con il livello di protezione prescelto.

4. Il principio di precauzione in diritto internazionale

A livello internazionale, il primo riconoscimento del principio di precauzione risale alla Carta mondiale della natura adottata dall'assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1982. La nozione è stata in seguito ripresa in varie convenzioni internazionali sulla protezione dell'ambiente (vedi Allegato II).

Una consacrazione di questo principio è avvenuta nella Conferenza di Rio sull'ambiente e lo sviluppo, nel corso della quale è stata adottata la Dichiarazione di Rio, il cui principio 15 recita: "Al fine di proteggere l'ambiente, il principio di precauzione sarà ampiamente applicato dagli Stati secondo le rispettive capacità. Laddove vi siano minacce di danni seri o irreversibili, la mancanza di piene certezze scientifiche non potrà costituire un motivo per ritardare l'adozione di misure efficaci in termini di costi volte a prevenire il degrado ambientale". D'altro canto, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e la Convenzione sulla diversità biologica, adottate in questa stessa Conferenza, fanno entrambe riferimento al principio di precauzione. Di recente, il 28 gennaio 2000, durante la Conferenza delle Parti della Convenzione sulla diversità biologica, il Protocollo sulla biosicurezza riguardante il trasferimento, la manipolazione e l'utilizzazione sicuri di organismi viventi modificati derivanti dalla moderna biotecnologia ha confermato la funzione fondamentale del principio di precauzione (vedi Allegato II).

Ne deriva che questo principio ha conosciuto un progressivo consolidamento nel diritto internazionale dell'ambiente, divenendo un vero principio di diritto internazionale di portata generale.

Gli Accordi dell'OMC confermano tale constatazione. Il preambolo dell'Accordo dell'OMC pone in evidenza i legami sempre più stretti tra il commercio internazionale e la protezione dell'ambiente [1]. Una strategia coerente comporta che il principio di precauzione sia debitamente preso in considerazione in tali Accordi, e in particolare nell'Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) nonché nell'Accordo sugli ostacoli tecnici al commercio (TBT), al fine di garantire che questo principio a carattere generale riceva un'applicazione adeguata nell'ordinamento giuridico.

[1] « Le Parti del presente accordo, .... riconoscendo che i loro rapporti nel settore commerciale ed economico dovrebbero essere orientati verso l'elevazione del tenore di vita, la realizzazione del pieno impiego e una costante crescita del reddito reale e della domanda effettiva, con l'aumento della produzione e del commercio delle merci e dei servizi, consentendo l'utilizzazione ottimale delle risorse mondiali conformemente all'obiettivo dello sviluppo durevole, al fine di proteggere e preservare l'ambiente e rafforzare gli strumenti volti a garantire il perseguimento di tali obiettivi in modo compatibile con le rispettive esigenze e preoccupazioni a vari livelli di sviluppo economico, .... ».

Pertanto, nell'ambito dell'OMC, ciascun Membro dispone del diritto autonomo di determinare il livello di protezione ambientale o sanitario che ritiene appropriato. Di conseguenza, ciascun Membro può applicare misure, comprese quelle basate sul principio di precauzione, che comportano un livello di protezione più elevato di quello che sarebbe basato sulle relative norme o raccomandazioni internazionali. I recenti sviluppi relativi ad alcune questioni nell'ambito dell'OMC confermano tali considerazioni.

L'Accordo sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) prevede chiaramente il ricorso al principio di precauzione, sebbene il termine non sia utilizzato esplicitamente. Anche se la regola generale è di fondare qualunque misura sanitaria o fitosanitaria su principi scientifici e non mantenerla senza prove scientifiche sufficienti, una deroga a tali principi è prevista all'articolo 5(7) il quale stabilisce che: "Nel caso in cui le prove scientifiche pertinenti siano insufficienti, un Membro potrà provvisoriamente adottare misure sanitarie o fitosanitarie sulla base delle pertinenti informazioni disponibili, comprese quelle provenienti dalle organizzazioni internazionali competenti, nonché quelle derivanti dalle misure sanitarie o fitosanitarie applicate da altri Membri. In tali circostanze, i Membri si sforzeranno di ottenere le informazioni aggiuntive necessarie per procedere ad una valutazione più obiettiva del rischio ed esamineranno di conseguenza la misura sanitaria o fitosanitaria entro un termine ragionevole".

Pertanto, secondo l'Accordo SPS, le misure adottate in applicazione del principio di precauzione, quando i dati scientifici sono inadeguati, sono provvisorie ed implicano il proseguimento degli sforzi volti ad individuare o generare i necessari dati scientifici. È importante sottolineare che la natura provvisoria non è collegata ad un mero limite temporale, ma allo sviluppo della conoscenza scientifica.

L'utilizzazione del termine "una valutazione più obiettiva del rischio" nell'articolo 5.7 implica che una misura precauzionale può essere basata su una valutazione meno oggettiva, ma deve comprendere in ogni caso una valutazione del rischio.

Il concetto di valutazione del rischio nell'Accordo SPS lascia aperta la strada all'interpretazione di ciò che deve essere utilizzato come base per una strategia di tipo precauzionale. La valutazione del rischio sulla quale si basa una misura può comprendere dati non quantificabili di natura fattuale o qualitativa e non è limitata unicamente ai dati scientifici puramente quantitativi. Tale interpretazione è stata confermata dall'organo di appello dell'OMC nel caso degli ormoni di crescita, con rigetto dell'interpretazione iniziale del gruppo speciale, in base alla quale la valutazione del rischio doveva essere quantitativa e doveva stabilire un grado minimo di rischio.

I principi contenuti nell'articolo 5.7. dell'Accordo SPS devono essere rispettati per le misure sanitarie o fitosanitarie; tuttavia, tenuto conto della specificità di altri settori, quali l'ambiente, è possibile che debbano essere applicati principi in parte diversi.

L'elaborazione di orientamenti (guidelines) internazionali è attualmente considerata in rapporto all'applicazione del principio precauzionale nel Codex Alimentarius. Tali guidelines, in questo come in altri settori, potrebbero aprire la strada ad una strategia armonizzata per l'elaborazione di misure protettive nei settori sanitario o dell'ambiente, da parte dei Membri dell'OMC, evitando al tempo stesso un'utilizzazione abusiva del principio di precauzione che potrebbe condurre ad ingiustificati ostacoli agli scambi.

