51996AC1091

Parere del Comitato economico e sociale sulla «Relazione sull'applicazione della Direttiva 90/88/CEE e proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva 87/102/CEE (modificata dalla Direttiva 90/88/CEE) relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo»

Gazzetta ufficiale n. C 030 del 30/01/1997 pag. 0094


Parere del Comitato economico e sociale sulla «Relazione sull'applicazione della Direttiva 90/88/CEE e proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva 87/102/CEE (modificata dalla Direttiva 90/88/CEE) relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo» () (97/C 30/23)

Il Consiglio, in data 31 maggio 1996, ha deciso conformemente al disposto dell'articolo 100 A del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito alla relazione e la proposta di cui sopra.

La Sezione «Ambiente, salute pubblica e consumo», incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Burani (correlatori: Ceballo Herrero e Sanderson) in data 16 luglio 1996.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 26 settembre 1996, nel corso della 338a sessione plenaria, con 94 voti favorevoli, 10 contrari e 5 astensioni, il seguente parere.

1. Premessa

1.1. La prima direttiva sul credito al consumo, 87/102/CEE (), aveva rinviato ad esame successivo la definizione di un metodo uniforme per il calcolo di un «tasso annuo effettivo globale» (TAEG), al fine di permettere a tutti i consumatori di effettuare una comparazione fra i tassi del credito nei diversi paesi dell'UE. Tale esame si è tradotto in una nuova direttiva, 90/88/CEE adottata dal Consiglio il 22 febbraio 1990 (), che ha disciplinato il metodo di calcolo del TAEG e gli elementi da prendere in considerazione per il calcolo stesso.

Il Comitato ha espresso, su richiesta del Consiglio, il parere (), sostanzialmente favorevole all'iniziativa, pur esprimendo talune raccomandazioni che furono solo parzialmente prese in considerazione.

1.2. La direttiva in questione impone alla Commissione (articolo 1 bis, par. 5, lettera b) di presentare al Consiglio, entro il 31 dicembre 1995, una «relazione con una proposta» tale da consentire di applicare in modo definitivo un'unica formula matematica per il calcolo del TAEG, valido in tutti i paesi dell'UE e in quelli dello spazio economico europeo (SEE), e cioè Islanda, Liechtenstein e Norvegia. La Direttiva 90/88/CEE è stata infatti incorporata nell'accordo sullo SEE (v. documento della Commissione, Introduzione e sintesi, par. 5 e 8, pagg. 1 e 2).

1.3. La proposta di direttiva ora presentata assolve, sia pure con un ritardo giustificato da varie circostanze, il compito domandato alla Commissione. Nelle sue linee generali, la proposta lascia sostanzialmente inalterato il metodo di calcolo già adottato; afferma il principio dell'applicazione del metodo di calcolo riportato nella Direttiva del 1990 da parte di tutti gli Stati; introduce l'obbligo di utilizzare un simbolo di tipo «europeo» identificativo del TAEG, e apporta alcune modifiche di ordine linguistico alle versioni inglese e greca (denominazione del «tasso annuo effettivo globale»).

2. Considerazioni generali

2.1. La proposta di direttiva in esame è il logico e previsto seguito dei lavori già svolti in precedenza, per cui il Comitato appoggia la Commissione collaborando con essa nella ricerca di una sempre migliore protezione degli interessi dei consumatori.

2.2. Occorre peraltro, al fine di non creare malintesi, precisare quali siano la portata ed i limiti di tali scelte. Se si fosse trattato di permettere il confronto del TAEG soltanto all'interno di uno stesso paese, sarebbe bastato prescrivere ad ogni paese di adottare un proprio tasso uniforme; scopo della direttiva è invece quello di stabilire le basi di confronto fra tutti i paesi dello SEE.

2.3. Questo obiettivo è solo parzialmente raggiunto. Il confronto «perfetto» fra diversi paesi sarebbe possibile se, oltre all'armonizzazione del sistema di calcolo, fosse stato possibile dare anche una definizione omogenea degli elementi componenti del TAEG. Tali componenti, e le loro denominazioni, sono invece eterogenei nei diversi paesi () a causa delle persistenti differenze nelle abitudini e negli usi commerciali nonché nelle legislazioni commerciali e nelle norme fiscali. La Commissione ha riconosciuto () che non è possibile, nel rispetto dei principi di proporzionalità e sussidiarietà, armonizzare tali denominazioni (e ancor meno tali componenti, aggiunge il Comitato); ma occorre riconoscere che in mancanza di uniformità il confronto «transfrontaliero» delle diverse offerte diventa difficile.

