31980Y1031(01)

Relazione sulla convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali del prof. Mario Giuliano, docente all'Università di Milano, e del prof. Paul Lagarde, docente all'Università di Parigi I

Gazzetta ufficiale n. C 282 del 31/10/1980 pag. 0001 - 0050


RELAZIONE sulla convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (1) del prof. Mario Giuliano docente all'Università di Milano (considerazioni introduttive e commenti agli articoli 1, da 3 a 8, 12 e 13) e del prof. Paul Lagarde docente all'Università di Parigi I (commenti agli articoli 2, 9, 11, da 14 a 33)

(1) Il testo della convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali è pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. L 266 del 9 ottobre 1980. La convenzione, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980, è stata firmata lo stesso giorno dai plenipotenziari dei seguenti sette Stati membri : Belgio, Germania, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi. >PIC FILE= "T0035324"> >PIC FILE= "T0035327">

CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

1. La proposta dei governi dei paesi del Benelux alla Commissione delle Comunità europee

L'8 settembre 1967, il rappresentante permanente del Belgio indirizzava alla Commissione, a nome del proprio governo e di quelli del Regno dei Paesi Bassi e del Granducato del Lussemburgo, un invito a realizzare, con la collaborazione degli esperti degli Stati membri e sulla base del progetto di convenzione belgo-lussemburghese-olandese, l'unificazione del diritto internazionale privato e la codificazione delle norme in materia di conflitti di leggi in seno alla Comunità.

L'iniziativa era dettata dalla necessità di sopprimere gli inconvenienti dovuti alla diversità delle norme di conflitti, in particolare nel campo del diritto contrattuale. Si aggiungerà inoltre «una certa urgenza», tenuto conto delle riforme che potevano essere promulgate in taluni Stati membri e, conseguentemente, del «rischio di aggravare ulteriormente le divergenze esistenti».

È opportuno richiamare in proposito quanto ebbe a dire il sig. Th. Vogelaar, direttore generale del mercato interno e del ravvicinamento delle legislazioni, nel discorso inaugurale rivolto, in qualità di presidente, agli esperti governativi, riuniti dal 26 al 28 febbraio 1969 : «Questa proposta dovrebbe normalmente portare ad un'unificazione integrale delle norme applicabili ai conflitti di legge. In tal modo, in ciascuno dei nostri sei paesi entrerebbero in vigore, in sostituzione delle attuali norme di conflitti e fatta salva l'applicazione di convenzioni internazionali bilaterali o plurilaterali tra gli Stati membri, norme di conflitti uniformi, applicabili tanto nelle relazioni reciproche degli Stati membri quanto nei rapporti fra questi e gli Stati che non appartengono alla Comunità. Tale soluzione condurrebbe alla creazione di un complesso comune di norme giuridiche unificate, valide per tutto il territorio degli Stati membri della Comunità. Non possono esservi dubbi sul fatto che l'iniziativa avrà risultati di grande utilità, in quanto consoliderà la certezza del diritto, rafforzerà la fiducia nella stabilità dei rapporti giuridici, agevolerà la stipulazione di accordi sulla competenza in funzione del diritto applicabile e comporterà nel complesso del diritto privato una maggiore tutela dei diritti acquisiti. Rispetto all'unificazione del diritto sostanziale, l'unificazione delle norme in materia di conflitti di leggi sembra più facilmente realizzabile, soprattutto nel campo del diritto patrimoniale, in quanto le norme in materia di conflitto interessano solo i rapporti giuridici che presentano un elemento di internazionalità» (1).

2. L'esame della proposta da parte della Commissione e le risultanti conclusioni

Nell'esame della proposta dei governi dei paesi del Benelux, la Commissione giunse alla conclusione che, almeno per alcuni settori particolari del diritto internazionale privato, l'armonizzazione delle norme in materia di conflitto avrebbe potuto facilitare il funzionamento del mercato comune.

Il citato discorso del sig. Vogelaar ci offre un ragguaglio delle considerazioni in base alle quali la Commissione giunse a tale conclusione : giova pertanto riassumerne i tratti salienti.

«Nella lettera e nello spirito del trattato che istituisce la CEE, l'armonizzazione ha la funzione di rendere possibile o di facilitare, nel campo economico, la creazione di condizioni giuridiche analoghe a quelle che caratterizzano un mercato interno. Possono sussistere, certamente, divergenze di opinione in ordine all'esatta distinzione tra disparità che incidono direttamente sul funzionamento del mercato comune e disparità che vi influiscono solo indirettamente. Ma non vi è dubbio che esistono settori giuridici nei quali i divari tra gli ordinamenti giuridici nazionali e la carenza di norme uniformi sui conflitti di leggi ostacolano la circolazione tra gli Stati membri delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali.

All'armonizzazione delle norme in materia di conflitti alcuni potranno preferire l'armonizzazione o l'unificazione del diritto sostanziale che, come è noto, è già stata attuata in diversi settori. Tale armonizzazione, per altro, non sempre riesce a tenere il ritmo dell'abolizione delle frontiere economiche. Ne consegue che, fino a quando il diritto sostanziale non sarà stato unificato, risorgerà costantemente il problema del diritto nazionale da applicare. Con l'espansione transnazionale dei rapporti di diritto privato aumenta il numero delle controversie per le quali dev'essere risolta la questione del diritto applicabile.

Contemporaneamente, aumenta il numero dei casi nei quali la magistratura deve applicare un diritto straniero. La convenzione firmata il 27 settembre 1968 sulla competenza giurisdizionale e sull'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale disciplina in modo uniforme la competenza giurisdizionale in seno alla Comunità. Questa convenzione intende facilitare e accelerare lo svolgimento di numerosi processi civili di cognizione e di esecuzione, e consente inoltre alle parti di concludere, in numerosi settori, accordi attributivi di competenza e di scegliere tra più giudici. Da tale situazione può derivare che la preferenza venga data al giudice di uno Stato la cui legislazione risulti offrire il miglior esito al processo. Onde prevenire questo «forum shopping», rafforzare la certezza del diritto ed agevolare l'individuazione della legge applicabile sarebbe auspicabile uniformare le norme in materia di conflitti di leggi nei settori di particolare importanza economica, in modo che trovi ovunque applicazione un solo diritto, indipendentemente dallo Stato in cui venga pronunciata la decisione.

In sintesi, tre motivi fondamentali ispirano la proposta di armonizzare le norme di conflitto per alcuni tipi ben definiti di rapporti giuridici. Il primo motivo ci viene dalla storia del diritto internazionale privato : un'unificazione integrale sarebbe impresa troppo ardita e di eccessiva durata. Il secondo motivo consiste nella necessità di rafforzare rapidamente la certezza del diritto in alcuni settori di grande importanza economica. Il terzo consiste invece nella preoccupazione di prevenire un aggravarsi delle disparità tra le norme di diritto internazionale privato dei diversi Stati membri» (2).

Precisamente sulla base di tali considerazioni, la Commissione rivolse agli Stati membri l'invito per una riunione di esperti, onde poter disporre di un quadro completo delle normative vigenti in materia, e decidere in merito all'opportunità e portata di un'armonizzazione o unificazione del diritto internazionale privato in seno alla Comunità. All'invito era allegato un questionario inteso a facilitare la discussione (3).

3. Atteggiamento favorevole degli Stati membri in ordine alla ricerca di norme uniformi di conflitto ; determinazione delle priorità da osservare in tale ricerca e costituzione del gruppo di lavoro per lo studio e l'elaborazione di tali norme

La riunione alla quale abbiamo accennato ebbe luogo dal 26 al 28 febbraio 1969. Essa consentì di fare un primo bilancio delle prospettive e dell'utilità che potevano presentare i lavori eventualmente da intraprendere nel campo dell'unificazione delle norme in materia di conflitto vigenti negli Stati membri delle Comunità europee (4).

Tuttavia, solo nella riunione successiva, dal 20 al 22 ottobre 1969, gli esperti governativi furono in grado di pronunciarsi in modo preciso tanto sull'opportunità e portata dell'armonizzazione da attuare, quanto sulla procedura e sull'organizzazione dei lavori da intraprendere.

Per quanto riguarda l'opportunità, le delegazioni degli Stati membri, con la sola eccezione della delegazione tedesca, si dichiarano fondamentalmente d'accordo sull'utilità che i lavori presentavano ai fini di un rafforzamento della certezza del diritto nella Comunità. La delegazione tedesca, per altro, pur accennando alle esitazioni manifestate in proposito dagli ambienti scientifici e commerciali, dichiarò che la divergenza di vedute non era tale da influenzare, almeno nell'immediato, il seguito dei lavori.

Per quanto riguarda la portata dell'armonizzazione, si convenne che, ferma restando la possibilità di sviluppi ulteriori, era opportuno dare la priorità alle materie più strettamente connesse con il buon funzionamento del mercato comune e precisamente: 1. alla legge applicabile ai beni materiali e immateriali;

2. alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extra-contrattuali;

3. alle legge applicabile alla forma degli atti giuridici e alla prova;

4. alle questioni generali relative ai tre settori precedenti (rinvio, qualificazione, applicazione della legge straniera, diritti acquisiti, ordine pubblico, capacità, rappresentanza).

Quanto alla base giuridica dei lavori, le delegazioni ritennero all'unanimità che l'armonizzazione prospettata, pur senza ricollegarsi espressamente alle disposizioni dell'articolo 220 del trattato CEE, avrebbe costituito il naturale prolungamento della convenzione sulla competenza giurisdizionale e sull'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.

Infine, per quanto riguardava la procedura da seguire, tutte le delegazioni ritennero che fosse opportuno attenersi alla stessa procedura adottata per i lavori relativi alle convenzioni stipulate sulla base dell'articolo 220, già firmate o ancora in fase di elaborazione, e ricercare i mezzi più appropriati per accelerare il corso dei lavori (5).

Le conclusioni raggiunte nella suddetta riunione furono presentate alla Commissione dalla direzione generale «Mercato interno e ravvicinamento delle legislazioni», con la proposta di sollecitare l'accordo degli Stati membri, per il proseguimento dei lavori e la preparazione di un progetto preliminare di convenzione per una legge uniforme in talune materie di diritto internazionale privato.

La Commissione si conformò alla suddetta proposta e nella sua riunione del 15 gennaio 1970 il comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri conferì espressamente al gruppo il mandato di proseguire i lavori in materia di armonizzazione delle norme di diritto internazionale privato, fermo restando che il progetto o i progetti preliminari da elaborare dovevano riguardare, in via prioritaria, i quattro settori precedentemente indicati.

Facendo seguito alla suddetta decisione del comitato dei rappresentanti permanenti, nella riunione del 2 e 3 febbraio 1970 il gruppo procedette all'elezione del roprio presidente nella persona del sig. P. Jenard, direttore amministrativo presso il ministero degli affari esteri e del commercio estero del Belgio, e del proprio vicepresidente nella persona del prof. R. Miccio, consigliere della Corte di cassazione italiana.

Per quanto riguarda i relatori, sulla base della decisione con cui nel corso della riunione precedente le materie prioritarie erano state suddivise in quattro settori, il gruppo adottò, allo scopo di accelerare i lavori, il principio di assegnare un relatore per ciascuno dei quattro settori, designato come segue: 1. dalla delegazione tedesca, per quanto riguarda la legge applicabile ai beni materiali e immateriali;

2. dalla delegazione italiana, per quanto riguarda la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extra-contrattuali;

3. dalla delegazione francese, per quanto attiene alla legge applicabile alla forma degli atti giuridici e alla prova;

4. dalla delegazione olandese, di concerto con le delegazioni del Belgio e del Lussemburgo, per quanto riguarda le questioni generali.

Sulla base di tali modalità di designazione, il gruppo procedette alla nomina dei seguenti relatori : prof. K. Arndt, Oberlandsgerichtspräsident a.D. ; prof. M. Giuliano, della facoltà di giurisprudenza di Milano ; prof. P. Lagarde, dell'Università di Parigi I ; sig. Th. van Sasse van Ysselt, direttore presso il ministero della giustizia dei Paesi Bassi.

Nel corso della stessa riunione vennero inoltre affrontati altri problemi, in particolare : la natura della convenzione da elaborare, riguardo alla quale la grande maggioranza dei delegati si pronunciò a favore di una convenzione a carattere universale, non legata alla reciprocità ; il metodo di lavoro ; la partecipazione ai lavori di osservatori della conferenza di diritto internazionale privato dell'Aia e della commissione Benelux per l'unificazione del diritto (6).

4. Organizzazione, svolgimento e primi risultati dei lavori del gruppo alla fine del 1972

Punto di partenza dei lavori del gruppo fu l'esame e la discussione dei questionari predisposti dai relatori Giuliano, Lagarde e van Sasse van Ysselt per i rispettivi settori. La discussione ebbe luogo in una riunione dei relatori svoltasi, sotto la presidenza del sig. Jenard, dal 1° al 4 giugno 1970. Nel corso di tale riunione i tre questionari furono oggetto di un'analisi approfondita, vertente non solo sulle norme in materia di conflitto (norme nazionali o convenzionali) in vigore negli Stati membri della Comunità, ma anche sulle tendenze evolutive già manifestatesi nella giurisprudenza e nella dottrina di taluni paesi o che sarebbe stato opportuno prendere in considerazione in relazione a determinate esigenze attuali della vita internazionale. Questo dibattito venne poi integrato dalle risposte scritte fornite da ciascun relatore, sulla base della legislazione, della giurisprudenza e della dottrina del proprio paese (nel caso particolare del sig. van Sasse, dei tre paesi del Benelux) al proprio questionario ed a quello dei colleghi (7).

Sulla base dei suddetti lavori preparatori e del materiale in tal modo acquisito, ciascuno dei relatori potè presentare una relazione a carattere interinale, unitamente ad una proposta di articoli relativi alla materia considerata, allo scopo di gettare le basi dei futuri lavori del gruppo. Venne convenuto che le riunioni sarebbero state dedicate all'esame della relazione del sig. Giuliano sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali e non contrattuali, nonché alle questioni su cui vertevano le relazioni del sig. Lagarde e del sig. van Sasse van Ysselt, se e in quanto tali questioni si fossero ricollegate alla materia trattata dal sig. Giuliano.

In merito alla relazione del sig. Arndt sulla legge applicabile ai beni materiali e immateriali, venne convenuto che essa sarebbe stata discussa in un secondo tempo, in quanto il sig. Arndt aveva fatto osservare che, prima della propria relazione, era necessario procedere ad uno studio comparativo dei principali diritti in materia di garanzia, e tale necessità venne in linea di principio riconosciuta.

Prescindendo dalla riunione dei relatori del mese di giugno 1970, i lavori assorbirono interamente ed intensamente undici riunioni plenarie del gruppo, ciascuna della durata media di 5 giorni (8).

Nella riunione del mese di giugno 1972 il gruppo, terminata l'elaborazione di un progetto preliminare di convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extra-contrattuali, decideva di sottoporre il testo del progetto, unitamente alle relazioni messe a punto nel corso di una riunione dei relatori svoltasi il 27-28 settembre 1972, al comitato dei rappresentanti permanenti, in vista della trasmissione del progetto e delle relazioni ai governi dei paesi membri della Comunità (9).

5. Riesame dei lavori del gruppo alla luce delle osservazioni dei governi tanto dei paesi membri originari quanto dei nuovi paesi membri della CEE e risultati conseguiti nel mese di febbraio 1979

Come risulta dalle precedenti osservazioni, il progetto preliminare del 1972 riguardava non solo la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, ma anche quella applicabile alle obbligazioni extra-contrattuali. Esso forniva inoltre soluzioni sia per la legge applicabile alla forma degli atti giuridici ed alla prova, sia in ordine alle questioni di interpretazione delle norme uniformi e della loro connessione con altre norme di conflitto di origine internazionale : ovviamente nella misura in cui tali questioni presentassero un nesso con l'oggetto del progetto preliminare.

In seguito all'adesione, nel 1973, del Regno Unito, della Danimarca e dell'Irlanda alle Comunità europee, la Commissione aveva provveduto ad allargare il gruppo inserendovi gli esperti governativi dei nuovi paesi membri, ed il comitato dei rappresentanti permanenti conferì a tale gruppo ampliato il compito di riesaminare il progetto preliminare trasmessogli dalla Commissione alla fine del 1972, alla luce delle osservazioni dei governi tanto dei paesi originari quanto dei nuovi paesi membri della CEE. Il gruppo nominò vicepresidente il prof. Philip.

Tuttavia, questo nuovo esame del progetto preliminare non potè essere effettuato immediatamente. Da un lato, la necessità di lasciare agli esperti dei nuovi paesi membri il tempo indispensabile per consultare in proposito i rispettivi governi e gli ambienti interessati e, dall'altro, le incertezze politiche sorte nel Regno Unito riguardo alla propria adesione alle Comunità europee (incertezze che vennero sciolte solo in seguito al referendum del 1975) ebbero per conseguenza di ridurre notevolmente, se non proprio di sospendere, l'attività del gruppo per circa tre anni. Solo alla fine del 1975 il gruppo potè praticamente riprendere i propri lavori e dedicarsi all'elaborazione della convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. Nella sua riunione del mese di marzo 1978, il gruppo decise di limitare l'attuale convenzione soltanto ai contratti e d'iniziare i negoziati ai fini dell'elaborazione di una seconda convenzione sulle obbligazioni extra-contrattuali dopo la redazione della prima. In effetti, la maggior parte dei delegati ritenevano che, per ragioni di tempo, sarebbe stato meglio terminare innanzitutto la parte relativa alle obbligazioni contrattuali.

Il riesame del primo progetto preliminare, limitatamente all'argomento sopra indicato, si svolse nel corso di quattordici riunioni plenarie del gruppo (ciascuna di durata da 2 a 5 giorni), e di tre riunioni dedicate particolarmente ai problemi relativi ai contratti di trasporto e di assicurazione (10). Nella riunione del mese di febbraio 1979, il gruppo ha terminato l'elaborazione del progetto di convenzione e ha deciso in merito alla procedura da adottarsi per la trasmissione del progetto al Consiglio prima della fine del mese di aprile. Esso ha altresì incaricato il prof. Giuliano ed il prof. Lagarde di redigere la relazione, che è stata poi messa a punto nel corso di una riunione dei relatori tenutasi il 18-20 giugno 1979, alla quale ha partecipato un esperto per delegazione. Il progetto è stato successivamente trasmesso al Consiglio ed ai governi dal presidente sig. Jenard.

6. Messa a punto definitiva della convenzione nell'ambito del Consiglio delle Comunità europee

Il 18 maggio 1979 il sig. Jenard, presidente del gruppo di esperti, trasmetteva al presidente del Consiglio delle Comunità europee il progetto di convenzione esprimendo l'auspicio che i governi comunicassero entro la fine dell'anno le loro osservazioni al riguardo, in modo che si potesse procedere alla conclusione della convenzione entro il 1980.

Il 20 luglio 1979 lo stesso sig. Jenard trasmetteva al presidente del Consiglio il progetto di relazione sulla convenzione che costituiva lo stadio anteriore della presente relazione.

Il segretariato generale del Consiglio riceveva osservazioni scritte dai governi belga, olandese, danese, irlandese, tedesco, lussemburghese e britannico. La Commissione inoltre adottava il 17 marzo 1980 un parere relativo al progetto di convenzione che veniva pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee n. L 94 dell'11 aprile 1980.

Il 16 gennaio 1980 il comitato dei rappresentanti permanenti istituiva un gruppo ad hoc «Diritto internazionale privato» con il duplice mandato di: - mettere a punto il testo finale della convenzione tenendo conto delle osservazioni presentate dai governi degli Stati membri,

- esaminare il problema dell'attribuzione e dei limiti di una eventuale competenza della Corte di giustizia delle Comunità europee per l'interpretazione della convenzione.

Il gruppo ad hoc teneva due sessioni, dal 24 al 28 marzo e dal 21 al 25 aprile 1980, sotto la presidenza del signor Brancaccio del ministero di grazia e giustizia italiano (11). Partendo dalle osservazioni scritte comunicate dai governi e da altre osservazioni formulate oralmente nel corso dei lavori, il gruppo perveniva ad un accordo globale sulle disposizioni sostanziali della convenzione e sul testo della relazione che l'accompagna.

Gli unici problemi rimasti in sospeso a livello del gruppo erano legati alla problematica della posizione della convenzione rispetto all'ordinamento giuridico comunitario. Essi riguardavano in particolare la definizione del numero di ratifiche necessarie per l'entrata in vigore della convenzione e la redazione di una dichiarazione dei governi degli Stati membri relativa all'attribuzione di competenze alla Corte di giustizia.

Dopo una serie di discussioni a livello del comitato dei rappresentanti permanenti, che portavano progressivamente ad un ravvicinamento delle posizioni, la presidenza del Consiglio riteneva ormai raggiunte le condizioni politiche per far esaminare dai ministri della giustizia i punti di disaccordo, con buone probabilità di successo, in una sessione speciale del Consiglio convocata a Roma il 19 giugno 1980.

In questa occasione si procedette ad un ultimo negoziato in cui si raggiunse un accordo per portare a sette il numero degli Stati membri la cui ratifica è necessaria per l'entrata in vigore della convenzione. Inoltre ci si accordò sul testo di una dichiarazione comune relativa all'interpretazione della convenzione ad opera della Corte di giustizia che ricalcava letteralmente l'analoga dichiarazione emessa dai governi dei sei Stati membri originari della Comunità all'atto della conclusione della convenzione di esecuzione di Bruxelles del 27 settembre 1968. Nell'adottare la dichiarazione i rappresentanti dei governi riuniti in sede di Consiglio incaricavano inoltre il gruppo ad hoc «Diritto internazionale privato» istituito presso il Consiglio di ricercare i mezzi di attuazione del punto 1 della dichiarazione e di presentare loro una relazione in proposito entro il 30 giugno 1981.

Al termine di tali lavori il presidente in carica del Consiglio, il ministro italiano di grazia e giustizia Tommaso Morlino, costatava l'accordo dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio su quanto segue: - l'adozione del testo della convenzione e del testo delle due dichiarazioni comuni allegate,

- l'apertura alla firma della convenzione a partire dal 19 giugno 1980,

- la pubblicazione della convenzione e della relazione che l'accompagna sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

La convenzione veniva firmata il 19 giugno stesso dai plenipotenziari del Belgio, della Repubblica federale di Germania, della Francia, dell'Irlanda, dell'Italia, del Lussemburgo e dei Paesi Bassi.

7. Rassegna delle fonti interne e natura delle norme in vigore negli Stati membri delle Comunità europee in materia di legge applicabile alle obbligazioni contrattuali

Scopo essenziale della presente convenzione è di introdurre nella legislazione nazionale degli Stati membri della CEE un complesso di norme uniformi sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, nonché su talune questioni generali di diritto internazionale privato che si riconnettono alla materia delle obbligazioni.

Senza entrare in dettagli di diritto positivo, e con la riserva di ritornare sull'argomento in sede di commento alle norme uniformi, è opportuno procedere subito ad una breve rassegna delle fonti interne e ad un'indagine sulla natura delle norme in materia di conflitto attualmente in vigore nei paesi della Comunità nel settore che è oggetto della convenzione. Sarà in tal modo possibile comprendere, da un lato l'utilità, e dall'altro la difficoltà dell'opera di unificazione intrapresa dal gruppo, della quale la presente convenzione costituisce solo un primo risultato.

Tra i nove Stati membri della Comunità, solo l'Italia possiede un complesso di norme in materia di conflitto emanate dal legislatore ed estese a quasi tutta la materia oggetto della convenzione. Si tratta principalmente degli articoli 17, secondo comma, 25, 26, 30 e 31 delle preleggi che costituiscono l'introduzione del codice civile del 1942, nonché degli articoli 9 e 10 del codice della navigazione dello stesso anno.

In tutti gli altri Stati della Comunità, invece, il complesso delle norme in materia di conflitto applicabili alle obbligazioni contrattuali si basa soltanto su principi consuetudinari o su massime di origine giurisprudenziale, che la dottrina ha notevolmente contribuito a sviluppare e ad armonizzare fra di loro.

Questa situazione non ha subito sostanziali variazioni, né ad opera del disegno di legge francese che completa il codice civile in materia di diritto internazionale privato (del 1967), né ad opera del trattato Benelux recante legge uniforme relativa al diritto internazionale privato, firmato a Bruxelles il 3 luglio 1969. Questi due testi costituiscono indubbiamente un interessante esempio di codificazione delle norme in materia di conflitto e, nel caso dei paesi del Benelux, anche di uniformazione di tali norme su un piano interstatale, ed il gruppo non ha mancato di tener conto, nei suoi lavori, dei relativi risultati. Ma il trattato Benelux non è entrato in vigore, e non sembra che il disegno di legge francese sia destinato ad essere convertito in legge nel prossimo futuro.