Alla luce di tali osservazioni, la Commissione ritiene che, al pari degli altri Membri dell'OMC, la Comunità dispone del diritto di stabilire il livello di protezione che ritiene adeguato, in particolare in materia di ambiente e di salute umana, animale e vegetale. In tale contesto, la Comunità deve rispettare gli articoli 6, 95, 152 e 174 del Trattato. A tal fine, il ricorso al principio di precauzione costituisce un elemento essenziale della sua politica. È chiaro che le scelte che saranno compiute dalla Comunità avranno una ripercussione sulle posizioni che essa sosterrà a livello internazionale, e in particolare multilaterale, in materia di ricorso al principio di precauzione.

Tenuto conto dell'origine stessa del principio di precauzione e delle sue implicazioni crescenti nel diritto internazionale, e in particolare negli Accordi dell'Organizzazione mondiale del commercio, a livello internazionale questo principio deve essere debitamente riflesso nei vari settori in cui è suscettibile di essere preso in considerazione.

La Commissione ritiene che, al pari degli altri Membri dell'OMC, la Comunità ha il diritto di stabilire il livello di protezione che ritiene adeguato, in particolare in materia di protezione dell'ambiente e della salute umana, animale e vegetale. Il ricorso al principio di precauzione costituisce un elemento essenziale della sua politica. Le scelte effettuate a tal fine continueranno ad avere ripercussioni sulle posizioni che la Comunità sosterrà a livello internazionale, e in particolare multilaterale, per quanto riguarda il ricorso al principio di precauzione.

5. Il principio di precauzione nelle sue componenti

L'analisi del principio di precauzione fa apparire due aspetti per loro natura distinti: (i) la decisione politica di agire o di non agire, collegata ai fattori che attivano l'utilizzazione del principio di precauzione; (ii) in caso affermativo, come agire, vale a dire quali sono le misure derivanti da tale utilizzazione del principio di precauzione.

Vi è una controversia sulla presa in considerazione dell'incertezza scientifica nell'analisi del rischio, e in particolare se tale presa in considerazione debba essere effettuata nella valutazione del rischio o nella gestione del rischio. Tale controversia deriva da una confusione tra una strategia di prudenza e l'applicazione del principio di precauzione. Questi due aspetti sono complementari ma non devono essere confusi.

La strategia di prudenza è iscritta nella politica di valutazione dei rischi che è determinata prima di qualunque valutazione dei rischi stessi e che fa appello agli elementi descritti al punto 5.1.3. Essa fa quindi parte integralmente del parere scientifico espresso da coloro che valutano il rischio.

L'applicazione del principio di precauzione appartiene, invece, alla gestione del rischio, quando l'incertezza scientifica non consente una valutazione completa di tale rischio e i responsabili ritengono che il livello prescelto di protezione dell'ambiente o della salute umana, animale o vegetale possa essere minacciato.

La Commissione ritiene che le misure che applicano il principio di precauzione si iscrivano nel contesto generale dell'analisi del rischio, e più in particolare nella gestione del rischio.

5.1 I fattori che attivano il ricorso al principio di precauzione

Il ricorso al principio di precauzione interviene unicamente in un'ipotesi di rischio potenziale, anche se questo rischio non può essere interamente dimostrato, o la sua portata quantificata o i suoi effetti determinati per l'insufficienza o il carattere non concludente dei dati scientifici.

È opportuno rilevare tuttavia che il principio di precauzione non può in nessun caso legittimare l'adozione di decisioni arbitrarie.

5.1.1 Identificazione di effetti potenzialmente negativi

Una valutazione di dati scientifici relativi ai rischi è un elemento necessario per ricorrere al principio di precauzione. Un altro elemento precede tuttavia logicamente e cronologicamente tale valutazione, vale a dire l'identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno. Per avere una migliore percezione di tali effetti, risulta necessario procedere ad una valutazione scientifica. La decisione di effettuare tale valutazione senza aspettare nuove informazioni è collegata ad una percezione meno teorica e più concreta del rischio.

5.1.2 Valutazione scientifica

Una valutazione scientifica degli effetti potenzialmente negativi dovrebbe essere adottata sulla base dei dati disponibili nel momento in cui si considera se siano necessarie misure volte a proteggere l'ambiente e la salute umana, animale o vegetale. Una valutazione del rischio dovrebbe essere realizzata laddove sia possibile al momento di decidere se invocare o no il principio di precauzione. Ciò richiede dati scientifici affidabili e un ragionamento rigorosamente logico che porti ad una conclusione la quale esprima la possibilità del verificarsi e l'eventuale gravità del pericolo sull'ambiente o sulla salute di una popolazione data, compresa la portata dei possibili danni, la persistenza, la reversibilità e gli effetti ritardati. Non è tuttavia possibile portare a compimento in tutti i casi una valutazione completa dei rischi, ma dovrebbero essere compiuti tutti gli sforzi possibili per valutare le informazioni scientifiche disponibili.

Laddove possibile, dovrebbe essere redatta una relazione comprendente una valutazione delle conoscenze esistenti e delle informazioni disponibili, oltre ai pareri degli scienziati sull'affidabilità della valutazione ed un'indicazione sulle persistenti incertezze. Se necessario, la relazione dovrebbe anche contenere l'identificazione delle linee di sviluppo delle ricerche scientifiche successive.

La valutazione dei rischi comprende quattro componenti: l'identificazione del pericolo, la caratterizzazione del pericolo, la valutazione dell'esposizione e la caratterizzazione del rischio (Allegato III). I limiti della conoscenza scientifica possono influenzare ciascuna di queste componenti, e quindi anche il livello generale d'incertezza e le basi delle future azioni protettive o preventive. Sarebbe opportuno cercare di completare le quattro fasi sopra descritte prima di adottare decisioni.

5.1.3 Incertezza scientifica

L'incertezza scientifica deriva di solito da cinque caratteristiche del metodo scientifico: le variabili prescelte, le misurazioni effettuate, i campioni individuati, i modelli utilizzati e le relazioni causali impiegate. L'incertezza scientifica può derivare inoltre da controversie sui dati esistenti o dalla mancanza di dati. L'incertezza può riguardare elementi qualitativi o quantitativi dell'analisi.

