CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
PEDRO CRUZ VILLALÓN
presentate il 20 ottobre 2011 (1)
Causa C‑507/10
X
contro
Y
(Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze)
«Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2001/220/GAI – Posizione della vittima nel procedimento penale – Audizione del minore in qualità di testimone – Incidente probatorio – Rifiuto del pubblico ministero di chiedere al Giudice per le indagini preliminari di disporre l’esecuzione dell’incidente probatorio – Diritto di ricorso avverso le decisioni del pubblico ministero»
1. La decisione quadro 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (2) (in prosieguo: «la decisione quadro»), continua a suscitare dubbi interpretativi circa l’applicazione delle sue disposizioni alle vittime particolarmente vulnerabili, nella specie ai minori. Successivamente alla sentenza della Corte di giustizia nella causa Pupino (3), il giudice che propose allora la domanda di pronuncia pregiudiziale ci interroga di nuovo sulla portata degli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro e sulla loro relazione con l’istituto dell’«incidente probatorio» previsto nel processo penale italiano, che rende possibile l’assunzione anticipata della prova nella fase istruttoria nei casi in cui la vittima del reato sia un minore.
2. Più specificamente, il Giudice per le indagini preliminari (in prosieguo: «il G.I.P.») di Firenze solleva due questioni dinanzi alla Corte di giustizia relative alla conformità con la decisione quadro della normativa che disciplina il menzionato incidente probatorio. Con la prima questione egli chiede se una normativa come quella italiana, nell’attribuire esclusivamente al pubblico ministero e alla persona sottoposta alle indagini l’iniziativa per l’esecuzione dell’incidente probatorio, sia compatibile con la decisione quadro, nei limiti in cui il pubblico ministero non è obbligato a formulare la richiesta di incidente probatorio a seguito di domanda in tal senso della vittima minorenne. Con la seconda questione, il giudice del rinvio vuole sapere se la decisione quadro attribuisca alla vittima minorenne un diritto di ricorso contro la decisione motivata del pubblico ministero recante rigetto della domanda di quest’ultima volta ad ottenere l’esecuzione dell’incidente probatorio.
I – Contesto normativo
A – La normativa dell’Unione
3. La decisione quadro, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, istituisce un regime di tutela diretto ad armonizzare le disposizioni nazionali che disciplinano tale procedimento. A tal fine, l’art. 1, lett. a), definisce la nozione di «vittima» come segue:
«a) “vittima”: la persona fisica che ha subìto un pregiudizio, anche fisico o mentale, sofferenze psichiche, danni materiali causati direttamente da atti o omissioni che costituiscono una violazione del diritto penale di uno Stato membro».
4. L’art. 2, intitolato «Rispetto e riconoscimento», sottolinea la necessità di riconoscere un trattamento specifico alle vittime particolarmente vulnerabili ed è così formulato:
«1. Ciascuno Stato membro prevede nel proprio sistema giudiziario penale un ruolo effettivo e appropriato delle vittime. Ciascuno Stato membro si adopererà affinché alla vittima sia garantito un trattamento debitamente rispettoso della sua dignità personale durante il procedimento e ne riconosce i diritti e gli interessi giuridicamente protetti con particolare riferimento al procedimento penale.
2. Ciascuno Stato membro assicura che le vittime particolarmente vulnerabili beneficino di un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione».
5. Il diritto della vittima ad essere sentita si erige ad uno dei principali aspetti caratterizzanti lo statuto previsto nella decisione quadro, garantendo altresì un trattamento proporzionale e conforme agli obiettivi del processo che eviti procedure onerose. A tali effetti l’art. 3 dispone quanto segue:
«Articolo 3
Audizione e produzione di prove
Ciascuno Stato membro garantisce la possibilità per la vittima di essere sentita durante il procedimento e di fornire elementi di prova.
Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le autorità competenti interroghino la vittima soltanto per quanto è necessario al procedimento penale».
6. Infine, l’art. 8 prevede diversi diritti conferiti alla vittima a sua tutela, compreso quello delle vittime vulnerabili a testimoniare in condizioni compatibili con la loro dignità e situazione particolare:
«Articolo 8
Diritto alla protezione
1. Ciascuno Stato membro garantisce un livello adeguato di protezione alle vittime di reati ed eventualmente ai loro familiari o alle persone assimilabili, in particolare per quanto riguarda la sicurezza e la tutela dell’intimità della vita privata, qualora le autorità competenti ritengano che esista una seria minaccia di atti di ritorsione o prova certa di un serio intento di intromissione nella sfera della vita privata.
2. A tal fine e fatto salvo il paragrafo 4, ciascuno Stato membro garantisce, se necessario nell’ambito di una procedura giudiziaria, la possibilità di protezione appropriata della sfera privata e dell’immagine fotografica della vittima, dei suoi familiari o delle persone assimilabili.
3. Ciascuno Stato membro garantisce altresì che si evitino i contatti tra vittima e autori del reato negli edifici degli organi giurisdizionali a meno che lo imponga il procedimento penale. A tal fine, se del caso, ciascuno Stato membro provvede a munire progressivamente tali edifici di luoghi di attesa riservati alle vittime.
4. Ove sia necessario proteggere le vittime, in particolare le più vulnerabili, dalle conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica, ciascuno Stato membro garantisce alla vittima la facoltà, in base ad una decisione del giudice, di rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo e che siano compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento».
B – Normativa nazionale
7. L’art. 111 della Costituzione italiana si riferisce alle garanzie del processo penale e rileva, tra diverse questioni, l’importanza del principio del contraddittorio, come delle sue eccezioni, nelle procedure di formazione della prova:
«Articolo 111
La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
(…)
Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore.
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.
(…)».
8. L’art. 112 della Costituzione italiana si riferisce al ruolo del pubblico ministero nel processo penale e sottolinea che questi «ha l’obbligo di esercitare l’azione penale».
9. L’art. 392, comma 1 bis, del Codice di procedura penale italiano (in prosieguo: il «CPP») (4) contempla la possibilità che venga eseguito un incidente probatorio, volto alla precostituzione o all’anticipazione dell’acquisizione della prova nella fase istruttoria:
«Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, 612 bis, 600, 600 bis, 600 ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600 quater.1, 600 quinquies, 601 e 602 del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1».
10. La facoltà della persona offesa di chiedere l’incidente probatorio è stabilita nell’art. 394 CPP nei termini seguenti:
«1. La persona offesa può chiedere al pubblico ministero di promuovere un incidente probatorio.
2. Se non accoglie la richiesta, il pubblico ministero pronuncia decreto motivato e lo fa notificare alla persona offesa».
11. Lo svolgimento dell’incidente probatorio è descritto in dettaglio all’art. 398, comma 5 bis, CPP, che così stabilisce:
«Nel caso di indagini che riguardino ipotesi di reato previste dagli articoli 600, 600 bis, 600 ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600 quater.1, 600 quinquies, 601, 602, 609 bis, 609 ter, 609 quater, 609 octies e 612 bis del codice penale, il giudice, ove fra le persone interessate all’assunzione della prova vi siano minorenni, con l’ordinanza di cui al comma 2, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all’incidente probatorio, quando le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l’udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l’abitazione della persona interessata all’assunzione della prova. Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell’interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti».
II – Fatti
12. Il sig. X e la sig.ra Y, genitori della minore Z, ponevano fine ad una convivenza stabile nel giugno del 2007. A partire da allora tra i due si produceva una situazione litigiosa nell’ambito della quale si incrociavano diverse denunce. In una di esse la sig.ra Y comunicava alle autorità il suo sospetto che il sig. X avesse commesso atti sessuali con loro figlia, all’epoca minorenne, avvenuti, secondo quanto dalla stessa asserito, nel mese di giugno 2007. La gravità delle accuse giustificava l’avvio della fase istruttoria del procedimento penale dinanzi al Giudice per le indagini preliminari.