8. Carattere universale delle norme uniformi

Fin dall'inizio dei lavori, il gruppo si è dichiarato a favore di norme uniformi applicabili tanto ai cittadini degli Stati membri ed alle persone domiciliate o residenti nella Comunità, quanto ai cittadini degli Stati terzi ed alle persone che ivi siano domiciliate o residenti. Le disposizioni dell'articolo 2 sanciscono e danno forma concreta a questa destinazione universale della convenzione.

Il gruppo ha ritenuto che oggetto dei propri lavori doveva essere sostanzialmente la formulazione di norme generali del tipo di quelle contenute nelle vigenti disposizioni legislative italiane, nonché nel trattato Benelux e nel disegno di legge francese. In tale ottica le norme generali, che in ciascuno degli Stati membri costituiranno il diritto comune da applicarsi per la risoluzione dei conflitti di legge, non pregiudicheranno la regolamentazione particolareggiata di questioni nettamente delimitate, risolte in altre sedi, in particolare nella conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato. La riserva concernente l'applicazione di tali convenzioni particolari è assicurata dalla disposizione dell'articolo 21.

9. Carattere normalmente generale delle norme uniformi della convenzione e loro significato nell'opera di unificazione giuridica già iniziata nel settore del diritto internazionale privato

Fin dall'inizio dei lavori, il gruppo si è inoltre trovato a dover decidere sulla natura e la portata delle norme uniformi in materia di conflitto da elaborare. Si trattava cioè di stabilire se tali norme dovevano avere carattere generale, ossia indifferentemente applicabili a tutti i contratti, o se era preferibile scindere la regolamentazione delle obbligazioni contrattuali in una serie di norme specifiche per le varie categorie di contratti, oppure se era opportuno attenersi ad una soluzione intermedia, adottando norme generali e integrandole con norme specifiche per determinate categorie di contratti.

La soluzione inizialmente prospettata dal relatore era consona all'ultima alternativa. Essa prevedeva che, in mancanza di scelta implicita o esplicita delle parti, il contratto fosse regolato, ferme restando le disposizioni specificamente applicabili a determinate categorie di contratti, da un'unica legge.

Quando il gruppo affrontò la questione dell'opportunità di integrare le norme generali sulla determinazione della legge applicabili al contratto con alcune norme specifiche, destinate a determinate categorie di contratti, fu tuttavia chiaro che la questione non presentava più l'interesse che aveva nel quadro delle proposte iniziali del relatore. Il testo dell'articolo 4, nella redazione finale adottata dal gruppo, offriva infatti, in particolare in virtù della sua elasticità, soluzioni soddisfacenti per la maggior parte dei contratti per i quali la legge applicabile costituiva l'oggetto di norme specifiche in materia di conflitto nelle proposte del relatore. È per questo motivo che il gruppo ha previsto solo alcune deroghe alla norma dell'articolo 4, in particolare quelle degli articoli 5 e 6 concernenti, in mancanza di scelta esplicita o implicita delle parti, la legge applicabile rispettivamente a determinati contratti conclusi dai consumatori ed ai contratti di lavoro.

Questo carattere normalmente generale delle norme uniformi ha implicato la necessità di prevedere per tali norme alcune deroghe e di lasciare al giudice un certo potere discrezionale per l'applicazione delle deroghe stesse ai singoli casi di specie. Si ritornerà su quest'ultimo aspetto nel commento a vari articoli contenuto nel capitolo III della presente relazione.

Come è dichiarato nel preambolo, nel concludere la presente convenzione i nove Stati contraenti del trattato che istituisce la Comunità economica europea si dichiarano ansiosi di continuare, nel campo del diritto internazionale privato, l'opera di unificazione giuridica già iniziata nella Comunità particolarmente in materia di competenza giurisdizionale, di riconoscimento e di esecuzione delle sentenze. La questione dell'eventuale adesione degli Stati terzi non viene regolata dalla convenzione (vedi infra, pagina 41).

TITOLO I CAMPO D'APPLICAZIONE DELLE NORME UNIFORMI

Articolo 1

Campo d'applicazione

1. Secondo quanto è previsto dal paragrafo 1 dell'articolo 1, le norme uniformi della presente convenzione si applicano alle obbligazioni contrattuali nelle situazioni la cui disciplina comporti un conflitto di leggi.

È importante notare che le norme uniformi della convenzione sono applicabili alle suddette obbligazioni solo «nelle situazioni la cui disciplina comporti un conflitto di leggi». Scopo di questa precisazione è di meglio definire l'oggetto delle norme uniformi della convenzione. E noto che la legge applicabile ai contratti ed alle obbligazioni che ne derivano non è sempre quella del paese in cui sorga controversia sulla loro interpretazione o esecuzione. Esistono situazioni in cui il legislatore o la giurisprudenza non ritengono che tale legge sia la più adatta a disciplinare il contratto e le obbligazioni che ne derivano. Si tratta di situazioni che presentano uno o più elementi estranei rispetto alla vita sociale interna di un paese (per esempio : il fatto che una o tutte le parti del contratto siano cittadini stranieri o persone domiciliate all'estero, il fatto che il contratto sia stato concluso all'estero, il fatto che una o più prestazioni delle parti debbano essere eseguite in un paese straniero, ecc.), tali da rendere applicabili gli ordinamenti giuridici di più paesi. Sono appunto queste le situazioni in cui le norme uniformi sono destinate ad essere applicate.

D'altro lato, l'attuale redazione del paragrafo 1 implica che le norme uniformi debbono applicarsi in tutti i casi in cui la controversia dia luogo a conflitto tra due o più ordinamenti giuridici. Le norme uniformi si applicano anche quando tali ordinamenti coesistano all'interno di un unico Stato (vedi articolo 19, paragrafo 1). Accertare, pertanto, se un contratto è regolato dalla legge inglese o da quella scozzese rientra quindi nella sfera di applicazione della convenzione, fatto salvo il disposto dell'articolo 19, paragrafo 2.

2. Il principio sancito nel paragrafo 1 soggiace peraltro a varie restrizioni.

Anzitutto, dato che la presente convenzione si riferisce solo alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, è evidente che la materia relativa ai diritti reali e ai diritti della proprietà intellettuale è esclusa da tali disposizioni. Questa precisazione era stata espressamente prevista in un articolo dell'avamprogetto iniziale. Ma in seguito il gruppo ritenne superfluo ripetere la precisazione nel testo attuale, tanto più che essa avrebbe comportato la necessità di menzionare le differenze esistenti tra i vari ordinamenti giuridici dei paesi membri della Comunità.

3. Vi sono poi le restrizioni elencate nel paragrafo 2 dell'articolo 1.

Si tratta anzitutto (lettera a) dello stato e della capacità delle persone fisiche, fatto salvo il disposto dall'articolo 11. Si tratta poi (lettera b) delle obbligazioni contrattuali relative ai testamenti e alle successioni, ai regimi matrimoniali, ai diritti ed obblighi derivanti dai rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, comprese le obbligazioni alimentari a favore dei figli naturali. Con tale elenco, il gruppo ha inteso escludere dal campo d'applicazione della convenzione il complesso del diritto di famiglia.

Per quanto concerne le obbligazioni alimentari, ai sensi dell'articolo 1 della convenzione dell'Aia sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, il gruppo ha ritenuto che l'esclusione dovrebbe riferirsi ai contratti che determinate persone - sottoposte ad obbligazione alimentare legale - concludono ai fini dell'esecuzione di questa obbligazione. Tutte le altre obbligazioni contrattuali, anche se hanno per oggetto il sostentamento di un membro della famiglia nei confronti del quale non esistono obbligazioni alimentari legali, rientrano invece nella sfera di applicazione della convenzione.

A differenza di quanto è stato disposto nell'articolo 1, paragrafo 2, dell'avamprogetto iniziale, l'attuale redazione della lettera b) del paragrafo 2 non esclude in modo generale la materia delle donazioni. La maggior parte dei delegati si è pronunciata a favore dell'inclusione delle donazioni che derivano da un contratto nel campo d'applicazione della convenzione, anche quando vengono effettuate nell'ambito familiare, senza peraltro essere comprese nel diritto di famiglia. Rimangono quindi escluse dal campo d'applicazione delle norme uniformi soltanto le donazioni contrattuali contemplate dal diritto di famiglia, dai regimi matrimoniali e dalle successioni.

Il gruppo ha affermato all'unanimità che le questioni relative alla custodia dei figli sono escluse dalle sfere di applicazione della convenzione in quanto rientrano nella materia dello stato e della capacità delle persone. Tuttavia, il gruppo non ha ritenuto opportuno indicare questa esclusione nel testo stesso della convenzione, onde evitare un'interpretazione a contrario della convenzione del 27 settembre 1968.

Per evitare eventuali interpretazioni errate, l'attuale testo delle lettere a) e b) adotta la stessa terminologia che è stata utilizzata nella convenzione del 1968 in materia di competenza giurisdizionale e di esecuzione delle sentenze.

4. La lettera c) del paragrafo 2 esclude dal campo di applicazione delle norme uniformi in primo luogo le obbligazioni che derivano da cambiali, assegni bancari e vaglia cambiari.

Nel mantenere quest'esclusione, che d'altronde era stata prevista anche nell'avamprogetto iniziale, il gruppo ha ritenuto che le disposizioni della convenzione non sono idonee a regolare questo tipo di obbligazioni. Comunque, per includerle sarebbe stato necessario elaborare norme speciali di natura alquanto complessa. D'altronde, le convenzioni di Ginevra delle quali sono partiti vari Stati membri della Comunità, disciplinano la maggior parte di questi settori. Infine, è opportuno ricordare che alcuni Stati membri della Comunità considerano queste obbligazioni come obbligazioni non contrattuali.

La lettera c) esclude anche altri titoli negoziabili, nella misura in cui le obbligazioni cui danno luogo derivano dal loro carattere negoziabile. Allorché un'obbligazione è trasferibile, ma il documento in cui compare non è considerato titolo negoziabile, questo documento non rientra nell'esclusione. Ne risulta che documenti quali le lettere di vettura e i documenti analoghi connessi ai contratti di trasporto, le obbligazioni, le fideiussioni, le lettere di garanzia, i warrant e le ricevute rilasciate dai magazzini generali sono esclusi in base alla lettera c) solo se possono essere considerati titoli negoziabili ; inoltre, anche in questo caso, l'esclusione si applica solo alle obbligazioni derivanti dal loro carattere negoziabile. Non sono peraltro esclusi né i contratti in base ai quali vengono emessi detti titoli, né i contratti conclusi per l'acquisto e la vendita degli stessi. Determinare se un documento sia o meno un titolo negoziabile spetta non già alle convenzione bensì alla «lex fori» (comprese le sue norme di diritto internazionale privato).

5. Sono inoltre esclusi dalla sfera di applicazione della convenzione i compromessi, le clausole compromissorie e le convenzioni sul foro competente (lettera d).

Sull'opportunità o meno di escludere le convenzioni sul foro competente, dopo un lungo dibattito la maggioranza dei membri del gruppo si è pronunciata per l'esclusione per le seguenti ragioni : la materia rientra nel campo della procedura e fa parte dell'amministrazione della giustizia (funzione pubblica dello Stato) ; eventuali norme in proposito potrebbero far sorgere difficoltà al momento della ratifica della convenzione. Alcune delegazioni hanno inoltre fatto notare che le norme sulla competenza giurisdizionale sono di ordine pubblico e lasciano solo uno spazio marginale all'autonomia della volontà. Ogni giudice deve valutare la validità del patto di proroga della competenza in base alla propria legislazione e non in base alla legge prescelta. Dato il carattere particolare di tali disposizioni e la diversità della loro disciplina sostanziale, nessuna norma di conflitto potrebbe dar luogo ad una soluzione. Inoltre, queste norme sarebbero comunque inefficaci nel caso in cui l'azione fosse proposta al giudice di un paese terzo. Si è fatto inoltre osservare che, per le relazioni intracomunitarie, le questioni più importanti (validità della clausola e forma) sono regolate dall'articolo 17 della convenzione del 27 settembre 1968. Le questioni rimaste in sospeso, segnatamente quelle relative al consenso, sono irrilevanti in quanto per tali accordi l'articolo 17 impone la forma scritta. Le delegazioni che ritenevano che i patti di proroga della competenza dovessero rientrare nel campo di applicazione della convenzione hanno rilevato che il problema della loro validità sarebbe spesso risolto mediante l'applicazione della legge disciplinante il resto del contratto in cui figura il patto e che pertanto questo dovrebbe essere disciplinato da questa stessa legge. In alcuni ordinamenti giuridici, il patto di proroga della competenza è esso stesso considerato come un contratto e, per determinare la legge applicabile a tale contratto, si ricorre alle normali regole di conflitto di leggi.

Per quanto riguarda le convenzioni di arbitrato, alcune delegazioni, ed in particolare la delegazione britannica, avevano proposto di non escludere dalla convenzione l'accordo di arbitrato come tale : sia perché questo accordo non differisce da altri accordi sotto il profilo contrattuale, sia perché alcune convenzioni internazionali non regolano i problemi della legge applicabile agli accordi di arbitrato mentre altre li disciplinano in modo inadeguato. D'altronde, le convenzioni internazionali non sono ratificate da tutti i paesi membri della Comunità e, anche se ciò fosse, il problema non sarebbe risolto in quanto tali convenzioni non hanno applicazione universale. Si è aggiunto che, all'interno della Comunità, non esiste un'informazione su questo punto molto importante per il commercio internazionale.

Altre delegazioni, ed in particolare la delegazione tedesca e quella francese, si sono opposte alla proposta britannica, adducendo i seguenti argomenti : è necessario evitare un aumento eccessivo delle convenzioni esistenti in materia ; in via di principio, il frazionamento del contratto è ammesso nel progetto, e la clausola compromissoria è autonoma ; è difficile applicare la nozione di «collegamento più stretto» agli accordi di arbitrato ; è difficile separare in tali accordi gli aspetti procedurali da quelli contrattuali ; poiché la materia esaminata è alquanto complessa, le proposte degli esperti sono molto divergenti ; dato che le questioni procedurali e quelle relative all'ammissibilità dell'arbitrato sarebbero comunque escluse, l'unica questione da regolare sarebbe quella del consenso ; la Camera di commercio internazionale, di cui è a tutti nota la vasta esperienza in materia, non ha ritenuto necessaria una nuova regolamentazione.

Tenuto conto del fatto che le soluzioni prevedibili e previste in generale per l'arbitrato sono estremamente complesse e diverse, un delegato ha proposto che questa materia venisse studiata separatamente, per poi includere gli eventuali risultati dello studio in un apposito protocollo. Il gruppo ha accettato la proposta, ed ha quindi escluso le convenzioni di arbitrato dal campo di applicazione delle norme uniformi, salvo poi a riesaminare questi problemi, unitamente a quello delle proroghe di competenza, una volta terminata l'elaborazione della convenzione.

L'esclusione dei compromessi e delle clausole compromissorie riguarda non soltanto gli aspetti procedurali ma anche la formazione, la validità e gli effetti di questi patti. Nel caso di clausola compromissoria o compromesso che faccia parte integrante di un contratto, l'esclusione concerne esclusivamente tale clausola o compromesso, e non già l'intero contratto. Questa esclusione non osta a che tali clausole siano prese in considerazione ai fini dell'articolo 3, paragrafo 1.

6. La lettera e) del paragrafo 2 dispone che le norme uniformi non si applicano alle questioni inerenti al diritto delle società, associazioni e persone giuridiche, quali la costituzione, la capacità giuridica, lo statuto interno e lo scioglimento delle società, associazioni e persone giuridiche, nonché la responsabilità legale personale dei soci e degli organi per le obbligazioni della società, associazione o persona giuridica.

Escludere tale materia non significa in alcun modo sottovalutarne l'importanza nella vita economica dei paesi membri della Comunità. Si tratta infatti di una materia che, per la sua importanza economica e per il posto che occupa in varie disposizioni del trattato CEE, sembra indubbiamente possedere tutti i titoli per non essere esclusa dai lavori comunitari di unificazione del diritto internazionale privato, in particolare nel campo dei conflitti di legge attinenti alle relazioni economiche.

Nonostante le considerazioni che precedono, già nell'avamprogetto iniziale il gruppo non aveva ritenuto opportuno estendere al settore delle società, associazioni o persone giuridiche il campo di applicazione della convenzione, soprattutto perché sono attualmente in corso, a tale proposito, vari lavori nel quadro delle Comunità europee (12).

Confermando questa esclusione, il gruppo ha precisato che essa si riferisce a tutti gli atti di natura complessa (contrattuali, amministrativi, di registrazione) necessari per la costituzione di una società, per il suo statuto interno e per il suo scioglimento ; cioè agli atti che fanno parte del diritto delle società.

Viceversa, non sono compresi nell'esclusione tutti gli atti o contratti preliminari aventi per unico scopo la creazione di obblighi tra le parti interessate (promotori) al fine di costituire una società.

Può trattarsi di società o associazioni aventi o meno personalità giuridica, con o senza scopo di lucro. Tenuto conto delle differenze esistenti in materia, talune relazioni saranno considerate parte del diritto delle società, o potranno essere assimilate a quelle incluse in tale diritto (ad esempio : società di diritto civile, nicht rechtsfähiger Verein, partnership, vennootschap onder firma, ecc.) in determinati paesi e non in altri. Alla norma è stato dato un carattere di flessibilità, per rispettare la disparità dei vari diritti nazionali.

Per «statuto interno» s'intende ad esempio : la convocazione di assemblee, il diritto di voto, il quorum necessario, la nomina degli organi della società, ecc. Lo «scioglimento» può riferirsi tanto alla fine della società prevista dallo statuto o dalle norme del diritto delle società, quanto alla cessazione della società stessa in seguito a fusione od altro processo del genere.

Su richiesta della delegazione tedesca, il gruppo ha esteso l'esclusione della lettera e) alla responsabilità personale dei soci e degli organi nonché alla capacità giuridica delle società. La proposta di menzionare espressamente anche la fusione ed il raggruppamento di società non è stata invece accettata dal gruppo, in quanto la maggior parte dei delegati hanno ritenuto che la fusione ed il raggruppamento di società sono già contemplati nella redazione attuale.

Per quanto concerne la capacità giuridica, è opportuno precisare che ci si riferisce a limitazioni che possono essere imposte alla società dalla legge, ad esempio in materia di acquisto di beni immobili. Non si tratta qui dell'eccesso di potere commesso dagli organi della società, che rientra nella lettera f).

7. Con la soluzione adottata alla lettera f) del paragrafo 2, è esclusa dal campo di applicazione delle norme uniformi la questione di stabilire se l'atto compiuto da un intermediario valga a obbligare di fronte ai terzi la persona per conto della quale egli ha affermato di agire, o se l'atto compiuto da un organo di una società, associazione o persona giuridica valga ad obbligare di fronte ai terzi la società, associazione o persona giuridica.

L'esclusione riguarda unicamente i rapporti tra il rappresentato ed i terzi e specificamente la questione di stabilire se il rappresentato risulti impegnato di fronte ai terzi in seguito ad atti compiuti in casi concreti dall'intermediario. L'esclusione non riguarda invece altri aspetti della complessa materia della rappresentanza, che comprende altresì, da un lato, i rapporti tra rappresentato ed intermediario e, dall'altro, i rapporti tra l'intermediario ed i terzi. L'esclusione si giustifica per il fatto che, per quanto riguarda i rapporti tra rappresentato e terzi, è difficile ammettere il principio dell'autonomia della volontà, mentre i rapporti tra il rappresentato e l'intermediario e quelli tra l'intermediario ed i terzi non presentano alcuna particolarità rispetto alle altre obbligazioni e sono quindi inclusi nel campo di applicazione della convenzione, in quanto siano di natura contrattuale.

8. L'esclusione di cui alla lettera g) del paragrafo 2 ha per oggetto i «trusts» quali sono previsti dai paesi di Common Law. Si è adottato espressamente il termine inglese «trusts» per definire in modo chiaro la portata dell'esclusione. Viceversa, gli analoghi istituti di diritto continentale rientrano nella sfera di applicazione della convenzione, perché sono normalmente di origine contrattuale. Il giudice avrà tuttavia la facoltà di assimilarli a quelli di Common Law qualora presentino le stesse caratteristiche.

9. Ai sensi della lettera h) del paragrafo 2, le norme uniformi non si applicano alla prova e alla procedura, fatta riserva di quanto disposto nell'articolo 14.

Questa esclusione non sembra richiedere particolari commenti. La portata dell'esclusione e la misura in cui subisce una limitazione faranno oggetto di apposito commento all'articolo 14.

10. Sull'opportunità di includere od escludere dal campo di applicazione delle norme uniformi la materia relativa ai contratti di assicurazione si è svolto un lungo dibattito in seno al gruppo. La soluzione definitivamente adottata è quella riportata nel paragrafo 3 dell'articolo 1.

In base a questo paragrafo, le disposizioni della convenzione non si applicano ai contratti di assicurazione relativi a rischi situati nei territori degli Stati membri della Comunità economica europea. L'esclusione di cui trattasi tiene conto dei lavori in corso nel quadro della Comunità in materia d'assicurazione. Pertanto, le norme uniformi si applicano ai contratti d'assicurazione relativi a rischi situati fuori dai suddetti territori. Gli Stati rimangono peraltro liberi di applicare norme modellate su quelle della convenzione anche ai rischi situati nella Comunità, fatto salvo quanto sarà stabilito nella regolamentazione comunitaria.

I contratti di assicurazione, naturalmente in quanto coprano rischi localizzati fuori della Comunità, possono parimenti rientrare, all'occorrenza, nell'articolo 5 della convenzione.

Per determinare se un rischio è situato nei territori degli Stati membri della Comunità, l'ultima parte di frase del paragrafo 3 stabilisce che il giudice applica la propria legge interna. Questa espressione si riferisce alle norme vigenti nel paese del giudice adito, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato, come precisa l'articolo 15 della convenzione.

11. In forza del paragrafo 4 dell'articolo 1, l'esclusione del paragrafo 3 non concerne i contratti di riassicurazione. Infatti, questi contratti non pongono problemi analoghi a quelli relativi ai contratti di assicurazione, nei quali si deve necessariamente tener conto della tutela degli assicurati. Pertanto, le norme uniformi si applicano ai contratti di riassicurazione.

Articolo 2

Carattere universale

Questo articolo rivela il carattere universale delle norme uniformi contenute nella presente convenzione. La sua applicazione non è limitata alle sole situazioni che comportano elementi di collegamento con uno degli Stati contraenti. Essa ha un'applicazione universale nel senso che le norme relative ai conflitti da essa decretate possono determinare l'applicazione della legge di uno Stato non parte contraente della convenzione. Ad esempio, le parti di un contratto possono scegliere, ai sensi dell'articolo 3, la legge di uno Stato terzo e, in mancanza di scelta, ai sensi degli articoli 4 e 5 questa stessa legge potrà essere applicata al contratto qualora quest'ultimo presenti il collegamento più stretto precisamente con tale Stato. In altri termini, la presente convenzione è una legge uniforme del diritto internazionale privato che sostituirà, nelle materie da essa contemplate e fatte salve le altre convenzioni di cui gli Stati contraenti sono parti (vedi articolo 21), le norme di diritto internazionale privato vigenti nei singoli Stati contraenti.

La soluzione è conforme a quella che è stata adottata per la maggior parte delle convenzioni dell'Aia relative ai conflitti di leggi (stricto sensu). Il testo è quello delle convenzioni dell'Aia elaborate nel corso della XIII sessione (convenzioni del 14 marzo 1978 sui regimi matrimoniali, articolo 2, e sui contratti di intermediari, articolo 4).

TITOLO II NORME UNIFORMI

Articolo 3

Sulla libertà di scelta

1. La norma contenuta nel paragrafo 1 dell'articolo 3, secondo la quale il contratto è regolato dalla legge scelta dalle parti, non fa altro che ribadire un principio ormai consolidato nel diritto internazionale privato di tutti gli Stati membri della Comunità, nonché nella maggior parte degli ordinamenti degli altri paesi.

In diritto francese, la norma che conferisce alle parti tale potere (o tale «autonomia della volontà», secondo l'espressione corrente) è basata su una giurisprudenza che risale alla sentenza emanata il 5 dicembre 1910 dalla Corte di cassazione nella causa American Trading Company contro Quebec Steamship Company Limited. Il disegno di legge francese del 1967, volto ad integrare il codice civile in materia di diritto internazionale privato, non fa altro che confermare lo stato del diritto francese in materia, quando enuncia, nel primo comma dell'articolo 2312 : «Il contratto a carattere internazionale e le obbligazioni che ne scaturiscono sono regolati dalla legge scelta dalle parti».

Al consolidamento della norma della giurisprudenza francese ha fatto riscontro una corrispondente evoluzione della dottrina. I più insigni autori contemporanei si dichiarano fondamentalmente in favore del principio dell'autonomia della volontà delle parti per quanto riguarda la determinazione della legge applicabile al contratto o, secondo l'opinione di parte della dottrina (13), per quanto riguarda la «localizzazione» del contratto in una sfera giuridica determinata.