Una strategia più astratta e generalizzata, preferita da alcuni scienziati, consiste nel separare tutte le incertezze in tre categorie: distorsione, aleatorietà e variabilità reale. Alcuni altri esperti preferiscono categorizzare in termini di stima dell'intervallo di fiducia della probabilità del verificarsi e della gravità dell'impatto del pericolo.

Il tema è estremamente complesso e la Commissione ha lanciato un progetto "Rischio tecnologico e gestione dell'incertezza" realizzato sotto gli auspici dell'Osservatorio scientifico e tecnologico europeo. Le quattro relazioni di tale Osservatorio saranno pubblicate tra breve e forniranno una descrizione completa delle riflessioni sull'incertezza scientifica.

I valutatori del rischio sono abituati a prendere in considerazione questi fattori d'incertezza utilizzando elementi di prudenza quali ad esempio:

- basarsi su modelli animali per stabilire gli effetti potenziali sull'uomo;

- utilizzare scale di peso corporale per i confronti tra le specie;

- adottare un fattore di sicurezza nella valutazione di una dose giornaliera ammissibile per tenere conto della variabilità intra e interspecifica; il valore di questo fattore varia in funzione del grado d'incertezza dei dati disponibili;

- non determinare dosi giornaliere ammissibili per le sostanze di cui sono noti gli effetti genotossici cancerogeni;

- prendere quale riferimento il livello « ALARA » (as low as reasonably achievable) per alcuni agenti tossici.

Coloro che gestiscono il rischio dovrebbero avere piena conoscenza di questi fattori d'incertezza quando adottano misure che si basano sul parere scientifico espresso dai valutatori.

Vi sono tuttavia situazioni in cui i dati scientifici sono ampiamente insufficienti per poter concretamente applicare tali elementi di prudenza, nei quali la mancanza di modellizzazione dei parametri non consente alcuna estrapolazione e in cui i rapporti causa/effetto sono ipotizzati ma non dimostrati. In queste situazioni i responsabili politici sono posti dinanzi al dilemma di agire o di non agire.

Il ricorso al principio di precauzione presuppone

- L'identificazione di effetti potenzialmente negativi derivanti da un fenomeno, da un prodotto o da un procedimento;

- Una valutazione scientifica del rischio che, per l'insufficienza dei dati, il loro carattere non concludente o la loro imprecisione, non consente di determinare con sufficiente certezza il rischio in questione.

5.2. Le misure derivanti dal ricorso al principio di precauzione

5.2.1. La decisione di agire o di non agire

Di fronte alla situazione appena descritta, a volte su richiesta più o meno pressante di un'opinione pubblica inquieta, i responsabili politici debbono dare risposte. Dare risposte non significa tuttavia che debbano sempre essere adottate misure. Anche la decisione di non agire può costituire una risposta.

La scelta della risposta da dare di fronte ad una certa situazione deriva quindi da una decisione eminentemente politica, funzione del livello del rischio "accettabile" dalla società che deve sopportarlo.

5.2.2. Natura dell'azione eventualmente decisa

La natura dell'atto adottato ha un'influenza sul tipo di controllo che può essere esercitato. Infatti, il ricorso al principio di precauzione non si traduce necessariamente nell'adozione di atti finali volti a produrre effetti giuridici, che sono suscettibili di controllo giurisdizionale. Una vasta gamma di azioni è a disposizione dei responsabili politici nel momento in cui decidono di fare ricorso al principio di precauzione. La decisione di finanziare un programma di ricerca o la decisione d'informare l'opinione pubblica sui possibili effetti negativi di un prodotto o di un procedimento possono costituire atti ispirati dal principio di precauzione.

La determinazione della legalità di qualunque disposizione adottata dalle istituzioni comunitarie rientra nella sfera di competenza della Corte di giustizia. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, quando la Commissione o qualunque altra istituzione comunitaria dispone di un ampio potere discrezionale, in particolare per quanto riguarda la natura e la portata delle misure adottate, il controllo del giudice comunitario deve limitarsi a esaminare se l'esercizio di tale potere non è stato inficiato da errore manifesto o da uno sviamento di potere o se l'istituzione non ha manifestamente oltrepassato i limiti del suo potere di apprezzamento.

Le misure non possono, quindi, basarsi su elementi arbitrari.

Il ricorso al principio di precauzione non si traduce necessariamente nell'adozione di atti finali volti a produrre effetti giuridici, suscettibili di controllo giurisdizionale.

6. Linee direttrici per il ricorso al principio di precauzione

6.1. Attuazione

Quando i responsabili politici vengono a conoscenza di un rischio per l'ambiente o la salute umana, animale o vegetale, che potrebbe avere gravi conseguenze in caso d'inazione, si pone il problema delle adeguate misure protettive. I responsabili politici devono ottenere, utilizzando un approccio strutturato, una valutazione scientifica quanto più completa possibile del rischio per l'ambiente o la salute al fine di selezionare il tipo d'azione più adeguato.

La determinazione delle azioni adeguate, comprese le misure basate sul principio di precauzione, dovrebbe iniziare con una valutazione scientifica e, se necessario, con la decisione di affidare ad un gruppo di esperti la realizzazione di una valutazione scientifica quanto più possibile oggettiva e completa. Ció al fine di evidenziare i dati disponibili, le lacune nella conoscenza e le incertezze scientifiche.

L'attuazione di una strategia basata sul principio di precauzione dovrebbe iniziare con una valutazione scientifica, quanto più possibile completa, identificando, ove possibile, in ciascuna fase il grado d'incertezza scientifica.

6.2. Il fattore che attiva il ricorso al principio di precauzione

Una volta realizzata la valutazione scientifica nel modo migliore possibile, è possibile disporre di una base per invocare eventualmente il principio di precauzione. Le conclusioni di questa valutazione dovrebbero mostrare che potrebbe essere impossibile ottenere il livello di protezione previsto per l'ambiente o il gruppo di popolazione. Le conclusioni dovrebbero inoltre comprendere una valutazione delle incertezze scientifiche e una descrizione delle ipotesi utilizzate per compensare la mancanza di dati scientifici o statistici. Dovrebbe inoltre essere compiuta una valutazione delle potenziali conseguenze dell'inazione e questa valutazione potrebbe essere utilizzata dai responsabili politici per far ricorso al principio di precauzione. La decisione di attendere o di non attendere nuovi dati scientifici prima di considerare le possibili misure dovrebbe essere adottata dai responsabili con il massimo di trasparenza.