13. Secondo quanto risulta dall’ordinanza di rinvio, come dal fascicolo nazionale rimesso dinanzi a questa Corte di giustizia, in data 8 maggio 2008 il pubblico ministero ha chiesto al G.I.P. l’archiviazione della causa, ritenendo la denuncia infondata (5).
14. Il 27 maggio 2008 la rappresentante della persona offesa presentava opposizione formale alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero. Il G.I.P. ne dava comunicazione alle parti e alla persona offesa, che chiedeva l’esecuzione dell’incidente probatorio. Nonostante il pubblico ministero presentasse una nuova richiesta di archiviazione, il G.I.P. la respingeva e disponeva successivamente l’esecuzione dell’incidente probatorio, che ebbe luogo il 9 novembre 2009.
15. Il difensore del sig. X proponeva ricorso dinanzi alla Corte di cassazione avverso la decisione del G.I.P. di ordinare l’esecuzione dell’incidente probatorio, che veniva accolto con decisione del 27 maggio 2010. La decisione impugnata veniva annullata, e con essa tutti gli atti diretti all’esecuzione dell’incidente probatorio.
16. Il 14 luglio 2010 il pubblico ministero chiedeva ancora una volta l’archiviazione della causa, richiamando gli argomenti esposti nella sua prima richiesta e gli elementi apportati successivamente, che, a suo parere, non modificavano la sua valutazione iniziale dei fatti. La rappresentante della vittima presentava opposizione alla richiesta del pubblico ministero e aveva pertanto luogo un’altra udienza, a seguito della quale il G.I.P. decideva di proporre la domanda di pronuncia pregiudiziale.
III – La domanda di pronuncia pregiudiziale e il procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
17. Il 25 ottobre 2010 la domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata presso la Corte di giustizia. Nell’ambito di una dettagliata esposizione il giudice del rinvio non formula specifiche questioni, tuttavia si evince con sufficiente chiarezza che le questioni sollevate sono due, che possono essere formulate nei seguenti termini:
«1) Se gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale come quella dell’art. 392, comma 1 bis, del codice di procedura penale italiano, in quanto non prevede l’obbligo per il pubblico ministero di richiedere l’audizione e l’esame della persona offesa e vittima minorenne con le forme, anticipate rispetto al dibattimento, dell’incidente probatorio, nonostante quest’ultima lo abbia espressamente richiesto.
2) Se gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro 2001/220/GAI debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale come quella dell’art. 394 del codice di procedura penale, che non contempla la possibilità che la vittima minorenne impugni la decisione del pubblico ministero recante rigetto della sua domanda di essere sentita nelle forme dell’incidente probatorio».
18. Hanno presentato osservazioni scritte il difensore del sig. X, la rappresentante della vittima nel procedimento principale, i governi della Repubblica federale di Germania, della Repubblica italiana, dell’Irlanda e del Regno dei Paesi Bassi, nonché la Commissione europea. Nessuno degli intervenienti ha chiesto lo svolgimento di un’udienza.
IV – Osservazioni preliminari
19. Le questioni sollevate dal giudice del rinvio richiedono alcuni chiarimenti sul processo penale italiano. Esse attengono al cosiddetto incidente probatorio, una procedura che può aver luogo durante la fase istruttoria e anteriormente all’apertura della fase orale. Com’è noto, non è la prima volta che la Corte di giustizia si confronta con i problemi generati dall’incidente probatorio italiano rispetto al diritto dell’Unione, ma risulta nuovo l’aspetto che, nel presente caso, le questioni affrontano, ossia il ruolo del pubblico ministero e il controllo giudiziale al quale tale organo è sottoposto in conseguenza del suo vincolo alla legalità.
20. Malgrado le modifiche introdotte dalla Costituzione italiana nell’ordinamento processuale penale, il legislatore non ha intrapreso una riforma integrale in materia sino all’entrata in vigore, nel 1988, del nuovo CPP, il cui principale contributo è consistito nell’introduzione di un processo penale di tipo accusatorio. Sino ad allora il processo penale italiano era ispirato ad un modello di taglio inquisitorio, rappresentato essenzialmente dal «codice Rocco» del 1930 (6).
21. Il CPP. del 1988 ha introdotto uno schema di processo penale basato su una netta separazione tra la fase istruttoria e la fase orale, dove gli atti di indagine, realizzati durante l’istruzione, ricadono nelle competenze della polizia e del pubblico ministero .(7). Durante la fase istruttoria si procede alla raccolta degli elementi necessari per sostenere l’accusa e la difesa, che sono versati agli atti. Avviata la fase orale, le parti espongono al giudice i fatti a sostegno delle rispettive posizioni, che devono risultare dagli atti compiuti durante l’istruzione (8). In linea di principio, il giudice che decide la causa non ha accesso all’intera istruttoria, ma solamente agli elementi selezionati dalle parti e ammessi come prove nel corso della fase orale.
22. La rigidità di tale disegno trova la sua ragione d’essere nel modello accusatorio cui è ispirato il processo penale italiano, basato sul contraddittorio e sulla parità di armi tra accusa e difesa. Dal dibattimento emergerebbe una verità sostanziale che permetterebbe all’organo giudicante di qualificare una determinata condotta e decidere la causa. Si tratta, in definitiva, di garantire una conclusione rigidamente fondata sui fatti e, al contempo, i diritti della persona sottoposta alle indagini (9).
23. Tuttavia, il processo penale italiano non risponde alle caratteristiche di un modello accusatorio puro. Poco dopo l’entrata in vigore del CPP, sia la Corte costituzionale sia i giudici ordinari imposero o mantennero, rispettivamente, pratiche più affini al precedente modello inquisitorio. Le differenze di valutazione tra il legislatore e i giudici sfociarono in una riforma dell’art. 111 della Costituzione italiana, il cui testo, tra l’altro, sancisce i principi basilari di un processo accusatorio e, al contempo, concede un certo margine discrezionale al legislatore (10). Tale discrezionalità ha permesso di configurare un’architettura processuale che converte il processo penale italiano in un modello intermedio, con un carattere marcatamente accusatorio, ma che rivela ancora tratti tipici del modello inquisitorio (11).
24. Due degli aspetti che costituiscono eccezioni al modello accusatorio rivestono particolare importanza per la risoluzione della presente questione pregiudiziale, in quanto riguardano il ruolo del pubblico ministero e l’assunzione della prova in un momento anteriore all’avvio della fase orale.
25. Durante la fase istruttoria, il ruolo del giudice per le indagini preliminari è più passivo che attivo, in quanto la sua funzione si limita ad assicurare il corretto svolgimento del processo e a garantire i diritti della persona sottoposta alle indagini, nonché della persona offesa dal reato (12). Il G.I.P. non dirige i diversi atti di indagine né interviene in essi, poiché gli elementi di prova sono prodotti formalmente nel processo durante la fase orale. Tale ruolo passivo del G.I.P. converte il pubblico ministero nell’organo di maggiore impulso del processo durante la fase dell’istruzione, in quanto spetta esclusivamente a lui la direzione delle indagini (13) e l’esercizio dell’azione penale (14). Orbene, introducendo un’eccezione al modello accusatorio puro, l’art. 409 CPP, comma 5, stabilisce che il G.I.P. potrà disporre che il pubblico ministero «formuli l’imputazione», abbandonando in tal modo la sua posizione passiva nell’interesse del principio di legalità (15).