Ciò vale anche per l'ordinamento della Repubblica federale di Germania, in cui la materia delle obbligazioni contrattuali non è stata disciplinata dal legislatore nel testo definitivo delle «disposizioni preliminari» del 1896. La regola che conferisce alle parti il potere di designare la legge applicabile al contratto trova peraltro la sua parte in una giurisprudenza che è venuta sviluppandosi ed affermandosi nel corso degli ultimi decenni, nonostante l'opposizione di gran parte della dottrina tedesca meno recente. La dottrina contemporanea, comunque, condivide interamente la soluzione adottata dalla giurisprudenza (14).

A differenza di ciò che si è verificato in Francia e in Germania, in Italia il principio dell'autonomia della volontà dei contraenti è stato fin dal 1865 espressamente consacrato dal legislatore nelle disposizioni preliminari del codice civile. Esso trova attualmente il proprio fondamento nel primo comma dell'articolo 25 delle disposizioni preliminari del codice civile del 1942, in cui è formalmente ammessa l'autonomia della volontà delle parti in ordine alla scelta della legge applicabile al contratto, nonché negli articoli 9 e 10 del codice della navigazione, in cui è previsto che il potere delle parti di determinare la legge applicabile può esercitarsi anche per i contratti di lavoro del personale navigante e per i contratti di utilizzazione di navi o aeromobili. Secondo l'opinione prevalente in dottrina e secondo la giurisprudenza costante della Corte di cassazione italiana, la legge applicabile al contratto dev'essere determinata anzitutto sulla base della volontà manifestata in proposito dalle parti ; solo in mancanza di tale designazione la legge del contratto sarà determinata dagli altri criteri di collegamento previsti nelle disposizioni summenzionate (15).

Per quanto riguarda il Belgio, il Lussemburgo ed i Paesi Bassi, il principio dell'autonomia della volontà dei contraenti in ordine alla scelta della legge applicabile è stata del pari sanzionata dalla prassi giudiziaria e dalla dottrina contemporanea.

Nella sentenza del 24 febbraio 1938, nella causa SA Antwerpia contro Ville d'Anvers, la Corte di cassazione del Belgio, esprimendosi in termini chiaramente ispirati al decreto francese del 5 dicembre 1910, ha per la prima volta affermato che : «La legge applicabile ai contratti sia per quanto riguarda la formazione, sia per ciò che concerne le condizioni e gli effetti (è) quella adottata dalle parti» (16). Vari autori belgi hanno contribuito al consolidamento teorico e pratico della norma (17).

Nei Paesi Bassi, con la sentenza del 13 maggio 1966 nella causa Alnati l'Hoge Raad ha dato, per così dire, il tocco finale all'evoluzione della giurisprudenza in materia. Infatti, le sentenze precedenti della Corte suprema e le divergenze esistenti in dottrina sulla precisa portata del principio dell'autonomia della volontà non avrebbero ancora consentito di determinare con sufficiente certezza lo stato del diritto olandese in materia (18).

Il trattato Benelux del 1969 sulla legge uniforme in materia di diritto internazionale privato, sebbene gli Stati firmatari non si siano adoperati a farla entrare in vigore, costituisce una significativa manifestazione dell'attuale orientamento in materia. Il primo comma dell'articolo 13 della legge uniforme stabilisce infatti che : «I contratti sono regolati dalla legge scelta dalle parti, sia per le norme imperative, sia per le norme dispositive di quest'ultimo».

Il diritto inglese riconosce alle parti d'un contratto la facoltà di scegliere la legge che deve disciplinarlo («the proper law of the contract»). Questo principio della libertà di scelta si basa sulla giurisprudenza (19). Nella causa Vita Food Products Inc. contro Unus Shipping Co Ltd (20), Lord Wright ha dichiarato che la scelta delle parti deve essere fatta in buona fede e secondo la legge e ammette deroghe per ragioni d'ordine pubblico. In alcuni settori, la libertà di scelta delle parti è soggetta a limiti legali (20a), di cui i più notevoli riguardano le clausole d'esonero (20b).

Il diritto scozzese è orientato nello stesso senso (20c) e il diritto irlandese si ispira agli stessi principi degli orientamenti giuridici inglese e scozzese.

Nel diritto inglese (e ritroviamo la stessa situazione nel diritto scozzese e nel diritto irlandese), quando le parti non hanno espressamente menzionato la legge che disciplina il loro contratto (20d), il giudice esamina se sia possibile dedurre dai termini del contratto la legge scelta dalle parti. Il caso più frequente in cui il giudice può essere indotto a dedurre la scelta della legge applicabile è il caso in cui il contratto contiene una clausola compromissoria o una clausola conferente giurisdizione in cui si designa un paese determinato come sede dell'organo arbitrale o giurisdizionale. Tale clausola permette di concludere alla necessità di applicare la legge del paese prescelto come legge disciplinante il contratto. Tuttavia, tale deduzione non è decisiva e può venir meno per qualsiasi interpretazione contraria delle altre disposizioni del contratto o quasiasi altro elemento connesso e pertinente (20e).

Infine, per quanto concerne la Danimarca, il principio dell'autonomia della volontà dei contraenti, in ordine alla scelta della legge applicabile al contratto, da essi stipulato, sembra sia stato accolto varie volte dai giudici della Corte suprema nel corso del presente secolo. Tale principio orienta comunque attualmente la giurisprudenza di detto paese, come risulta dalla sentenza pronunciata nel 1957 nella causa Baltica c. M. J. Vermaas Scheepvaartbedrijf, ed è pienamente approvato dalla dottrina (21).

2. Il principio dell'autonomia della volontà delle parti in ordine alla scelta della legge applicabile è altresì accolto tanto dalla giurisprudenza arbitrale quanto dai trattati internazionali sull'uniformazione di talune norme di conflitto in materia contrattuale.

Al principio in questione, che era già stato applicato nel 1929 dalla Corte permanente di giustizia internazionale nella sentenza sulla causa Emprunts brésiliens (22), è chiaramente informato il loro pronunciato, il 29 agosto 1958, dal collegio arbitrale nella causa Saudi Arabia c. Arabian American Oil Company (Aramco), in cui si afferma che «i principi di diritto internazionale ai quali si deve far capo per determinare la legge applicabile sono quelli dell'autonomia della volontà ; in forza dei quali, in una convenzione avente carattere internazionale, occorre applicare anzitutto la legge scelta espressamente delle parti...» (23). Analogamente, nel lodo arbitrale del 15 marzo 1963 nella causa Sapphire International Petroleums Limited c. National Iranian Oil Company, l'arbitro unico Cavin osserva che la legge applicabile in materia contrattuale è quella determinata dalla volontà delle parti (24). Lo stesso principio è stato riconfermato nel lodo pronunciato dall'arbitro unico Dupuy il 19 gennaio 1977 nella causa République Arabe de Libye c. California Asiatic Oil Company of Texaco Overseas Petroleum Company (25).

Per quanto concerne i trattati internazionali, il principio dell'autonomia della volontà è stato adottato nella convenzione sulla legge applicabile alle vendite a carattere internazionale di cose mobili, conclusa all'Aia il 15 giugno 1955 ed entrata in vigore il 1° settembre 1964. L'articolo 2 della suddetta convenzione, vigente in più paesi europei, stabilisce che : «La vendita è regolata dalla legge interna del paese designato dalle parti contraenti».

La convenzione europea relativa all'arbitrato commerciale internazionale, conclusa a Ginevra il 21 aprile 1961 ed entrata in vigore il 7 gennaio 1964, nel suo articolo VIII dispone che : «le parti sono libere di determinare la legge che gli arbitri dovranno applicare nel giudizio sul merito della controversia».

La convenzione del 1965 sul regolamento delle controversie relative agli investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati, entrata in vigore il 14 ottobre 1966, si ispira allo stesso principio quando enuncia, nel suo articolo 42, che «il tribunale delibera sulla controversia conformemente alle norme di diritto adottate dalle parti».

La convenzione dell'Aia del 14 marzo 1978, relativa alla legge applicabile ai contratti d'intermediari ed alla rappresentanza, stabilisce, nell'articolo 5, che «la legge interna scelta dalle parti regola i rapporti di rappresentanza tra il rappresentato e l'intermediario» (26).

3. La scelta delle parti dev'essere esplicita o risultare in modo univoco dalle disposizioni del contratto o dalle circostanze della causa. Questa precisazione, che si ricava dall'ultima frase del paragrafo 1 dell'articolo 3, comporta una conseguenza importante.

Spesso le parti procedono alla scelta della legge mediante apposita clausola inclusa nel contratto, ma la convenzione ammette la possibilità che il giudice, tenendo conto dell'insieme delle circostanze della causa, possa constatare che le parti hanno effettivamente operato una scelta della legge anche se non ne abbiano fatto espressa inclusione nel contratto. Ad esempio, il contratto può essere un contratto-tipo disciplinato da uno speciale regime giuridico, anche se non vi sia alcuna dichiarazione espressa in proposito : ad esempio, una polizza di assicurazione marittima dei Lloyds. In altri casi, il fatto che le parti, anteriormente al contratto, abbiano concluso un altro contratto contenente la scelta espressa della legge applicabile, può consentire al giudice di concludere con certezza che il secondo contratto sarà regolato dalla stessa legge, prescelta in precedenza anche se la clausola relativa a detta scelta è stata omessa, in circostanze peraltro che non denotano alcun cambiamento nel comportamento delle parti. In alcuni altri casi, la scelta del foro di un determinato paese può rivelare in modo univoco che le parti hanno voluto che il contratto fosse disciplinato dalla legge del foro, purché ciò sia compatibile con le altre disposizioni del contratto o con l'insieme delle circostanze della causa. Analogamente, i rinvii fatti in un contratto a determinati articoli del codice civile francese possono permettere al giudice di non aver alcun dubbio sul fatto che le parti hanno deliberatamente scelto il diritto francese, sebbene tale scelta non sia stata fatta espressamente nel contratto. Tra gli altri elementi in base ai quali il giudice può concludere che vi è stata una scelta effettiva della legge applicabile, si può ricordare anche la scelta espressa dalla legge fatta in rapporti dello stesso tipo fra le stesse parti, oppure la scelta del luogo in cui le controversie dovranno essere regolate mediante arbitrato, in circostanze che fanno presumere che l'arbitro applicherà la legge del paese in cui tale luogo si trova.

È chiaro comunque che la frase in esame non autorizza il giudice a presumere che le parti abbiano effettuato la scelta della legge se esse non hanno avuto l'intenzione certa di operare la scelta stessa. In tal caso, il contratto è regolato dalle disposizioni dell'articolo 4 della presente convenzione.

4. L'ultima frase del paragrafo 1 dell'articolo 3 ammette che le parti possono scegliere la legge applicabile a tutto il contratto, ovvero ad una parte soltanto di esso. In ordine all'ammissibilità di un frazionamento del contratto, vari esperti hanno osservato che il contratto dovrebbe, in linea di massima, essere regolato da un'unica legge, salvo il caso in cui esso - in apparenza unico - sia in realtà composto da più contratti o parti separabili e indipendenti sotto l'aspetto giuridico ed economico. Secondo questi esperti, nel testo della convenzione doveva omettersi ogni riferimento al frazionamento. Per altri esperti, invece, il frazionamento degli elementi del contratto ai fini dell'appicazione di una determinata legge ad una parte soltanto di esso si riconnette al principio dell'autonomia della volontà ed è pertanto difficile vietarlo. Tuttavia, in caso di frazionamento la scelta deve essere coerente, deve cioè riguardare quegli elementi del contratto che possono essere disciplinati da leggi diverse senza dar luogo a risultati contraddittori. Ad esempio, la «clausola d'indicizzazione» può essere regolata da una legge diversa, mentre invece la risoluzione del contratto per inadempimento non potrebbe certo essere soggetta a due leggi diverse, una per il venditore e l'altra per l'acquirente. Se le leggi prescelte non possono combinarsi in modo coerente sarà necessario far ricorso all'articolo 4 della convenzione.

Riguardo poi al rischio che il frazionamento sia effettuato per eludere disposizioni imperative, alcuni esperti ritengono che il rischio può essere neutralizzato mediante l'applicazione dell'articolo 7. Questi stessi esperti hanno altresì osservato che il frazionamento non dovrebbe essere limitato ai casi di scelta esplicita della legge.

La soluzione adottata nell'ultima frase del paragrafo 1 dell'articolo 3 rientra appunto in quest'ordine d'idee. Il gruppo non ha accolto il principio per cui da una scelta parziale della legge il giudice possa presumere che tale legge sia stata scelta come l'unica destinata a regolare il contratto nel suo insieme. Questo principio potrebbe indurre in errore nelle situazioni in cui le parti abbiano concluso un accordo sulla scelta della legge esclusivamente per un punto particolare. Nel caso di scelta parziale è necessario invece attenersi a quanto disposto nell'articolo 4.

5. La prima frase del paragrafo 2 dell'articolo 3 riconosce alla parti la massima libertà quanto al momento in cui può intervenire la scelta della legge applicabile.

Questa scelta può intervenire tanto al momento della conclusione del contratto quanto ad una data anteriore o posteriore. D'altro lato, la seconda frase del paragrafo 2 riconosce altresì alle parti la massima libertà quanto alla modificazione della scelta della legge applicabile che esse abbiano effettuato in precedenza.

La soluzione adottata dal gruppo nel paragrafo 2 corrisponde solo in parte a quanto sembra essere, in materia, lo stato attuale del diritto dei paesi membri della Comunità.

Infatti, tanto in Germania quanto in Francia la scelta delle parti della legge applicabile sembra possa avvenire anche dopo la conclusione del contratto, ed il giudice deduce talvolta la legge applicabile dal comportamento delle parti durante il procedimento, cioè in quanto esse facciano chiaro riferimento, di comune accordo, ad una legge determinata. Anche il potere delle parti di modificare la designazione della legge applicabile al contratto sembra essere ampiamente ammesso (27).

A quanto risulta, anche la giurisprudenza olandese sarebbe orientata in tal senso (28).

In Italia, invece, la Corte di cassazione (Sezioni unite) ha dichiarato, nella sentenza del 28 giugno 1966 n. 1680, pronunciata nella causa Assael Nissim c. Crespi, che «la scelta delle parti della legge applicabile non è ammissibile quando venga effettuata posteriormente alla stipulazione del contratto» (29).

Secondo tale conclusione, che non tutta la dottrina italiana approva (30), la scelta delle parti potrebbe avvenire solo al momento della conclusione del contratto. Una volta effettuata la scelta, le parti non avrebbero più la possibilità di mettersi d'accordo sulla designazione di una legge diversa da quella che esse avevano determinato all'atto della conclusione del contratto.

Negli ordinamenti dell'Inghilterra e del Galles, della Scozia, dell'Irlanda del Nord e dell'Irlanda non esiste un orientamento consolidato per quanto riguarda la legge applicabile alla facoltà di cambiare la scelta della legge del contratto.

6. La soluzione liberale adottata in tal modo dal gruppo sembra senz'altro rispondere ad un'esigenza di coerenza. Una volta ammesso, infatti, il principio dell'autonomia della volontà, e tenuto conto del fatto che una scelta della legge applicabile può rendersi necessaria per le parti tanto all'atto della conclusione del contratto quanto successivamente, sembra del tutto logico che il potere delle parti non sia limitato al solo momento della conclusione del contratto. Ciò vale anche per quanto riguarda la modificazione, tramite nuovo accordo, della scelta che le parti abbiano effettuato in precedenza.

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 380Y1031(01).1

Per quanto riguarda le modalità di modificazione della scelta della legge applicabile, è logico che tale modificazione sia soggetta alle stesse norme che regolano la scelta iniziale.

Se la scelta o la modificazione della scelta della legge applicabile si verificano nel corso del procedimento, si presenta il problema di determinare i limiti entro i quali tale scelta o tale modifica possono essere utilmente effettuate. La conclusione dipende tuttavia dal diritto processuale interno, ed unicamente in conformità di esso dovrà essere risolta.

7. L'ultima frase del paragrafo 2 dell'articolo 3 precisa che qualsiasi modificazione relativa alla determinazione della legge applicabile, intervenuta posteriormente alla conclusione del contratto, non inficia la validità formale del contratto ai sensi dell'articolo 9 e non pregiudica i diritti dei terzi. Scopo di questa riserva sulla validità formale del contratto è evitare che l'accordo delle parti di sottoporre il contratto ad una legge diversa da quella che lo regolava in precedenza faccia sorgere dubbi circa la validità del contratto nel periodo che precede il loro accordo. La riserva dei diritti dei terzi sembra perfettamente giustificata : in alcuni ordinamenti giuridici, un terzo può aver acquisito dei diritti alla continuazione di un contratto stipulato fra due parti e questi diritti non possono essere pregiudicati da una successiva modifica della scelta della legge applicabile.

8. Il paragrafo 3 dell'articolo 3 prevede che la scelta di una legge straniera da parte dei contraenti, accompagnata o non dalla scelta di un tribunale straniero, qualora nel momento della scelta tutti gli altri dati di fatto si riferiscano ad un unico paese, non può recare pregiudizio alle norme cui la legge di tale paese non permette di derogare mediante contratto, in appresso denominate «norme imperative».

Questa soluzione è il risultato di un compromesso raggiunto in seguito a due orientamenti che si sono vivacemente contrapposti in seno al gruppo : da un lato, il desiderio di taluni esperti di limitare la libera scelta delle parti, consacrata in questo articolo, con un correttivo volto a precisare che la scelta di una legge straniera non basterebbe di per sé a consentire l'applicazione di tale legge se la situazione al momento della scelta non implicasse un altro elemento di estraneità e dall'altro la preoccupazione espressa da altri esperti, segnatamente dagli esperti britannici, che tale correttivo avrebbe potuto ostacolare eccessivamente la libertà delle parti, anche in situazioni in cui la loro scelta risultasse giustificata, fatta in buona fede ed atta a soddisfare interessi degni di tutela. Questi esperti hanno particolarmente insistito sul fatto che le deroghe al principio della libertà di scelta delle parti dovrebbero essere autorizzate solo in circostanze eccezionali, come ad esempio nel caso dell'applicazione delle norme imperative di una legge diversa dalla legge scelta dalle parti ; essi hanno inoltre citato vari esempi nei quali la scelta di una legge straniera da parte dei contraenti era pienamente giustificata, sebbene apparentemente la situazione non presentasse alcun elemento di estraneità.

Il gruppo ha riconosciuto la fondatezza della preoccupazione di cui sopra, fermo restando il principio secondo il quale la scelta della legge straniera da parte dei contraenti, qualora nel momento della scelta tutti gli altri dati di fatto si riferiscano ad un unico paese, non può recare pregiudizio alle norme imperative di legge vigenti in tale paese.

9. Il paragrafo 4 dell'articolo 3 si limita a rinviare alle disposizioni stabilite dagli articoli 8, 9 e 11 riguardo all'esistenza e alla validità del consenso dei contraenti sulla legge applicabile al contratto. Riesamineremo quindi tali questioni nel commento a tali articoli.

Articolo 4

Sulla legge applicabile in mancanza di scelta

1. Mancando una scelta esplicita o implicita delle parti, attualmente la determinazione della legge applicabile al contratto negli ordinamenti giuridici degli Stati membri della Comunità non avviene in modo uniforme (31).

Nel diritto francese e nel diritto belga non si distingue tra volontà implicita e volontà ipotetica (o presunta) delle parti. Mancando un'espressa scelta della legge applicabile, il giudice ricerca i vari «indizi» dai quali è possibile dedurre la localizzazione del contratto in un determinato paese. Questa localizzazione è talvolta intesa in maniera soggettiva, ossia come l'equivalente di quella che sarebbe probabilmente stata la volontà delle parti se fosse stata dichiarata, mentre altre volte è intesa in maniera oggettiva, ossia corrispondente al paese con il quale l'operazione presenta il collegamento più stretto (32).

La concezione oggettiva sembra incontrare in misura crescente il favore della dottrina e delle giurisprudenza. Sulla base di questa concezione, la Corte di Parigi ha affermato, nella sentenza del 27 gennaio 1955 (Soc. Jansen c. Soc. Heurtey) che, in mancanza di manifestazione della volontà delle parti, la legge applicabile «è oggettivamente determinata dalla circostanza che il contratto, a motivo della sua struttura e destinazione economica, è localizzato in un determinato paese, e precisamente nel luogo con cui l'operazione contrattuale presenta il collegamento più stretto : tale luogo è quello nel quale deve effettuarsi la prestazione specifica del contratto in questione, in esecuzione dell'obbligazione che ne caratterizza la natura» (33).

Ed è sempre questo modo di concepire la localizzazione del contratto che appare, in termini che manifestatamente si richiamano alla citata sentenza, nel secondo comma dell'articolo 2313 del disegno di legge francese, in cui è stabilito che, in mancanza di manifestazione di volontà delle parti, «il contratto è regolato dalla legge con la quale esso presenta, considerata la sua destinazione economica e tenuto conto, in particolare, del luogo principale di esecuzione, il collegamento più stretto».

Parimenti, nel diritto tedesco, la soluzione adottata dalla giurisprudenza in merito alla determinazione della legge regolatrice del contratto in mancanza di scelta delle parti è principalmente basata sulla ricerca degli «indizi» dai quali sia possibile dedurre la «hypotetischer Parteiwille», la volontà presunta delle parti, tenendo conto degli interessi generali in gioco nella fattispecie. Se tale ricerca non produce alcun risultato, la legge applicabile al contratto è determinata, secondo la giurisprudenza tedesca, dal luogo dell'esecuzione : più esattamente dal luogo dell'esecuzione di ciascuna delle obbligazioni che risultano dal contratto, dato che il giudice tedesco ritiene che, se le diverse obbligazioni di un contratto devono essere eseguite in paesi differenti, ciascuna obbligazione è regolata dalla legge del paese in cui deve essere eseguita (34).

Nel diritto inglese, quando le parti non hanno espressamente scelto la legge applicabile e non è possibile dedurre alcuna scelta, la legge applicabile al contratto è l'ordinamento giuridico con il quale il contratto presenta «il collegamento più stretto e più reale» (35). In tal caso il giudice non cerca di stabilire con certezza le vere intenzioni delle parti contraenti, dato che non esistono, ma deve sforzarsi di «determinare per le parti il diritto cui una persona corretta e ragionevole avrebbe pensato se si fosse posto il problema all'atto della conclusione del contratto» (36). Nell'effettuare tale ricerca, il giudice deve prendere in considerazione tutte le circostanze del caso. Nessun elemento è di per sé decisivo. Occorre invece tener conto di numerosi elementi quali, per esempio, il luogo di residenza o d'attività delle parti, il luogo d'esecuzione del contratto e il luogo della sua stipulazione, nonché la natura e il suo oggetto.

Il diritto scozzese affronta la questione in modo analogo (36a), esattamente come il diritto irlandese.

Nel diritto italiano, in cui la volontà presunta delle parti non viene riconosciuta, la soluzione del problema che ci occupa è stata direttamente ed espressamente fornita dal legislatore. In mancanza di scelta delle parti, le obbligazioni che nascono da contratto sono regolate dalle seguenti leggi: a) per i contratti di lavoro a bordo di navi o aeromobili stranieri, dalla legge nazionale della nave o dell'aeromobile (articolo 9 del codice della navigazione);

b) per i contratti di locazione, di noleggio e di trasporto nella navigazione marittima, interna ed aerea, dalla legge nazionale della nave o dell'aeromobile (articolo 10 del codice della navigazione);

c) per tutti gli altri contratti, dalla legge nazionale dei contraenti, se essa è comune, altrimenti dalla legge del luogo nel quale il contratto è stato concluso (articolo 25, primo comma, disposizioni preliminari del codice civile).

Le suddette leggi si applicano solo in via sussidiaria, vale a dire solo quando manca la manifestazione di volontà delle parti in ordine alla legge applicabile : in questo senso si pronuncia la giurisprudenza italiana, e lo stesso orientamento ha la dottrina (37).

Per terminare questa breve rassegna, richiamiamo le disposizioni del terzo e del quarto comma dell'articolo 13 della legge uniforme Benelux. Secondo il terzo comma, in mancanza di scelta delle parti, «il contratto è regolato dalla legge del paese con il quale esso presenta i collegamenti più stretti». Secondo il quarto comma, «quando è impossibile determinare tale paese, il contratto è regolato dalla legge del paese in cui è stato concluso». Nella giurisprudenza olandese si può ravvisare la tendenza a formulare norme di riferimento particolari per alcuni tipi di contratti (vedi Journal du Droit Int. 1978, pag. 336-344 e Neth. Int. Law Rev. 1974, pag. 315-316). Si tratta, tra l'altro, del contratto di lavoro, del contratto d'intermediario e del contratto di trasporto.

Dalla precedente rassegna si ricava che, ad eccezione dell'Italia, in cui la legge applicabile in via sussidiaria al contratto è determinata una volta per tutte mediante criteri di collegamento fissi e precisi, negli altri paesi della Comunità si è preferito e si preferisce attenersi ad una soluzione più elastica, lasciando al giudice il compito di individuare nella fattispecie, tra i diversi elementi del contratto, il criterio di collegamento decisivo per la determinazione della legge applicabile al contratto.