La mancanza di prove scientifiche dell'esistenza di un rapporto causa/effetto, un rapporto quantificabile dose/risposta o una valutazione quantitativa della probabilità del verificarsi di effetti negativi causati dall'esposizione non dovrebbero essere utilizzati per giustificare l'inazione. Anche se il parere scientifico è fatto proprio solo da una frazione minoritaria della comunità scientifica, se ne dovrà tenere debito conto, purché la credibilità e la reputazione di tale frazione siano riconosciute [2].

[2] Cfr. : Relazione dell'organo d'appello dell'OMC nel caso degli ormoni, par. 194 « In alcuni casi la stessa esistenza di opinioni divergenti di scienziati qualificati che hanno analizzato il tema specifico in questione può indicare uno stato d'incertezza scientifica ».

La Commissione conferma la sua volontà di seguire procedure quanto più possibile trasparenti e di coinvolgere, in una fase quanto più possibile precoce, tutte le parti interessate [3]. Ciò consentirà ai responsabili di adottare misure legittime in grado di realizzare il livello prescelto di protezione sanitaria o ambientale.

[3] Un notevole sforzo è già stato compiuto per gli aspetti riguardanti in particolare la sanità pubblica e l'ambiente. A quest'ultimo proposito, con la firma della Convenzione d'Aarhus del giugno 1998, la Comunità e gli Stati membri hanno manifestato il ruolo essenziale che attribuiscono all'accesso all'informazione e alla giustizia.

Una valutazione delle potenziali conseguenze dell'inazione e delle incertezze della valutazione scientifica dovrebbe essere compiuta dai responsabili al momento di decidere se intraprendere azioni basate sul principio di precauzione.

Tutte le parti in causa dovrebbero essere coinvolte nel modo più completo possibile nello studio delle varie opzioni di gestione del rischio, una volta che i risultati della valutazione scientifica e/o della valutazione del rischio siano disponibili. La procedura dovrebbe essere quanto più possibile trasparente.

6.3. I principi generali di applicazione

Questi principi non sono limitati all'applicazione del principio di precauzione. Essi si applicano a qualunque misura di gestione dei rischi ed è opportuno sottolineare che una strategia basata sul principio di precauzione non dispensa dall'applicare, nella misura del possibile, questi criteri generalmente utilizzati quando si può disporre di una valutazione completa del rischio.

Invocare il principio di precauzione non consente quindi di derogare ai principi generali di una buona gestione dei rischi.

I principi generali comportano:

- la proporzionalità,

- la non discriminazione,

- la coerenza,

- l'esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall'azione o dalla mancanza di azione,

- l'esame dell'evoluzione scientifica.

6.3.1. La proporzionalità

Le misure previste devono consentire di raggiungere il livello di protezione adeguato. Le misure basate sul principio di precauzione non dovrebbero essere sproporzionate rispetto al livello di protezione ricercato, tentando di raggiungere un livello di rischio zero che esiste solo di rado. Tuttavia, in taluni casi, una stima incompleta del rischio può limitare notevolmente il numero di opzioni disponibili per coloro che devono gestire il rischio stesso.

In alcuni casi, un divieto totale può non costituire una risposta proporzionale ad un rischio potenziale. In altri casi, può essere la sola risposta possibile ad un rischio dato.

Misure di riduzione del rischio possono comportare alternative meno restrittive per gli scambi che consentono di raggiungere un livello di protezione equivalente come, ad esempio, un trattamento adeguato, una riduzione dell'esposizione, un potenziamento dei controlli, la decisione di introdurre limiti provvisori, raccomandazioni rivolte alle popolazioni a rischio, ecc. Occorre inoltre tenere conto delle possibilità di sostituzione dei prodotti o dei procedimenti in questione con altri prodotti o procedimenti che presentano rischi minori.

La misura di riduzione dei rischi non deve limitarsi ai rischi immediati per i quali la proporzionalità dell'azione è più facile da valutare. È proprio nelle situazioni in cui gli effetti negativi si fanno sentire molto tempo dopo l'esposizione che i rapporti di causa/effetto sono più difficili da provare scientificamente e, pertanto, il principio di precauzione deve essere spesso utilizzato. In questo caso gli effetti potenziali a lungo termine devono essere presi in considerazione per valutare la proporzionalità delle misure che consistono nel realizzare azioni suscettibili di limitare o sopprimere un rischio, i cui effetti apparirebbero solo dopo dieci o venti anni o colpirebbero le generazioni future. Questo è vero soprattutto per gli effetti sugli ecosistemi. Il rischio che ha effetti futuri può essere eliminato o ridotto solo al momento dell'esposizione a tale rischio, vale a dire immediatamente.

Le misure dovrebbero essere proporzionate al livello di protezione prescelto.

6.3.2. La non discriminazione

Il principio di non discriminazione vuole che situazioni comparabili non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate in modo uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato.

Le misure precauzionali adottate dovrebbero applicarsi in modo tale da raggiungere un livello di protezione equivalente, senza che l'origine geografica o la natura di una produzione possano essere invocate per applicare in modo arbitrario trattamenti diversi.

Le misure non dovrebbero introdurre discriminazioni nella loro applicazione.

6.3.3. La coerenza

Le misure dovrebbero essere coerenti con quelle già adottate in situazioni analoghe o utilizzando approcci analoghi. Le valutazioni di rischio comportano una serie di elementi da prendere in considerazione per una valutazione quanto più completa possibile. Questi elementi si propongono d'identificare e di caratterizzare i pericoli, in particolare stabilendo un rapporto tra la dose e l'effetto, di apprezzare l'esposizione della popolazione colpita o dell'ambiente. Se la mancanza di alcuni dati scientifici non consente di caratterizzare il rischio, tenuto conto delle incertezze inerenti alla valutazione, le misure precauzionali adottate dovrebbero essere di portata e di natura comparabile con le misure già adottate in settori equivalenti, nei quali tutti i dati scientifici sono disponibili.

Le misure dovrebbero essere coerenti con misure analoghe già adottate in circostanze analoghe o utilizzando analoghe strategie.