26. Allo stesso modo, nel corso dell’istruzione si indaga sui fatti che successivamente costituiranno la prova, ma il loro apporto nel processo è una responsabilità che incombe esclusivamente alla polizia, al pubblico ministero e alla persona sottoposta alle indagini. In deroga a tale regola, quando concorrono le circostanze stabilite nell’art. 392 CPP al G.I.P. è consentito ricorrere all’incidente probatorio. Infatti, attraverso tale istituto è ammessa la precostituzione o l’anticipazione della prova nella fase istruttoria, affinché in seguito si proceda alla sua valutazione nell’ambito della fase orale. Il fondamento del precetto è chiaro: quando esiste un rischio accertato dell’impossibilità di assunzione della prova nella fase orale o è necessario conciliare la ricerca della verità sostanziale con altri valori di particolare rilevanza, è possibile derogare al principio accusatorio e anticipare alla fase dell’istruzione una procedura che, in linea di principio, rientra nella fase orale (16).
27. Nel comma 1 bis di detta disposizione è ammessa la precostituzione della prova qualora la vittima di uno dei reati ivi elencati sia un minore. Con tale misura si intende evitare, da un lato, che il tempo trascorso tra i fatti e la fase orale snaturino la testimonianza della vittima e, dall’altro, si assicura una procedura di assunzione della testimonianza conforme alle circostanze di particolare vulnerabilità in cui il minore si trova.
28. L’esecuzione dell’incidente probatorio può essere autorizzata unicamente dal G.I.P. su esclusiva richiesta del pubblico ministero o della persona sottoposta alle indagini (17). Nel caso di vittime minori, il CPP riconosce loro la facoltà di rivolgersi al pubblico ministero affinché quest’ultimo richieda l’incidente probatorio al G.I.P. La decisione del pubblico ministero, adottata nell’esercizio di un potere discrezionale, di richiedere l’incidente probatorio deve essere tuttavia sempre motivata (18), sebbene, qualora sia negativa, la vittima non potrà impugnarla dinanzi a nessuna istanza.
29. Proprio su questo punto vertono le due questioni sollevate dal G.I.P. nel presente procedimento, che procedo ad esaminare nel prosieguo.
V – La prima questione pregiudiziale
30. Con la sua prima questione, il G.I.P. ci interroga sulla compatibilità di una disposizione come l’art. 392 CPP, comma 1 bis, con gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro. In concreto, e a parere dell’organo remittente, una normativa che non obblighi il pubblico ministero a chiedere formalmente l’incidente probatorio dopo aver ricevuto dalla vittima minorenne una richiesta in tal senso sarebbe di dubbia compatibilità con le citate disposizioni del diritto dell’Unione.
31. Il sig. X e gli Stati che hanno presentato osservazioni del presente procedimento considerano che non esiste nessuna incoerenza dell’ordinamento italiano con la citata decisione quadro. Essi concordano tutti nel rilevare che gli artt. 2, 3 e 8, precedentemente menzionati, pur se certamente impongono agli Stati membri l’adozione di misure di tutela delle vittime vulnerabili chiamate a testimoniare nel processo penale, non determinano le modalità concrete da utilizzare.
32. La Commissione sostiene una posizione intermedia, concordando in linea di principio con la tesi precedente, ma facendo salvo il caso in cui il G.I.P. abbia la certezza dello svolgimento della fase orale, nel qual caso l’esecuzione dell’incidente probatorio dovrebbe essere in un modo o nell’altro imperativa per effetto della decisione quadro. Soltanto la rappresentante della vittima nella causa principale ha sostenuto l’illiceità della normativa italiana.
33. Affronterò la risposta a tale questione in tre passaggi successivi, concentrandomi, in primo luogo, sullo statuto particolare che, ai sensi della decisione quadro, è riconosciuto alla vittima minore quale vittima particolarmente vulnerabile e gli effetti che lo stesso comporta. Una volta confermato che tale condizione ricorre nel caso di specie, esporrò la possibile portata della decisione quadro con riferimento agli incidenti probatori nella fase istruttoria dei processi penali che coinvolgono vittime minorenni. In ultimo luogo, esaminerò la disciplina specifica dell’incidente probatorio italiano e, in particolare, i poteri attribuiti al pubblico ministero nel corso di tale procedura, alla luce del citato contesto normativo.
34. È importante sottolineare in questo momento che i dubbi sollevati dall’organo remittente si riferiscono esclusivamente alla fase istruttoria del processo penale. Resta esclusa, pertanto, dall’ambito delle questioni che ci sono state formulate qualsivoglia considerazione basata sul trattamento riservato alle vittime, in particolare alle vittime minorenni, in una diversa fase del processo penale.
A – La decisione quadro 2001/220 e le vittime particolarmente vulnerabili
35. Nonostante la decisione quadro preveda un regime generale applicabile a tutte le vittime nel processo penale, il suo art. 2, n. 1, contiene un riferimento particolare alle «vittime particolarmente vulnerabili», alle quali gli Stati membri assicureranno «un trattamento specifico che risponda in modo ottimale alla loro situazione». Tale disposizione, collocata sistematicamente nella parte iniziale della citata decisione quadro, esprime un concetto di fondo che pervade tutto il suo articolato. Pertanto, gli Stati membri sono obbligati a prevedere un trattamento differenziato in favore delle vittime particolarmente vulnerabili, evitando qualsiasi misura che introduca un’arbitraria equiparazione senza considerare la particolare situazione alla quale esse sono esposte. Dal punto di vista degli effetti di tale principio, si può affermare che la decisione quadro introduce un livello di tutela superiore quando un atto nazionale riguarda una vittima particolarmente vulnerabile (19).
36. Come ben noto, il diritto dell’Unione tace con riguardo alla definizione di «vittima particolarmente vulnerabile». Si tratta di una decisione consapevole del legislatore europeo che intende conferire flessibilità all’applicazione della decisione quadro (20). Tuttavia, nel caso di vittime minorenni non sussistono dubbi circa la loro qualificazione come «vittime particolarmente vulnerabili», come confermato dalla Corte di giustizia nella sentenza Pupino (21), facendo propria la dettagliata argomentazione dell’avvocato generale Kokott esposta nelle conclusioni presentate in detta causa (22). Proprio come ha affermato la Corte nella citata sentenza, il fatto «che la vittima di un’infrazione penale sia un minore bast[a], in linea di massima, per qualificare tale vittima come particolarmente vulnerabile ai sensi della decisione quadro» (23).
37. Pertanto, nella presente causa occorre interpretare le disposizioni della decisione quadro alla luce dell’alto grado di protezione riconosciuto alla vittima particolarmente vulnerabile, che costituisce, precisamente, la condizione nella quale appare trovarsi la vittima nella causa principale, molestata sessualmente, secondo quanto asserito, dal padre all’età di cinque anni. Tale particolarità dovrà essere tenuta presente nel ragionamento seguito nelle presenti conclusioni, poiché rappresenta uno dei diversi valori da ponderare al fine di fornire una risposta risolutiva.
B – Gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro 2001/220 e i mezzi di precostituzione della prova nella fase istruttoria del processo penale
38. A questo punto, e prima di affrontare in dettaglio le caratteristiche dell’incidente probatorio italiano, è opportuno chiarire in quali termini la decisione quadro incide sulle misure nazionali di precostituzione o anticipazione della prova nella fase istruttoria del processo penale. Come si vedrà, detto testo prevede un obbligo generale in forza del quale gli Stati membri devono tener conto delle particolari circostanze in cui si trovano le vittime vulnerabili quando sia necessario chiamarle a deporre in udienza pubblica. Il contesto normativo dell’Unione, incluso il diritto originario e la giurisprudenza della Corte di giustizia, conferma che si tratta di un obbligo di garantire tali misure che al contempo lascia agli Stati membri un ampio potere di configurazione normativa.