2. Dopo aver esaminato il pro ed il contro delle soluzioni attualmente adottate dal legislatore e dalla giurisprudenza dei paesi membri della Comunità e dopo aver analizzato le varie nozioni e formulazioni alternative presentate tanto dal relatore quanto da parecchi delegati, al gruppo è stato possibile raggiungere un accordo sulla norma uniforme contenuta nell'articolo 4.

Il paragrafo 1 di detto articolo dispone che, in mancanza di scelta delle parti, il contratto è regolato dalla legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto.

Ai fini della determinazione del paese con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto, possono essere presi in considerazione anche elementi intervenuti successivamente alla conclusione del contratto.

In realtà, all'inizio del paragrafo 1, non si parla di mancanza di scelta ma si ricorre alla seguente espressione : «Nella misura in cui la legge che regola il contratto non sia stata scelta a norma dell'articolo 3». Si è ritenuto opportuno impiegare questi termini per i motivi esposti nel punto 4 del commento all'articolo 3.

La flessibilità del principio generale in tal modo stabilito dal paragrafo 1 è tuttavia sensibilmente temperata dalle presunzioni dei paragrafi 2, 3 e 4, nonché da un'ammissione estremamente circoscritta del frazionamento (alla fine del paragrafo).

3. Ai sensi del paragrafo 2 dell'articolo 4, si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto col paese in cui il contraente che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria residenza abituale o, se si tratta di una persona giuridica, società, associazione, la propria amministrazione centrale. Tuttavia, se il contratto è concluso nell'esercizio dell'attività economica o professionale del suddetto contraente, il paese da considerare è quello dove è situata la sede principale della detta attività oppure, se a norma del contratto la prestazione dev'essere fornita da una sede diversa dalla sede principale, il paese dove è situata questa diversa sede. Tale presunzione del paragrafo 2 dell'articolo 4 può essere esclusa in base al paragrafo 5 del medesimo articolo.

L'ordine di idee al quale si ispira il paragrafo 2 non è certamente sconosciuto agli specialisti. Esso costituisce il risultato di una tendenza che è andata sempre più sviluppandosi nel corso degli ultimi decenni, tanto nella dottrina quanto nella giurisprudenza di numerosi paesi (38). La soggezione del contratto, in mancanza di una scelta delle parti, alla legge del luogo in cui deve effettuarsi la prestazione caratteristica, consente infatti di concretizzare il collegamento del contratto dall'interno, e non dall'esterno, cioè non tramite criteri di collegamento che non presentino alcuna connessione con l'essenza dell'obbligazione, quali la nazionalità delle parti o il luogo in cui il contratto è concluso.

Il criterio che fa capo alla legge del luogo in cui deve effettuarsi la prestazione caratteristica può anzi essere ricondotto ad un'idea più generale, e cioè all'idea che questa prestazione consiste nella funzione che il rapporto giuridico in oggetto svolge nella vita economica e sociale del paese. La concezione della prestazione caratteristica permette in sostanza di ricollegare il contratto all'ambiente economico e sociale nel quale esso si inserisce.

L'individuazione della prestazione caratteristica di un contratto non pone evidentemente alcun problema in caso di contratti unilaterali. Per quanto riguarda invece i contratti bilaterali (sinallagmatici), nei quali i contraenti si obbligano scambievolmente a reciproche prestazioni, la controprestazione di una delle parti consiste di norma, nell'economia moderna, in una somma di denaro. Tale prestazione non è quindi caratteristica di questa categoria di contratti, il cui centro di gravità e la cui funzione socio-economica consiste nella prestazione per la quale il pagamento è dovuto, ossia, a seconda delle diverse categorie di contratti, il trasferimento della proprietà, la consegna dei beni mobili materiali, l'attribuzione dell'uso di un bene, la prestazione di un servizio, il trasporto, l'assicurazione, l'attività bancaria, la garanzia, ecc.

Per quanto riguarda la localizzazione nello spazio della prestazione caratteristica del contratto, è del tutto naturale che il paese in cui la parte che deve fornire tale prestazione ha la propria residenza abituale, la propria amministrazione centrale (se si tratta di società, associazione o persona giuridica) o la propria sede - a seconda che si tratti di una prestazione fornita nell'esercizio o al di fuori dell'esercizio di un'attività professionale - prevalga sul paese dell'esecuzione : ciò vale, beninteso, nel caso in cui quest'ultimo sia un paese diverso da quello della residenza abituale, o dell'amministrazione centrale o della sede. In effetti, nella prospettiva su cui si basa la soluzione adottata dal gruppo, solo il luogo della residenza abituale, dell'amministrazione centrale o della sede della parte che fornisce la prestazione caratteristica risulta decisivo per la localizzazione del contratto.

Un contratto bancario, ad esempio, normalmente sarà regolato dalle legge del paese in cui ha sede la banca con la quale si effettua l'operazione. Un altro esempio : un contratto di vendita a carattere commerciale sarà regolato dalla legge del paese in cui si trova la sede del venditore. Un terzo esempio : in un contratto di rappresentanza concluso in Francia tra un agente commerciale belga e una società francese, poiché la prestazione caratteristica è quella fornita dall'agente, la legge applicabile sarà quella belga, se è in Belgio che l'agente ha la propria sede (39).

In conclusione, la disposizione del paragrafo 2 dell'articolo 4 rende concreta ed obiettiva la nozione di per sé stessa troppo vaga di «il collegamento più stretto». Nello stesso tempo, essa apporta una considerevole semplificazione nella determinazione della legge applicabile al contratto in mancanza di scelta delle parti. Il luogo in cui l'atto è stato formato non ha più importanza : non occorre più determinare il luogo di conclusione del contratto, con tutte le difficoltà ed i problemi di qualificazione che tale determinazione comporta in pratica. Diventa superfluo individuare e qualificare il luogo o i luoghi di esecuzione.

Per ciascuna categoria di contratti, è solo la prestazione caratteristica che conta e che in linea di principio è decisiva ai fini della presunzione per la determinazione della legge applicabile, anche nelle situazioni particolari di alcuni contratti, come ad esempio nel contratto di garanzia fideiussoria, in cui la prestazione caratteristica è sempre quella del fideiussore, sia nei rapporti con il debitore principale, sia nei rapporti con il creditore.

Per prevenire l'eventualità di «conflitti mobili» nell'applicazione del paragrafo 2, è stato precisato che il paese della residenza abituale, dell'amministrazione centrale, o della sede principale della parte che e tenuta a fornire la prestazione caratteristica è il paese in cui tale parte ha la propria residenza abituale, la propria amministrazione centrale o la propria sede «al momento della conclusione del contratto».

Ai sensi dell'ultima frase del paragrafo 2, se a norma del contratto la prestazione dev'essere fornita da una sede diversa da quella principale, si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto con il paese dov'è situata questa diversa sede.

4. Il paragrafo 3 dell'articolo 4 dispone che la presunzione di cui al paragrafo 2 non si applica se il contratto ha per oggetto il diritto reale su un bene immobile o il diritto di utilizzazione di un bene immobile. In questo caso, si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto con il paese in cui l'immobile è situato.

È opportuno precisare che la suddetta disposizione stabilisce solo una presunzione a favore della legge del paese in cui l'immobile è situato. In altri termini, si tratta di una presunzione che, come d'altronde quella del paragrafo 2, ammette la prova contraria qualora lo richiedano le circostanze della causa.

Ad esempio, tale presunzione potrebbe cadere qualora due persone residenti in Belgio dovessero stipulare un contratto per la locazione di una casa per villeggiatura nell'isola d'Elba (Italia). In questo caso si potrebbe ritenere che il contratto presenti il collegamento più stretto non con l'Italia, bensì con il paese di residenza dei contraenti.

Infine, è opportuno sottolineare che la disposizione del paragrafo 3 non si riferisce ai contratti per la costruzione o la riparazione di immobili, perché oggetto principale di questi contratti è non tanto l'immobile in sé stesso, quanto la sua costruzione o riparazione.

5. In seguito ad un lungo dibattito, il gruppo ha deciso di includere nella sfera di applicazione della convenzione anche i contratti di trasporto. Tuttavia, tenuto conto dei requisiti particolari inerenti al trasporto di cose, il gruppo non ha ritenuto opportuno applicare il paragrafo 2 a tale trasporto. Pertanto, il trasporto di cose soggiace ad una propria presunzione : quella stabilita nel comma 4. Tale presunzione può essere esclusa in base all'articolo 4, paragrafo 5.

Ai sensi di tale comma, si presume che questo contratto presenti il collegamento più stretto col paese in cui il vettore ha la sua sede principale al momento della conclusione del contratto, se il detto paese coincide con quello in cui si trova il luogo di carico o di scarico o la sede principale del mittente. Il termine «mittente» comprende, in generale, qualsiasi persona che svolga la funzione di consegnare merci al vettore (afzender, aflader, verzender, mittente, caricatore, ecc.).

La presunzione del paragrafo 4 si fonda quindi su una combinazione di vari criteri di collegamento. Per far fronte all'eventualità di «conflitti mobili» nell'applicazione di questo paragrafo, è stato precisato, nel testo stesso, che il paese in cui il vettore ha la sua sede principale va inteso come il paese in cui il vettore ha la sede «all'atto della conclusione del contratto».

Ai fini dell'applicazione di questo paragrafo, pare che i luoghi di carico e di scarico da prendere in considerazione siano quelli previsti all'atto della conclusione del contratto.

D'altro lato, nei contratti di trasporto, può spesso accadere che chi si impegna a trasportare merci per un terzo non effettui personalmente il trasporto ma lo faccia eseguire da un terzo. Nel paragrafo 4 dell'articolo 4, l'espressione «il vettore» indica la parte contraente che s'impegna a trasportare le merci, sia che eseguisca essa stessa la prestazione, sia che ne dia incarico ad un terzo.

Nella terza frase del paragrafo 4 si precisa inoltre che ai fini dell'applicazione del presente paragrafo sono considerati come contratti di trasporto di cose i contratti di noleggio a viaggio o altri contratti quando hanno essenzialmente per oggetto il trasporto di cose. La redazione del paragrafo 4 è intesa a chiarire che i contratti di noleggio debbono essere considerati come contratti di trasporto di cose se tale ne è l'oggetto.

6. Il contratto di trasporto di passeggeri rimane quindi soggetto alla presunzione generale o, più esattamente, alla presunzione di cui al paragrafo 2 dell'articolo 4.

Questa soluzione è stata adottata a maggioranza dei membri del gruppo. In effetti, alcune delegazioni si erano pronunciate a favore della presunzione particolare prevista dal paragrafo 4 ed avevano indicato che, come per gli altri tipi di trasporto, era necessario combinare vari criteri di collegamento, in quanto il solo riferimento al luogo in cui il vettore che fornisce la prestazione caratteristica ha la propria sede potrebbe non essere un criterio di collegamento significativo : esse hanno citato, ad esempio, il caso di un trasporto di passeggeri francesi o inglesi tra Parigi e Londra effettuato da una linea americana. È stato inoltre osservato che in caso di contratto misto (passeggeri e merci) si avrebbe l'inconveniente di dover ricorrere all'applicazione di due leggi diverse.

Le altre delegazioni si sono invece opposte all'adozione della presunzione speciale, presentando in particolare le seguenti argomentazioni : l'applicazione di varie leggi agli stessi passeggeri comporterebbe gravi complicazioni ; data la particolare struttura del paragrafo 4, quest'ultimo non si applicherebbe quasi mai al trasporto di passeggeri e, pertanto, si troverebbe a far capo al paragrafo 1 dell'articolo 4, che non fornisce al giudice criteri decisionali sufficientemente precisi ; i contratti di trasporto prevedono normalmente una clausola che attribuisce la competenza giurisdizionale al foro della sede del vettore, ed il paragrafo 2 consentirebbe appunto di far coincidere la legge applicabile con il foro competente.

È opportuno comunque precisare che, nella ricerca del luogo con cui il contratto presenta il collegamento più stretto, il giudice non potrà tener conto anche del paese in cui il vettore ha la propria sede.

Infine, sarà utile ricordare che, nel corso della discussione sui problemi relativi al trasporto, il gruppo ha insistito varie volte sul primato delle convenzioni internazionali in materia.

7. Il paragrafo 2 dell'articolo 4 non si applica quando la prestazione caratteristica non possa essere determinata. In questo caso, si rientra nella sfera di applicazione del paragrafo 1 : il contratto, cioè, è regolato dalla legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto.

Ciò è appunto quanto disposto nella prima parte del paragrafo 5 dell'articolo 4.

Ma questo stesso paragrafo prevede altresì che le presunzioni dei paragrafi 2, 3 e 4 vengono meno quando risulta dal complesso delle circostanze che il contratto presenta un collegamento più stretto con un altro paese. In questo caso si applica la legge di quest'altro paese.

Questa disposizione è stata adottata per la seguente ragione : dato il carattere estremamente generale della norma di conflitto contenuta nell'articolo 4, in cui le deroghe sono previste solo in materia di contratti conclusi dai consumatori ed in materia di contratti di lavoro, si è ritenuto indispensabile prevedere l'applicazione di una legge diversa da quelle a cui si riferiscono le presunzioni contenute nei paragrafi 2, 3 e 4 quando, dall'insieme delle circostanze, si possa desumere che il contratto presenta un collegamento più stretto con un altro paese.

La disposizione del paragrafo 5 dell'articolo 4 lascia ovviamente al giudice un certo margine di discrezionalità quanto alla presenza, nella fattispecie, dell'insieme delle circostanze che giustificano la non applicazione delle presunzioni di cui ai paragrafi 2, 3 e 4. Ma si tratta dell'inevitabile contropartita di una norma di conflitto a carattere generale, destinata a trovare applicazione per quasi tutte le categorie di contratti.

8. Il paragrafo 1 dell'articolo 4 ammette, in determinate condizioni, il frazionamento del contratto. L'ultima frase del paragrafo dispone infatti che qualora una parte del contratto sia separabile dal resto e presenti un collegamento più stretto con un altro paese, si potrà applicare, in via eccezionale, a quella parte del contratto la legge di quest'altro paese.

Dalla discussione svoltasi in proposito in seno al gruppo è risultato che nessuna delegazione desiderava incoraggiare il frazionamento. Tuttavia, la maggior parte degli esperti hanno ritenuto opportuno lasciare al giudice la facoltà di separare una parte del contratto dal resto, purché in via eccezionale e per una parte autonoma e separabile - rispetto al contratto e non alla controversia - che presenti un collegamento più stretto con la legge di un altro paese (ad esempio : contratti di collaborazione, contratti complessi).

In merito all'opportunità o non di menzionare la possibilità di frazionamento nel testo stesso della convenzione, la maggioranza delle delegazioni si è pronunciata a favore di tale menzione. È stato osservato, in particolare, che una semplice menzione nella relazione sarebbe stata insufficiente in quanto, in taluni paesi della Comunità, non si suole tener conto della relazione. Si è inoltre rilevato che la menzione nel testo ridurrebbe su questo punto i rischi di applicazioni divergenti della convenzione, poiché il testo preciserebbe le condizioni di applicazione del frazionamento.

L'ultima frase del paragrafo 1 si è appunto conformata a quest'ordine di idee : l'espressione «in via eccezionale» è pertanto da interpretarsi nel senso che il giudice deve applicare il frazionamento il più raramente possibile.

9. È opportuno precisare che le presunzioni previste dai paragrafi 2, 3 e 4 dell'articolo 4 sono solo presunzioni semplici.

Articolo 5

Contratto concluso dai consumatori

1. L'articolo 5 della convenzione stabilisce una specifica norma di conflitto per determinati contratti conclusi dai consumatori. La maggior parte degli esperti che dal 1973 hanno partecipato ai lavori del gruppo hanno ritenuto infatti che la tutela del consumatore - scopo perseguito attualmente da numerosi legislatori nazionali - comporta un ribaltamento del criterio di collegamento previsto dall'articolo 4, o una modifica della libertà di scelta prevista dall'articolo 3. In effetti, da un lato la scelta delle parti non può recare pregiudizio alle norme imperative della legge del paese in cui il consumatore ha la residenza abituale e, dall'altro, in questo tipo di contratti dovrebbe normalmente prevalere la legge dell'acquirente (parte più debole) sulla legge del venditore.

2. La definizione del «contratto concluso da un consumatore» corrisponde a quella dell'articolo 13 della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Essa dovrebbe essere interpretata in base all'obiettivo perseguito, che è la tutela della parte più debole, e in conformità con altri strumenti internazionali perseguenti lo stesso obiettivo, quale la convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni. La maggior parte delle delegazioni ha pertanto ritenuto che, in generale, la definizione debba applicarsi solo allorché la persona che fornisce beni mobili materiali, presta servizi o accorda un credito, agisce nel quadro della sua attività professionale. Analogamente la norma non si applica ai contratti conclusi da commercianti, industriali o liberi professionisti (ad esempio : medici) che acquistano apparecchi o che ottengono servizi per l'esercizio della loro attività professionale. Se tale persona agisce in parte nell'ambito e in parte al di fuori della sua attività professionale, la situazione rientra nel campo di applicazione dell'articolo 5 solo qualora agisca essenzialmente al di fuori della sua attività professionale. Se il destinatario del bene mobile materiale, del servizio o del credito ha di fatto agito essenzialmente al di fuori della sua attività professionale ma la controparte non ne era a conoscenza e, tenendo conto di tutti gli elementi, non poteva esserne a conoscenza, la situazione non rientra nel campo di applicazione dell'articolo 5. Così, se il destinatario del bene mobile materiale o del servizio si presenta come un professionista e ordina, per esempio, beni che possono effettivamente servire all'esercizio della sua professione su carta con intestazione professionale, la buona fede della controparte è tutelata e il contratto non sarà disciplinato dall'articolo 5.

La norma si applica tanto alle vendite a credito quanto alle vendite per contanti, ma esclude le vendite di titoli. Il gruppo ha espressamente evitato di definire in modo più specifico il «contratto concluso dai consumatori» per evitare qualsiasi conflitto con le varie definizioni già date in proposito dai legislatori nazionali. La norma si applica, oltre che alla fornitura di beni mobili materiali, alla fornitura di servizi quale l'assicurazione.

3. Il paragrafo 2 stabilisce il principio che la scelta della legge applicabile in un contratto concluso da un consumatore non può avere per risultato di privarlo della protezione garantitagli dalla legge del paese nel quale risiede abitualmente. Questo principio però si applica solo a determinate condizioni, definite nei tre trattini del paragrafo 2.

Il primo trattino contempla la situazione in cui il commerciante ha fatto i passi occorrenti per vendere i suoi beni mobili materiali o i suoi servizi nel paese in cui risiede il consumatore. Deve quindi aver compiuto determinati atti, come la pubblicità mediante la stampa, la radio, la televisione od il cinema, mediante cataloghi specificamente indirizzati a tale paese, oppure deve aver fatto determinate proposte di affari sia personalmente, sia tramite un agente o un venditore a domicilio. Se, ad esempio, un tedesco conclude un contratto in seguito ad un annuncio pubblicato da una società francese in un giornale tedesco, questo contratto rientra nella sfera della norma speciale. Se invece il tedesco risponde ad un annuncio pubblicato in un giornale americano, anche se questo è venduto in Germania, la norma non si applica, a meno che l'annuncio sia stato pubblicato in edizioni speciali di detto giornale destinate ai paesi europei. In quest'ultimo caso, il venditore avrà effettuato una pubblicità particolarmente destinata al paese dell'acquirente.

Il gruppo ha espressamente adottato i termini «atti occorrenti» appunto per evitare il classico problema della determinazione del luogo di conclusione del contratto. Tale questione è particolarmente delicata per le situazioni in esame, in quanto si tratta di contratti internazionali che normalmente vengono conclusi per corrispondenza. Il termine «atto» comprende fra l'altro qualunque scrittura o iniziativa conseguenti ad un'offerta o ad una pubblicità.

In virtù del secondo trattino, l'articolo 5 si applica a tutti i casi in cui il commerciante o il suo rappresentante hanno ricevuto l'ordine del consumatore nel paese in cui questi ha la sua residenza abituale. Questa disposizione è parallela a quella dell'articolo 3, paragrafo 2 della convenzione dell'Aia del 1955 applicabile alle vendite di carattere internazionale di beni mobili materiali. Il primo e il secondo trattino coincidono in gran parte. La coincidenza però non è totale : per esempio, il secondo trattino si applica a situazioni in cui il consumatore si è lui stesso rivolto allo stand d'una società straniera in una fiera o esposizione organizzata nel suo proprio paese o a una succursale o agenzia permanenti d'una società straniera ivi stabilite, anche se tale società non vi ha fatto una pubblicità nella forma contemplata dal primo trattino. La parola «rappresentante» deve abbracciare tutte le persone che agiscono a nome del commerciante.

Il terzo trattino contempla una situazione abbastanza particolare, nella quale però la maggior parte delle delegazioni ha ritenuto chiaramente necessario tutelare il consumatore con le disposizioni dell'articolo 5. Esso concerne quelle che potrebbero essere definite «vendite effettuate nell'ambito di escursioni transfrontaliere», e per esempio il caso in cui il proprietario d'un negozio situato nel paese A organizza, per i consumatori, viaggi in autobus d'un solo giorno nel paese vicino B, essenzialmente allo scopo di incitarli a fare acquisti nel suo negozio. Si tratta di una prassi molto diffusa in certe regioni. Tale situazione non è contemplata dal primo trattino poiché questo prevede che il consumatore abbia compiuto nel suo proprio paese tutti gli atti occorrenti per la conclusione del contratto. Contrariamente alle altre disposizioni del paragrafo 2, il terzo trattino si limita ai contratti aventi per oggetto la vendita di beni mobili materiali. La condizione che il viaggio sia organizzato dal venditore non deve essere intesa stricto sensu, quasi che il venditore debba assicurare lui stesso il trasporto. È sufficiente che egli abbia organizzato il viaggio mediante un accordo concluso con una compagnia di trasporto.

Per descrivere le situazioni in cui l'articolo 5 si applica ai contratti conclusi dai consumatori, il gruppo non si è attenuto al testo dell'articolo 13, paragrafo 1 della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni, modificato dalla convenzione d'adesione. Infatti, da un lato, l'articolo 5 non contiene disposizioni particolari per i contratti di vendila a rate e di prestito con rimborsi rateizzati, e, dall'altro, l'articolo 13 della convenzione citata non contiene disposizioni parallele a quelle dell'articolo 5, paragrafo 2, secondo e terzo trattino.

4. A sua volta, il paragrafo 3 dell'articolo 5 deroga alle disposizioni dell'articolo 4, stabilendo che in mancanza di scelta effettuata a norma dell'articolo 3 i contratti conclusi dal consumatore «sono sottoposti alla legge del paese nel quale il consumatore ha la sua residenza abituale, sempre che ricorrano le condizioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo».

Il testo del paragrafo 3 è abbastanza chiaro e non richiede ulteriori considerazioni.

5. Secondo il disposto del paragrafo 4, l'articolo 5 non si applica né a) ai contratti di trasporto, né b) ai contratti di fornitura di servizi quando i servizi dovuti al consumatore devono essere forniti esclusivamente in uno Stato diverso da quello in cui egli risiede abitualmente. L'esclusione dei contratti di trasporto è dovuta al fatto che le particolari misure di protezione previste dall'articolo 5 non sono atte a disciplinare contratti di questo tipo. Analogamente, nel caso dei contratti di fornitura di servizi (per esempio, alloggio in albergo o corsi di lingue) i quali siano forniti esclusivamente in uno Stato diverso da quello in cui risiede il consumatore, costui non può ragionevolmente aspettarsi che venga applicata la legge del suo Stato d'origine, in deroga alle norme generali degli articoli 3 e 4. Nei casi contemplati dalla lettera b), il contratto presenta un collegamento più stretto con lo Stato in cui risiede l'altra parte contraente, anche se questa ha compiuto uno degli atti descritti al paragrafo 2 (per esempio, pubblicità) nello Stato di residenza del consumatore.

6. Scopo del paragrafo 5 è ottenere che l'articolo 5, nonostante le esclusioni previste dal paragrafo 4, si applichi ai contratti relativi ai viaggi organizzati («package tours»), e cioè ai normali contratti conclusi con turisti, che offrono per un prezzo globale prestazioni combinate di trasporto e di alloggio. Se, nel quadro di un siffatto viaggio organizzato, il trasporto d'andata fosse effettuato a partire dal paese in cui il consumatore ha la sua residenza abituale, il contratto non sarebbe escluso in base al paragrafo 4. Di conseguenza, l'importanza del paragrafo 5 consiste nel fatto che permette l'applicazione dell'articolo 5 anche nei casi in cui il primo servizio fornito, nel quadro di un viaggio organizzato, è il trasporto d'andata effettuato a partire da un altro paese. È però chiaro che l'articolo 5 si applica solo ai viaggi organizzati che adempiono le condizioni generali enunciate dai paragrafi 1 e 2, e cioè allorché il contratto può essere considerato come il «contratto di un consumatore» ed è concluso in una delle situazioni menzionate al paragrafo 2.