6.3.4. L'esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall'azione o dall'inazione

Occorrerebbe stabilire un confronto tra le conseguenze positive o negative più probabili dell'azione prevista e quelle dell'inazione in termini di costi globali per la Comunità, sia a breve che a lungo termine. Le misure previste dovrebbero essere in grado di arrecare un beneficio globale in materia di riduzione del rischio ad un livello accettabile.

L'esame dei vantaggi e degli oneri non può ridursi soltanto ad un'analisi economica costi/benefici. Tale analisi è più vasta nella sua portata e comprende considerazioni non economiche.

L'esame dei vantaggi e degli oneri dovrebbe tuttavia comprendere un'analisi economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile.

Potrebbero tuttavia essere presi in considerazione altri metodi di analisi, come quello relativo all'efficacia delle opzioni possibili e alla loro accettabilità da parte della popolazione. È possibile, infatti, che una società sia pronta a pagare un costo più elevato al fine di garantire un interesse, quale l'ambiente o la salute, riconosciuto come di grande rilievo.

La Commissione riafferma che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, le esigenze collegate alla protezione della salute pubblica dovrebbero vedersi riconoscere un carattere preponderante rispetto alle considerazioni economiche.

Le misure adottate presuppongono l'esame dei vantaggi e degli oneri derivanti dall'azione o dall'inazione. Questo esame dovrebbe comprendere un'analisi economica costi/benefici quando ciò sia adeguato e realizzabile. Potrebbero tuttavia essere presi in considerazione altri metodi di analisi, come quelli relativi all'efficacia e all'impatto socioeconomico delle opzioni possibili. D'altro canto, il responsabile può essere guidato anche da considerazioni non economiche, quali ad esempio la tutela della salute.

6.3.5. L'esame dell'evoluzione scientifica

Le misure debbono essere mantenute finché i dati scientifici rimangono insufficienti, imprecisi o non concludenti e finché il rischio sia ritenuto sufficientemente elevato per non accettare di farlo sostenere alla società. Come conseguenza dei nuovi dati scientifici, è possibile che le misure debbano essere modificate o eliminate prima di un termine preciso. Tutto ciò non è tuttavia collegato ad un mero fattore temporale, ma all'evoluzione delle conoscenze scientifiche.

D'altro canto, devono essere proseguite le analisi scientifiche per procedere ad una valutazione scientifica più avanzata o più completa. In questo contesto è importante anche che le misure siano sottoposte ad un controllo (monitoring) scientifico regolare, che consenta di valutare ulteriormente tali misure alla luce delle nuove informazioni scientifiche.

L'Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS) prevede che le misure adottate in un contesto di prove scientifiche insufficienti debbano rispettare talune condizioni. Tali condizioni riguardano quindi unicamente il settore dell'applicazione dell'Accordo SPS, ma è possibile che per la specificità di altri settori, come ad esempio l'ambiente, debbano essere seguiti principi in parte diversi.

L'articolo 5 paragrafo 7 dell'Accordo SPS comporta talune regole specifiche:

- Le misure devono avere un carattere provvisorio nell'attesa di dati scientifici più approfonditi. Il carattere provvisorio è tuttavia collegato all'evoluzione delle conoscenze scientifiche, piuttosto che ad un mero fattore temporale.

- Ulteriori ricerche devono essere effettuate per ottenere gli ulteriori dati scientifici necessari per una valutazione più obiettiva del rischio.

- Le misure devono essere riesaminate periodicamente per tenere conto dei nuovi dati scientifici disponibili. I risultati delle ricerche scientifiche dovrebbero consentire di completare la valutazione del rischio e, se necessario, di rivedere le misure in funzione delle conclusioni.

- Il termine ragionevole previsto nell'Accordo SPS comprende pertanto, da un lato, il tempo necessario affinché i lavori scientifici pertinenti siano realizzati e, d'altro lato, la realizzazione di una valutazione del rischio che prenda in considerazione le conclusioni di questi lavori. Non dovrebbe essere possibile invocare vincoli di bilancio o priorità politiche per giustificare termini eccessivi nell'ottenimento dei risultati, nella nuova valutazione del rischio e nella modifica delle misure provvisorie.

Dovrebbero inoltre essere effettuate ricerche per migliorare le metodologie e gli strumenti di valutazione dei rischi, compresa una maggiore integrazione di tutti i fattori pertinenti (ad esempio, informazione socioeconomica, prospettive tecnologiche).

Anche se di natura provvisoria, le misure devono essere mantenute finché i dati scientifici rimangono incompleti, imprecisi o non concludenti e finché il rischio viene ritenuto sufficientemente importante per non accettare di farlo sostenere dalla società.

Il loro mantenimento dipende dall'evoluzione delle conoscenze scientifiche, alla luce della quale devono essere sottoposte a nuova valutazione. Ciò implica che le ricerche scientifiche devono essere proseguite, al fine di disporre di dati più completi.

Le misure basate sul principio di precauzione devono essere riesaminate e, se necessario, modificate in funzione dei risultati della ricerca scientifica e del controllo del loro impatto.

6.4. L'onere della prova

- Le regole esistenti nella legislazione comunitaria e in quella di numerosi paesi terzi applicano il principio dell'autorizzazione preventiva (elenco positivo) prima dell'immissione sul mercato di alcuni tipi di prodotti, quali le medicine, gli antiparassitari o gli additivi alimentari. Ciò costituisce già un modo di applicare il principio di precauzione spostando la responsabilità della produzione delle prove scientifiche. È questo il caso in particolare delle sostanze ritenute a priori pericolose o che possono essere potenzialmente pericolose ad un certo livello d'assorbimento. In questo caso il legislatore, per precauzione, ha previsto l'inversione dell'onere della prova, stabilendo che tali sostanze siano considerate come pericolose finché non sia dimostrato il contrario. Spetta quindi alle imprese realizzare i lavori scientifici necessari per la valutazione del rischio. Finché il livello di rischio per la salute e per l'ambiente non può essere valutato con sufficiente certezza, il legislatore non può legittimamente autorizzare l'utilizzazione della sostanza, salvo in casi eccezionali per effettuare prove.