2.4. D'altra parte, il credito al consumo è ancora, in massima parte, erogato da entità finanziarie di un paese ai residenti dello stesso paese, per ragioni che sono ben note: necessità di conoscere il cliente, differenze di legislazione, difficoltà di recupero dei crediti in paesi esteri. Soltanto in alcune zone di frontiera il «credito transfrontaliero» conosce una certa diffusione.

2.5. La situazione è destinata a cambiare con l'adozione della moneta unica, ma limitatamente ai paesi «in»: per i consumatori di questi paesi, l'area dell'Euro costituirà un vero e proprio mercato unico del credito al consumo. Per gli altri, nulla sarà cambiato.

2.6. Proprio in vista della creazione di un vero mercato unico del credito al consumo, la direttiva potrebbe essere un passo verso il completamento del mercato interno.

2.7. La Commissione afferma che l'adozione del TAEG promuove «l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno» e che esso «garantisce ai consumatori un elevato grado di tutela» (); essa dovrebbe quindi inserire nei «considerando» la logica, ma ancora non esplicita, conseguenza, e cioè che l'adozione del TAEG permetterà ai consumatori di avvalersi del credito al consumo in regime di libera prestazione di servizi.

2.8. Tenuto conto di quanto detto nei precedenti punti 2.3, 2.4 e 2.5 ma anche adottando la decisione di cui al punto 2.7, il Comitato ritiene che sia un preciso dovere della Commissione, delle autorità nazionali e delle istituzioni di credito mettere in guardia i consumatori contro il semplicismo nelle scelte. Un tasso apparentemente più favorevole offerto in un altro paese non significa necessariamente che esso sia più conveniente rispetto a quello del proprio paese. A parte le composizione del TAEG, ogni tasso d'interesse è specifico ad ogni moneta, e riflette in generale le condizioni dell'economia e delle politiche monetarie di ciascun paese; esso può variare con maggiore o minore frequenza, e non sempre in senso favorevole al consumatore. I tassi di cambio, anch'essi, possono variare con conseguenze che il consumatore non è in grado di prevedere, né di prevenire, all'atto della stipula di un contratto. Il consumatore deve essere messo al corrente dei rischi che corre quando diventa prenditore di un credito in divisa diversa da quella nazionale.

2.9. Altro aspetto che merita di essere commentato è quello dell'introduzione di un simbolo (non «logo», come talvolta viene chiamato nel testo della relazione - simbolo e logo non sono termini equivalenti). Esso sarebbe da utilizzare ogni volta che viene usata la denominazione di TAEG. Pur tacendo delle difficoltà di ordine grafico nella redazione del materiale informativo e nei contratti, viene da domandarsi se il consumatore medio capirà veramente il significato di tale simbolo. Anche in questo caso, le soluzioni che piacciono agli addetti ai lavori non sono necessariamente quelle che il pubblico accoglie volentieri, soprattutto se gli si richiede uno sforzo di comprensione. L'introduzione d'un simbolo comporterebbe costi significativi (una grande banca europea ha stimato a 6-7 milioni di ECU circa il costo dell'impiego di tale simbolo). Inoltre, riducendo il simbolo a dimensioni adatte a figurare sui contratti, le stelle che circondano il simbolo percentuale finiscono per confondersi in un circolo, e non si consegue pertanto l'obiettivo d'introdurre un segno unico e riconoscibile.

2.10. Contro questa soluzione gioca comunque un argomento ancor più importante: la possibilità di abusi e di utilizzi impropri. Un simbolo del tipo «Europa» dà sempre un certo carattere di ufficialità ad un documento. Quando si pensa alla moltitudine di operatori finanziari che esiste sul mercato, autorizzati o meno, controllati o meno, è facile intuire che il suo utilizzo potrebbe prestarsi ad ogni sorta di abusi. Sarebbe fin troppo facile indurre in inganno il consumatore, facendogli pensare che il TAEG citato nei documenti abbia ricevuto una sorta di approvazione ufficiale. Il Comitato () sconsiglia l'adozione di un simbolo di tipo «europeo», che invece di contribuire ad una migliore chiarezza ed all'informazione del consumatore crea i presupposti di confusioni e di equivoci.