39. L’art. 3, n. 2, della decisione quadro esige che gli Stati membri adottino «le misure necessarie» affinché le autorità interroghino le vittime «soltanto per quanto è necessario al procedimento penale». Considerato il reiterato uso del termine «necessarie», risulta chiaro che il citato art. 3 costituisce l’espressione di un mandato di proporzionalità i cui destinatari sono gli Stati membri, responsabili di adottare le misure adeguate e necessarie derivanti da un procedimento di ponderazione di tutti valori in gioco. Al contempo la disposizione non contiene alcuna menzione delle diverse fasi del processo penale, limitandosi a formulare una prescrizione generica e applicabile all’intero processo.
40. L’art. 8 della decisione quadro opera quale lex specialis del summenzionato art. 3. Stabilendo un livello di tutela della vittima dalla prospettiva della sua sicurezza e della sua intimità, al n. 4 specifica dettagliatamente l’obbligo degli Stati membri di garantire alle vittime più vulnerabili una protezione «dalle conseguenze della loro deposizione in udienza pubblica». Al fine di assicurare detta tutela, la disposizione attribuisce un diritto a «rendere testimonianza in condizioni che consentano di conseguire [detta protezione con mezzi adeguati] e che siano compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento». Pertanto, e nel caso di partecipazione della vittima in qualità di testimone in udienza pubblica, la decisione quadro alza considerevolmente i toni e passa ad esprimersi in termini più vicini a quelli di un diritto della vittima. Si deve comunque rilevare che lo fa concedendo di nuovo un ampio margine discrezionale di attuazione a favore di ciascuno Stato membro (si riferisce a «mezzi adeguati») e introducendo una salvaguardia: «i principi fondamentali del proprio ordinamento».
41. La Corte di giustizia ha avuto un’unica occasione, comunque di rilievo, di interpretare la portata degli artt. 3 e 8 della decisione quadro in casi riguardanti vittime minorenni, che ha dato luogo alla celebre sentenza Pupino (24). Al punto 56 della sentenza, la Corte si pronunciava sull’obbligo che incombe agli Stati membri in forza delle citate disposizioni, dichiarando che «la realizzazione degli obiettivi perseguiti dalle citate disposizioni della decisione quadro impone che un giudice nazionale abbia la possibilità, per le vittime particolarmente vulnerabili, di utilizzare una procedura speciale, come l’incidente probatorio diretto all’assunzione anticipata della prova» (25). Aggiungeva poi che tale mezzo è adeguato se «tale procedura risponde in modo ottimale alla situazione di tali vittime e si impone al fine di impedire la perdita degli elementi di prova, di ridurre al minimo la ripetizione degli interrogatori e di impedire le conseguenze pregiudizievoli, per le dette vittime, della loro deposizione in pubblica udienza».
42. È importante sottolineare che «[l’imposizione]» menzionata dalla Corte di giustizia si riferisce unicamente alla «possibilità» che l’organo giurisdizionale utilizzi una procedura speciale di precostituzione o anticipazione della prova. Non viene mai imposto agli Stati membri l’obbligo di prevedere un incidente probatorio come quello contemplato nell’ordinamento italiano. Utilizzando questa terminologia la sentenza insiste sull’importanza che riveste, nella decisione quadro, il fatto che gli Stati membri prevedano un trattamento specifico per le vittime particolarmente vulnerabili, sia mediante disposizioni scritte sia, in generale, nella prassi giudiziaria. Tuttavia, mai si dichiara che l’incidente probatorio è l’unico mezzo per il raggiungimento di tale obiettivo.
43. Tale conclusione non è inficiata dal risultato cui è giunta la Corte di giustizia nella causa Pupino. Com’è noto, nel dispositivo della sentenza si dichiara che una normativa come quella italiana, che limita il ricorso all’incidente probatorio ad un ridotto numero di reati, non è compatibile con la decisione quadro.
44. Nel dichiarare l’illegittimità della normativa italiana la Corte di giustizia non realizzava un’interpretazione estensiva della decisione quadro risultante in un’estensione dell’istituto dell’incidente probatorio a tutta l’Unione. Capisco che la motivazione di fondo e determinante della sentenza nella causa Pupino deve trovarsi nell’impossibilità pratica di identificare una logica nella decisione del legislatore nazionale di limitare l’incidente probatorio ai soli casi di reati a sfondo sessuale con vittime minorenni. La normativa italiana non dava adito a dubbi a causa dell’esistenza o meno di una determinata procedura, bensì per il fatto che tale procedura era contemplata nei processi riguardanti alcuni reati, come quelli di violenza sessuale, ma non altri, come i reati di lesioni. La Corte di giustizia ha considerato che tale configurazione privava, senza giustificazione alcuna, un rilevante numero di vittime particolarmente vulnerabili del beneficio di modalità processuali adeguate al loro particolare stato (26).
45. Il margine di discrezionalità degli Stati membri è ancora maggiore quando essi perseguono interessi altresì meritevoli di protezione, come nel caso delle politiche volte a tutelare i diritti di persone diverse dalla vittima. Così ha dichiarato la Corte di giustizia nella causa Gueye, riconoscendo la possibilità di limitare il diritto della vittima vulnerabile ad essere sentita quando ciò sia giustificato da ragioni di interesse generale, come la lotta contro la violenza domestica (27).
46. Per concludere, è necessario procedere ad un confronto con l’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali, nel cui n. 1 si proclama che l’opinione dei bambini «viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità». Il testo della norma si ispira, secondo quanto specificato dalle spiegazioni relative alle disposizioni della Carta, all’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo (28), ratificata da tutti gli Stati membri, il cui enunciato è praticamente uguale a quello della norma dell’Unione che sancisce detto diritto (29). La principale differenza tra i due precetti (che comunque in nessun caso rappresenta una contraddizione) compare al n. 2 dell’art. 12 della Convenzione, che aggiunge, dopo aver sancito il diritto del fanciullo ad esprimere la propria opinione e ad essere sentito, che «si darà in particolare al fanciullo la possibilità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appropriato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale».
47. Di conseguenza, l’art. 24, n. 1, della Carta include, nell’ambito del diritto a che l’opinione del bambino sia tenuta in considerazione in conformità alle sue particolari circostanze, una dimensione processuale. Dalla sua interpretazione alla luce della Convenzione di New York si deduce che gli Stati membri hanno l’obbligo di tener conto delle necessità delle vittime minorenni quando esse siano chiamate a comparire dinanzi a un giudice. Tuttavia, né la Carta né la Convenzione impongono agli Stati membri modalità precise di intervento. Il citato art. 24 si limita a prescrivere l’esistenza delle misure di protezione, ma gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità in materia.
48. Tale impostazione è stata confermata dalla Corte di giustizia nella rara giurisprudenza ad oggi dettata riguardo all’art. 24 della Carta. Tale è il caso della sentenza Aguirre Zarraga (30), in una causa relativa al diritto di un minore di essere sentito nell’ambito di un processo civile vertente sulla custodia di un minore. Come nella causa Pupino, la Corte di giustizia ha ribadito che il diritto dell’Unione esige l’esistenza di procedure di tutela dei diritti del minore nell’ambito dei procedimenti giudiziari, ma non di una procedura specifica. In tal modo la sentenza constata come gli Stati membri dispongano di un ampio margine di configurazione normativa, nell’ambito del quale ponderano le misure appropriate in ciascun caso concreto (31). Coerentemente con tale affermazione, la Corte di giustizia conclude aggiungendo che, nonostante il tenore dell’art. 24 della Carta, «l’audizione [del minore] non può costituire un obbligo assoluto, ma deve essere oggetto di una valutazione in funzione delle esigenze legate all’interesse superiore del minore in ogni caso di specie» (32).