- In altri casi, nei quali non è prevista una simile procedura di autorizzazione preventiva, può spettare all'utilizzatore, persona privata, associazione di consumatori o di cittadini o al potere pubblico di dimostrare la natura di un pericolo e il livello di rischio di un prodotto o di un procedimento. Un'azione adottata in base al principio di precauzione può comportare in alcuni casi una clausola che preveda l'inversione dell'onere della prova sul produttore, il fabbricante o l'importatore; tuttavia un tale obbligo non può essere sistematicamente previsto in quanto principio generale. Questa possibilità dovrebbe essere esaminata caso per caso, quando una misura viene adottata a titolo di precauzione nell'attesa dei dati scientifici supplementari, per dare ai soggetti, che hanno un interesse economico nella produzione e/o nella commercializzazione del prodotto o del procedimento in questione, la possibilità di finanziare le ricerche scientifiche necessarie su base volontaria.

Le misure basate sul principio di precauzione possono stabilire una responsabilità in materia di produzione delle prove scientifiche necessarie ad una valutazione del rischio completa.

7. Conclusione

Nella presente comunicazione di carattere generale, la Commissione ha espresso la sua posizione riguardante il ricorso al principio di precauzione. Questa comunicazione riflette la sua volontà di trasparenza e di dialogo con tutte le parti interessate. Allo stesso tempo, costituisce uno strumento concreto d'orientamento per qualunque misura eventuale adottata in applicazione del principio di precauzione.

La Commissione vuole riaffermare la grande importanza che essa attribuisce alla distinzione tra la decisione, di natura eminentemente politica, di agire o di non agire e le misure risultanti dal ricorso al principio di precauzione, che devono rispettare i principi generali applicabili per qualunque misura di gestione dei rischi. La Commissione ritiene inoltre che qualunque decisione debba essere preceduta da un esame di tutti i dati scientifici disponibili e, se possibile, da una valutazione quanto più possibile obiettiva e completa del rischio. Decidere di ricorrere al principio di precauzione non significa che le misure siano fondate su base arbitraria o discriminatoria.

Questa comunicazione può quindi contribuire a riaffermare la posizione della Comunità a livello internazionale, nel quale sempre più spesso viene citato il principio di precauzione. La Commissione intende tuttavia sottolineare che la presente comunicazione non intende costituire un punto finale alla riflessione, ma che, al contrario, intende costituire un punto di partenza per uno studio più vasto delle condizioni nelle quali i rischi dovrebbero essere valutati, gestiti e comunicati.

ALLEGATO I

Basi giuridiche e di altro tipo delle decisioni dell'Unione europea riguardanti le misure precauzionali

I testi legislativi

Rif. 1

Il Trattato di Amsterdam, riprendendo le disposizioni già introdotte dal Trattato di Maastricht del 1992, e più precisamente l'articolo 174, prevede quanto segue:

- "2. La politica della Comunità in materia ambientale mira a un livello elevato di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga"...

- 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale la Comunità tiene conto: - dei dati scientifici e tecnici disponibili,... - dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall'azione o dall'assenza di azione..."

Rif. 2

L'articolo 6 del Trattato CE prevede che " le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie di cui all'articolo 3, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile".

Rif. 3

L'articolo 95, paragrafo 3, del Trattato CE prevede quanto segue: "La Commissione, nelle sue proposte di cui al paragrafo 1 in materia di sanità, sicurezza, protezione dell'ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. Anche il Parlamento europeo e il Consiglio, nell'ambito delle rispettive competenze, cercheranno di conseguire tale obiettivo".

Rif. 4

L'articolo 152 del Trattato CE prevede al primo paragrafo: "Nella definizione e nell'attuazione di tutte le politiche e attività della Comunità è garantito un livello elevato di protezione della salute umana".

La giurisprudenza

Rif. 5

Nella sua sentenza sulla validità della decisione della Commissione che vieta l'esportazione di bestiame del Regno Unito per limitare il rischio di trasmissione dell'encefalopatia spongiforme bovina (sentenze del 5 maggio 1998, cause C-157/96 e C-180/96), la Corte ha precisato:

"Orbene, si deve ammettere, quando sussistono incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, le istituzioni possono adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi" (punto 99 della motivazione). Il punto seguente precisa ulteriormente il ragionamento seguito dalla Corte: "Questa considerazione è corroborata dall'articolo 130R, n. 1, del Trattato CE, secondo il quale la protezione della salute umana rientra tra gli obiettivi della politica della Comunità in materia ambientale. Il n. 2 del medesimo articolo dispone che questa politica, che mira a un elevato livello di tutela, è fondata segnatamente sui principi della precauzione e dell'azione preventiva e che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre politiche comunitarie" (punto 100 della motivazione).

Rif. 6

In un'altra sentenza relativa alla tutela della salute dei consumatori (sentenza del 16 luglio 1998, causa T-199/96), il Tribunale di prima istanza riprende il passaggio utilizzato nella sentenza relativa all'ESB (vedi punti 66 e 67).

Rif. 7

Recentemente nell'ordinanza del 30 giugno 1999 (causa T-70/99), il Presidente del Tribunale di prima istanza conferma le posizioni espresse nelle sentenze menzionate. È importante tuttavia sottolineare che in questa decisione giurisdizionale viene fatto esplicito riferimento al principio di precauzione e si riafferma che "le esigenze collegate alla protezione della salute pubblica devono incontestabilmente vedersi riconoscere un carattere preponderante rispetto alle considerazioni economiche".

Gli orientamenti politici

Rif. 8

Nella sua comunicazione del 30 aprile 1997 sulla salute dei consumatori e la sicurezza alimentare (COM(97) 183 def.), la Commissione indica quanto segue:

"La Commissione sarà guidata nella sua analisi dei rischi dal principio di precauzione nei casi in cui le basi scientifiche siano insufficienti o persistano alcune incertezze".

Rif. 9

Nel suo Libro verde "I principi generali della legislazione in materia alimentare nell'Unione europea" del 30 aprile 1997 (COM(97) 176 def.), la Commissione ribadisce questa indicazione:

"Il Trattato impone alla Comunità di contribuire al mantenimento di un elevato livello di tutela di salute pubblica, dell'ambiente e dei consumatori. Le misure intese a garantire un elevato livello di tutela e di coerenza dovrebbero essere basate sulla valutazione dei rischi tenendo conto di tutti i fattori rilevanti in questione, compresi gli aspetti tecnologici, i migliori dati scientifici disponibili e i metodi disponibili d'ispezione, campionamento e prova. Qualora non sia possibile una completa valutazione dei rischi, le misure dovrebbero essere basate sul principio precauzionale".