2.11. Le proposte della direttiva non comportano, tutto sommato, cambiamenti fondamentali nella situazione attuale; peraltro, tre disposizioni meritano un'attenzione particolare per le loro conseguenze pratiche:

- la soppressione della facoltà di adottare un metodo diverso di calcolo del TAEG, della quale si sono avvalse Finlandia, Francia e Germania;

- l'obbligo di basare i calcoli sull'anno solare (365 o 366 giorni) anziché sull'anno «commerciale» (360 giorni);

- l'accuratezza di calcolo della seconda cifra decimale, sistema non ancora da tutti adottato e comunque non prescritto in precedenza.

2.12. Come si vedrà nel corso dei commenti ai singoli articoli, tali disposizioni sono suscettibili di provocare aumenti di costi nella maggior parte dei paesi, dovuti alla necessità di modificare i programmi informatici entro il termine di entrata in vigore della direttiva, 1° gennaio 1997. Tali programmi dovrebbero essere modificati una seconda volta quando sarà adottata la moneta unica, due anni dopo. Il Comitato si chiede se non sarebbe il caso di prevedere che la direttiva vada in vigore il 1° gennaio 1999, almeno per gli aspetti riguardanti il calcolo. In tal modo, i cambiamenti nei programmi verrebbero fatti in un'unica soluzione: le riduzioni dei costi sarebbero consistenti e dovrebbero tradursi in vantaggi per il consumatore.

3. Considerazioni sui singoli articoli della proposta di direttiva

3.1. Articolo 1

3.1. Come detto nelle «considerazioni generali» (punti 2.9 e 2.10), il Comitato sconsiglia vivamente l'adozione di un simbolo di tipo ufficiale, o apparentemente ufficiale, in tutti i casi - ivi compreso quello ora in discussione - che riguardano transazioni fra privati: il consumatore potrebbe essere tratto in inganno. Inoltre, un'innovazione del genere potrebbe costituire un precedente per un uso estensivo del simbolo europeo, ogni volta che un contratto si richiama ad una regolamentazione europea. La situazione diventerebbe confusa per il consumatore e incontrollabile dalle autorità.

3.1. Nasce inoltre il delicato problema di sapere se l'uso di un simbolo europeo (le dodici stelle) sia consentito nei paesi non membri dell'UE, e cioè in quelli dello SEE (v. precedente punto 1.2), che pure dovrebbero rispettare le norme della direttiva.

3.2. Articolo 4

3.2.1. Questo articolo sopprime la facoltà accordata alle istituzioni finanziarie di utilizzare una formula di TAEG diversa da quella stabilita dalla direttiva stessa, qualora tale formula fosse stata già in vigore nel loro paese prima del 1° marzo 1990. La deroga è utilizzata attualmente dalla Finlandia, dalla Francia e dalla Germania. Sebbene sia stata prevista soltanto fino al 31 dicembre 1995, rimane di fatto in vigore finché la direttiva prevista all'articolo 1 bis, quinto comma, lettera c), della Direttiva 87/102/CEE modificata non verrà adottata.

3.2.2. In materia di costi di cambiamenti nei programmi, la Commissione ha rilevato (v. relazione, paragrafo 15) che «i costi di produzione per i produttori di software e gli istituti finanziari saranno ridotti grazie alle economie di scala determinate dall'impiego di un'unica formula in tutto il Mercato unico». Il problema non dovrebbe porsi in questi termini, perché in definitiva le istituzioni finanziarie dei paesi «a deroga» incontrerebbero dei costi già sopportati dalle istituzioni degli altri paesi. L'affermazione è peraltro importante ai fini di quanto verrà detto più oltre a proposito delle altre modifiche proposte nella direttiva (v. punto 3.3) e della data di entrata in funzione della direttiva (v. punto 3.4).

3.3. Articolo 7

3.3. Così come è redatto, questo articolo sostituisce semplicemente il precedente Allegato I della Direttiva 87/102/CEE con un altro allegato, che comporta modifiche apparentemente minori rispetto al testo precedente. Le modifiche riguardano:

- il metodo di calcolo dei giorni dell'anno, che devono essere quelli dell'anno solare (365 o 366) e non 360, come avviene in qualche paese ();

- il risultato del calcolo deve essere espresso con un'accuratezza fino alla seconda cifra decimale (in precedenza era prevista la possibilità di arrotondamento della prima cifra decimale).