49. La decisione quadro, sebbene approvata in data anteriore all’entrata in vigore della Carta, deve essere interpretata in conformità ai diritti fondamentali in quest’ultima previsti (33). Orbene, come si è appena esposto, i testi ora citati, interpretati in combinato disposto, poggiano sempre sulla stessa premessa: gli Stati membri hanno l’obbligo di stabilire misure specifiche che rispondano alle necessità particolari delle vittime minori nei procedimenti giudiziari. Tuttavia nessuna delle disposizioni esaminate impone modalità concrete e specifiche, lasciando agli Stati membri un ampio margine di discrezionalità valutativa, che informa l’azione del legislatore nonché degli organi giurisdizionali.
50. Basandoci su tale contesto normativo siamo ora in condizioni di affrontare il problema specifico del caso in esame. La questione che il G.I.P. ci sottopone non si riferisce all’esistenza dell’incidente probatorio, che è previsto in un caso come quello di specie, bensì a come esso venga disposto nel processo e, in particolare, alla maggiore o minore influenza che possono esercitare sul suo svolgimento sia la vittima sia il giudice istruttore. In altre parole, occorre valutare se ci troviamo di fronte a misure che ostacolano eccessivamente l’accesso della vittima all’incidente probatorio. Evidentemente la decisione quadro può risultare violata qualora uno Stato membro stabilisca requisiti talmente difficili da soddisfare da equivalere ad un’esclusione di qualsiasi forma particolare di assunzione della testimonianza per la vittima vulnerabile. Occorre ora determinare se la normativa italiana controversa produca un siffatto risultato.
C – L’obbligo del pubblico ministero di chiedere al G.I.P. l’esecuzione dell’incidente probatorio
51. In sintesi, il giudice del rinvio dubita della compatibilità della normativa processuale italiana con gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro, poiché, pur esistendo un’espressa volontà della vittima minorenne nel senso dell’esecuzione dell’incidente probatorio, quest’ultimo potrà avere luogo soltanto su iniziativa del pubblico ministero. Il G.I.P. non dispone di un potere ex officio che gli consenta di ordinare lo svolgimento dell’incidente probatorio, né tale procedura può essere direttamente richiesta dalla vittima, che deve necessariamente ricorrere al pubblico ministero affinché presenti adeguata istanza al giudice. Tale risultato costituisce, a parere del giudice del rinvio, un «problema [di] intrinseca irragionevolezza degli artt. 392, comma 1 bis e (...) 398 c.p.p.», poiché, da un lato, si obbliga il pubblico ministero a formulare l’imputazione (e anche il giudice può obbligarlo in tal senso), ma, dall’altro, non lo si obbliga a chiedere l’incidente probatorio.
52. La risposta a tale interrogativo esige un’interpretazione approfondita dell’art. 8, n. 4, della decisione quadro. Infatti tale disposizione prevede, nei casi relativi alla deposizione in udienza pubblica del minore, che ciascuno Stato membro «[garantisca,] ove sia necessario proteggere le vittime (...) vulnerabili», misure volte a far sì che la vittima possa testimoniare «in condizioni che consentano di conseguire tale obiettivo». La disposizione aggiunge, inoltre, due precisazioni importanti. La prima riguarda l’autorità e la forma che la decisione pertinente deve adottare, poiché la norma stabilisce che la misura procedurale sarà accordata «in base a una decisione del giudice» (34). La seconda integra una limitazione, in quanto detta misura sarà garantita purché consista in «mezzi adeguati che siano compatibili con i principi fondamentali del proprio ordinamento», vale a dire dell’ordinamento nazionale. Pertanto la decisione quadro obbliga gli Stati membri ad attribuire la competenza relativa ai mezzi di assunzione anticipata della testimonianza ad un’autorità pubblica, che sia «giurisdizionale», ma richiede altresì determinate salvaguardie in favore di ciascun sistema giuridico. La protezione della vittima vulnerabile è prioritaria, ma la scelta delle adeguate misure per la sua tutela ammette ampi margini di discrezionalità decisoria in capo alle autorità nazionali.
53. Al contempo, la decisione quadro enuncia al ‘considerando’ 9, nell’esposizione dei motivi, che le sue disposizioni «non impongono tuttavia agli Stati membri l’obbligo di garantire alle vittime un trattamento equivalente a quello delle parti del procedimento». Tale precisazione è coerente con quanto disposto al citato art. 8, poiché ricorda all’interprete che la posizione della vittima merita una tutela particolare, ma non per questo ordina di assimilare il suo statuto a quello del pubblico ministero. In un sistema accusatorio come quello italiano, la decisione di attribuire le funzioni dell’accusa esclusivamente ad un organo indipendente e soggetto al principio di legalità verrebbe snaturata se attraverso lo strumento legislativo di diritto dell’Unione si riconoscesse alla vittima una posizione equivalente a quella del pubblico ministero. La decisione quadro non accoglie un modello retributivo della giustizia penale, né si evince il contrario dai suoi lavori preparatori: la Repubblica portoghese, nel proporre al Consiglio il progetto che ha dato origine al testo attuale, non ha mai alluso alla necessità di attribuire alla vittima una funzione di impulso nell’ambito di tutti i sistemi processuali esistenti negli Stati membri (35). Pertanto, l’art. 8, nell’esigere che la decisione di stabilire un mezzo processuale specifico sia una «decisione del giudice», e sempre nell’ambito dello spazio delimitato dai principi fondamentali dell’ordinamento interno, ricorda che la vittima è oggetto di protezione, ma non titolare dei poteri volti alla sua protezione. Tali poteri competono alle autorità giudiziarie, tra le quali figura, come nell’ordinamento italiano, il pubblico ministero.(36).
54. Visto il contesto normativo applicabile, esaminiamo ora se le disposizioni che disciplinano l’incidente probatorio trovino accoglimento nella decisione quadro.
55. Ai sensi dell’art. 394 CPP, la persona offesa può rivolgersi al pubblico ministero e domandare che questi, a sua volta, chieda al G.I.P. di autorizzare l’incidente probatorio. La decisione del pubblico ministero deve essere sempre motivata, cosicché, in caso di rigetto della domanda della persona offesa, devono essere esposti i motivi del rigetto. Nello stesso tempo il pubblico ministero è soggetto esclusivamente al principio di legalità, ed ha addirittura un obbligo costituzionale ad esercitare l’azione penale (37). La funzione del pubblico ministero consiste esclusivamente nella difesa della legalità, missione cui adempie con piena indipendenza e per la quale dispone di uno statuto costituzionale e legalmente protetto (38). Nell’ambito di tale difesa della legge il pubblico ministero tiene logicamente in considerazione la situazione specifica delle vittime più vulnerabili. Quale autorità giudiziaria indipendente e soggetta al principio di legalità, il pubblico ministero ha l’obbligo di tutelare l’interesse superiore del minore. Da questo punto di vista si tratta di un organo che tutela, in qualità di garante della legalità, la vittima minorenne nel corso del procedimento penale (39).
56. Il fatto che il pubblico ministero sia l’unico destinatario della richiesta della vittima minorenne di esecuzione dell’incidente probatorio conferma la valutazione precedente. Posto che l’ordinamento italiano conferisce al pubblico ministero la funzione di rappresentare l’interesse superiore del minore, tale organo deciderà sull’opportunità di chiedere formalmente l’incidente probatorio tenuto conto di tale interesse. In tal senso la decisione del pubblico ministero costituisce la «decisione del giudice» cui si riferisce l’art. 8, n. 4, della decisione quadro, nozione da interpretare, come già sottolineato in precedenza, estensivamente e tenendo conto dei principi ispiratori di ciascun ordinamento nazionale (40). Pertanto, l’ordinamento italiano ha attribuito al pubblico ministero, tra le altre, la funzione di garante della persona offesa nei casi di deposizioni in udienza pubblica. Con la scelta di attribuire tale funzione al pubblico ministero, che agisce quale organo indipendente e soggetto unicamente alla legge, rispettando il diritto della persona offesa ad essere sentita riguardo all’opportunità di promuovere l’incidente probatorio, e decidendo in proposito in maniera motivata, il legislatore nazionale ha realizzato una ponderazione equilibrata che, in linea di principio, salvaguarda gli obiettivi e le prescrizioni proclamati dalla decisione quadro.