Nel redigere il paragrafo 5 il gruppo ha incontrato difficoltà per definire l'espressione «viaggio organizzato» («package tours»). Esso si è limitato ad una definizione che sottolinea i principali elementi di questo tipo di contratto, in pratica ben noto, lasciando ai giudici la cura di risolvere gli eventuali problemi di una sua esatta delimitazione. L'alloggio che forma parte del viaggio organizzato deve normalmente essere distinto dal trasporto e pertanto il paragrafo 5 non può applicarsi alla fornitura di una cuccetta o di una carrozza letto.

Articolo 6

Contratto individuale di lavoro

1. Dopo aver riesaminato la specifica norma di conflitto in materia di contratti di lavoro, il gruppo ha deciso di procedere ad una profonda modifica del presente articolo, che già era contenuto (come articolo 5) nell'avamprogetto iniziale, e di ravvicinarne la struttura a quella dell'attuale articolo 5, che ha per oggetto i contratti conclusi dai consumatori.

Si trattava infatti, in un caso come nell'altro, di applicare una normativa più adatta a materie nelle quali gli interessi di una parte contraente non si pongono sullo stesso piano degli interessi dell'altra, e di assicurare parallelamente, tramite detta normativa, una migliore tutela a quella parte che, sotto l'aspetto socio-economico, dev'essere considerata come la più debole nel rapporto contrattuale.

2. In base a tali considerazioni, il paragrafo 1 dell'articolo 6 stabilisce una limitazione alla libera scelta delle parti in ordine alla legge applicabile, consentita dall'articolo 3 della convenzione, disponendo che nei contratti di lavoro tale scelta «non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle norme imperative della legge che regolerebbe il contratto, in mancanza di scelta, in forza del paragrafo 2 del presente articolo».

Il senso di questo testo è il seguente : se la legge applicabile in base al paragrafo 2 accorda ai lavoratori una protezione maggiore di quella risultante dalla legge scelta dalle parti, non ne consegue che la scelta di tale legge sia, nel suo insieme, inefficace. Al contrario, in tal caso, la legge scelta resta in linea di principio applicabile. Nella misura in cui le disposizioni della legge applicabile in base al paragrafo 2 proteggono i lavoratori meglio della legge scelta, per esempio accordando loro un più lungo termine di preavviso, esse prevalgono sulle corrispondenti disposizioni di quest'ultima e si applicano in loro vece.

Le disposizioni imperative cui le parti non possono derogare sono non solo le disposizioni relative al contratto di lavoro propriamente detto, bensì anche le disposizioni, quali quelle relative all'igiene e alla sicurezza dei lavoratori, che sono qualificate in alcuni Stati membri come disposizioni di diritto pubblico.

Da questo testo risulta in particolare che, se la legge del paese designato dall'articolo 6, paragrafo 2 rende obbligatori per il datore di lavoro, in tale paese, i contratti collettivi di lavoro, la scelta della legge di un altro Stato nel contratto individuale di lavoro non avrà l'effetto di privare il lavoratore della protezione garantitagli da tali accordi collettivi.

L'articolo 6 del resto si applica ai contratti individuali di lavoro e non ai contratti collettivi. Di conseguenza, il fatto che un contratto di lavoro sia disciplinato da una legge straniera non può pregiudicare i poteri attribuiti a un'organizzazione sindacale di lavoratori dai contratti collettivi vigenti nel suo paese.

L'attuale formulazione dell'articolo 6 parla di «contratto di lavoro» e non di «rapporti di lavoro», ai quali invece si riferisce l'avamprogetto iniziale. Occorre però precisare che la norma dell'articolo 6 abbraccia anche il caso dei contratti nulli e i rapporti di lavoro di puro fatto, e segnatamente quelli caratterizzati dall'inosservanza di disposizioni contrattuali che la legge impone per la protezione dei lavoratori.

3. Ai sensi del paragrafo 2 dell'articolo 6, in mancanza di scelta effettuata dalle parti e in deroga alle disposizioni dell'articolo 4, il contratto di lavoro è regolato: a) dalla legge del paese in cui il lavoratore, in esecuzione del contratto, compie abitualmente il suo lavoro, anche se è inviato temporaneamente in un altro paese, oppure

b) dalla legge del paese dove si trova la sede che ha proceduto ad assumere il lavoratore, qualora questi non compia abitualmente il suo lavoro in uno stesso paese,

a meno che non risulti dall'insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese, nel qual caso si applicherà la legge di quest'altro paese.

In seguito ad un approfondito esame delle diverse questioni poste dai contratti di lavoro nel diritto internazionale privato, esame nel corso del quale sono stati presi in particolare considerazione tanto la proposta di regolamento elaborata in materia dalla Commissione della CEE, quanto i più avanzati orientamenti della dottrina e della giurisprudenza dei paesi membri della Comunità, la soluzione definitiva adottata dal gruppo è stata la seguente : se il lavoratore svolge abitualmente il proprio lavoro in uno stesso paese, il contratto di lavoro è regolato dalla legge di questo paese, anche se il lavoratore è inviato temporaneamente in un altro paese. Tale è la norma contenuta nella lettera a) del paragrafo 2. Se invece il lavoratore non svolge abitualmente il proprio lavoro in uno stesso paese, il contratto di lavoro è regolato dalla legge del paese in cui si trova la sede dell'impresa che ha assunto il lavoratore : è la norma che figura alla lettera b) del paragrafo 2.

Si tratta evidentemente di soluzioni che si scostano sensibilmente da quelle che sarebbero scaturite dalla presunzione stabilita nell'articolo 4.

L'ultima frase del paragrafo 2 dell'articolo 6 dispone tuttavia che, se risulta dall'insieme delle circostanze che il contratto presenta un collegamento più stretto con un altro paese, si applicherà la legge di quest'ultimo paese.

4. Per quanto concerne il lavoro eseguito fuori da qualsiasi giurisdizione di uno Stato, il gruppo ha ritenuto che, in via di principio, potrebbe applicarsi la norma dell'articolo 6. Per il lavoro effettuato su piattaforma petrolifera galleggiante in alto mare si dovrebbe applicare la legge del paese in cui ha sede l'impresa che ha assunto il lavoratore.

Il gruppo non ha adottato una norma particolare per il lavoro svolto dai membri dell'equipaggio a bordo di una nave.

Articolo 7

Sull'efficacia di disposizioni imperative diverse da quelle risultanti dalla legge del contratto

1. La formulazione dell'articolo 7, già contenuta nell'avamprogetto iniziale, è stata notevolmente migliorata nel corso dell'ulteriore esame del testo della convenzione che il gruppo ha effettuato dal 1973, onde consentire una migliore interpretazione di tale articolo nelle diverse situazioni in cui dovrà essere applicato.

Come il gruppo ha precisato anche nella sua ultima riunione, l'articolo 7 non fa altro che ribadire principi che già esistono negli ordinamenti degli Stati membri della Comunità.

In effetti, il principio secondo il quale, in determinate condizioni, i giudici nazionali possono dare efficacia a disposizioni imperative diverse da quelle applicabili al contratto in forza della scelta delle parti oppure in forza di un criterio sussidiario di collegamento, è stato riconosciuto già da alcuni anni dalla dottrina e dalla pratica di alcuni dei nostri paesi ed altrove.

Ad esempio, si può menzionare in proposito la sentenza 1966 della Corte Suprema dei Paesi Bassi nella causa Alnati (già citata nel commento all'articolo 3, paragrafo 1), nella quale la Corte ha dichiarato che, sebbene la legge applicabile ai contratti a carattere internazionale non possa essere di regola se non quella scelta dalle parti, «può accadere che per uno Stato estero l'osservanza di alcune di tali norme, anche al di fuori del suo territorio, abbia un'importanza tale che i giudici (...) debbano tenerne conto e quindi applicare le norme stesse con priorità rispetto al diritto di un altro Stato che sia stato scelto dalle parti per regolare il contratto».

Questa sentenza è servita come modello per il secondo comma dell'articolo 13 del trattato Benelux del 1969 relativo ad una legge uniforme di diritto internazionale privato, non entrato in vigore, il quale dispone che «quando il contratto è manifestamente localizzato in un paese determinato, le disposizioni di legge di tale paese, che per natura e oggetto escludono l'applicazione di ogni altra legge, non possono essere escluse dalla volontà delle parti».

Allo stesso ordine di idee si ispira indubbiamente l'articolo 16 della convenzione dell'Aia del 14 marzo 1978 sulla legge applicabile ai contratti di intermediario e alla rappresentanza, secondo il quale «nell'applicazione della presente convenzione si potrà dare efficacia alle disposizioni imperative di ogni Stato con il quale la situazione presenti un collegamento effettivo, se ed in quanto, secondo il diritto di tale Stato, dette disposizioni devono applicarsi qualunque sia la legge designata dalle norme di conflitto dello Stato stesso».

Invece, malgrado l'opinione di alcuni giuristi, si deve francamente riconoscere che dalla giurisprudenza britannica non si evince alcuna chiara indicazione a favore del principio in questione (Ralli-Bros v. Sota Aznar ; Regazzoni v. Sethia ; Rossano v. Manufacturers Life Insurance Co.) (40).

2. Il testo del paragrafo 1 dell'articolo 7 dispone appunto che, nell'applicazione della convenzione, «potrà essere data efficacia alle norme imperative di qualsiasi paese con il quale la situazione presenti un legame effettivo, se e nella misura in cui, secondo il diritto di tale paese, le norme stesse siano applicabili quale che sia la legge regolatrice del contratto».

Il testo precedente non precisava la natura del «legame» che deve esistere tra il contratto ed un paese diverso da quello la cui legge regola il contratto stesso. Vari esperti hanno osservato che questa lacuna poteva comportare per il giudice l'obbligo di tener conto di numerose leggi diverse e talora contraddittorie. Questa imprecisione poteva complicare il compito del giudice, prolungare il procedimento e dar luogo a manovre dilatorie. Riconoscendo la fondatezza di queste osservazioni, il gruppo ha deciso che non deve trattarsi di un legame qualsiasi bensì di un legame reale con quest'altro paese. Ad esempio, il legame è reale se il contratto deve essere eseguito in quest'altro paese oppure se una delle parti ha la residenza o il centro d'affari in quest'altro paese. Fra le varie proposte di redazione, il gruppo ha finito per scegliere il termine «stretto», che gli è parso il più atto a qualificare la situazione che si voleva contemplare.

Il legame di cui trattasi deve esistere tra l'insieme del contratto e le norme di un paese diverso da quello della legge regolatrice del contratto. Il gruppo ha respinto la proposta di una delegazione mirante a stabilire un legame tra l'oggetto della controversia e una determinata legge. In effetti, l'adozione di tale proposta avrebbe provocato un inopportuno frazionamento del contratto ed avrebbe dato luogo ad un'applicazione di norme imperative imprevedibile per le parti. Pertanto, il gruppo ha preferito sostituire l'espressione «i contratti» con «la situazione».

Dato che il testo precedente non sembrava abbastanza chiaro a talune delegazioni, il gruppo ha deciso di migliorarne la formulazione. Nel nuovo testo è quindi stato precisato che, per decidere se dette norme imperative si applicano, nella fattispecie, ad esclusione di qualsiasi altra legge, converrà riferirsi all'ordinamento giuridico del paese di cui tali norme imperative fanno parte integrante. Inoltre, il termine «legge» è stato sostituito con il termine «diritto» onde evitare qualsiasi dubbio quanto alla portata della norma, che deve comprendere non soltanto le disposizioni legislative di qualsiasi altro paese, ma anche le norme della Common Law. Infine, dopo lunga discussione la maggioranza del gruppo, tenendo conto delle preoccuparzioni di natura costituzionale manifestate da alcune delegazioni, ha ritenuto preferibile lasciare al giudice un margine di discrezionalità nell'applicazione del presente articolo.

3. Infatti, per decidere se le norme imperative di cui trattasi dovranno essere applicate, alla fine del paragrafo 1 dell'articolo 7 viene precisato che «si terrà conto della loro natura e del loro oggetto nonché delle conseguenze che deriverebbero dalla loro applicazione o non applicazione».

L'applicazione delle norme imperative di qualsiasi altro paese dovrà quindi essere giustificata dalla loro natura e dal loro oggetto. Una delegazione aveva proposto di precisare maggiormente questi termini, stabilendo che la natura e l'oggetto delle norme di cui trattasi dovrebbero giustificarsi in base a criteri ammessi a livello internazionale (ad esempio, leggi analoghe vigenti in altri paesi o che tutelano un interesse ampiamente riconosciuto). Altri esperti, invece, hanno osservato che tali criteri non esistono e che quindi si creerebbero delle difficoltà per il giudice adito. Inoltre, con questa formula si porrebbe il delicato problema della credibilità degli ordinamenti giuridici stranieri. Ecco perché il gruppo, senza voler condannare l'idea, non ha accolto questa proposta di redazione.

Sempre ai fini di decidere dell'efficacia di queste norme imperative, si terrà conto «delle conseguenze che deriverebbero dalla loro applicazione o non applicazione».

Questo elemento nuovo, che non figurava nell'avamprogetto iniziale, non affievolisce la norma, anzi la precisa, la chiarifica e la rafforza. In effetti, un potere discrezionale deve essere conferito al giudice particolarmente qualora siano simultaneamente applicabili alla medesima situazione norme imperative contraddittorie di due paesi diversi e si debba necessariamente fare una scelta tra l'una e l'altra.

Per completare il commento al paragrafo 1 dell'articolo 7, è opportuno sottolineare che i termini «dare efficacia» conferiscono al giudice il compito estremamente delicato di combinare le norme imperative con la legge che regola normalmente il contratto nella fattispecie concreta.

La novità di questa disposizione e il timore dell'incertezza che essa potrebbe creare hanno indotto alcune delegazioni a chiedere che si possa fare una riserva sul paragrafo 1 dell'articolo 7 (vedi articolo 22, paragrafo 1, lettera a).

4. In forza del comma 2 dell'articolo 7 «le disposizioni del comma precedente non potranno impedire l'applicazione delle norme in vigore nel paese del giudice adito, le quali disciplinano imperativamente il caso concreto indipendentemente dalla legge che regola il contratto».

Questo comma è stato redatto per tener conto del desiderio espresso da alcune delegazioni di salvaguardare le norme (particolarmente quelle in materia d'intese, di concorrenza, di pratiche restrittive della concorrenza, di tutela del consumatore nonché alcune norme in materia di trasporto), vigenti nel paese del giudice adito, le quali disciplinano imperativamente il caso concreto qualunque sia la legge regolatrice del contratto.

Questo comma non fa quindi altro che evidenziare l'incidenza delle leggi di diritto pubblico («lois d'application immédiate» ; «leggi di applicazione necessaria», ecc.), sotto un angolo visuale diverso da quello del primo comma (40a).

Articolo 8

Sull'esistenza e sulla validità sostanziale del contratto

1. Il comma 1 dell'articolo 8 dispone che l'esistenza e la validità del contratto, o di una sua disposizione, si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtù degli articoli precedenti se il contratto o la disposizione fossero validi.

Il comma è destinato a comprendere tutti gli aspetti della formazione del contratto al di fuori della validità formale. Come già abbiamo evidenziato al punto 9 del commento all'articolo 3, questa norma si applica anche per quanto concerne l'esistenza e la validità del consenso delle parti sulla scelta della legge applicabile.

Il termine «disposizione» è stato adottato per tener conto dei casi in cui è posta in questione la validità di una delle disposizioni del contratto (frazionamento) come per esempio una clausola concernente la scelta della legge applicabile.

2. D'altro lato, in deroga alla norma generale di cui al primo comma, il comma 2 prevede una norma speciale che si riferisce soltanto alla formazione e non anche alla validità del consenso.

Secondo questa norma speciale il contraente, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può riferirsi alla legge del paese in cui ha la residenza abituale, se dalle circostanze risulti che non sarebbe ragionevole stabilire l'effetto del comportamento di questo contraente secondo la legge prevista nel primo comma.

La soluzione adottata in proposito dal gruppo mira segnatamente a risolvere la questione della rilevanza del silenzio di una parte in merito alla formazione del contratto.

Il termine «comportamento» deve intendersi comprensivo sia dell'atteggiamento attivo sia di quello passivo della parte in causa e, pertanto, non si riferisce soltanto al silenzio.

L'espressione «se dalle circostanze risulti» implica che il giudice adito deve tener conto di tutte le circostanze della causa, e non soltanto di quelle nelle quali ha agito la parte che pretende di non aver accettato il contratto. Il giudice terrà conto, tra l'altro, delle consuetudini osservate dalle parti e dei loro precedenti rapporti di affari.

L'espressione «un contraente» può riferirsi, a seconda dei casi, a colui che fa l'offerta di conclusione del contratto oppure a colui che la riceve.

Con l'applicazione del comma 2 potrà aversi una decisione che dichiari la nullità o pronunci l'annullamento di un contratto a favore di una parte che invece sarebbe risultata vincolata al contratto in forza del comma 1, ma non potrà mai aversi una decisione di segno opposto, che cioè dichiari esistente un contratto in contrasto con la legge che lo disciplina.

L'articolo 9, paragrafo 4, stabilisce una norma speciale relativa agli atti giuridici, quali li concepisce la legislazione di vari paesi, per esempio l'offerta. Tali atti non sono menzionati nell'articolo 8. Tuttavia, le disposizioni di questo articolo si applicano loro per analogia.

Articolo 9

Requisiti di forma

L'articolo 9 concerne la forma dei contratti e degli atti giuridici. I primi quattro commi contengono norme applicabili ai contratti ed atti giuridici in genere, mentre gli ultimi due dettano norme speciali per determinati tipi di contratti. I. Norme generali (paragrafi 1-4)

È opportuno precisare la sfera di applicazione di queste norme generali prima di specificare le varie leggi di cui dispongono l'applicabilità. A. Sfera di applicazione delle norme generali 1. Atti contemplati

L'articolo 9 si applica ai contratti ed agli atti giuridici unilaterali. L'avamprogetto del 1972 utilizzava solo il termine di atto giuridico, il quale, nella terminologia di origine latina, comprende entrambe le suddette categorie. La successiva menzione, fatta nell'articolo 9, dei contratti e degli atti giuridici unilaterali, è dovuta unicamente a ragioni di chiarezza, in quanto in entrambi i casi le norme applicabili sono informate agli stessi principi.

Gli atti giuridici unilaterali contemplati da questo articolo sono quelli relativi ad un contratto concluso o da concludere. Gli atti relativi ad un contratto da concludere sono, ad esempio, l'offerta, l'accettazione o anche la promessa di contratto (promessa di vendita). Gli atti relativi ad un contratto concluso possono essere di varia natura : disdetta, remissione di un debito, dichiarazione di recesso o di risoluzione, ecc.

È tuttavia necessario che l'atto si riferisca ad un contratto. L'impegno unilaterale non correlato ad un contratto, come ad esempio il riconoscimento di un debito extracontrattuale o un atto unilaterale con il quale venga costituito, trasmesso o estinto un diritto reale, non rientrerebbe nella sfera di applicazione dell'articolo 9, né in quella di alcun'altra disposizione della convenzione, in quanto quest'ultima concerne soltanto le obbligazioni contrattuali.

Come è chiaro, l'atto unilaterale deve altresì ricollegarsi ad un contratto che rientri nella sfera di applicazione della convenzione. L'articolo 9 non si applica alla forma degli atti collegati a contratti esclusi dalla convenzione in forza dell'articolo 1, paragrafi 2 e 3.

Non sono stati disciplinati gli atti pubblici. L'omissione è deliberata, sia in quanto la nozione di atto pubblico non è contemplata da tutte le legislazioni e potrebbe comportare delicati problemi di qualificazione, sia perché non sembra che apposite disposizioni speciali debbano regolare la legge applicabile alla forma degli atti di diritto privato ricevuti dai pubblici ufficiali. In effetti, com'è stato recentemente dimostrato (41), il fatto che il pubblico ufficiale abbia il potere di stipulare un atto soltanto in forza della legge che gli attribuisce tale potere non significa che la forma dell'atto redatto da pubblico ufficiale sia necessariamente sottoposta a tale legge. Se, per esempio, un notaio non ha osservato la legge che ne stabilisce i poteri, il contratto da lui redatto non avrà certo valore di atto autentico : tuttavia, quest'atto non sarà nullo, se la legge che ne regola la sostanza (e che può ugualmente applicarsi alla forma in forza dell'articolo 9) non esige la forma autentica per questo tipo di contratto.

Le norme generali si applicano pertanto agli atti pubblici, ciò che presenterà inoltre il vantaggio di convalidare gli atti stipulati da un pubblico ufficiale che ritenga utile, come avviene nei Paesi Bassi, di osservare le forme previste dalla legge straniera che disciplina il contenuto sostanziale dell'atto.

2. L'articolo 9 non definisce ciò che va inteso per «forma» degli atti. Si è ritenuto realistico non prendere posizione in merito a questo difficile problema di qualificazione, la cui importanza è d'altra parte alquanto diminuita in conseguenza delle soluzioni fornite in materia di collegamento, nelle quali forma e sostanza risultano ravvicinate in misura alquanto ampia.

È tuttavia permesso considerare come «forma» ai sensi dell'articolo 9 qualsiasi comportamento esterno imposto all'autore di una manifestazione di volontà giuridica, comportamento in mancanza del quale la manifestazione di volontà non può essere considerata pienamente efficace (42). Questa definizione non riguarda le particolari esigenze da soddisfare allorché vi siano da tutelare incapaci, per esempio quando si deve, nel diritto francese, ottenere il consenso di un consiglio di famiglia per un atto compiuto per conto di un minore o allorché si debba poter opporre un atto ai terzi, per esempio, nel diritto inglese, l'obbligo di notificare tutte le cessioni legali di un diritto immateriale.

B. Leggi applicabili 1. Il principio dell'applicazione alternativa della lex causae e della lex loci actus

Il sistema adottato nell'articolo 9 costituisce un compromesso fra il principio del favor negotii, secondo il quale occorre che la forma degli atti sia improntata ad un certo liberalismo, e il necessario rispetto della forma che, in genere, altro non è se non l'espressione delle volontà sostanziali delle parti.

Per quanto riguarda il favor negotii, non è stato ritenuto possibile seguire l'esempio della convenzione dell'Aia del 5 ottobre 1961 sui conflitti di leggi concernenti la forma delle disposizioni testamentarie. Il favor testamenti, infatti, ha una sua ragione di essere per il fatto che il testamento, in quanto atto di ultima volontà, non può essere nuovamente redatto qualora, dopo il decesso del de cuius, venga invalidato. Ma questa particolarità non vale per gli altri atti giuridici, per i quali un'eccessiva libertà di forme svuoterebbe di ogni efficacia quelle esigenze che in proposito hanno trovato espressione, per finalità spesso legittime, nelle varie legislazioni. Si aggiunga che, data l'interdipendenza tra le questioni di forma e le questioni di prova (articolo 14), è opportuno limitare il numero delle leggi applicabili alle questioni di forma.

Per evitare d'altronde alle parti la sorpresa di un annullamento dell'atto per vizio di forma imprevisto, l'articolo 9 ha comunque istituito un sistema dotato di notevole flessibilità, articolato sull'applicazione alternativa della legge del luogo in cui il contratto è concluso (o, se si tratta di un atto unilaterale, della legge del paese in cui l'atto è compiuto) e della legge che ne regola la sostanza.

Questa gamma di leggi applicabili è stata ritenuta sufficiente ; è stata quindi scartata l'eventuale applicazione della legge del paese di cui le parti abbiano la cittadinanza comune o in cui abbiano ambedue la residenza abituale (43). Non è stata invece stabilita la gerarchia tra la lex causae e la lex loci actus. La validità dell'atto ai sensi di una di queste leggi è sufficiente per escludere che possano farsi valere le nullità formali previste dall'altra (44).

Il gruppo di lavoro non ha esaminato la questione della legge da applicare all'azione di nullità del contratto per vizio di forma, qualora il contratto sia nullo in base ad entrambe le leggi. Se, ad esempio, il termine di prescrizione dell'azione di nullità per vizio di forma non è identico nelle due leggi, si può ritenere conforme allo spirito di questo articolo applicare la legge che prevede il termine più breve e che, pertanto, è più favorevole dell'altra alla validità dell'atto.

In fatto di forma, come in ogni altra materia disciplinata dalla convenzione, è escluso il rinvio (vedi articolo 15).

2. Problemi relativi all'applicazione, alla forma dell'atto, della legge che disciplina la sostanza dell'atto stesso

L'applicazione della lex causae alla forma è già ammessa, in via principale o sussidiaria, dagli ordinamenti degli Stati membri, e trova ampia giustificazione nelle reciproche connessioni che uniscono sostanza e forma (45).