3.3.2. Se l'eliminazione della deroga prevista all'articolo 4 della proposta di direttiva interessa gli Stati membri già citati (Finlandia, Francia e Repubblica federale di Germania), che dovranno ora sostituire i rispettivi metodi di calcolo con il metodo AIBD, la proposta riguardante il passaggio, per la base di calcolo, dal sistema riferito a 360 giorni al sistema riferito a 365/6 giorni interessa anche Stati che già effettuano il computo in base al metodo AIBD, il quale diventerà poi obbligatorio in tutta Europa. Ne consegue che la maggior parte degli Stati membri dovrebbe cambiare, in tutto o in parte, il metodo e/o la base di calcolo. Ciò vale in particolare per il caso in cui la disposizione vada intesa come obbligo ad effettuare il calcolo facendo riferimento allo stesso numero di giorni. In tal caso andrebbero allora introdotte nell'intera Europa basi di calcolo sinora utilizzate unicamente da 3 Stati membri, i quali rappresentano complessivamente circa un terzo della popolazione dell'UE.

3.3.3. Un calcolo basato su un numero di giorni effettivo presenterebbe problemi di rilievo perché non si procederebbe più, come ora avviene nella maggior parte degli Stati interessati, in base a valori prestabiliti (ad es. 365 giorni: 12 = 30,41666 giorni/mese), bensì in base alla durata effettiva. In concreto il computo mensile significherebbe contare 31 giorni per gennaio e 28/29 per febbraio. Ne conseguirebbe che gli interessi effettivi dichiarati dipenderebbero dalla data in cui il prestito viene effettuato e che, malgrado il tasso d'interesse nominale rimanga identico, l'ammontare degli interessi varierebbe a seconda della lunghezza dei mesi. Per i consumatori del mercato interno ciò sarebbe controproducente perché non sarebbe allora più possibile assicurare la comparabilità degli interessi dichiarati dai vari offerenti. Il CES auspica pertanto che nel testo della direttiva venga inserita una precisazione in modo che gli istituti di credito possano applicare il metodo di calcolo uniforme sulla base di valori prestabiliti. Andrebbe inoltre soppressa la regola relativa alla presa in considerazione dell'anno bisestile, che a detta della stessa Commissione, anche con un calcolo accurato fino alla seconda cifra decimale, causerebbe solo differenze trascurabili.

3.3.4. L'impatto pratico del calcolo del TAEG fino alla seconda cifra decimale avrà effetti negativi sui consumatori. L'obbligo renderà impossibile alle istituzioni finanziarie la preparazione di tabelle preparate in anticipo, attualmente utilizzate per scopi pubblicitari. Le tabelle offrono dettagli sui tassi di credito, che i consumatori utilizzano per comparare i costi prima di chiedere un prestito su misura all'istituzione finanziaria da loro scelta.

3.3.5. Tenendo conto del fatto che l'anno di 360 giorni è ancora calcolato in una minoranza di paesi e che, per quanto riguarda l'adozione della seconda cifra decimale la pratica corrente è quasi sempre già allineata su questa formula, l'entità delle spese da sostenere non sembra giustificare da sola una modifica dei sistemi che ancora non si sono uniformati ai dettami dell'Allegato II. Il Comitato si domanda se veramente i modesti risultati pratici di tale armonizzazione, ed i benefici conseguibili dai consumatori, sono proporzionali ai costi da sostenere.

3.4. Articolo 9

3.4. Questo articolo stabilisce al 1° gennaio 1997 la data di entrata in vigore della direttiva. La Commissione ha ritenuto che un così breve termine sia applicabile, evidentemente considerando come non particolarmente difficile l'adozione delle proposte, che in effetti sono in parte di marginale importanza intrinseca (lieve modifica dei sistemi di calcolo) e in parte in adempimento di un obbligo già previsto (decadenza della facoltà di usare un sistema diverso).

3.4.1. Il Comitato si chiede peraltro se in considerazione dei costi di trasformazione dei programmi (v. precedenti punti 3.2.1 e 3.2.2) da effettuare in due riprese (v. punto 2.12), non valga la pena di rinviare al 1° gennaio 1999 l'entrata in vigore della direttiva.