57. Le suddette considerazioni hanno un rilievo ancora maggiore se si guarda alle particolarità del modello italiano di processo penale, di cui si deve tener conto ai sensi del più volte citato art. 8, n. 4. Esigendo che le vittime abbiano la possibilità di rendere testimonianza secondo forme processuali specifiche, a condizione che queste ultime siano compatibili «con i principi fondamentali del proprio ordinamento [interno]», si pone in rilievo l’importanza assunta dai diritti fondamentali, ma anche da ciascuna tradizione giuridica processuale nazionale, in particolare quella processuale penale. Detto limite appare attualmente riflesso in via generale, e per l’intero spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nell’art. 67 TFUE, n. 1, secondo il quale l’Unione realizza detto spazio «nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri». La decisione quadro, adottata sul fondamento giuridico della citata politica, adempie a tale mandato e armonizza le particolarità proprie di ciascun ordinamento.
58. Riguardo all’ordinamento giuridico italiano, si deve ricordare che l’incidente probatorio costituisce un’eccezione al principio accusatorio, e come tale ha ricevuto un trattamento specifico nell’art. 111 della Costituzione (41). La possibilità di precostituire o anticipare la prova nel processo penale costituisce una misura prevista nella maggior parte degli ordinamenti nazionali, ma la sua realizzazione va accompagnata da diverse salvaguardie volte a proteggere i diritti della persona sottoposta alle indagini. Questa tensione, che emerge da un modello di giustizia penale che il diritto dell’Unione non mette in discussione, persegue un equilibrio tra l’efficacia della ricerca della verità materiale, la tutela dell’interesse superiore della vittima vulnerabile e i diritti fondamentali della persona sottoposta alle indagini. Tutti questi valori sono stati considerati dall’ordinamento italiano nella disciplina dell’incidente probatorio e, pertanto, ritengo che le disposizioni di cui trattasi non siano contrarie né al tenore né agli obiettivi degli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro.
59. Prima di concludere merita di essere sottolineato l’argomento espresso dalla Commissione, secondo il quale, se il G.I.P. fosse certo dello svolgimento della fase orale, si verificherebbe una violazione della decisione quadro. La tesi difesa dalla Commissione ipotizza due scenari. Il primo si prospetta una volta che la fase orale abbia avuto luogo, laddove, a parere della Commissione, la vittima minorenne sarebbe esposta a conseguenze pregiudizievoli incompatibili con la decisione quadro. Il secondo scenario si manifesta prima dell’inizio della fase orale, qualora il G.I.P. sia certo dello svolgimento di quest’ultima.
60. Nel primo caso la Commissione commette un errore nell’affermare senza ulteriori precisazioni che la fase orale produrrà effetti pregiudizievoli alla vittima minorenne, poiché l’ordinamento italiano, come ha rilevato il governo della Repubblica italiana nelle sue osservazioni scritte, prevede misure specifiche di protezione delle vittime vulnerabili in questa fase del processo. Non si può affermare categoricamente che la dichiarazione della vittima minorenne durante la fase orale integri una violazione della decisione quadro. Inoltre, il presente procedimento non verte sulla posizione della vittima nella fase orale, bensì sulla sua posizione nella fase precedente. Pertanto, questa parte dell’argomento espresso dalla Commissione deve essere respinta.
61. Il secondo scenario ipotizzato dalla Commissione merita invece maggiore attenzione. Infatti, in circostanze come quelle del caso di specie e nel contesto della fase precedente alla fase orale, può accadere che il diniego del pubblico ministero di chiedere lo svolgimento dell’incidente probatorio si scontri con la decisione di dare inizio alla fase dibattimentale o con una decisione di competenza del giudice che consenta di dedurre la continuazione del processo. In tale contesto, il diniego opposto allo svolgimento dell’incidente probatorio potrebbe, nel caso, integrare una violazione della decisione quadro. Pertanto, è necessario valutare in particolare se durante la fase precedente alla fase orale del processo penale italiano si producano circostanze di tale natura.
62. Nell’ordinamento italiano l’esercizio dell’azione penale non comporta automaticamente l’apertura della fase orale. Tale risultato si produrrà solo quando il Giudice dell’udienza preliminare, organo unipersonale distinto dal Giudice per le indagini preliminari (42), avrà sentito le parti in udienza pubblica, qualificato le accuse e dichiarato aperta la fase orale (43). Pertanto, tra il momento dell’esercizio dell’azione penale e l’inizio della fase orale trascorre un lasso di tempo nel quale è ancora possibile chiedere l’incidente probatorio (44). Nel caso in cui il G.I.P. richieda al pubblico ministero di formulare l’imputazione, avrà inizio l’iter per lo svolgimento di un’udienza preliminare che si concluderà con una decisione relativa all’inizio della fase orale (45). In questo periodo di tempo le probabilità che infine il giudizio abbia luogo saranno aumentate. Inoltre, in caso di dubbi sulla consistenza dei fatti che sostengono l’accusa, l’ambito adeguato per ogni chiarimento sarebbe la fase orale. Al riguardo occorre ricordare la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sugli obblighi positivi dello Stato, in particolare del pubblico ministero, quando si è in presenza di vittime vulnerabili e i dubbi sui fatti pongono fine a un’indagine che, a rigore, dovrebbe risolversi in sede giudiziale (46). Pertanto, una volta obbligato a formulare l’imputazione, e a fronte dell’eventualità che il Giudice dell’udienza preliminare ordini l’apertura della fase orale, è prevedibile nonché logico che il pubblico ministero accetti la proposta della vittima minore e chieda l’esecuzione dell’incidente probatorio.
63. Questo è il risultato di cui la Commissione sembra tenere conto quando afferma che la normativa italiana sarebbe incompatibile con la decisione quadro nel caso in cui il G.I.P. avesse la certezza dello svolgimento della fase orale. Orbene, né il G.I.P. né il pubblico ministero possono avere una certezza assoluta al riguardo, poiché la decisione è di esclusiva competenza del giudice dell’udienza preliminare. Tuttavia è evidente che il pubblico ministero, quale garante della legalità e difensore dell’interesse superiore del minore, una volta che gli venga richiesto di formulare l’imputazione, si vedrà obbligato, nella maggior parte dei casi, a chiedere l’incidente probatorio.
64. Nelle circostanze del caso di specie non è tuttavia necessario, come premesso al paragrafo 34 di queste conclusioni, esaminare l’incidenza della decisione quadro sulle fasi successive del processo che esulano dall’ambito di competenza del G.I.P. Pertanto, nonostante il caso richiamato dalla Commissione possa legittimamente dare adito a dubbi sulla compatibilità della normativa di cui trattasi con la decisione quadro, considero che la Corte di giustizia deve risolvere la questione specificamente sollevata nel presente procedimento, che riguarda esclusivamente la fase istruttoria.
65. Di conseguenza, in base agli argomenti sopra esposti, propongo alla Corte di giustizia di risolvere la prima questione dichiarando che gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale come quella dell’art. 394 CPP, che non prevede l’obbligo per il pubblico ministero di richiedere l’audizione e l’esame della vittima minorenne mediante incidente probatorio nella fase istruttoria, quando quest’ultima lo abbia espressamente richiesto.