Quando si tratta di un contratto, per determinare la legge che ne regola la sostanza occorre far capo agli articoli 3, 4 e 6 della convenzione (per i contratti di cui all'articolo 5, vedi infra, II, Norme speciali relative a taluni contratti). L'articolo 3, paragrafo 2 disciplina in particolare le conseguenze in materia di forma provocate dal cambiamento volontario effettuato dalle parti della legge applicabile alla sostanza del contratto. Risulta da tale testo che, in questa ipotesi di conflitto mobile, è sufficiente che il contratto sia valido nella forma a norma dell'una o dell'altra delle leggi che hanno successivamente disciplinato la sostanza del contratto.

Sorgerà una difficoltà qualora il contratto sia soggetto a varie leggi, in quanto le parti abbiano designato la legge applicabile soltanto per una parte di esso (articolo 3, paragrafo 1), oppure il giudice abbia in via eccezionale effettuato egli stesso il «frazionamento» del contratto (articolo 4, paragrafo 1). Quale delle leggi che regolano la sostanza dell'atto sarà applicabile alla forma del contratto ? In questo caso sembra opportuno adottare la legge che regola la sostanza, applicabile alla parte del contratto alla quale si ricollega più strettamente la controversia relativa alla condizione di forma.

L'articolo 8, paragrafo 1 relativo al consenso e alla validità sostanziale prevede che l'esistenza e la validità del contratto debbono essere stabilite in base alla legge che sarebbe applicabile se il contratto fosse valido. Questa disposizione si prefigge di sfuggire ad un circolo vizioso, cioè che, se esiste la facoltà di scelta della legge da applicare, nessuna legge può essere dichiarata applicabile finché il contratto sia stato riconosciuto valido. Un problema analogo sorge in relazione con la validità quanto alla forma disciplinata dall'articolo 9 e, sebbene il testo non lo dichiari espressamente, resta inteso che, «la legge del luogo che ne regola la sostanza in forza della presente convenzione» dovrebbe essere la legge che disciplinerebbe il contratto se esso fosse valido nella forma.

3. Problemi relativi all'applicazione, alla forma dell'atto, del principio «locus regit actum»

L'applicazione alla forma del contratto della legge del luogo in cui esso è stato concluso e, per quanto riguarda la forma dell'atto unilaterale, l'applicazione della legge del luogo in cui l'atto è stato compiuto deriva dalla massima plurisecolare locus regit actum, recepita, generalmente quale criterio principale, dagli ordinamenti degli Stati contraenti (46).

Peraltro, la determinazione del paese in cui il contratto è stato concluso dà luogo ad una ben nota difficoltà allorché il contratto sia stato concluso tra persone che si trovano in paesi diversi.

Qualora il contratto sia concluso tramite uno o più rappresentanti, l'articolo 9, paragrafo 3, indica chiaramente che il luogo da prendere in considerazione è quello in cui si trovano i rappresentanti al momento della conclusione del contratto. Se i rappresentanti delle parti (o una parte e il rappresentante dell'altra parte) si incontrano in un dato paese e vi concludono il contratto, esso è considerato, ai sensi del paragrafo 1, concluso tra persone che si trovano in tale paese, anche se la parte o le parti rappresentate si trovavano allora in un altro paese. Parimenti, se i rappresentanti delle parti (o una parte e il rappresentante dell'altra parte) si trovano in paesi differenti al momento di concludere il contratto, questo è considerato, ai sensi del paragrafo 2, concluso tra persone che si trovano in paesi diversi anche se le parti rappresentate si fossero allora trovate in realtà in uno stesso paese.

È stata ampiamente discussa la questione dell'individuazione della legge che disciplinerebbe, in quanto legge del luogo di conclusione del contratto, la forma del contratto concluso tra persone che si trovino in paesi diversi ai sensi di quanto detto più sopra. Le soluzioni che consistono nel localizzare la conclusione del contratto nel luogo di emissione della proposta oppure nel luogo di accettazione della medesima, sono state eliminate come alquanto artificiose (47). La soluzione consistente nell'applicare separatamente a ciascuna dichiarazione la legge del paese in cui essa viene resa, derivata direttamente dal progetto Frankenstein per un codice europeo di diritto internazionale privato, e adottata nell'avamprogetto del 1972 e dal progetto svizzero della legge federale sul diritto internazionale privato del 1978, articolo 125, paragrafo 2, è stata parimenti eliminata. Si è costatato in effetti che numerosi requisiti di forma si riferiscono al contratto stesso, considerato nel suo complesso, e non a ciascuna delle dichiarazioni. Così è, ad esempio, per il requisito della duplice firma, o per la formalità del contratto in doppio originale. Pertanto, piuttosto di smembrare la legge applicabile alla forma del contratto, è parso preferibile ricercare una legge che si applicasse alla forma del contratto nel suo insieme.

Si poteva quindi optare tra una soluzione liberale, consistente nell'applicazione della legge di uno o dell'altro paese in cui si trovavano le parti al momento della conclusione del contratto, oppure una soluzione più rigida con l'applicazione cumulativa delle varie leggi. Nell'articolo 9, paragrafo 2, della presente convenzione è stata scelta la soluzione liberale. Basta quindi che il contratto concluso tra persone che si trovino in paesi differenti possieda i requisiti di forma previsti dalla legge che ne regola la sostanza o della legge di uno di tali paesi perché il contratto sia valido quanto alla forma.

4. Riserva delle leggi imperative

L'articolo 7 della convenzione, che riserva l'applicazione delle leggi imperative, può comportare l'esclusione del sistema liberale dell'articolo 9, fondato sull'applicazione alternativa della legge che regola la sostanza e della legge del luogo della conclusione del contratto. Si è ritenuto infatti che talune norme sulla forma, emananti dalla legge del paese con cui il contratto o l'atto presenti uno stretto collegamento, hanno una natura imperativa talmente accentuata che devono trovare sempre applicazione, anche quando la legge del suddetto paese non coincida con una delle leggi che normalmente sono applicabili alla forma a norma dell'articolo 9.

Sono state menzionate, in proposito, le norme sulla forma stabilite dalla legge del paese di esecuzione di un contratto di lavoro, in particolare per quanto riguarda la forma scritta della clausola di non concorrenza, anche se la forma verbale sia ammessa dalla legge del luogo di stipulazione del contratto o dalla legge scelta di comune accordo dalle parti.

È ovvio che, in base al sistema stabilito dall'articolo 7, sarà in ciascun caso concreto il giudice a valutare se occorra dare efficacia a queste norme di applicazione necessaria ed escludere di conseguenza le norme previste dall'articolo 9.

II. Regole speciali relative a determinati contratti (commi 5 e 6)

I commi 5 e 6 dell'articolo 9 prevedono norme speciali per la forma di taluni contratti conclusi dai consumatori e per quella dei contratti che hanno per oggetto diritto reale immobiliare o un diritto di uso di un immobile. Per tali contratti, sarebbe stato concepibile accontentarsi della semplice applicazione dell'articolo 7 ed ammettere, per esempio, in deroga all'articolo 9, l'applicazione di talune disposizioni di forma a tutela del consumatore imposte dalla legge del luogo di residenza abituale di quest'ultimo o determinate disposizioni imperative di forma imposte dalla legge del paese in cui è situato l'immobile.

Tuttavia, questa soluzione non è stata ritenuta sufficiente per assicurare l'applicazione effettiva di dette leggi, considerato il margine di valutazione discrezionale che l'articolo 7 lascia al giudice. Per questi tipi di contratto è quindi stato deciso di evitare l'applicazione dei quattro primi commi dell'articolo 9.

Il quinto paragrafo dell'articolo 9 riguarda i contratti di cui all'articolo 5, paragrafo 1, conclusi nelle circostanze descritte all'articolo 5, paragrafo 2, tenendo conto dei paragrafi 4 e 5 di questo stesso paragrafo 5.

Come l'articolo 5 protegge il consumatore imponendo, nonostante l'electio juris stipulato nel contratto, l'applicazione dei requisiti imperativi di sostanza della legge del paese della sua residenza abituale (articolo 5, paragrafo 3), così l'articolo 9, paragrafo 5 impone l'applicazione dei requisiti di forma di questo stesso paese. Quest'applicazione si giustifica in seguito allo stretto collegamento che unisce, in materia di protezione dei consumatori, i requisiti imperativi di sostanza e quelli di forma.

Per questi stessi motivi, si poteva pensare che anche la forma dei contratti dovesse essere oggetto di un collegamento imperativo.

Questo concetto, che era stato adottato in un primo tempo, è stato respinto in seguito. In effetti, diversamente dall'articolo 5, il quale prevede in modo inequivocabile che i contratti di consumatore, in mancanza di scelta delle parti, sono sottoposti, per i requisiti di sostanza, alla legge del paese di residenza abituale del consumatore, l'articolo 6 della convenzione stabilisce, per il collegamento dei contratti di lavoro, soltanto presunzioni flessibili che vengono meno se risulta dall'insieme delle circostanze che il contratto di lavoro presenta un collegamento più stretto con un altro paese. Pertanto, se si fosse deciso di applicare imperativamente alla forma dei contratti di lavoro la legge che ne regola la sostanza, sarebbe stato impossibile, data l'incertezza derivante dall'articolo 6, determinare fin dal momento della conclusione del contratto la legge applicabile alla sua forma. Non è quindi stata adottata alcuna norma speciale riguardo alla forma di contratto di lavoro, ma è presumibile che, in forza dell'articolo 7, potranno applicarsi frequentemente le norme imperative di forma della legge del paese in cui sarà eseguito il lavoro.

Il sesto paragrafo dell'articolo 9 si riferisce ai contratti che hanno per oggetto un diritto reale immobiliare o un diritto di uso di un immobile. Questi contratti non sono sottoposti ad alcun collegamento imperativo quanto alla sostanza, l'articolo 4, paragrafo 3 si limita a stabilire una presunzione a favore della legge del paese in cui è situato l'immobile. Tuttavia, si è ritenuto che se la legge del paese in cui è situato l'immobile imponesse norme imperative di forma, queste dovrebbero applicarsi al contratto ma solo nel caso, probabilmente alquanto raro, in cui ai sensi di detta legge tali norme di forma debbano essere applicate anche qualora il contratto sia stato concluso all'estero e sia disciplinato da una legge straniera.

Il campo di applicazione di questa disposizione coincide con quello dell'articolo 4, paragrafo 3.

Articolo 10

Sfera di applicazione della legge del contratto

1. L'articolo 10 definisce la sfera di applicazione della legge che regola il contratto in forza della presente convenzione (48).

L'avamprogetto originario non conteneva alcuna norma specifica in materia. Nel suo articolo 15, esso si limitava a stabilire che la legge regolatrice di un'obbligazione determina parimenti le condizioni di esecuzione, le varie modalità di estinzione e le conseguenze dell'inadempimento dell'obbligazione stessa. Tuttavia, dato che l'articolo 11 dell'avamprogetto disciplinava dettagliatamente la sfera di applicazione della legge che regola le obbligazioni non contrattuali, l'articolo 15 si riferiva essenzialmente alla sfera di applicazione della legge del contratto.

2. Il primo comma dell'articolo 10 elenca le materie che rientrano nella sfera di applicazione della legge del contratto. Non si tratta però di un'elenco esaustivo, come è espresso d'altronde dall'avverbio «in particolare».

La legge che regola il contratto in forza della presente convenzione disciplina in primo luogo l'interpretazione del contratto (lettera a).

La legge che regola il contratto disciplina, in secondo luogo, l'esecuzione delle obbligazioni che ne discendono (lettera b).

Questi termini si riferiscono evidentemente al complesso di quelle condizioni, stabilite dalla legge o dal contratto, che disciplinano l'esecuzione della prestazione tipica di un'obbligazione, ad esclusione delle modalità di esecuzione (in quanto contemplate specificamente dal paragrafo 2 dell'articolo 10), delle condizioni relative alla capacità dei soggetti implicati nell'esecuzione della prestazione (perché si tratta di materia che è esclusa, salvo quanto disposto dall'articolo 11, dal campo di applicazione delle norme uniformi), e delle condizioni relative alla forma dell'atto giuridico da compiersi eventualmente per l'esecuzione della prestazione.

Rientrano pertanto nel disposto del paragrafo 1 dell'articolo 10 : la questione della diligenza con cui va eseguita la prestazione ; le condizioni di tempo e di luogo per l'esecuzione della prestazione, i limiti entro cui l'obbligazione può essere eseguita da un terzo ; le condizioni per l'esecuzione dell'obbligazione, sia in generale, sia relativamente a determinate categorie di obbligazioni (solidali, alternative, divisibili ed indivisibili, pecuniare) nell'ipotesi di prestazione consistente nel pagamento di una somma di denaro, le condizioni per la liberazione del debitore che assolve il debito, per l'imputazione del pagamento, per la quietanza, ecc.

La legge applicabile al contratto disciplina altresì, entro i limiti dei poteri attribuiti al giudice dalla legge processuale nazionale, le conseguenze dell'inadempimento totale o parziale di tali obbligazioni, compresa la valutazione e liquidazione del danno qualora questa sia disciplinata da norme giuridiche.

La questione della liquidazione del danno ha fatto sorgere varie difficoltà. In effetti, alcune delegazioni ritengono che la valutazione dell'ammontare del danno è una questione di fatto e non dovrebbe quindi essere disciplinata nella convenzione : per determinare l'ammontare del danno, il giudice deve tener conto delle condizioni economiche e sociali del proprio paese ; esistono casi in cui detto ammontare viene fissato con l'aiuto di una giuria ; alcuni paesi adottano dei metodi di calcolo che potrebbero non essere accettati in altri paesi.

Le altre delegazioni si sono tuttavia opposte a tali argomentazioni osservando che in vari sistemi giuridici esistono norme per la determinazione dell'ammontare del danno. In effetti, alcune convenzioni internazionali determinano i limiti dell'importo da risarcire (per esempio, le convenzioni in materia di trasporto) ; nei contratti è spesso previsto l'ammontare dei danni in caso di inadempimento, e sorgerebbero gravi difficoltà per le parti se, in seguito, detti importi dovessero essere determinati dal giudice adito.

Infine, a titolo di compromesso, il gruppo ha deciso di considerare nella lettera c) soltanto le norme giuridiche in materia di liquidazione del danno, fermo restando che le questioni di fatto saranno sempre di competenza del giudice.

I termini «conseguenze dell'inesecuzione» si riferiscono alle conseguenze che, per legge o per contratto, derivano dall'inesecuzione di un'obbligazione contrattuale ; è indifferente che si tratti della responsabilità della parte colpevole o che si tratti dell'eccezione di inadempimento e della risoluzione del contratto per inadempimento. La disposizione comprende anche la necessità (eventuale) di messa in mora del debitore quale in ordine all'accertamento della responsabilità di quest'ultimo.

In forza della lettera d) del paragrafo 1, la legge applicabile al contratto regola anche i diversi modi di estinzione delle obbligazioni, nonché le prescrizioni e decadenze fondate sul decorso di un termine. Questo articolo deve applicarsi tenuto conto dell'ammissione limitata del frazionamento ai sensi degli articoli 3 e 4.

Anche la lettera e) del paragrafo 1 sottopone alla legge del contratto le conseguenze della nulliltà. Con tale disposizione, il gruppo ha previsto soprattutto di sottoporre alla legge del contratto le restituzioni cui debbono procedere le parti in seguito alla costatazione della nullità del contratto.

Alcune delegazioni si sono opposte a questa soluzione dato che, in base ai loro sistemi giuridici, le conseguenze della nullità del contratto hanno un carattere non contrattuale. La maggior parte delle delegazioni si è tuttavia pronunciata per l'inclusione di tali conseguenze nell'ambito della legge che regola il contratto ma, per tener conto delle opposizioni riscontrate, è stata prevista per ciascuno stato contraente la facoltà di presentare una riserva a questo proposito (articolo 22, paragrafo 1, lettera b).

3. Il paragrafo 2 dell'articolo 10 indica che per quanto concerne le modalità di esecuzione e le misure che il creditore dovrà prendere in caso di esecuzione difettosa, si avrà riguardo alla legge del paese dove l'esecuzione ha luogo.

Si tratta di una limitazione ricorrente nel diritto nazionale di taluni paesi e in alcune convenzioni internazionali. Anche una cospicua parte della dottrina è favorevole a questa limitazione della sfera di applicazione della legge che regola il contratto, quando l'esecuzione dell'obbligazione ha luogo in un paese diverso da quello di cui è applicabile la legge.

Che cosa deve peraltro intendersi per «modalità di esecuzione» di una obbligazione ? La nozione non sembra infatti avere un contenuto uniforme e preciso nei vari ordinamenti e nelle diverse trattazioni dottrinali. Il gruppo, per parte sua, ha preferito evitare di fornirne una definizione rigorosa. Di conseguenza, la qualifica della nozione di «modalità di esecuzione» di un'obbligazione verrà effettuata secondo la «lex fori». Fra le disposizioni che normalmente rientrano nella categoria delle modalità di esecuzione sembra comunque di poter menzionare la regolamentazione dei giorni festivi, le norme sulle modalità di esame della merce e le misure da adottare in caso di rifiuto della merce stessa (49).

L'articolo 10, paragrafo 2, stabilisce che si avrà riguardo alla legge del paese dove l'esecuzione ha luogo. Ciò significa che il giudice può esaminare se questa legge deve regolare il modo in cui il contratto dovrà essere realizzato e che egli può applicarla in tutto o in parte per rendere giustizia alle parti.

Articolo 11

Incapacità

La convenzione non contiene alcuna norma sulla legge che regola la capacità delle persone sia fisiche che giuridiche (articolo 1, paragrafo 2, lettere a) e e). Quest'esclusione implica che ciascuno Stato contraente continuerà ad applicare alla capacità di concludere un contratto il proprio sistema di diritto internazionale privato.

Tuttavia, per le persone fisiche l'esclusione della capacità non è totale. L'articolo 11 mira a proteggere la parte che, in buona fede, abbia contratto senza supporre l'incapacità dell'altra parte contraente e alla quale viene opposta, dopo la conclusione del contratto, tale incapacità. Questa preoccupazione volta a tutelare la parte in buona fede contro il rischio di annullamento del contratto per incapacità della controparte a motivo dell'applicazione di una legge diversa da quella del luogo di conclusione del contratto è costante nei paesi che sottopongono la capacità alla legge nazionale (50).

Disposizioni analoghe sembra siano necessarie anche nei paesi che assoggettano la capacità alla legge del domicilio. Potrebbero esserne esenti soltanto i paesi che connettono la capacità alla legge del luogo in cui è concluso il contratto od alla legge che ne regola la sostanza.

L'articolo 11 subordina la tutela del concontraente dell'incapace al soddisfacimento di precisi requisiti. Occorre, innanzitutto, che il contratto sia concluso tra persone che si trovano in uno stesso paese. La convenzione non intende eliminare la tutela dell'incapace qualora il contratto sia stato concluso a distanza, tra persone che si trovano in paesi diversi, anche se, in forza della legge che disciplina il contratto, quest'ultimo dovesse ritenersi concluso nel paese in cui si trova il contraente capace.

In secondo luogo, l'applicazione dell'articolo 11 è subordinata all'esistenza di un conflitto di leggi. La legge che regola, in base al diritto internazionale privato dello Stato del giudice adito, la capacità della persona apparentemente incapace, dev'essere diversa dalla legge del paese in cui è stato concluso il contratto.

In terzo luogo, occorre che la persona che invoca la propria incapacità sia ritenuta capace dalla legge del luogo dell'atto. In effetti, solo in questo caso la controparte potrà avvalersi di un'apparenza di capacità.

Queste tre condizioni bastano in linea di massima a impedire all'incapace di opporre la sua incapacità all'altra parte contraente. Diverso sarebbe tuttavia «se, all'atto della conclusione del contratto, l'altra parte contraente era a conoscenza di tale incapacità o l'ha ignorata soltanto per imprudenza da parte sua». Questa redazione implica che l'onere della prova incombe all'incapace. È lui che dovrà dimostrare che l'altra parte contraente era a conoscenza dell'incapacità o l'ha ignorata per sua colpa.

Articolo 12

Cessione del credito

1. L'articolo 12 riguarda la cessione volontaria di credito.

Il paragrafo 1 dell'articolo 12 stabilisce che le obbligazioni tra cedente e cessionario di un credito sono regolate dalla legge che, in forza della presente convenzione, si applica al contratto tra essi intercorso.

L'interpretazione di questa disposizione non solleva difficoltà. È evidente che, ai sensi di questo primo comma, il rapporto tra cedente e cessionario di un credito è regolato dalla legge applicabile al contratto di cessione.

Ma anche se l'oggetto e il significato della norma non suscitano dubbi, potrebbe sollevarsi il quesito del perché il gruppo non abbia scelto per tale disposizione una formulazione letterale più semplice, nonché molto più elegante. Ad esempio, perché non dire che il trasferimento di un credito in base a contratto è regolato, per quanto concerne i rapporti tra cedente e cessionario, dalla legge applicabile al detto contratto?

È da rilevare, infatti, che una formula del genere riscosse, all'inizio, l'approvazione della maggioranza delle delegazioni. Successivamente, peraltro, la formula venne abbandonata a causa delle difficoltà che avrebbe incontrato in diritto tedesco, nel quale il termine «trasferimento» di un credito mediante contratto comprende gli effetti della cessione nei confronti del debitore : cioè quanto era invece espressamente escluso dal paragrafo 2 dell'articolo 12.

È stato deciso, in conclusione, di adottare il testo attuale per evitare una formula dalla quale fosse lecito dedurre che la legge applicabile al contratto di cessione determina altresì, negli ordinamenti in cui il contratto in questione è considerato come Kausalgeschäft, le condizioni di opponibilità della cessione al debitore.

2. A norma del paragrafo 2 dell'articolo 12, è invece la legge regolatrice del credito ceduto che determina il carattere cedibile di questo, i rapporti tra cessionario e debitore, le condizioni di opponibilità della cessione al debitore ed il carattere liberatorio della prestazione del debitore.

I termini «condizioni di opponibilità» comprendono altresì le condizioni di trasferibilità della cessione ed i requisiti necessari perché la cessione abbia effetto nei confronti del debitore.

Nonostante le disposizioni del comma 2, le materie ivi contemplate, ad eccezione del carattere cedibile, sono regolate, per quanto concerne il rapporto tra cedente e debitore, qualora esista un contratto tra di loro, dalla legge che regola tale contratto, purché tali materie siano trattate nel contratto stesso.

Articolo 13

Surrogazione

1. La sostituzione di un creditore ad un altro può conseguire non soltanto alla cessione volontaria di un credito (o cessione propriamente detta) contemplata dall'articolo 12, ma anche al trasferimento legale del credito in seguito a pagamento da parte di una persona diversa dal debitore.

In effetti, a norma della legislazione vigente in materia in vari Stati membri della Comunità, la «surrogazione» nei diritti del creditore ha luogo di pieno diritto a favore di colui che, essendo tenuto con altri o per altri a saldare un debito, abbia interesse ad effettuarne il pagamento : surrogazione prevista dall'articolo 1251-3° del codice civile francese e dell'articolo 1203-3 del codice civile italiano. Ad esempio, in caso di contratto di fideiussione, il fideiussore che effettua il pagamento al posto del debitore è surrogato per legge nei diritti del creditore. Parimenti dicasi in caso di pagamento effettuato dal codebitore in solido o dal codebitore di un'obbligazione indivisibile.

L'articolo 13 della convenzione stabilisce appunto la norma di conflitto in materia di surrogazione di un terzo nei diritti del creditore. Tuttavia, tenendo conto del fatto che la convenzione concerne soltanto la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, il gruppo ha ritenuto opportuno limitare l'applicazione dell'articolo 13 soltanto ai trasferimenti di credito di natura contrattuale. Pertanto, detta norma non si applica alla surrogazione legale quando il debito da saldare è originato da responsabilità civile (ad esempio : surrogazione dell'assicuratore contro i danni nei diritti che l'assicurato vanta nei confronti dell'autore del danno).

PER LA CONTINUAZIONE DEL TESTO VEDI SOTTO NUMERO: 380Y1031(01).2

2. Ai sensi del primo comma dell'articolo 13, quando una persona, il creditore, ha un credito derivante da contratto, nei confronti di un'altra persona, il debitore, ed una terza persona ha l'obbligo di soddisfare il creditore oppure lo ha soddisfatto in esecuzione di detto obbligo, la legge applicabile a questo obbligo del terzo stabilisce se costui possa totalmente o solo in parte far valere i diritti che il creditore ha contro il debitore in forza della legge che regola i loro rapporti.

La legge applicabile all'obbligo che ha il terzo di soddisfare il creditore (ad esempio, la legge applicabile al contratto di fideiussione, qualora il fideiussore abbia soddisfatto il debito al posto del debitore) sarà quindi competente per determinare se e in quale misura il terzo possa far valere i diritti che il creditore ha contro il debitore in forza della legge che regola i loro rapporti contrattuali.

Nel formulare la norma in esame, il gruppo ha tenuto conto anche delle situazioni nelle quali una persona effettui il pagamento senza esservi costretta dal contratto o dalla legge, ma vi abbia un interesse economico riconosciuto dalla legge, come prevedono l'articolo 1251-3° del codice civile francese e l'articolo 1203-3 del codice civile italiano. In linea di principio, la stessa norma si applica anche a queste situazioni, ma il giudice conserva in proposito un margine di valutazione discrezionale.