Entro tale data, gli Stati che seguono già il metodo di calcolo TAEG descritto nella Direttiva 88/90/CEE del 1990 dovranno introdurre le modifiche dei calcoli. Per gli stessi motivi, si propone che gli Stati che hanno beneficiato della deroga prevista dall'articolo 1 bis, quinto comma, lettera a), della Direttiva 87/102/CEE modificata, possano usufruire anche di una proroga con scadenza alla data del passaggio alla moneta unica per quanto riguarda l'introduzione del metodo di calcolo TAEG previsto dalla direttiva.

Bruxelles, 26 settembre 1996.

Il Presidente del Comitato economico e sociale

Carlos FERRER

() GU n. C 235 del 13. 8. 1996, pag. 8.

() GU n. L 42 del 12. 2. 1987.

() GU n. L 61 del 10. 3. 1990.

() GU n. C 337 del 31. 12. 1988.

() Vedasi in proposito lo studio effettuato per conto della Commissione, più volte citato nel corso della relazione, nonché la relazione stessa, tabella nei paragrafi da 97 a 111.

() Vedasi relazione, punto 10.

() Proposta di direttiva, primo «considerando».

() Fatta salva l'approvazione dell'Assemblea.

() Germania, Finlandia, Svezia, Liechtenstein e Norvegia: v. relazione, paragrafi da 124 a 128 e tabella, paragrafo 124.

ALLEGATO al parere del Comitato economico e sociale

Emendamenti respinti

Gli emendamenti seguenti, che hanno ottenuto un numero di voti favorevoli pari almeno ad un quarto dei voti espressi, sono stati respinti.

Punto 2.9

Sopprimere il testo attuale da «Anche in questo caso ...» e sostituirlo con quanto segue:

«È pertanto necessario che il consumatore sia ben informato sul suo significato. Occorre chiarire al consumatore, attraverso campagne di informazione, che il simbolo non rappresenta una raccomandazione da parte delle autorità comunitarie a favore di una specifica offerta di credito, ma è invece il sostituto europeo di un termine che designa un metodo uniforme di calcolo del tasso annuo.»

Motivazione

Sebbene, come osserva il relatore, non si possa escludere il rischio che il simbolo dia adito a confusione per il consumatore, respingere del tutto il simbolo stesso appare eccessivo. Con delle campagne di informazione si può contribuire ad evitare il rischio di interpretazioni erronee. Dal momento che, specialmente dopo l'introduzione della moneta unica, avverrà più spesso di ottenere un credito in un altro Stato membro, occorre che il consumatore venga informato in modo semplice sull'impiego di un metodo uniforme per il calcolo degli oneri annui. Non essendo stato possibile raggiungere un accordo su un linguaggio uniforme, l'impiego del simbolo può essere considerato l'alternativa migliore.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 34, voti contrari: 47, astensioni: 21.

Punto 2.10

Sopprimere l'intero punto.

Motivazione

Vedere l'emendamento 4.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 34, voti contrari: 47, astensioni: 21.

Punto 2.12

Sopprimere l'intero punto.

Motivazione

L'importanza dell'entrata in vigore di un regime armonizzato per il calcolo del tasso annuo di interesse, il 1° gennaio 1997, controbilancia ampiamente i costi supplementari, comparativamente ridotti, dovuti all'adattamento separato dei programmi per l'introduzione della moneta unica due anni dopo. Non è vero che il rinvio proposto consentirà risparmi significativi. I costi supplementari vanno valutati in relazione all'ammontare dei crediti concessi annualmente. Per di più sarebbe incauto fissare la medesima data per l'introduzione dell'Euro e l'entrata in vigore della direttiva sul credito al consumo. Le banche saranno impegnate al limite delle loro possibilità dal lavoro connesso all'introduzione della moneta unica, come viene illustrato nell'eccellente parere elaborato dal Comitato sull'argomento. Inoltre, non è affatto chiaro quali Stati membri accederanno effettivamente alla moneta unica. Per gli Stati membri che non parteciperanno alla data del 1° gennaio 1999, non vi saranno costi aggiuntivi. Da ultimo, il rinvio proposto costituisce un precedente pericoloso ai fini della determinazione di date per l'entrata in vigore di qualsiasi direttiva in quanto la maggior parte delle misure comporta dei costi.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 37, voti contrari: 62, astensioni: 12.