VI – La seconda questione pregiudiziale
66. Il giudice del rinvio chiede inoltre alla Corte di giustizia se i citati artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro ostino ad una disciplina come quella prevista all’art. 394 CPP, che non contempla la possibilità che la vittima minorenne possa impugnare dinanzi al G.I.P. la decisione del pubblico ministero recante rigetto della sua domanda di essere sentita nelle forme dell’incidente probatorio. Come di seguito esposto, la soluzione di tale questione si desume indirettamente dalla soluzione che propongo di dare alla prima questione pregiudiziale.
67. Infatti, come precedentemente rilevato, la normativa italiana attribuisce al pubblico ministero un ruolo rilevante riguardo alla richiesta di esecuzione dell’incidente probatorio. Diversamente dalla persona sottoposta alle indagini, che altresì dispone della facoltà di richiedere tale procedura, la vittima minorenne può sollecitare il pubblico ministero a presentare la relativa richiesta al GIP. Abbiamo già detto che il pubblico ministero assume una sorta di tutela della vittima, nel momento in cui decide sull’opportunità della richiesta. Tali poteri sono necessariamente discrezionali, poiché ciascun caso richiede un’analisi dettagliata, segnatamente quando entrano in gioco interessi e valori di particolare rilevanza, come accade quando la vittima è un minore. In tali casi la funzione del pubblico ministero può risultare ancora più importante, poiché di regola la vittima minorenne agisce attraverso un rappresentante legale, come di fatto avviene nel caso di specie. In tali circostanze il pubblico ministero garantisce e dà seguito alle iniziative legittime della vittima minorenne, controllando ciascuna richiesta al fine di evitare il rischio di una strumentalizzazione del processo per il perseguimento di scopi estranei allo stesso (47).
68. In tali circostanze appare ragionevole che il legislatore italiano imponga al pubblico ministero, nonostante la sua decisione sulla richiesta dell’incidente probatorio non sia impugnabile, perlomeno l’onere della motivazione. Tale previsione conferisce trasparenza al processo, è coerente con i diritti della persona sottoposta alle indagini, e al tempo stesso garantisce il diritto della vittima ad essere informata di tutti gli atti che la riguardano. Inoltre, il fatto che la vittima possa essere sentita dal G.I.P. nel caso di richiesta di archiviazione della causa le garantisce la possibilità di ribattere agli argomenti del pubblico ministero. Esiste pertanto la possibilità, come precedentemente sottolineato, che il G.I.P. obblighi il pubblico ministero a formulare l’imputazione e, in tal caso, ricompare la facoltà di chiedere l’incidente probatorio. In tal modo, la non impugnabilità della decisione del pubblico ministero non esclude ogni possibilità che venga dato seguito alla domanda della vittima.
69. Inoltre, se la decisione quadro esigesse la previsione di un mezzo di ricorso contro le decisioni del pubblico ministero, l’architettura e l’equilibrio realizzati dal legislatore italiano risulterebbero seriamente compromessi. Abbiamo già indicato che, quando la vittima è un minore, l’istituto dell’incidente probatorio ricade principalmente nella sfera di competenze del pubblico ministero, attribuendosi a tale «autorità giudiziaria», ai sensi dell’art. 8, n. 4, della decisione quadro, la decisione sull’opportunità di chiederne al G.I.P. l’esecuzione. Se la persona offesa disponesse di un diritto di ricorso avverso tale decisione e dinanzi al G.I.P., il sistema ne risulterebbe sovvertito, poiché la decisione non competerebbe in ultima istanza al pubblico ministero, ma al giudice.
70. Pertanto, tenuto conto degli argomenti esposti, propongo alla Corte di giustizia di risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro 2001/220 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella dell’art. 394 CPP, che non contempla la possibilità che la stessa persona offesa e vittima minorenne impugni, nella fase istruttoria, la decisione del pubblico ministero di respingere la sua domanda volta ad ottenere che questi richiedesse al G.I.P. l’esecuzione dell’incidente probatorio.
VII – Conclusione
71. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sottopostele dal giudice per le indagini preliminari di Firenze nei seguenti termini:
«1) Gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale come quella dell’art. 394 CPP, che non prevede l’obbligo per il pubblico ministero di richiedere l’audizione e l’esame della vittima minorenne mediante incidente probatorio nella fase istruttoria, quando quest’ultima lo abbia espressamente richiesto.
2) Gli artt. 2, 3 e 8 della decisione quadro 2001/220/GAI devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale, come quella dell’art. 394 CPP, che non prevede la possibilità che la stessa persona offesa e vittima minorenne impugni, nella fase istruttoria, la decisione del pubblico ministero di respingere la sua domanda volta ad ottenere che quest’ultimo richieda al G.I.P. l’esecuzione dell’incidente probatorio».
1 – Lingua originale: lo spagnolo.
2 – Decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001 (GU L 82, pag. 1).
3 – Sentenza 16 giugno 2005, causa C-105/03, Pupino (Racc. pag. I-5285).
4 – Il testo corrisponde alla versione modificata a seguito della legge 6 febbraio 2006, n. 38 (GU del 15 febbraio 2006, n. 38), con la quale si adottano disposizioni in materia di lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet, e del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11.
5 – Secondo il pubblico ministero, alla mancanza di elementi probatori si aggiungerebbe altresì la relazione estremamente conflittuale esistente tra i genitori della minore dalla loro separazione e, più in concreto, dal momento che la sig.ra Y veniva a conoscenza dell’esistenza di una relazione sentimentale stabile tra il sig. X e un’altra donna.
6 – Sull’evoluzione storica dell’ordinamento processuale penale in Italia v. F. Cordero, Procedura Penale, 8ª ed., Ed. Giuffrè, Milano 2006, pag. XX.
7 – Art. 326 CPP.
8 – Art. 493 CPP.
9 – V., in generale, G. Giostra, «Contraddittorio», in Enciclopedia Giuridica Treccani, 2001, vol. II, pagg. 1 e segg.; G. Ubertis, «La ricerca della verità giudiziale», in G. Ubertis (ed.), La conoscenza del fatto nel processo penale, Ed. Giuffrè, Milano, 1992, pagg. 2 e segg.; P. Ferrua, «La regola d’oro del processo accusatorio», in R. Kostoris (ed.), Il giusto processo tra contraddittorio e diritto al silenzio, Ed. Giappichelli, Torino, 2002, pagg. 11 e segg. e G. Illuminati, «Giudizio», in G. Conso e V. Grevi (eds.), Compendio di procedura penale, Ed. Cedam, Padova, 2003, pagg. 644 e segg.
10 – Sulla riforma e i suoi antecedenti, v. W.T. Pizzi e M. Montagna, «The Battle to Establish an Adversarial Trial System in Italy», Michigan Journal of International Law, 2004, e M. Panzavolta, «Reforms and Counter-Reforms in the Italian Struggle for an Accusatorial Criminal Law System», North Carolina Journal of International and Commercial Regulation, 2005.
11 – Al riguardo L. Busetto, Il contraddittorio inquinato, Ed. Cedam, 2009, Padova, pagg. 8 e segg.
12 – Art. 328 CPP.
13 – Art. 327 CPP.
14 – Art. 50 CPP.
15 – «(…) il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l’imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell’imputazione, il giudice fissa con decreto l’udienza preliminare» (il corsivo è mio). La dottrina italiana è divisa nella valutazione di tale potere del giudice, che per alcuni costituisce una logica conseguenza della soggezione del pubblico ministero alla legge, sancita espressamente nell’art. 112 della Costituzione, mentre per altri rappresenta un dubbio squilibrio in pregiudizio del principio accusatorio. V. il contrasto di posizioni nei lavori di V. Zagrebelsky, «Le soluzioni peggiori del male (a proposito del pubblico ministero)», Cassazione Penale, 1991, pag. 313, e L. Ferraioli, Il ruolo di garante del giudice per le indagini preliminari, Ed. Cedam, Padova, 2006, pagg. 105‑106.