Quanto alla possibilità di una surrogazione parziale, come quella prevista dall'articolo 1252 del codice civile francese e dall'articolo 1205 del codice civile italiano, è evidente che essa deve essere regolata dalla legge applicabile alla surrogazione.

Sempre in sede di elaborazione dell'articolo 13, il gruppo ha esaminato la possibilità che i rapporti giuridici tra il terzo ed il debitore siano regolati da apposito contratto. Questo contratto sarà evidentemente disciplinato dalla legge che adesso è applicabile ai sensi della presente convenzione. Tuttavia, l'articolo 13 della convenzione non contempla questo aspetto dei rapporti tra il terzo ed il debitore.

3. Il comma 2 dell'articolo 13 estende la norma di cui al paragrafo 1 ai casi in cui più persone sono sottoposte alla stessa obbligazione contrattuale (codebitori) ed il creditore sia stato soddisfatto da una di esse.

4. Oltre al problema della cessione e del trasferimento legale del credito (vedi articoli 12 e 13) esiste anche il problema della cessione dei debiti. Tuttavia, il gruppo non ha voluto risolverlo, in quanto si tratta di un problema nuovo e sussistono tuttora numerose incertezze in merito alla sua soluzione.

Articolo 14

Prova

L'articolo 14 disciplina i conflitti di leggi in materia di prova.

Non è stata dettata alcuna norma di principio sulla prova in generale. Negli ordinamenti giuridici degli Stati contraenti, le questioni in materia di prova (dei fatti, degli atti giuridici, della legge straniera) sono di norma soggette al principio della legge del foro, salvo per quanto riguarda l'onere della prova. Tuttavia, questo principio subisce varie eccezioni, che non sono le stesse, in tutti gli ordinamenti. Data la decisione di regolare, nell'articolo 14, soltanto determinate questioni in materia di prova, si è preferito evitare di vincolare l'interprete con una disposizione generale che sancisse l'applicazione della legge del foro per tutte le questioni non regolate dalla convenzione, ad esempio per quanto riguarda le prove da raccogliersi all'estero o l'efficacia probatoria degli atti giuridici. Per eliminare ogni dubbio sulla libertà degli Stati membri riguardo alle questioni in materia di prova non regolata dalla convenzione, l'articolo 1, paragrafo 2, lettera h) esclude dalla sfera di applicazione della convenzione la prova e la procedura, fatta riserva appunto di quanto disposto nell'articolo 14.

Sono state regolate due grandi questioni, ciascuna delle quali è oggetto di un apposito comma : oggetto e onere della prova ; ammissibilità dei mezzi di prova degli atti giuridici. Dopo alcune esitazioni, il gruppo di lavoro ha deciso di non disciplinare il problema dell'efficacia probatoria. A. Oggetto e onere della prova

Il paragrafo 1 dell'articolo 14 prevede l'applicazione della legge regolatrice del contratto in quanto, in materia di obbligazioni contrattuali, essa stabilisca presunzioni legali o ripartisca l'onere della prova. Le presunzioni legali, in quanto esimano dalla prova la persona a favore della quale sono stabilite, sono in realtà norme sostanziali che, in materia contrattuale, contribuiscono a precisare le obbligazioni delle parti e non possono quindi essere dissociate dalla legge che regola il contratto. Esempio : quando l'articolo 1731 del codice civile francese dispone che «se non si è proceduto all'inventario dei locali, si presume che il locatario li abbia ricevuti in buone condizioni locative e in tali condizioni egli deve restituirli, salvo prova contraria», questo articolo fissa in realtà l'obbligo per il locatario di restituire l'immobile affittato. Pertanto è logico applicare in questo caso la legge regolatrice del contratto.

La stessa osservazione vale per le norme che ripartiscono l'onere della prova. Ad esempio, l'articolo 1147 del codice civile francese precisa che il debitore che non abbia eseguito la propria obbligazione è condannato al risarcimento dei danni «se non dimostra che la mancata esecuzione non è dovuta a causa a lui imputabile». Questo testo ripartisce l'onere della prova fra le parti. Il creditore deve provare la mancata esecuzione dell'obbligazione ed il debitore deve fornire la prova che la mancata esecuzione non può essergli imputata, Peraltro, nel ripartire l'onere, il testo precisa gli obblighi del debitore su di un punto capitale : il debitore deve risarcire i danni anche se la mancata esecuzione non è dovuta a colpa a lui imputabile. Si tratta quindi di una norma di diritto sostanziale che non può essere regolata da una legge diversa da quella applicabile al contratto.

Tuttavia, la redazione del paragrafo 1 dell'articolo 14 comporta una restrizione. L'onere della prova non è sottoposto completamente alla legge regolatrice del contratto ma lo è soltanto nella misura in cui quest'ultima ripartisce l'onere «in materia di obbligazioni contrattuali» e cioè soltanto se le norme relative all'onere della prova sono realmente norme sostanziali.

Non sempre, infatti, si tratta di norme sostanziali. In determinati Stati esistono disposizioni sull'onere della prova, talora contenenti addirittura presunzioni legali, che si ricollegano di tutta evidenza al diritto processuale e non possono quindi dipendere della legge del contratto. Questo è il caso, ad esempio, della norma secondo la quale, in caso di contumacia di una parte, si presumono provate le allegazioni della parte costituitasi nel processo, o la norma per cui il silenzio di una parte nel processo sui fatti allegati dalla controparte equivale ad ammissione dei medesimi.

Queste norme non sono stabilite «in materia di obbligazioni contrattuali» e non sono quindi regolate dalla norma di conflitto di cui all'articolo 14, paragrafo 1.

B. Ammissibilità dei mezzi di prova degli atti giuridici

Il paragrafo 2 dell'articolo 14 riguarda l'ammissibilità dei mezzi di prova degli atti giuridici (e cioè di un atto di volontà : negotium).

Il testo stabilisce l'applicazione alternativa della legge del foro e della legge che regola la forma dell'atto. Questa soluzione di carattere liberale, che è molto favorevole alla prova dell'atto, è già ammessa in Francia e nei paesi del Benelux (51) ed appare l'unica atta a conciliare le esigenze della lex fori con la necessità di salvaguardare le legittime aspettative delle parti in occasione della stipulazione dell'atto.

Di regola, è la legge del foro che determina i mezzi di prova dell'atto giuridico. Se, ad esempio, essa ammette per i contratti la prova testimoniale, dovrà trovare applicazione quali che siano, in materia, le disposizioni più rigorose della legge che disciplina la forma o il contenuto dell'atto.

Se, all'opposto, la legge che disciplina la forma dell'atto si limita ad esigere l'accordo verbale ed ammettere per quest'ultimo la prova testimoniale, le parti che abbiano confidato in tale legge resterebbero deluse nelle loro aspettative se fosse loro vietato di esperire la prova testimoniale unicamente perché la lex fori esiga per tutti gli atti giuridici la prova scritta. Occorre quindi consentire alle parti di esperire, dinanzi al giudice adito, i mezzi di prova ammessi dalla legge che disciplina la validità formale dell'atto.

Tuttavia, questa impostazione liberale non dev'essere spinta fino ad imporre al giudice adito mezzi di prova incompatibili con la legge processuale che egli deve applicare. L'articolo 14 non tratta dell'esperimento concreto della prova che la legislazione di ciascuno Stato contraente sottopone alla legge dello Stato del giudice adito. E l'applicazione, all'ammissibilità dei mezzi di prova, di una legge diversa dalla legge del foro non dev'essere spinta al punto di paralizzare l'applicazione della legge del foro all'esperimento di tali mezzi di prova.

Questo è il motivo della precisazione che il giudice può rifiutare, anche senza necessità di ricorrere a motivi di ordine pubblico, quei mezzi di prova che in linea generale la sua legge processuale non può ammettere, come il giuramento, la testimonianza resa da una delle parti o il fatto notorio. È stata altresì presa in considerazione l'ipotesi dei diritti per i quali sia obbligatoria l'iscrizione in pubblici registri : in tal caso, l'autorità incaricata della tenuta del pubblico registro avrebbe la facoltà di ammettere unicamente i mezzi di prova previsti dalla propria legge nazionale.

Stabilito in tal modo il sistema generale da adottare, è stata apportata una precisazione relativamente alla legge regolatrice della validità formale dell'atto, applicabile in via alternativa rispetto alla lex fori.

Il testo fa riferimento a «quella tra le leggi contemplate all'articolo 9 secondo la quale l'atto è valido quanto alla forma». La formula significa che se, ad esempio, l'atto ha validità formale per la legge che ne regola il contenuto ma non per la legge del luogo in cui è stato compiuto, le parti potranno avvalersi unicamente dei mezzi di prova previsti dalla prima delle due leggi suddette, anche se la seconda sia più liberale in materia probatoria. L'ammissibilità, in regime probatorio, della legge regolatrice della validità formale dell'atto presuppone evidentemente che tale legge sia stata osservata. Se invece l'atto ha validità formale per ambedue le leggi (lex causae e lex loci actus) contemplate all'articolo 9, le parti potranno avvalersi dei mezzi di prova previsti dall'una o dall'altra delle leggi stesse.

C. Nessuna disposizione disciplina l'efficacia probatoria degli atti giuridici. L'avamprogetto del 1972 conteneva una disposizione che regolava due questioni inerenti, nei paesi di diritto romano, all'efficacia probatoria : sufficienza della prova scritta (documentale) per le obbligazioni che ne derivano, e ammissibilità di mezzi di prova «oltre o contro il contenuto» della prova scritta, ai sensi dell'antica terminologia del «Code Napoléon» (articolo 1341). Nonostante una lunga discussione, non è stato possibile per le delegazioni trovare un accordo. Si è deciso pertanto di escludere la questione relativa all'efficacia probatoria dalla sfera di applicazione della convenzione.

Articolo 15

Esclusione del rinvio

L'articolo esclude il rinvio.

È chiaro che in materia di obbligazioni contrattuali il rinvio non è ammissibile quando le parti hanno scelto la legge applicabile al contratto. Esse, infatti, si sono accordate sulla legge da applicare appunto perché ne desiderano l'applicazione nelle sue disposizioni di diritto sostanziale, e quindi la loro scelta esclude ogni rinvio ad altra legge (52).

Il rinvio è escluso anche quando le parti non hanno scelto la legge applicabile. In tal caso, a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, il contratto è regolato dalla legge del paese con il quale presenta il collegamento più stretto. A norma del paragrafo 2 si presume che tale paese sia quello in cui la parte che deve effettuare la prestazione caratteristica ha la residenza abituale. Non sarebbe logico che il giudice, nonostante questa espressa individuazione del luogo, assoggettasse il contratto, tramite rinvio, alla legge di un altro paese unicamemte perché la norma di conflitto del paese in cui il contratto è stato localizzato contiene altri momenti di collegamento. Ciò dicasi anche per i casi in cui trova applicazione l'ultimo paragrafo dell'articolo 4 e il giudice abbia localizzato il contratto mediante indizi da lui ritenuti determinanti.

Su un piano più generale, l'esclusione del rinvio trova una sua giustificazione nelle vigenti convenzioni internazionali in materia di conflitti di leggi. Se la convenzione cerca di localizzare nel miglior modo possibile la situazione giuridica e di determinare il paese con il quale essa presenta il collegamento più stretto, è opportuno non permettere che la legge designata dalla norma di conflitto stabilita dalla convenzione rimetta in causa detta localizzazione. Questa è d'altronde la soluzione adottata dalle convenzioni dell'Aia concluse a decorrere dal 1951.

Articolo 16

Ordine pubblico

L'articolo 16 conferisce alla riserva relativa all'ordine pubblico una formulazione precisa e restrittiva.

Innanzitutto si precisa che la riserva dell'ordine pubblico non interviene astrattamente e globalmente contro la legge designata dalla convenzione. L'ordine pubblico interviene soltanto qualora l'applicazione di una disposizione prevista dalla legge designata dia luogo, in concreto, ad un risultato incompatibile con l'ordine pubblico del foro. È quindi possibile che una legge straniera la quale, in astratto potrebbe essere considerata incompatibile con l'ordine pubblico del foro, sia tuttavia applicata se il risultato concreto della sua applicazione non sia di per sé incompatibile con l'ordine pubblico del foro.

In secondo luogo, l'incompatibilità del risultato con l'ordine pubblico del foro dev'essere «manifesta». Questa condizione, contemplata in tutte le convenzioni concluse all'Aia dal 1956, obbliga il giudice a motivare dettagliatamente la fondatezza dell'eccezione (53).

L'articolo 16 precisa che è l'ordine pubblico del foro che deve essere violato dall'applicazione della legge designata. È evidente che questa espressione include l'ordine pubblico comunitario divenuto parte integrante dell'ordine pubblico degli Stati menbri della Comunità europea.

Articolo 17

Applicazione nel tempo

L'articolo 17 significa che la convenzione non ha effetto retroattivo sui contratti in corso. Essa si applica solo ai contratti conclusi dopo la sua entrata in vigore, ma quest'ultima dev'essere valutata separatamente per ciascuno Stato, in quanto la convenzione non entrerà in vigore simultaneamente in tutti gli Stati contraenti (vedi articolo 29). Ovviamente, nessuna disposizione impedisce ai giudici di uno Stato contraente nei cui confronti la convenzione non è ancora entrata in vigore di applicarla anticipatamente come ratio scripta.

Articolo 18

Interpretazione uniforme

L'articolo è informato ad una formula elaborata dalla Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale.

In effetti, il progetto di revisione della legge uniforme sulla vendita internazionale e lo schema di progetto di convenzione sulla prescrizione e sui termini nella vendita internazionale contenevano la disposizione seguente : «Nell'interpretazione e nell'applicazione della presente convenzione si terrà conto del suo carattere internazionale e della necessità di promuoverne l'uniformità». Questa disposizione, la cui redazione è stata leggermente modificata, è inclusa nella convenzione della Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di merci (articolo 7) firmata a Vienna l'11 aprile 1980.

L'articolo 18 ribadisce il principio per cui nell'interpretare una convenzione internazionale occorre tener conto del suo carattere internazionale : di conseguenza, il giudice non potrà assimilare le disposizioni della convenzione, per ciò che concerne la loro interpretazione, a disposizioni di diritto puramente interno. Si è ritenuto che uno dei vantaggi del presente articolo potrebbe essere di consentire alle parti di avvalersi in giudizio di sentenze pronunciate in altri paesi.

È nello spirito del presente articolo che va risolto il problema della qualificazione, sul quale la convenzione si astiene dal formulare una norma specifica, conformandosi in ciò alla legge uniforme del Benelux, al progetto francese ed a numerose convenzioni dell'Aia.

Questo articolo 18 conserverà il suo interesse anche qualora, a seguito della dichiarazione comune fatta dai rappresentanti dei governi al momento dell'apertura alla firma della convenzione, il 19 giugno 1980, sia elaborato un protocollo che sottopone l'interpretazione della convenzione alla Corte di giustizia delle Comunità europee.

Articolo 19

Sistemi giuridici non unificati

Questo articolo è informato a disposizioni analoghe contenute in alcune convenzioni dell'Aia (redi ad esempio la convenzione sui regimi matrimoniali, articoli 17 e 18, e la convenzione sui contratti -degli intermediari, articoli 19 e 20).

Ai sensi del paragrafo 1, se uno Stato si compone di più unità territoriali di cui ciascuna ha le proprie norme in materia di obbligazioni contratuali, ogni unità territoriale è considerata come un paese ai fini della determinazione della legge applicabile secondo la presente convenzione. Se, ad esempio, nel caso previsto dall'articolo 4 la parte che fornisce la prestazione caratteristica ha la propria residenza abituale in Scozia, si presumerà che il contratto abbia il collegamento più stretto con la legge scozzese.

Il paragrafo 2 che interessa specificamente il Regno Unito, concerne l'ipotesi in cui la situazione presenti collegamenti con differenti unità territoriali di un unico Stato, senza presentarne con un altro Stato. In questo caso, il conflitto di leggi esiste ma riguarda unicamente lo Stato di cui trattasi, quindi quest'ultimo non ha alcun obbligo internazionale di risolvere il conflitto stesso applicando le norme della convenzione.

Articolo 20

Primato del diritto comunitario

L'articolo intende evitare un eventuale conflitto tra la presente convenzione e gli atti emanati o da emanarsi dalle istituzioni comunitarie, attribuendo il primato a questi ultimi. La formulazione dell'articolo è modellata su quella dell'articolo 52, comma 2 della convenzione del 27 settembre 1968, modificato dalla convenzione di adesione del 9 ottobre 1978.

Quanto all'oggetto, le disposizioni comunitarie che prevalgono sulla convenzione sono quelle che, in materie particolari, regolano i conflitti di leggi nel settore delle obbligazioni contrattuali. Ad esempio, quando sarà definitivamente adottato il regolamento relativo ai conflitti di leggi in materia di contratti di lavoro, tale regolamento prevarrà sulla convenzione.

Tuttavia, i governi degli Stati menbri esprimono il voto, in una dichiarazione comune, che detti strumenti comunitari siano in armonia con le disposizioni della convenzione.

Riguardo alla forma, le disposizioni comunitarie contemplate in questo articolo 20 si riferiscono sia ad atti emanati o da emanarsi dalle istituzioni delle Comunità europee, e cioè principalmente a regolamenti e direttive, sia a convenzioni concluse dalle Comunità, sia anche alle legislazioni nazionali armonizzate in esecuzione di tali atti. Il provvedimento legislativo o regolamentare adottato da uno Stato per adeguare il proprio ordinamento ad una direttiva mutua in un certo senso da quest'ultima il suo valore comunitario : ciò giustifica il primato che a tale provvedimento viene accordato sulla presente convenzione.

Infine, il primato che l'articolo 20 attribuisce al diritto comunitario è valido non soltanto per il diritto comunitario vigente al momento dell'entrata in vigore della presente convenzione, ma anche per quello che sarà adottato successivamente a tale entrata in vigore.

Articolo 21

Rapporti con altre convenzioni

Questo articolo, di cui si riscontrano formulazioni equivalenti nelle convenzioni dell'Aia sui regimi matrimoniali (articolo 20) e sui contratti degli intermediari (articolo 22), significa che la presente convenzione non pregiudica l'applicazione di qualsiasi altro strumento internazionale, presente o futuro, di cui uno Stato membro è o sarà parte, per esempio, convenzioni in materia di trasporti. Viene così riservata la possibilità di un'unificazione internazionale più intensa dell'intera materia della presente convenzione o di parte di essa.

Indubbiamente, questa disposizione non elimina tutte le difficoltà che sorgono nell'applicazione combinata della presente convenzione e di un'altra convenzione concorrente, specie se quest'ultima contempla una disposizione analoga a quella dell'articolo 21. Ma la soluzione a tali difficoltà di applicazione dev'essere ricercata senza pregiudicare l'osservanza degli obblighi internazionali da parte degli Stati che partecipano a varie convenzioni.

Inoltre, questo articolo 21 va letto in correlazione con gli articoli 24 e 25, il primo dei quali indica le condizioni alle quali uno Stato contraente può divenire parte di una convenzione multilaterale dopo che la presente convenzione è entrata in vigore nei suoi confronti, mentre il secondo contempla il caso in cui la conclusione di altre convenzioni comprometta l'unificazione realizzata dalla presente convenzione.

Articolo 22

Riserve

Questo articolo specifica le riserve che si possono fare alla convenzione, la cui giustificazione è stata esposta nella presente relazione nel quadro degli articoli 7, paragrafo 1 e 10, paragrafo 1, lettera e). Esso fissa, secondo la prassi generalmente seguita, in particolare nelle convenzioni dell'Aia, la procedura in base alla quale tali riserve potranno essere presentate o ritirate.

TITOLO III DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 23

Adozione unilaterale, da parte di uno Stato contraente, di una nuova norma di conflitto

L'articolo 23 è un testo singolare in quanto permette agli Stati contraenti, nel rispetto di determinate condizioni, di derogare unilateralmente alle norme della convenzione. Questa attenuazione della forza obbligatoria della convenzione è stata voluta a causa del campo estremamente vasto della convenzione stessa e del carattere per lo più estremamente generale delle sue norme. È stato ipotizzato il caso in cui uno Stato ritenga necessario modificare una norma di conflitto per ragioni di ordine politico, economico o sociale e si è cercata una soluzione flessibile che consenta agli Stati di ratificare la convenzione senza essere costretti a denunciarla il giorno in cui fossero costretti a derogarvi su un determinato punto.

Tuttavia, la possibilità di derogare unilateralmente alla convenzione è soggetta a determinate condizioni ed a determinati limiti.

In primo luogo, la deroga è possibile solo se consiste nell'adottare una nuova norma di conflitto per una categoria particolare di contratti. Ad esempio, l'articolo 23 non consente ad uno Stato di scostarsi dai principi della convenzione, ma gli permette di adottare, alle condizioni indicate, una norma di conflitto particolare, diversa da quelle della convenzione, ad esempio per i contratti conclusi da agenzie di viaggio, o per il contratto d'insegnamento per corrispondenza, la cui specificità potrebbe giustificare questa deroga alla norma comune. Beninteso, la procedura di deroga è imposta agli Stati soltanto se il contratto per cui desiderano adottare una nuova norma di conflitto rientra nel campo d'applicazione della convenzione.

In secondo luogo, la deroga è soggetta a determinati requisiti procedurali. Lo Stato che desidera derogare alle disposizioni della convenzione deve comunicare la sua intenzione agli altri Stati firmatari tramite il segretario generale del Consiglio delle Comunità. Quest'ultimo intraprenderà, se uno Stato ne faccia richiesta, consultazioni tra gli Stati firmatari allo scopo di raggiungere un accordo. Se, nel termine di due anni, nessuno Stato abbia domandato la consultazione o se non sia intervenuto un accordo in seguito alle consultazioni, lo Stato potrà introdurre nella propria legislazione le modifiche prospettate.

Il gruppo ha esaminato se questa procedura debba applicarsi quando gli Stati contraenti desiderano adottare una norma dei tipo di cui all'articolo 7 della convenzione, vale a dire una norma imperativa che è di applicazione obbligatoria qualunque sia il diritto applicabile al contratto. Il gruppo ha ritenuto che gli Stati non debbano essere obbligati, prima di adottare tale norma, a seguire la procedura prevista all'articolo 23. Tuttavia, per non incorrere nell'articolo 23, tale norma deve soddisfare i criteri stabiliti nell'articolo 7 e deve potersi giustificare con il carattere imperativo della norma di diritto materiale da essa creata. Il fine ricercato non è di permettere agli Stati contraenti di sottrarsi alle condizioni dell'articolo 23 facendo passare per una norma imperativa del tipo di cui all'articolo 7 una norma di conflitto che riguarda problemi di cui non sia comprovato il carattere assolutamente imperativo.

Articoli 24 e 25

Nuove convenzioni

La procedura di consultazione che l'articolo 23 impone allo Stato che desidera derogare alla convenzione mediante l'adozione di una modificazione del proprio diritto nazionale, è imposta altresì allo Stato che desidera derogare alla presente convenzione divenendo parte di un'altra convenzione.

Questo regime di «libertà vigilata» imposto agli Stati contraenti si applica soltanto alle convenzioni che abbiano quale oggetto principale o comprendano tra i loro oggetti principali una disciplina di diritto internazionale privato concernente una delle materie disciplinate dalla presente convenzione. Pertanto, gli Stati possono liberamente aderire ad una convenzione che unifichi il diritto materiale di questo o di quel contratto, per esempio in materia di trasporti, e che contenga in via accessoria una norma di diritto internazionale privato. Ma nel settore così limitato, la procedura di consultazione si applica anche alle convenzioni che siano state aperte alla firma prima dell'entrata in vigore della presente convenzione.

Il paragrafo 2 dell'articolo 24 riduce ulteriormente la portata dell'obbligo imposto agli Stati, precisando che la procedura di cui al primo comma non sarà seguita: 1. se l'oggetto della nuova convenzione sia la revisione di una precedente convenzione. In effetti, la soluzione contraria avrebbe avuto il risultato negativo di paralizzare ogni aggiornamento delle convenzioni esistenti ;

2. se uno o più Stati contraenti o una delle Comunità europee siano gia parti della nuova convenzione;

3. se la nuova convenzione è conclusa nell'ambito dei trattati istitutivi delle Comunità europee, in particolare se si tratta di una convenzione multilaterale di cui una delle Comunità sia già parte. Tali norme sono consone al primato del diritto comunitario previsto dall'articolo 20.

L'articolo 24 stabilisce quindi una chiara distinzione tra le convenzioni alle quali gli Stati contraenti possono liberamente aderire e quelle di cui possono divenire parti soltanto alla condizione di sottoporsi ad apposita procedura consultiva.