Rif. 10

Nella sua risoluzione del 10 marzo 1998 riguardante questo Libro verde, il Parlamento europeo ha constatato:

"La legislazione alimentare europea si base sul principio di una tutela preventiva della salute e dei consumatori,

sottolinea che la politica attuata in questo settore deve basarsi su un'analisi dei rischi che faccia riferimento a basi scientifiche e sia integrata, ove ciò sia necessario, da una gestione adeguata dei rischi fondata sul principio di precauzione e

invita la Commissione a chiedere ai suoi Comitati scientifici di presentare un insieme completo di argomenti basato sul principio di precauzione in caso di messa in questione della legislazione comunitaria in materia alimentare da parte delle istanze dell'OMC".

Rif. 11

Il Comitato parlamentare misto dello Spazio economico europeo ha adottato, il 16 marzo 1999, una risoluzione relativa alla "sicurezza alimentare nello Spazio economico europeo. A tal fine, da un lato, "sottolinea l'importanza dell'applicazione del principio di precauzione" (punto 5) e, d'altro lato, "riafferma l'esigenza fondamentale di un approccio precauzionale nell'ambito del SEE alla valutazione delle richieste di commercializzazione degli organismi geneticamente modificati che si intendono inserire nella catena alimentare ...." (punto 13).

Rif. 12

Il 13 aprile 1999 il Consiglio ha adottato una risoluzione che chiede alla Commissione, tra l'altro "di essere in futuro ancora più determinata nel seguire il principio di precauzione preparando proposte legislative e nelle altre attività nel settore della tutela dei consumatori, sviluppando in via prioritaria orientamenti chiari ed efficaci per l'applicazione di questo principio".

ALLEGATO II

IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE IN DIRITTO INTERNAZIONALE

L'ambiente

Pur avendo trovato un'applicazione più vasta, il principio di precauzione è stato sviluppato prima di tutto nel contesto della politica dell'ambiente. Nella dichiarazione ministeriale della seconda Conferenza internazionale sulla protezione del Mare del Nord (1987), si precisa: "una strategia di precauzione si impone al fine di proteggere il Mare del Nord dai potenziali effetti dannosi delle sostanze più pericolose. Tale strategia può richiedere l'adozione di misure di controllo delle emissioni di tali sostanze prima che sia stabilito formalmente un legame di causa a effetto sul piano scientifico". Durante la terza Conferenza internazionale sulla protezione del Mare del Nord (1990) è stata formulata una nuova dichiarazione ministeriale che precisa la dichiarazione precedente: "I governi firmatari devono applicare il principio di precauzione, vale a dire adottare misure volte ad evitare gli impatti potenzialmente nocivi di sostanze che sono persistenti, tossiche e suscettibili di accumulazione biologica, anche quando non vi sono prove scientifiche dell'esistenza di un nesso causale tra le emissioni e gli effetti".

Il principio di precauzione è stato esplicitamente riconosciuto nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull'Ambiente e lo Sviluppo (UNCED) di Rio de Janeiro nel 1992, e figura nella Dichiarazione di Rio. Da allora sono stati approvati vari testi riguardanti l'ambiente, e in particolare i cambiamenti climatici a livello planetario, le sostanze che impoveriscono lo strato di ozono e la preservazione della biodiversità.

Il principio di precauzione è indicato come principio 15 della Dichiarazione di Rio, tra i diritti e gli obblighi di natura generale delle istanze nazionali:

"Per proteggere l'ambiente, gli Stati debbono applicare intensamente misure di precauzione a seconda delle loro capacità. In caso di rischio di danni gravi o irreversibili, la mancanza di un'assoluta certezza scientifica non deve costituire un pretesto per rimandare l'adozione di misure efficaci volte a prevenire il degrado ambientale".

Il principio 15 è ripreso in termini analoghi:

1. Nel preambolo della Convenzione sulla diversità biologica (1992):

(...) Da notare inoltre che quando esiste una minaccia di riduzione sensibile o di perdita della diversità biologica, la mancanza di certezze scientifiche assolute non dev'essere invocata per rimandare misure che consentirebbero di evitare il pericolo o di attenuarne gli effetti (...)

2. All'articolo 3 (Principi) della Convenzione sui cambiamenti climatici (1992):

(...) Le parti devono adottare misure precauzionali per prevedere, prevenire o attenuare le cause dei cambiamenti climatici e limitarne gli effetti nocivi. Quando si è di fronte a un rischio di perturbazioni gravi o irreversibili, la mancanza di certezze scientifiche assolute non deve costituire un pretesto per rimandare l'adozione di tali misure, tenendo conto che le politiche e le misure rese necessarie dai cambiamenti climatici richiedono un buon rapporto costo-efficacia, in modo tale da garantire vantaggi globali al costo più basso possibile." Per raggiungere tale obiettivo, è opportuno che tali politiche e misure tengano conto della diversità dei contesti socio-economici, siano globali, comprendano tutte le fonti e tutte le riserve di gas a effetto serra, comprendano misure di adeguamento e si applichino a tutti i settori economici. Le iniziative volte a contrastare tali cambiamenti climatici potranno essere oggetto di un'azione concertata delle parti interessate.

Nella Convenzione di Parigi per la protezione dell'ambiente marino per l'Atlantico Nord-Orientale (settembre 1992) il principio di precauzione viene qualificato nei seguenti termini: "principio secondo il quale le misure di precauzione devono essere adottate quando vi sono ragionevoli motivi di temere che sostanze o energia introdotte direttamente o indirettamente nell'ambiente possano comportare rischi per la salute umana, nuocere alle risorse biologiche o agli ecosistemi, danneggiare le condizioni di vita ovvero ostacolare altre utilizzazioni dell'ambiente, anche se non vi sono prove concludenti di un rapporto di causa-effetto."