16 – Su disciplina, fondamento e finalità dell’incidente probatorio italiano, v., in generale, G. Esposito, Contributo allo studio dell’incidente probatorio, Ed. Novene, Napoli, 1989; P. Di Geronimo, L’incidente probatorio, Ed. Cedam, 2000; Morselli, L’incidente probatorio, Ed. Utet, Torino, 2000; P. Renon, L’incidente probatorio nel processo penale, tra riforme ordinarie e riforme costituzionali, Ed. Cedam, Padova, 2000; C. Di Martino e T. Procaccianti, La prova testimoniale (...), op. cit., pagg. 167‑174, e C. Di Martino e T. Procaccianti, La prova testimoniale nel processo penale, 2ª ed., Ed. Cedam, 2010, pagg. 163 e segg.
17 – Art. 394 CPP.
18 – Ibidem.
19 – V. la dettagliata analisi di L. Fayolle, Naissance et influence de la notion d’exploitation sexuelle enfantine. Étude des incriminations et sanctions pertinentes et de la participation de l’enfant victime au cours de la phase préparatoire en droit comparé, en droit international, en droit du Conseil de l’Europe et en droit de l’Union Européenne, Tesi di dottorato, IUE, Firenze, 2008, pagg. 347 e segg..
20 – Prova di ciò si trova nell’iniziativa di decisione quadro presentata dalla Repubblica portoghese, il cui testo costituisce la base dell’attuale normativa, che specificava invece nel suo art. 2, n. 2, alcuni criteri di qualificazione delle vittime vulnerabili, tra i quali vi era l’età [Iniziativa della Repubblica portoghese in vista dell’adozione della decisione quadro relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale (GU 2000, C 243, pagg. 4 e segg.)].
21 – Sentenza citata.
22 – Conclusioni presentate l’11 novembre 2004, paragrafi 53‑58.
23 Sentenza Pupino, cit., punto 53.
24 – Nella sentenza Gueye, sopra citata, viene altresì trattata l’applicazione di entrambe le disposizioni alle vittime vulnerabili, ma nel contesto della violenza esercitata sulle donne in ambito familiare e non in quello relativo ai minori, come avviene nel caso di specie e nella causa Pupino.
25 – Il corsivo è mio.
26 – V., in questo stesso senso, la sentenza 9 ottobre 2008, causa C-404/07, Katz (Racc. pag. I-7607), in cui la Corte di giustizia ha dichiarato che la decisione quadro non obbliga un giudice nazionale ad ammettere l’audizione della vittima di un reato come testimone nell’ambito di un procedimento di accusa privata sussidiaria, quale quello oggetto del caso di specie. Tuttavia, «[o]ve priva di tale possibilità, la vittima deve (...) poter essere ammessa a rendere una deposizione che possa essere presa in considerazione come elemento di prova» (punto 50). Pertanto, la decisione quadro non riguarda le modalità, ma l’esistenza della facoltà stessa.
27 – Sentenza 15 settembre 2011, cause riunite C-483/09 e C-1/10, Gueye e Salmerón Sánchez, punto 62. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Kokott in questa causa, in particolare al paragrafo 63, dove si fa riferimento alla «funzione servente» attribuita all’art. 8 della decisione quadro, che «non ha ad oggetto, in maniera esaustiva, tutti gli interessi possibili della vittima».
28 – Convenzione adottata e aperta alla firma e alla ratifica il 20 novembre 1989 (UN Treaty Series, Vol. 1577, pag. 43).
29 – La spiegazione relativa all’art. 24 enuncia letteralmente: «Questo articolo si basa sulla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, firmata il 20 novembre 1989 e ratificata da tutti gli Stati membri, e in particolare, sugli articoli 3, 9, 12 e 13 di detta Convenzione».
30 – Sentenza 22 dicembre 2010, causa C-491/10 PPU, Aguirre Zarraga (Racc. pag. I‑14247).
31 – Ibidem, punto 67.
32 – Ibidem, punto 66.
33 – Sentenze Pupino, cit., punto 59; Katz, cit., punto 48, e Gueye, cit., punto 64.
34 – La precisazione non è di poco conto, in quanto la proposta iniziale portoghese si riferiva genericamente agli «Stati membri». Si tratta, pertanto, di un’attribuzione di competenza esclusivamente diretta agli organi giurisdizionali intesi in senso lato.
35 – V. i ‘considerando’ 8, 9 e 10 della proposta iniziale portoghese, nei quali si sottolinea espressamente che l’iniziativa mira al ravvicinamento delle legislazioni nel settore del processo penale, allo scopo di trattare le esigenze della vittima in base ad un approccio integrato. In nessun passaggio si pretende di sovvertire il ruolo della vittima nei procedimenti penali di ciascuno Stato membro. Certamente esiste un intenso dibattito circa l’adeguato ruolo che alla vittima spetterebbe assumere in tali procedimenti (v., al riguardo, A. Ashworth, «Victims’ rights, defendants’ rights and criminal procedure», in A. Crawford e J. Goodey (eds.), Integrating a victim perspective within criminal justice: international debates, Ed. Aldershot, Ashgate-Dartmouth, 2000), ma dalla decisione quadro non si evince un intento di intervenire a favore dell’una o dell’altra posizione.
36 – V. gli artt. 50‑54 quater CPP.
37 – V. art. 112 della Costituzione italiana.
38 – V. la nota 36 di queste conclusioni. Al riguardo N. Zanon, Pubblico Ministero e Costituzione, Ed. Cedam, Padova, 1996.
39 – V. G. Spangher, Trattato di procedura penale, vol. 3, Indagini preliminari e udienza preliminare, Ed. Utet, Torino, 2009, pagg. 608 e 609, e L. Bresciani, «Persona offesa dal reato», in Digesto penale, IX, Ed. Utet, Torino, 1995, pag. 527. Questo ruolo non appare pacifico in Italia ed esistono voci che tacciano i sostenitori di tale ruolo di «paternalismo giudiziale», tuttavia l’accusa si riferisce alla limitazione generale che opera con riferimento a tutte le vittime e non specificamente alle vittime minorenni, come avviene nel caso di specie. Su tale dibattito v. G. Errico, «Rilettura dell’incidente probatorio per l’attuazione di un processo giusto», in G. Cerquetti e F. Florio, Dal principio del giusto processo alla celebrazione di un processo giusto, Padova, 2002.
40 – Si noti che lo statuto costituzionale del pubblico ministero si trova nel titolo IV della parte II della Costituzione italiana, intitolato «La Magistratura». V., in particolare, gli artt. 107 e 112, che includono chiaramente nell’ambito dell’autorità giudiziaria, intesa in senso lato, il pubblico ministero.
41 – V. i riferimenti citati alla nota 10 di queste conclusioni.
42 – V. art. 34, comma 2 bis CPP.
43 – V. artt. 418-426 CPP.
44 – In realtà la Corte costituzionale ha dichiarato, con sentenza 10 marzo 1994, n. 77, l’incostituzionalità della norma che impediva l’esecuzione dell’incidente probatorio nella fase dell’udienza preliminare.
45 – Artt. 415 e 416 CPP.
46 – In particolare, con riferimento al caso di vittime minorenni e all’obbligo di proseguire l’indagine nell’ambito della fase orale, v. Corte eur. D.U., sentenza M.C. c. Bulgaria del 4 marzo 2004, n. 39272/98, punti 148 e segg. Al riguardo, e in ampio dettaglio, v. L. Fayolle, Naissance et influence de la notion (...), op. cit., pagg.. 315 e segg.
47 – V. J. Spencer, «The victim and the prosecutor», in A. Bottoms e J.V. Roberts (eds.), Hearing the Victim. Adversarial justice, crime victims and the State, Ed. Willan, Devon-Portland, 2010, pagg. 141-144.