Per le prime, l'articolo 25 prevede il caso in cui la loro conclusione comprometta l'unificazione realizzata dalla presente convenzione. Qualora uno Stato contraente ritenga che tale possibilità sussista, esso può domandare al segretario generale del Consiglio delle Comunità di avviare una procedura di consultazione. La formulazione di questo articolo implica che il segretario generale del Consiglio dispone di un certo potere discrezionale. La dichiarazione comune allegata alla presente convenzione prevede pure che gli Stati si consultino tra loro, anche prima dell'entrata in vigore di quest'ultima, qualora uno di essi desideri divenirne parte.

Per la seconda categoria di convenzioni, dovrà essere seguita la procedura consultiva prevista dall'articolo 23, ma il termine di due anni è ridotto ad un anno.

Articolo 26

Revisione

Questo articolo prevede l'eventualità di una revisione della convenzione. Esso è analogo all'articolo 67 della convenzione del 27 settembre 1968.

Articoli 27-33

Clausole protocollari d'uso

L'articolo 27 definisce i territori degli Stati membri ai quali si applica la convenzione (vedi articolo 60 della convenzione del 27 settembre 1968 riveduta). Gli articoli 28 e 29 riguardano l'apertura alla firma e la ratifica della convenzione. L'articolo 28 non specifica le modalità secondo le quali ciascuno Stato contraente introdurrà le disposizioni della convenzione nel suo diritto nazionale. Si tratta infatti di una questione la cui soluzione è demandata, per consuetudine internazionale, agli Stati interessati. Ogni Stato contraente potrà quindi applicare la presente convenzione conferendole direttamente forza di legge o inserendone le disposizioni nella legislazione nazionale in una forma adeguata. La disposizione più notevole è quella dell'articolo 29, paragrafo 1, che prevede l'entrata in vigore della convenzione in seguito al deposito del settimo strumento di ratifica. Si è ritenuto che esigere la ratifica da parte di tutti i nove Stati contraenti avrebbe potuto ritardare eccessivamente l'entrata in vigore.

L'articolo 30 dispone che la convenzione avrà una durata di dieci anni e sarà rinnovata tacitamente di cinque in cinque anni. Per gli Stati che ratificheranno la convenzione dopo la sua entrata in vigore, il periodo di 10 anni o di 5 anni da prendere in considerazione è quello che decorre per i primi Stati nei confronti dei quali la convenzione è entrata in vigore (articolo 29, paragrafo 1). L'articolo 30, paragrafo 3, prevede una facoltà di denuncia analoga a quella esistente nelle convenzioni dell'Aia (vedi ad esempio l'articolo 28 della convenzione sugli intermediari). La denuncia ha effetto alla scadenza del periodo di dieci anni o di cinque anni, a seconda dei casi (vedi articolo 30, paragrafo 3). L'articolo non ha equivalenti nella convenzione del 27 settembre 1968. Tale differenza si spiega per il fatto che la presente convenzione, all'opposto di quella del 1968, non ha la sua base giuridica diretta nell'articolo 220 del trattato di Roma. Si tratta di una convenzione conclusa liberamente tra gli Stati della Comunità e non imposta dal trattato.

Gli articoli 31 e 33 affidano la gestione della convenzione (deposito della convenzione e notifica agli Stati firmatari) al segretario generale del Consiglio delle Comunità europee.

La convenzione non contiene alcuna disposizione relativa all'adesione di Stati terzi. Il gruppo di lavoro non ha raggiunto un accordo in merito. Pertanto, se uno Stato terzo chiedesse di divenire parte della convenzione, sarebbe necessario prevedere un'apposita consultazione tra gli Stati membri.

È stato invece risolto il quesito relativo alla situazione, nei confronti della convenzione, degli Stati che in futuro entrino a far parte della Comunità economica europea.

Il gruppo di lavoro ha ritenuto di non poter regolare nella convenzione stessa tale questione, che è piuttosto materia della convenzione di adesione dei nuovi membri. Pertanto, esso si è semplicemente limitato a elaborare una dichiarazione comune degli Stati contraenti, in cui ha espresso l'opinione che i nuovi Stati membri avrebbero l'obbligo di aderire anche alla presente convenzione.

Protocollo relativo all'articolo 169 della legge danese sul diritto del mare

La legge danese sul diritto del mare è una legge uniforme comune ai paesi scandinavi. Dati i metodi di cooperazione giuridica adottati da tali paesi, questa legge non si basa su una convenzione ma risulta dall'adozione simultanea di leggi identiche da parte dei parlamenti di detti paesi.

L'articolo 169 della legge danese enuncia alcune norme concernenti la scelta della legge applicabile. Queste norme si basano in parte sulla convenzione internazionale del 1924 per l'unificazione di alcune norme in materia di polizza di carico, emendata dal protocollo del 1968 (norme dell'Aia e di Visby). Se del caso, queste norme sono mantenute ai sensi dell'articolo 21 della presente convenzione, anche dopo la ratifica da parte della Danimarca.

L'articolo 169 prevede tuttavia alcune norme complementari concernenti la scelta della legge applicabile in materia di contratti di trasporto marittimo. La Danimarca avrebbe potuto mantenere queste norme sulla base dell'articolo 21 qualora la cooperazione tra paesi scandinavi fosse realizzata mediante l'adozione di convenzioni. È stato convenuto che l'adozione di un altro metoto di cooperazione non impedirà alla Danimarca di mantenere tali norme che derivano dalla cooperazione tra paesi scandinavi nel campo dell'unificazione delle legislazioni. La norma del protocollo che consente la revisione dell'articolo 169 senza dover seguire la procedura prevista nell'articolo 23 corrisponde alla norma dell'articolo 24, paragrafo 2, della convenzione, che riguarda la revisione delle altre convenzioni di cui sono anche parti gli Stati parti della presente convenzione.

NOTE della relazione sul progetto di convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali

(1) Verbale della riunione del 26 - 28 febbraio 1969. (2) Verbale della riunione del 26 - 28 febbraio 1969, pag. 3, 4 e 9. (3) Documento della Commissione della Comunità europee 12.665/XIV/68. (4) Verbale della riunione del 26 - 28 febbraio 1969. (5) Verbale della riunione del 20 - 22 ottobre 1969. (6) Verbale della riunione del 2 - 3 febbraio 1970. (7) Vedi i seguenti documenti della Commissione : 12.153/XIV/70 (questionario elaborato dal sig. Giuliano e risposte dei relatori) ; 6.975/XIV/70 (questionario elaborato dal sig. van Sasse van Ysselt e risposte dei relatori) ; 15.393/XIV/70 (questionario elaborato dal sig. Lagarde e risposte dei relatori). (8) Le riunioni si sono svolte alle date seguenti : 28 settembre - 2 ottobre 1970 ; 16 - 20 novembre 1970 ; 15 - 19 febbraio 1971 ; 15 - 19 marzo 1971 ; 28 giugno - 2 luglio 1971 ; 4 - 8 ottobre 1971 ; 29 novembre - 3 dicembre 1971 ; 31 gennaio - 3 febbraio 1972 ; 20 - 24 marzo 1972 ; 29 - 31 maggio 1972 ; 21 - 23 giugno 1972. (9) Verbale della riunione del 22 - 23 giugno 1972, pag. 29 e seguenti. (10) Le riunioni si sono svolte alle date seguenti : 22 - 23 settembre 1975 ; 17 - 19 dicembre 1975 ; 1° - 5 marzo 1976 ; 23 - 30 giugno 1976 ; 16 - 17 dicembre 1976 ; 21 - 23 febbraio 1977 ; 3 - 6 maggio 1977 ; 27 - 28 giugno 1977 ; 19 - 23 settembre 1977 ; 12 - 15 dicembre 1977 ; 6 - 10 marzo 1978 ; 5 - 9 giugno 1978 ; 25 - 28 settembre 1978 ; 6 - 10 novembre 1978 ; 15 - 16 gennaio 1979 ; 19 - 23 febbraio 1979. (11) L'elenco degli esperti governativi che hanno partecipato ai lavori di questo gruppo ad hoc o ai lavori del gruppo presieduto dal sig. Jenard, è allegato alla presente relazione. (12) Tre tipi di lavori sono stati svolti nel quadro delle Comunità europee in materia di diritto delle società. Si tratta, in primo luogo, delle direttive previste dall'articolo 54, paragrafo 3, lettera g) del trattato CEE. Quattro di tali direttive sono entrate in vigore : la prima, in data 9 marzo 1968 (GU n. L 65 del 14.3.1968), riguarda la pubblicità, la validità delle obbligazioni e la nullità delle società per azioni e delle società a responsabilità limitata ; la seconda, in data 13 dicembre 1976 (GU n. L 26 del 31.1.1977), riguarda la costituzione della società per azioni, la conservazione e le modifiche del capitale sociale ; la terza, in data 9 ottobre 1978 (GU n. L 295 del 20.10.1978), concerne le fusioni delle società ; la quarta, in data 25 luglio 1978 (GU n. L 222 del 14.8.1978), riguarda i bilanci annuali. Altre quattro direttive sono state attualmente proposte dalla Commissione al Consiglio. Esse riguardano : la struttura della società per azioni (GU n. C 131 del 13.12. 1972) ; l'ammissione dei titoli in borsa (GU n. C 131 del 13.12.1972) ; i bilanci consolidati (GU n. C 121 del 2.6.1971) ; le qualifiche obbligatorie per le persone che esercitano il controllo legale dei bilanci delle società di capitali (GU n. C 112 del 13.5.1978). Si tratta, in secondo luogo, delle convenzioni previste dall'articolo 220 del trattato CEE. Una di queste convenzioni, che riguarda il reciproco riconoscimento delle società e persone giuridiche, è stata firmata a Bruxelles il 29 febbraio 1968 (il testo è stato pubblicato nel Supplemento al bollettino delle Comunità europee, n. 2 del 1969). Il progetto di una seconda convenzione, concernente le fusioni internazionali, verrà prossimamente presentato al Consiglio. Infine, sono stati effettuati i lavori per la creazione di uno statuto della società per azioni europea. Tali lavori si sono conclusi con la proposta di regolamento relativo allo statuto delle società per azioni europee, in data 30 giugno 1970 (GU n. C 124 del 10.10.1970). (13) Per il testo della sentenza vedi : Rev. crit., 1911, pag. 395 ; Journal dr. int. privé, 1912, pag. 1156. In dottrina, vedi Batiffol e Lagarde, Droit international privé (2 vol.), 6a ed., Parigi, 1974 - 1976, II, N. 567 - 573, pag. 229 - 241. (14) Kegel, Internationales Privatrecht. Ein Studienbuch, 3a ed., München - Berlin, 1971, paragrafo 18, pag. 253 - 257 ; Kegel, Das IPR im Einführungsgesetz zum BGB, in Soergel-Siebert, Kommentar zum BGB (Band 7), 10a ed., 1970, pag. 220 - 225 ; Reithmann, Internationales Vertragsrecht. Das Internationale Privatrecht der Schuldverträge, 3a ed., Köln, 1980, nn. 5 - 6 ; Drobnig, American-German Private International Law, 2a ed., New York, 1972, pag. 225 - 232. (15) Morelli, Elementi di diritto internazionale privato italiano, 10a ed., Napoli, 1971, nn. 97 - 98, pag. 154 - 157 ; Vitta, op. cit., III, pag. 229 - 290. (16) Rev. crit., 1938, pag. 661. (17) Frederic, La vente en droit international privé, in Recueil des Cours de l'Ac. de la Haye, Vol. 93 (1958-I), pag. 30 - 38 ; Rigaux, Droit international privé, Bruxelles, 1968, nn. 348 - 349 ; Vander Elst, Droit international privé. Règles générales des conflits de lois dans les différentes matières de droit privé, Bruxelles, 1977, n. 56, pag. 100 e seguenti. (18) Il testo della sentenza nella causa Alnati (Nederlandse Jurisprudentie, 1967,3) è riportato in francese in Rév. crit., 1967, pag. 522 (Struycken, nota alla sentenza Alnati). Per quanto riguarda la dottrina vedi J.E.J. Th. Deelen, Rechtskeuze in het Nederlands internationaal contractenrecht, Amsterdam, 1965 ; W.L.G. Lemaire, Nederlands internationaal privaatrecht, 1968n, pag 242 e seguenti : Jessurun d'Oliveira, Kotting, Bervoets en De Boer, Partij-invloed in het Internationaal Privaatrecht, Amsterdam, 1974. (19) Il principio della libertà di scelta è riconosciuto in Inghilterra almeno dal 1796 : vedi Gienar contro Mieyer (1796), 2 Hy. Bl. 603. (20) [1939] A.C. 277, pag. 290. (20a) Vedi, per esempio, la legge del 1978 relativa alla tutela dell'occupazione (misure di rafforzamento) [Employment Protection (Consolidation) Act 1978], s. 153 (5) e la legge del 1974 relativa ai sindacati e ai rapporti di lavoro [Trade Union and Labour Relations Act 1974], s. 30 (6). (20b) Legge del 1977 relativa alle clausole contrattuali abusive [Unfair Contract Terms Act 1977], s. 27 (2). (20c) Anton, Private International Law, pag. 187 - 192. (20d) Compreso il caso in cui le parti hanno cercato di fare una scelta esplicita, che è stata però effettuata in modo troppo confuso. (20e) Causa Compagnie d'armement maritime SA contro Compagnie tunisienne de navigation SA [1971] AC 572, pag. 584, 587 - 591, 596 - 600 e 604 - 607. (21) Lando, Contracts, in International Encyclopedia of Comparative Law, vol. III, Private International Law (Lipstein, Chief Editor), sezioni 51 e 54, pag. 28 - 29 ; Philip, Dansk International Privat-og Procesret, 2a ed., Copenaghen, 1972, pag. 291. (22) C.P.J.I., Publications, Série A, nn. 20 - 21, pag. 122. (23) International Law Reports, vol. 27, pag. 117 - 233, pag. 165 ; Riv. dir. int., 1963, pag. 230 - 249, pag. 244. (24) Per un riassunto di questa sentenza, con ampie citazioni, vedi Lalive, Un récent arbitrage suisse entre un organisme d'Etat et une société privée étrangère, in Annuaire suisse de dr. int., 1963, pag. 273 - 302, specialmente pag. 284 - 288. (25) Int. Legal Mat., 1979, pag. 3 - 37, a pag. 11 ; Riv. dir. int., 1978, pag. 514 - 517, a pag. 518. (26) La prima convenzione era in vigore, alla data del 1° ottobre 1976, tra i seguenti otto paesi europei : Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Italia, Norvegia, Svezia, Svizzera. Anche il Niger ha aderito alla convenzione. Per il testo della seconda e terza convenzione vedi : Associazione italiana per l'arbitrato, Conven-tions multilatérales et autres instruments en matière d'arbitrage, Roma, 1974, pag. 86 - 114. Per il testo della quarta convenzione vedi Conf. de La Haye de droit international privé, Recueil des conventions (1951 - 1977), pag. 252. Per lo stato delle ratifiche e adesioni alle suddette convenzioni alla data del 1° febbraio 1976 vedi Giuliano, Pocar et Treves, Codice delle convenzioni di diritto internazionale privato e processuale, Milano, 1977, pag. 1404, 1466 e seguenti, 1497 e seguenti. (27) Kegel, Das IPR, cit., nn. 269 - 273 e note 1 e 3 ; Batiffol e Lagarde, Droit international privé, cit., II, n. 592, pag. 243 ; sentenza della Cour de Cassation francese del 18 novembre 1959 nella causa Soc. Deckardt contro Etabl. Moatti, in Rev. crit., 1960, pag. 83. (28) Vedi Trib. Rotterdam, 2 aprile 1963, S § S 1963, pag. 53 ; Kollewijn, De rechtskeuze achteraf, Neth. Int. Law Rev., 1964, pag. 255 ; Lemaire Nederlands Internationaal Privaatrecht, 1968, pag. 265. (29) Riv. dir. int. priv. proc., 1967, pag. 126 e seguenti. (30) V. Treves T., Sulla volontà delle parti di cui all'articolo 25 delle preleggi e sul momento del suo sorgere, in Riv. dir. int. priv. proc., 1967, pag. 315 e seguenti. (31) Per un'analisi comparativa vedi Rabel, The Conflict of Laws. A comparative study, II, 2a ed. Ann Arbor, 1960, Chapter 30, pag. 432 - 486. (32) Batiffol e Lagarde, Droit international privé, cit., II, nn. 572 e seguenti, pag. 236 e seguenti e vedi altresì il saggio di Battifol, Subjectivisme et objectivisme dans le droit international privé des contrats, riprodotto in una scelta di articoli curata dai suoi amici, Parigi, 1976, pag. 249 - 263. (33) Rev. crit., 1955, pag. 330. (34) Secondo la giurisprudenza tedesca, con «hypotetischer Parteiwille» non si intende la ricerca delle presunte intenzioni delle parti, ma, ai fini della determinazione del diritto applicabile, una ragionevole ed equa valutazione degli interessi in causa su una base obiettiva (BGH del 14 aprile 1953, in IPRspr., 1952-1953, n. 40, pag. 151 e seguenti). Secondo un'altra sentenza «quando si tratta di valutare gli interessi in causa la questione fondamentale è di accertare dove si trovi il centro di gravità del rapporto contrattuale in oggetto (BGH del 14 luglio 1955, in IPRspr., 1954-1955, n. 67, pag. 206 e seguenti). Su tale nozione si consulti : Kegel, Internationales Privatrecht, cit., paragrafo 18, pag. 257 e seguenti ; Kegel, Das IPR, cit., nn. 240-268, nonché i numerosi riferimenti alla prassi giudiziaria riportati nelle note ; Reithmann, Internationales Vertragsrecht, cit., pag. 42 e seguenti. (35) Vedi Bonython contro Commonwealth of Australia [1951] A.C. 201, pag. 219 ; Tomkison contro First Pennsylvania Banking and Trust Co. [1961] A.C. 1007, pag. 1068, 1081 - 1082 ; James Miller and Partners Ltd contro Whitworth Street Estates (Manchester) Ltd [1970] A.C. 583, pag. 603, 605 - 606 e 601 - 611 ; Compagnie d'armement maritime SA contro Compagnie tunisienne de navigation SA [1971] A.C. 572, pag. 583, 587, 603 ; Coast Lines Ltd contro Huding and Veder Chartering N.V. [1972] 2 Q.B. 34, pag. 44, 46 e 50. (36) Mount Albert Borough Council contro Australian Temperance and General Mutual Life Assurance Society [1938] A.C. 224, pag. 240, di Lord Wright ; The Assunzione [1974], pag. 150, pag. 175 - 179 di Singleton L.J. (36a) Anton, Private International Law, pag. 192 - 197. (37) Vedi in questo senso : Cour de cassation, sentenza del 28 marzo 1953 (n. 827), precitata ; Cour de cassation (a sezioni riunite), sentenza del 28 giugno 1966 (n. 1680), precitata ; Cour de cassation, sentenza del 30 aprile 1969 (n. 1403) nella causa Officine Musso contro Société Sevplant (Riv. dir. int. priv. proc., 1970, pag. 332 e seguenti. In dottrina : Morelli, Elementi di diritto internazionale privato, cit., n. 97, pag. 155 ; Vitta, Dir. intern. privato (3 V), Torino 1972 - 1975, III, pag. 229 - 290. (38) Vedi in particolare Vischer, Internationales Vertragsrecht, Bern, 1962, specialmente pag. 89 - 144. All'opera precitata facciamo parimenti rinvio per un quadro della giurisprudenza che ha adottato questo criterio di collegamento. Vedi anche la sentenza del 1° aprile 1970 della Corte d'appello di Amsterdam, nella causa NAP N.V. contro Christophery. (39) È la soluzione adottata dalla Corte d'appello di Limoges nella sentenza del 10 novembre 1970, nonché dal Tribunale di commercio di Parigi nella sentenza del 4 dicembre 1970 (Rev. crit., 1971, pag. 703 e seguenti). Alla stessa soluzione si ispira la Corte suprema dei Paesi Bassi nella sentenza del 6 aprile 1973 (N.I. 1973 N. 371). Vedi anche l'articolo 6 della convenzione dell'Aia del 14 marzo 1978 sulla legge applicabile ai contratti conclusi da intermediari e alla rappresentanza. (40) Per le sentenze menzionate nel testo vedi : Rev. crit., 1967, pag. 521 - 523 ; [1920] 2 A.B. 287 ; [1958] A.C. 301 ; [1963] 2 K.B. 352 e più recentemente : R. van Rooij, De positie van publiekrechtlijke regels op het terrein van het international privaatrecht, 1976, pag. 236 e seguenti ; L. Strikwerda, Semipubliekrecht in het conflichtenrecht, 1978, pag. 76 e seguenti. (40a) Su questo articolo vedi in dottrina le osservazioni di Vischer, The antagonism between legal security and search of justice in the field of contract, in Recueil de l'Académie de La Haye, Vol. 142 (1974, II) pag. 21 - 30 ; Lando, op. cit., nn. 200 - 203, pag. 106 - 110 ; Segre (T), Il diritto comunitario della concorrenza come legge d'applicazione necessaria, in Riv. dir. int. priv. e proc., 1979, pag. 75 - 79 ; Drobnig, Comments on art. 7 of the draft convention in European Private International Law of obligations edited by Lando - von Hoffman-Siehr, Tübingen 1975, pag. 88 e seguenti. (41) V. Delaporte, Recherches sur la forme des actes juridiques en droit international privé, Tesi Parigi I, 1974, ciclostilata, n. 123 e seguenti. (42) V. Delaporte, op. cit., n. III. (43) L'eventuale applicazione della legge nazionale comune è esplicitamente prevista dall'articolo 26 delle Disposizioni preliminari del codice civile italiano. Vedi anche l'articolo 2315 del progetto francese del 1967. (44) La soluzione adottata s'ispira a quella che è stata consacrata, ma in un ambito più vasto, dalla Cass. ital. 30 aprile 1969, Riv. dir. int. priv. e proc., 1970, pag. 332 e seguenti. Essa si oppone a quella data dalla Corte di cassazione di Francia, 10 dicembre 1974, Rev. crit. dr. inter. pr., 1975, pag. 474, nota A.P. La soluzione alternativa prevale anche nel Regno Unito, Van Grutten, v. Digby (1862), 31 Beav. 561 ; vedi Cheshire e North, P.I.L., 10a ed., pag. 220. (45) Soluzione adottata a titolo principale in Germania, articolo 11 E.G.B.G.B. ; a titolo sussidiario in Italia (art. 26 disp. prel.) e in Francia (Cass. 26 maggio 1963, Rev. crit. dr. int. pr., 1964, pag. 513, e nota Loussouarn ; 10 dic. 1974 prec., supra, nota 44 ; ammessa implicitamente dal progetto Benelux (articolo 19). (46) Vedi le citazioni alla nota precedente. (47) Vedi ad esempio articolo 13, comma 4 del trattato Benelux del 1969 non entrato in vigore. (48) Per una analisi comparativa in proposito vedi : Toubiana, Le domaine de la loi du contrat en droit international privé (contrats internationaux et dirigisme économique), Paris, 1972, spec. pag. 1 - 146 ; Lando, Contracts, in International Encyclopedia of Comparative Law, vol. III, Private International Law (Lipstein, Chief Editor), sezioni 199 - 231, pag. 106 - 125. (49) Vedi in proposito l'articolo 4 della convenzione dell'Aia del 1955 sulla legge applicabile alle vendite a carattere internazionale di cose mobili. (50) Vedi il trattato Benelux del 1969 non entrato in vigore (articolo 2), le disposizioni preliminari del codice civile italiano (articolo 1), la legge introduttiva del codice civile tedesco (articolo 7) e la giurisprudenza francese ; Req. 16 gennaio 1861, Lizardi, D.P. 1861.1.193, S. 1861.1.305. (51) Vedi articolo 20, comma 3 del trattato Benelux del 1969 non entrato in vigore e, in Francia, Cass. 24 febbraio 1959 (Isaac), D. 1959 J. 485 ; 12 febbraio 1963 (Ruffini contro Sylvestre), Rev. crit. d.i.p., 1964, pag. 121. (52) Vedi Kegel, IPR., 4a ed., pag. 173 ; Batiffol e Lagarde, 6a ed., pag. 394 ; articolo 2 della convenzione relativa alla legge applicabile alle vendite a carattere internazionale di cose mobili, 15 giugno 1955 ; articolo 5 della convenzione relativa alla legge applicabile ai contratti di intermediari, del 14 marzo 1978 ; Dicey and Morris, 9a ed., pag. 723 - 724. (53) Vedi Actes et documents de la conférence de la Haye, IX Sessione, t. III, Testaments (1961), relazione esplicativa, pag. 170.

ELENCO DEI PARTECIPANTI (1)

Lavori sotto l'egida della Commissione

>PIC FILE= "T0035329"> Lavori sotto l'egida del Consiglio

>PIC FILE= "T0035330"> (1) Inoltre, altri esperti, non citati nel presente elenco, hanno partecipato all'esame di taluni problemi specifici. Trattasi in particolare delle seguenti materie : assicurazione, trasporti, diritto del lavoro, interpretazione della Corte di giustizia delle Comunità europee. >PIC FILE= "T0035331">

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