Recentemente, il 28 gennaio 2000, durante la Conferenza che ha riunito le Parti della Convenzione sulla diversità biologica, è stato adottato il Protocollo sulla Biosicurezza riguardante il trasferimento, la manipolazione e l'utilizzazione sicuri degli organismi viventi modificati derivanti dalla moderna biotecnologia. Esso ha confermato la funzione fondamentale del principio di precauzione, infatti l'articolo 10 paragrafo 6 indica che: "La mancanza di certezze scientifiche dovute a insufficienti informazioni e conoscenze scientifiche riguardanti la portata dei potenziali effetti negativi di un organismo vivente modificato sulla conservazione e l'utilizzazione sostenibile della diversità biologica nella Parte d'importazione, tenendo conto anche dei rischi per la salute umana, non dovrà impedire a tale Parte di adottare decisioni adeguate rispetto all'introduzione degli organismi viventi modificati in questione, di cui al precedente paragrafo 3, al fine di evitare o limitare tali effetti potenzialmente negativi." (traduzione non ufficiale).

Inoltre, il preambolo dell'Accordo dell'OMC sottolinea i legami sempre più stretti tra il commercio internazionale e la tutela dell'ambiente.

L'accordo SPS dell'OMC

Anche se l'espressione "principio di precauzione" non figura esplicitamente nell'Accordo dell'OMC sull'applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS), la relazione dell'organismo d'appello sulle misure comunitarie riguardanti le carni e i prodotti della carne (ormoni) (AB-1997-4, paragrafo 124) afferma che questo principio è preso in considerazione all'articolo 5.7 dell'Accordo, il cui testo è il seguente: "Nei casi in cui le prove scientifiche pertinenti siano insufficienti, un membro potrà provvisoriamente adottare misure sanitarie o fitosanitarie sulla base delle informazioni pertinenti disponibili, comprese quelle provenienti dalle organizzazioni internazionali competenti nonché quelle derivanti dalle misure sanitarie o fitosanitarie applicate da altri Stati membri. In tali circostanze, i membri si sforzeranno di ottenere le informazioni ulteriori necessarie per procedere a una valutazione più obiettiva del rischio ed esamineranno di conseguenza la misura sanitaria o fitosanitaria entro termini ragionevoli."

La relazione dell'Organismo d'appello sugli ormoni (paragrafo 124) riconosce che "non è necessario presupporre che l'articolo 5.7 sia esaustivo per quanto riguarda la pertinenza del principio di precauzione". Inoltre, i Membri hanno "il diritto di stabilire il livello di protezione sanitaria che ritengono adeguato, che può essere più elevato (vale a dire più prudente) di quello previsto dalle norme, dalle direttive e dalle raccomandazioni internazionali esistenti". Inoltre, accetta che "i governi rappresentativi e consapevoli delle loro responsabilità agiscano in generale con prudenza e precauzione per quanto riguarda i rischi di danni irreversibili o letali per la salute delle persone". La relazione dell'Organismo d'appello sul "Giappone-Misure relative ai prodotti agricoli" (AB-1998-8, paragrafo 89) enuncia le quattro prescrizioni che debbono essere soddisfatte per poter adottare e mantenere una misura provvisoria SPS. Un Membro può provvisoriamente adottare una misura SPS se tale misura è:

1) imposta relativamente a una situazione nella quale "le informazioni scientifiche pertinenti sono insufficienti"; e

2) adottata "sulla base delle informazioni pertinenti disponibili".

Tale misura provvisoria può essere mantenuta solo se il membro che l'ha adottata:

1) "si sforza di ottenere le informazioni aggiuntive necessarie per effettuare una valutazione più obiettiva del rischio"; e

2) "esamina su tale base la misura...entro termini ragionevoli".

Queste quattro prescrizioni sono evidentemente cumulative ed hanno pari importanza al fine di determinare la compatibilità con le disposizioni dell'articolo 5.7. Ogni volta che una di queste quattro prescrizioni non sia soddisfatta, la misura in questione è incompatibile con l'articolo 5.7. Per quanto riguarda "i termini ragionevoli" per l'esame della misura, l'organismo d'appello spiega (paragrafo 93) che questo punto dev'essere stabilito caso per caso e dipende dalle circostanze specifiche di ciascuna fattispecie, compresa la difficoltà di ottenere informazioni aggiuntive necessarie per l'analisi e le caratteristiche della misura provvisoria SPS.

ALLEGATO III

LE QUATTRO COMPONENTI DELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO

Prima di avviare qualunque azione, sarebbe opportuno tentare di completare per quanto possibile le seguenti quattro fasi della valutazione del rischio.

- Con identificazione del pericolo s'intende l'identificazione degli agenti biologici, chimici o fisici che possono avere effetti negativi. Una nuova sostanza o un nuovo agente biologico possono rivelarsi attraverso i loro effetti sulla popolazione (malattia o morte), o sull'ambiente e può essere possibile descrivere gli effetti attuali o potenziali sulla popolazione o sull'ambiente prima che la causa sia identificata al di là di ogni ragionevole dubbio.

- La caratterizzazione del pericolo consiste nella determinazione, in termini quantitativi e/o qualitativi, della natura e della gravità degli effetti nocivi collegati con gli agenti o le attività causali. In questa fase deve essere stabilito il rapporto tra le quantità di sostanze pericolose e gli effetti. Tuttavia, a volte è difficile o impossibile provare tale rapporto, ad esempio perché il nesso causale non è stato individuato al di là di ogni ragionevole dubbio.

- La valutazione dell'esposizione consiste nella valutazione quantitativa o qualitativa della probabilità di esposizione all'agente in questione. Oltre alle informazioni sugli agenti stessi (fonte, distribuzione, concentrazioni, caratteristiche, ecc.), sono necessari dati sulla probabilità di contaminazione o esposizione della popolazione o dell'ambiente al pericolo.

- La caratterizzazione del rischio corrisponde alla stima qualitativa e/o quantitativa, tenendo conto delle inerenti incertezze, della probabilità, della frequenza e della gravità degli effetti negativi sull'ambiente o sulla salute, conosciuti o potenziali, che possono verificarsi. Tale caratterizzazione viene stabilita sulla base dei tre componenti precedenti ed è strettamente collegata alle incertezze, variazioni, ipotesi di lavoro e congetture effettuate in ciascuna fase del procedimento. Quando i dati disponibili sono inadeguati o non conclusivi, una strategia prudente e di precauzione per la protezione dell'ambiente, della salute o della sicurezza potrebbe essere quella di optare per l'ipotesi più pessimista. Quando tali ipotesi si accumulano, vi è indubbiamente un'esagerazione del rischio reale ma, correlativamente, una certa garanzia che il rischio non venga sottovalutato.